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Racconti Erotici

Suzan “Vacanza al club Med” – Vecchi racconti di ErosItalia

By 18 Giugno 2022No Comments

Cari amici sono sempre Suzan, quella Turca di Istanbul. Oggi vorrei raccontarvi la mia “vacanza bagnata” di settembre. Agli inizi di settembre, mentre i miei genitori erano fuori città ed io stavo tutta nuda, sudata fino alle cosce, nel mio letto con la mia amichetta Ayscia a passare delle ore estremamente liete, ricevetti una telefonata da quel signore genovese che voleva andare in ferie su un’isola greca e mi chiedeva di accompagnarlo. Ricordare quella serata genovese, descritta nel mio primo racconto “Aspettando il treno” mi faceva già inumidire la mia fichetta. Non vedevo l’ora di partire e pensare ai prossimi giorni mi faceva bollire il sangue nelle vene. Immaginate, tornare da lui un’altra volta e meglio, passare una vacanza estremamente libidinosa. Ero già eccitata e la libidine mi invadeva. Nonostante avessi 19 anni mi sentivo già una donna aperta a tutti piaceri, anche i più perversi e libidinosi. Osvaldo era un uomo di vent’anni più grande di me e mi era sempre piaciuto andare a letto con gli uomini maturi. Presi il biglietto. Dovevo incontrarmi con Osvaldo all’aeroporto di Linate. Il giorno della partenza da Istanbul mi girava la testa per le emozioni carnali che provavo pensando ai giorni futuri. Rifiutando di mettermi addosso la biancheria intima come il reggiseno e le mutandine, indossai un blu jeans molto aderente e una maglietta sui miei seni grossi e dondolanti, lasciando nude le braccia e le ascelle rasate e umide. Il mio vestito da viaggio si completava con dei sandali che mi lasciavano scoperti i piedi, con lo smalto delle unghie di color rosa. In quel momento pensavo di poter scopare con Osvaldo per tutte le notti della mia vita, senza stancarmi dalla libidine che ogni volta mi inondava il corpo e la passera. Non vedevo l’ora di sentirmi sul corpo il suo peso, di sentire il suo cazzo palpitante fra le mie cosce bagnate. Appena ci siamo incontrati a Milano ci baciammo a lungo ed io, appoggiando il mio ventre fra le sue cosce gli dissi” Quanto mi sei mancato, ma vedrai che per una settimana intera non faremo altro che scopare, amore mio”. Dopo due ore di volo eravamo sull’isola greca dove avremmo passato una settimana intera piena di lussuria. Eravamo arrivati verso sera. Così, dopo aver posato i nostri bagagli, andammo a mangiare qualcosa al ristorante del villaggio turistico. Io ero così impaziente di ritornare alla camera che mangiai tutto in fretta. Mentre mangiavamo ci guardavamo con passione. Io appoggiai uno dei miei piedi nudi fra le sue cosce con gran voglia. Osvaldo era meravigliato. Gli dissi “Vedrai, stasera non hai scampo. Ti farò godere da matti. Vorrei mangiarti tutto, iniziando del tuo cazzo, che mi è mancato a lungo”. Col vino rosso che bevemmo mi sentivo già così eccitata e non vedevo l’ora di tornare alla camera. Dopo aver mangiato siamo usciti dal ristorante abbracciati e recandoci verso il bungalow io carezzavo il suo pene semi eretto, mentre gli sussultavo all’orecchio delle nostre prossime fantasie libidinose. Lui mi disse “Stasera ti farò scopare come una cagna, mia piccola troia”. Io gli risposi “Oh certo amore, io sono già la tua cagna, potrei fare tutto quello che vuoi, leccando tutto il tuo corpo potrei salire su di te e poi puoi scoparmi anche nel culo, amore mio”. Osvaldo era già fuori, sentendo il perverso odore di libidine misto a deodorante che si diffondeva dalle mie ascelle. Mi sorrise “Ti fotterò come una bestia, vedrai”. Io gli risposi “Oh Osvaldo, vengo al solo pensiero di quello che dici, sento l’odore del tuo cazzo come una cagna……oh tesoro”. Non ci reggevamo più in piedi dalla voglia. Appena entrammo in camera gemetti dal piacere “Amore, dammi subito il cazzo nella bocca, mi sto agitando al solo pensiero di sentirmelo in bocca da stamattina in poi”. Osvaldo si levò in un attimo gli short che indossava e dopo aver levato anche la maglietta rimase tutto nudo davanti di me. Una corrente elettrica mi inondò tutto il corpo, vedendo il mio uomo in questo situazione. Sentivo che i miei capezzoli erano già duri e turgidi come la mia passera umidissima. Tremavo dalla voglia di scopare al massimo. Non resistetti e dopo aver allargato le sue chiappe con le mani da dietro, cominciai a leccare le parti umide del suo culo, annusando a lungo quell’odore perverso e da lì cominciai a succhiargli i coglioni, raggiungendo pian piano il suo cazzo. Era ormai durissimo. Osvaldo gemeva in piedi. Io camminai verso il letto e mi sdraiai sulla coperta morbida. Avevo una gran voglia del suo cazzo quella sera. Mugolai “Osvaldo dai vieni amore… oh scopami amore mio… il mio gran cazzone…oh”. Mi sentivo proprio una troia in calore. Me ne fregavo della mia famiglia. Avevo sopportato anche troppo di essere una ragazza per bene per tanti mesi. Se la mia famiglia avesse saputo che ero nuda e arrapata con un uomo pronto a scoparmi, come avrebbero reagito? Io li mandai al diavolo, ero una ragazza libera e dovevo vivere solo per i piaceri sessuali. Avrei dovuto vivere solo per i cazzi che mi penetravano e le passere succulente che leccavo. Il motivo della mia vita era il sesso, erano delle ore libidinose e perverse… Mi alzai dal letto e cominciai a spogliarmi. Dopo aver levato i blu jeans e la maglietta ero completamente nuda davanti ai suoi occhi. I miei grossi seni eccitati coi capezzoli turgidi, il culetto sodo e la passera già fradicia, erano sotto i suoi occhi. Menandomi la fighetta appoggiai il mio corpo tremante dalla libidine al suo e cominciai a sfregare la mia passera alla sua gamba e al suo cazzo. Il mio corpo nudo tremò di piacere. Il cazzo del mio uomo si strusciava sul mio ombelico, i miei seni sotto la pressione del suo petto peloso. Entrambi, completamente nudi e sudati dal piacere, tremavamo dalla libidine che provavamo. Io gemendo gli dissi “Oh… Osvaldo… scopami per tutta la settimana, se tu sapessi quanto ho bisogno del tuo cazzo… vorrei fare le cose più perverse e più schifose, solo con te… amore”. Osvaldo mi propose di fare una doccia insieme, perché eravamo tutti e due sudici e gli risposi di non dire delle cazzate “Così è più eccitante… Voglio sentire il tuo odore, il tuo vero odore sul mio corpo… e poi non ho la pazienza di aspettarti mentre fai la doccia, oh vieni amore mio”. Osvaldo cominciò a baciarmi dalla bocca, poi le sue labbra scivolarono verso le mie umide ascelle e cominciò a succhiarle. Con una mano menava la mia passera. Io gemevo in piedi tenendo il suo cazzo in mano, già bagnata dalla mia saliva. Chinandomi giù ricominciai a baciare e succhiare quel cazzo che da troppo tempo mi mancava. Lo guardai un attimo “Oh Osvaldo, se sapessi come mi sento… non mi basteranno gli orgasmi di una settimana…”. Continuai a succhiare quel cazzo palpitante e sudicio, con tutta la mia voglia. Mi girava la testa dalla lascivia che provavo. Da una parte spremevo il mio seno gonfio con la mano, dall’altra sfregavo il cazzo sulle guance, sul mio mento e succhiavo da morire. Ero così fuori di me dalla lussuria, non ricordavo da quanto tempo non fossi stata leccata. Osvaldo stava per venire. Mi avvertì. Gli dissi “Vieni amore mio, sborrami tutto nella bocca… tanto questo è ancora il primo. I migliori li vedremo fra poco”. Osvaldo cominciò a venire nella mia bocca. La sua calda e vischiosa sborra mi aveva riempita fino in gola. Io bevevo e gemevo.

Poi Osvaldo mi fece sdraiare sul letto. Non vedevo l’ora di sentire il suo peso su di me. Lui cominciò a leccarmi iniziando dai piedi, succhiandomi le dita con lo smalto di color rosa. Dopo averle succhiate a lungo e strofinate sul suo viso con mille baci, scivolò sulla mia passera. Io non resistetti ed incollai la sua testa fra le mie cosce. Lui come un bravo ragazzo cominciò a leccarmela ansimando con la libidine. La succhiava annusando l’odore lascivo che si diffondeva dalla mia figa, fradicia al massimo, toccando a volte il mio grilletto gonfiato. Urlavo, gemevo e tenevo la sua testa con frenesia. Mentre lui mi leccava, io con le mie mani spremevo i miei capezzoli turgidi e durissimi. Le mie chiappe barcollavano intorno alla sua testa. Arrivai quasi subito al mio primo orgasmo. Godevo da pazza. Ero così impaziente che lo feci sdraiare sul letto e gli saltai addosso. Il suo cazzo era pochi centimetri al di sotto di me ed io non avevo più pazienza. Così cominciai a infilarlo piano piano fra le cosce e poi cominciai a galoppare su quell’arnese con una gran voglia di libidine. Oddio come lo sentivo… mi penetrava così dolcemente ed io ero già sul pianeta della lussuria. Urlavo con tutta la forza “Oh com’è duro amore mio… oh sì scopami tesoro”. Mentre Osvaldo mi scopava da sotto, con le sue mani mi stringeva le chiappe con tutta forza, infilando anche una dita nel mio sfintere fradicio quanto la mia figa. Quel cazzo mi dava solamente una gioia infinita. Una goduria insopportabile. Muovevo la mia testa avanti e indietro ad ogni colpo che mi penetrava. Cominciai a menarmi fortemente le mammelle come se volessi far uscire l’anima libidinosa che mi aveva invasa. Godevo, godevo da pazza. Mentre mi muovevo sul suo cazzo cominciai a baciare il petto del mio uomo, leccandogli la peluria, poi succhiai le sue ascelle umide e poi la sua bocca. Mentre succhiavo le sue labbra godevo e muovevo le mie chiappe sul suo cazzo, proprio scatenata dalla goduria. Non ero ormai una ragazza per bene, meno male, di una famiglia turca. Ero felice di sentirmi assatanata dal sesso, ero felice di sentirmi una lurida troia, una perversa 19enne, ero solamente una figa, mi sentivo una figa intera pronta a ricevere i cazzi fino all’eternità, il mio corpo si contorceva come un serpente sul cazzo del mio amore e urlando e gemendo mandavo via i miei orgasmi uno dopo l’altro. Osvaldo cominciò a venire dentro di me, io sentendo la sua sborra che mi riempiva muovevo i muscoli delle mie cosce e lo facevo succhiare alla mia passera. Lo feci uscire dalla figa e cominciai a leccarlo, gustando entrambe le delizie della mia figa sul suo cazzo, con la sua sborra ancora freschissima. Era una miscela squisita. Poi appoggiai la mia passera ancora fradicissima fra le sue cosce, mi strofinai alla sua gamba con le dita dei piedi e cominciai a sfregare il mio corpo nudo e carnoso al suo, carezzando con le mani il suo petto sudato e caldissimo ed il cazzo appiccicoso del mio umore. Eravamo così agganciati l’una all’altro che sentendo il calore dei nostri corpi nudi e sudici per via dei nostri umori e il sudore, l’anima della libidine si svegliava di nuovo fra le mie cosce sudate. Cominciai a baciare il suo petto leccando i suoi capezzoli e poi scendendo giù ripresi quell’enorme membro di nuovo in bocca. Dopo averlo leccato per un po’ scesi ancora giù e cominciai a leccare i suoi piedini, succhiando le dita come una cagna fedele al suo padrone. Lui ansimava e gemeva. Lo feci girare sul letto e cominciai a leccare piano piano il suo culo. Gli allargai le chiappe con le mani e così tutta la mia testa s’infilò fra le natiche del mio amore. Lo leccavo senza respiro. Osvaldo urlava “Ohhh… Porca troia… come mi fai godere… sei peggio d’una puttana…ohhh sì, leccami il culo… troia”. Dall’altra parte con una mano carezzavo il cazzo dal davanti ed era di nuovo durissimo. Il dolce odore che si diffondeva dalle profondità umide del suo culo mi mandava in delirio dalla goduria e leccavo e succhiavo con gran lussuria. Osvaldo mi mise sotto il suo corpo e con un bel 69 cominciammo a leccarci a vicenda. Lui cominciò a leccarmi la passera affondando sempre di più la sua bocca, io sotto quei colpi di lingua morivo dalla goduria. Il mio miele colava dalla mia caverna umida e sbrodolava la sua faccia. Poi la sua lingua si spostò verso il mio buchetto posteriore e cercò di menarlo con la lingua. Io non resistevo più. Mi sentivo così puttana che quasi svenivo sotto i suoi colpi di lingua. Mi sdraiai sotto il suo corpo e lui di nuovo cominciò a penetrarmi col cazzo durissimo. Mentre il cazzo entrava e usciva io urlavo da matta. Poi lo fece uscire e lo mise fra le mie chiappe. Io gemevo “Ohhh Osvaldo… siii… inculami questa volta tesoro… oh… siii… dai”. Mentre quel gran arnese cominciò a penetrarmi dalla parte posteriore, io con la lascivia che sentivo non facevo altro che muovere le chiappe nonostante il peso pressante del mio uomo sopra di me. Lui mi schiacciava col suo peso che mi dava un gran voglia di libidine e con le sue mani mi spremeva i capezzoli, pronti a esplodere. Mentre mi sentivo abbracciata a lui, proprio mezza svanita sotto il suo corpo, sentii l’orgasmo in tutti i muscoli del corpo. Mentre Osvaldo mi inculava io mi sditalinavo, infilavo le mie dita nella figa fradicia, urlando e battendo la mia testa sul cuscino freneticamente con gli occhi spalancati. Godevo e come, godevo da pazza e non sapevo come fermarmi. Nuotavo dentro un mare di libidine. Con quei colpi che mi sbattevano di continuo, il mio corpo si torceva dai crampi che si irradiavano lussuriosamente dalla passera alla pancia, e poi da là fino ai seni, per far esplodere un nuovo orgasmo nel mio cervello. Urlando e gemendo sotto quei colpi mi sentivo una vera mignotta, una mignotta da quattro soldi e il sentirmi così non faceva altro che eccitarmi ancora di più. Osvaldo cominciò a venire schizzandomi la sua sborra sul viso. Mentre il mio corpo si contorceva sotto il suo peso che mi mandava al settimo cielo io urlavo e godevo. Tutto il mio corpo caldo, nudo e sudato dalla voglia, i miei seni arrossati e tesi dalla lascivia che provavo, la mia passera, peggio d’una fontana, vibravano sotto il suo corpo maschio ed io godevo in continuo, leccando i resti della sua sborra dal suo cazzo e sentendo il sapore perverso del mio culo. Per tutta la settimana abbiamo nuotato nella libidine, andando a dormire alle prime luci dell’alba, stanchi morti dalla lussuria. Di giorno, mentre Osvaldo in piscina mi spalmava l’olio abbronzante sulla schiena, sui seni in topless, gli altri uomini mi fissavano con occhi affamati, ma non facevano altro che aumentare la mia eccitazione e libidine. Mentre strofinavo le cosce all’uccello di Osvaldo in mare, vivevo in un continuo stato di eccitazione. Ogni mattina ci svegliavamo dopo una notte piena di lascivia e io facevo la mia prima colazione con la sborrata del mio uomo, mentre gli offrivo il miele che colava dalle mie cosce.

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