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Racconti Erotici

Sventatezza succulenta

By 9 Gennaio 2020Giugno 17th, 2020No Comments

Nonostante Clotilde indossasse la calda pelliccia di visone e Alessandro un lungo cappotto di pelle nera, entrambi avvertirono tangibilmente ancora di più l’aria fredda e pungente di quella sera di fine dicembre. Alessandro si ritrovò a frugarsi nelle tasche alla ricerca d’un biglietto con il nome e l’indirizzo del loro appuntamento, in quanto lo aveva scritto di fretta nel tempo in cui dialogava una sera collegato sul portale di Net Meeting con Giuliano, un simpatico quarantenne pisano, cui non pareva vero d’essere stato accettato da una coppia su quella chat. Loro avevano giocato e scherzato un po’ con la telecamera, dato che si erano guardati e si erano piaciuti a vicenda, Clotilde aveva alzato anche la gonna oltre le ginocchia per poi lasciar intravedere in ultimo ben oltre il solco dei seni. Giuliano a un certo punto, rotto il ghiaccio, lanciò la sua proposta, per il fatto che Alessandro erano anni che immaginava di festeggiare l’ultimo giorno dell’anno in maniera differente, squisitamente insolita e fuori dagli schemi, dato che guardò Clotilde e capì immediatamente che quell’idea non le dispiaceva per nulla:

Fa’ come vuoi, io non ho problemi” – gli disse, lasciando comunque al marito come di consueto l’onere e la totale responsabilità dell’incontro, finché accettarono.

Appena varcarono un antico cancello di ferro battuto faticarono a trovare l’interruttore delle luci nascosto a metà nel pianerottolo, poi salirono le scale d’un antico palazzo senz’ascensore, giacché il primo piano era tutto occupato da uno studio notarile, mentre il secondo con i festoni natalizi appesi alle grandi porte di legno rendeva quell’ambiente più accogliente e nel tempo stesso gradevole e ospitale l’assetto di quel condominio. Salendo di sopra Alessandro giocava nell’osservare le cosce della moglie, che aperta la pelliccia gli mostrò le calze argentate, mentre i capelli lunghi biondi risaltavano nella tenue luce delle scale. Alessandro era per l’occasione eccitatissimo, tuttavia aveva anche un po’ di timore, giacché stava facendo una cosa che aveva sempre vagheggiato di compiere, però allo stesso tempo si preoccupava temendo che qualcosa non sarebbe andata per il verso giusto.

La troppa agitazione e la continua trepidazione lo fecero sennonché scivolare, dal momento che rischiò di rompere la bottiglia di champagne che teneva nella mano destra. Clotilde si fermò per prima davanti al portone, si ravvivò leggermente i capelli e vedendo che il marito indugiava per raggiungerla, per nulla intimorita girò la chiavetta d’ottone del campanello e si trovò di fronte un uomo alto, moro e robusto; fin da subito Clotilde lo trovò più bello e lasciò la sua mano nella stretta forte dell’uomo, mentre ad Alessandro spettarono le abituali ovvietà per togliersi dall’imbarazzo, però ebbe improvvisa la sensazione d’aver solamente accompagnato la moglie a un incontro.

In quello stabile avevano ricavato un appartamento dai soffitti alti e dagl’infissi vecchi pitturati di smalto bianco, con dei grossi radiatori di ghisa, i tubi esterni e i quadri adornati con delle vecchie cornici alle pareti, mentre nel corridoio compariva una vecchia ma grande libreria, con numerosi volumi dalle copertine sbiadite. Entrambi rapidamente si ritrovarono in un appartamento essenziale e spoglio, in cui Giuliano era venuto ad abitare alla morte della nonna, che proprio lì aveva vissuto per oltre novant’anni. In quel frangente lui si dimostrò subito attento ad aiutare Clotilde a togliersi la pelliccia, che accortamente appese a un monumentale attaccapanni. L’abito di seta nera fasciava il sedere di Clotilde incorniciandolo ed esibendolo allo sguardo dell’uomo, in seguito incominciarono a raccontarsi poi accompagnò gli ospiti per visitare l’appartamento composto da dieci stanze, spiegando sui libri e sui quadri e qualche lavoro di restauro fatto o programmato.

In fondo al corridoio c’era una stanza più grande in cui la tecnologia si era intrufolata impadronendosi dell’ambiente, con il computer, lo scanner, la stampante, le macchine fotografiche, la TV e un enorme impianto stereo d’ottima fattura. Giuliano durante la visita aveva più volte colto l’occasione d’accarezzare i fianchi di Clotilde, in tal modo raggiunta la sala da pranzo rimasero incantati nell’osservare una tavola così ben apparecchiata, allestita con i piatti dai bordi dorati e le grandi posate d’argento, pregiate bottiglie di vino e spumanti di valore delle migliori marche. Giuliano offri il posto di capotavola ad Alessandro, Clotilde si sedette a fianco del marito, in quanto al presente aveva il padrone di casa di fronte a sé.

Le mani di Clotilde con le lunghe unghie laccate di rosso spiccavano sull’argenteria, loro parlarono un po’ di tutto, della loro vita, di Firenze, degli Uffizi, del Brunello e del Chianti, poi Clotilde che si sentì in dovere d’aiutare Giuliano s’alzò per servire il dolce e avvertì con il seno la spalla dell’uomo, che al contatto gliela sfregò ancor di più contro, tuttavia mentre lo faceva sentì la mano del marito accarezzarle il sedere, poi il discorso tornò sugli spumanti dolci e sul Brut d’annata e ulteriormente sul mare, sulle spiagge dei nudisti e su internet. Ormai si era fatto caldo e gli uomini rimasti in manica di camicia cominciarono a sbottonare anche il colletto, Clotilde si risistemò il rossetto sulle labbra, in seguito aperte le pesanti tende della sala e accesi i lampadari, con una sigaretta tra le labbra apprezzò un comodo divano di caldo velluto adagiandosi sopra di esso. Lo spacco della sua gonna si era frattanto aperto, mostrando con maestria le cosce fino all’attaccatura del reggicalze, Alessandro chiese un po’ di musica caraibica improvvisando qualche passo di mambo:

Su dai che facciamo festa, ormai ci siamo. Forza Clotilde vieni a ballare” – e afferrata celermente per mano la moglie la strinse a sé.

Giuliano s’alzò per spegnere le luci e accese un piccolo faro, che proiettava nella sala fasci di luce colorati, in seguito mentre il marito usciva sulla terrazza con la sigaretta accesa, Clotilde s’avvicinò alla finestra sulla parete opposta: il cielo di Firenze attualmente era uno spettacolo con i fuochi d’artificio e nell’appartamento di fronte si poteva osservare un gruppo di ragazzi ballare tra i palloncini colorati e le luci psichedeliche. Clotilde avvertì l’uomo dietro di sé, s’appoggiò contro con le mani per stringerla tra il suo corpo e il davanzale, lì in quell’istante colse tutto il suo desiderio. Lui le parlava piano quasi alitandole sul collo cercando di sciropparsi il suo profumo, lei per la circostanza rimase immobile e lasciò che salisse con la mano sopra le sue ginocchia, lungo le cosce, che le sfiorasse di proposito l’elastico del reggicalze e che arrivasse lì tra il pizzo della tutina tra quei morbidi e foltissimi peli scuri. Alessandro dal terrazzo vide che la moglie si era collocata con il busto proteso in avanti, con le mani appoggiate alla finestra e con le gambe leggermente divaricate, là lui capì che le mani dell’uomo la stavano frugando dentro la sua rosa bagnata e aperti i pantaloni comincio a toccarsi, in quanto era troppo forte e vigorosa quell’eccitazione di vedere la moglie accarezzata, frugata e toccata.

Lui non ne poteva più, ciononostante s’impose opponendosi di resistere per prolungare il proprio piacere, sennonché rientrato s’avvicinò allo stereo, per avvertirli della sua presenza inserì il brano “Io non so parlar d’amore”, successivamente afferrata la moglie tra le braccia cominciò ad accarezzarla e andò con le mani sotto il vestito sentendola nettamente intrisa, però Clotilde seguiva con lo sguardo Giuliano e provò piacere nel vederlo accarezzarsi il membro da sopra i pantaloni. Clotilde salì sul tavolo e dalla finestra di fronte la videro ballare, mentre faceva dimenare i biondi capelli, videro il vestito scendere ai suoi piedi e una tutina rossa dorata splendere sul corpo della donna, che attualmente voltata offriva libidinosamente il suo sedere, buono, gustoso, grande, vestito soltanto con un perizoma.

Alessandro e Giuliano offrivano alla donna la loro masturbazione, graduale, indolente ma vogliosa. Clotilde s’avvicinò al marito chiedendogli il suo cazzo splendidamente eretto, ma bastò che lo avvicinasse lentamente alle sue labbra rosse per farlo schizzare ormai vinto. Alessandro nel mentre usci ancora sul ballatoio per fumare, proprio là intravide Giuliano spogliarsi: lui era muscoloso, forte, con i peli neri sul torace, un membro dritto ma non esagerato, giacché lo vide avvicinarsi nei pressi di Clotilde, appresso agguantarla tra le braccia e appoggiarla sul tavolo con le cosce aperte verso di lui, spostarle il perizoma e infilarla senza fatica, poiché lei era diventata ben presto un lago di totale lussuria e d’assoluta voluttà.

Lui la teneva per le natiche, cominciò sennonché a sbatterla forte facendole sentire i testicoli contro, Clotilde urlava ormai senza ritegno, gemeva e quando Giuliano la sollevò con le mani sotto le natiche, perché se l’avvinghiò al suo bacino e cominciò ad alzarla e ad abbassarla sul suo membro. Clotilde si sentì svenire, poi l’uomo l’appoggiò sul tavolo, s’inginocchiò dietro di lei e cominciò a insinuarle la lingua tra le natiche. Alessandro con in mano la bottiglia di champagne si posizionò di fronte alla moglie e la baciò forte sentendola contorcersi spasimando dal piacere, mentre il cazzo di Giuliano le apriva con forza il sedere, intanto che Giuliano le arrivò tutto dentro con un ultimo spasmo finale scompigliandola.

Con un botto si stappò la bottiglia e lo champagne sprizzò sul viso, sui seni rotondi, sul ventre e tra le cosce di Clotilde. Alessandro era nel ripostiglio della doccia, intanto che l’orologio appoggiato sopra la mensola segnava mezzanotte e quarantacinque minuti del primo gennaio del 1999. Si lasciò scorrere addosso l’acqua tiepida e immaginò che Franco e Gianna erano al cenone all’hotel Lorenz, che Matteo e Pina ballavano il valzer nella balera, che Giorgio e Anna Rita erano davanti al camino della loro casetta di campagna godendosi la TV, che Renato e Norma assieme alla loro compagnia del mare stavano senz’altro giocando ai loro falsi, ingannevoli e perbenisti scherzetti di coppia.

Lui, scoperto il glande del suo cazzo ormai visibilmente domato e vinto, che si sentisse bene o che si sentisse male adesso poco importava, perché aveva attuato realizzando appieno il traguardo del suo sogno di quell’inadempienza dissoluta, di quell’inosservanza scostumata e di quel peccato turpe e intemperante.

Era finalmente riuscito a mettere a segno quel peccaminoso intento, quel traviato lascivo proposito, quell’immorale e invereconda fantasticheria che aveva sempre fortemente anelato e poderosamente inseguito, tenuto conto che adesso la poteva tangibilmente apprezzare nella sua radicale pienezza, perché il lascivo divertimento, il dissoluto e vizioso svago della notte del trentuno di dicembre si era fortunatamente avverato.

Sulla terrazza, infatti, con le ultime forze residue rimaste, Clotilde indebolita e sfinita baciava frattanto in maniera grata e riconoscente Giuliano.

{Idraulico anno 1999}

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