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Taccheggio

By 29 Agosto 2012Dicembre 16th, 2019No Comments

Ho lasciato la macchina a due isolati di distanza, poi ho fatto un bel giro a piedi.
Lo sto per fare nuovamente, è una cosa stupida, me lo sono detto tante volte, ma, anche oggi, non ho saputo resistere.
Adrenalina. L’avventura, o il guaio in cui mi sto cacciando è, per me, adrenalina pura.
Mi specchio in una vetrina.
La messa in scena è perfetta: le scarpe da ginnastica bianche e rosa, senza calzini, la canottiera un po’ scollata e la gonna corta ma non troppo.
Ho curato al massimo anche il trucco, leggero, solo un filo intorno agli occhi, in modo da apparire una ragazzina, poco più che un’adolescente, invece che una bella donna ventottenne.
Certo, mi aiuta il fisico snello e minuto, così bastano l’abbigliamento ed il trucco per rendere l’inganno quasi impossibile da scoprire.
Ho scelto con cura anche il negozio: una cartoleria di medie dimensioni, dall’aspetto dimesso e polveroso, tenuta da un tipo scialbo, di mezza età, dall’aria annoiata.
Quando varco la soglia il campanello collegato alla porta fa dlen dlen e l’uomo, seduto al bancone, davanti alla cassa, solleva appena lo sguardo.
Giro un po’ tra gli scaffali, mancano pochi minuti alla chiusura, poi prendo un quaderno con la copertina di un cartone animato giapponese, di quelli che piacciono alle ragazzine, ma, prima di passare in cassa, mi soffermo davanti allo scaffale delle gomme per cancellare.
Ne scelgo una bella grande, a forma di gattino e, con un movimento rapido ma non troppo, la faccio scivolare nella tasca della gonna.
Curioso ancora un po’ per il negozio, poi mi dirigo verso l’uscita e poso il quaderno davanti alla cassa.
‘Tre euro e cinquanta’, fa il tizio dall’aria annoiata.
Poggio la borsetta sul bancone per prendere i soldi, ma l’uomo, con un balzo, mi blocca la mano sul bancone, torcendomi il polso.
‘Ahi, ma che fa? è impazzito?’, grido, mentre cerco inutilmente di liberarmi dalla stretta.
Mi ha preso un po’ di sorpresa e poi, devo dire, me lo aspettavo meno forte.
Il tizio dall’aria annoiata si alza bruscamente in piedi e gira intorno al bancone, tenendomi sempre bloccata, anzi, mi prende entrambi i polsi con una mano e li stringe forte.
‘Vediamo cosa ti sei messa in tasca.’
‘Per favore, mi lasci, mi fa male.’
Mi infila la mano nella tasca della gonna, sento le sue dita che mi carezzano la pelle della coscia, attraverso la stoffa, e un breve brivido mi passa per la schiena.
Un attimo dopo estrae, con aria trionfante, la gomma a forma di gattino.
‘Piccola bastarda, pensavi di farmi fesso, vero?’
E’ incazzato nero, continua a tenermi le mani bloccate e grida sempre più forte.
‘Già va uno schifo, qui dentro, oggi ho incassato quattro soldi, ci mancavi pure tu.
Ora ti faccio vedere che fine fanno le ladre.’
Con la mano libera alza la cornetta del telefono.
‘Adesso chiamo la polizia …’
Ho assistito tante volte a questa scena.
Il negoziante, in prima battuta, minaccia di chiamare la polizia, allora la ragazzina, spaventata, inizia a supplicarlo, piagnucolando disperatamente.
Qualche volta sono riuscita a commuoverlo e sono uscita dal negozio con la promessa che non l’avrei fatto più, ma, per fortuna succede di rado.
Il più delle volte, invece, il negoziante insiste nel denunciarmi, allora metto in atto tutta la mia abilità per fargli venire in mente una terza possibilità, ma non sono certo io a proporgliela, visto che una ragazzina per bene (è questa la parte che interpreto) non farebbe mai una cosa simile.
Così è lui a farmi la proposta, io allora piango, mi dispero, cerco di resistere, ma alla fine sono costretta a capitolare.
è finita sempre così, tranne una volta, perché lo stronzo non ha colto il suggerimento ed ha chiamato veramente la polizia.
Davanti ai poliziotti ho tirato fuori la mia tessera di giornalista (lo sono veramente) e gli ho detto che stavo facendo un’inchiesta sul taccheggio giovanile (questa era una balla) e loro mi hanno lasciata andare, facendomi promettere di non rifarlo.
Torniamo ad oggi, alla parola polizia io sgrano gli occhioni azzurri e comincio a piagnucolare, dicendogli che non l’avevo mai fatto prima, che sono una brava ragazza, ma lui niente, non sembra commuoversi davanti alla mia disperazione, anzi avvicina il dito alla tastiera del telefono.
‘Per favore, la prego, non mi denunci, la pago, la gomma, glie la pago.’
‘Eh no, troppo facile, dovevi farlo prima, non ora che ti ho scoperta, troppo facile.’
‘Lavorerò gratis per lei, la prego, non telefoni …’
‘Lavorare? E che vorresti fare? Non ho certo bisogno di una commessa, e con queste manine delicate non ti vedo proprio a passare lo straccio sul pavimento. Ah sì, certo, potresti spolverare gli scaffali ‘ così mi freghi un altro po’ di merce.
Basta, ora chiamo il 113, e ti faccio portare via, una bella denuncia per furto non te la leva nessuno, e, se poi non è vero che è la prima volta, finisci pure dentro.’
Ecco, questo è il momento cruciale, in cui giocare il tutto per tutto, se indovino la frase e l’atteggiamento giusti è fatta, altrimenti mi sbatte fuori o, peggio dovrò tirar fuori di nuovo la storia dell’inchiesta con i poliziotti.
‘No, aspetti, non lo faccia …’, una breve esitazione, mi accosto a lui, i miei lunghi capelli, biondi e lisci, gli sfiorano il collo, mentre poggio i miei seni contro il suo petto, ‘… qualsiasi cosa, farò per lei qualsiasi cosa, ma, la prego, non mi faccia arrestare.’
Esita, le mie parole hanno colpito nel segno e sta rimuginando su quel ‘qualsiasi cosa’.
Il suo sguardo si posa un attimo dentro la scollatura della mia canottiera ed un breve sorriso gli passa sulle labbra, poi sento allentarsi la presa sui miei polsi.
è fatta.
Si dirige vero la porta e gira il cartello.
Sì, quel cartello che c’è in quasi tutti i negozi, dove da un lato c’è scritto APERTO e dall’altro CHIUSO.
è fissato alla porta a vetri con un gancio a ventosa. Dopo che lo ha girato oscilla un po’ sulla catenella dorata facendo tic tic sul vetro. Ora c’è scritto APERTO, ma visto che siamo dentro, per chi è fuori c’è scritto CHIUSO.
Prima di tornare da me, chiude il catenaccio della porta.
‘Benissimo, qualsiasi cosa. Vieni con me.’
Mi trascina nel retrobottega, una piccola stanza occupata quasi completamente da una grande scrivania ingombra di carte.
‘Spogliati.’
‘Cosa?’
‘Hai detto che eri disposta a fare qualsiasi cosa, ti sto chiedendo di spogliarti.’
‘Per favore non mi chieda questo …’
‘E’ la tua ultima parola?’, sulla scrivania c’è un altro telefono e lo avvicina a sé.
‘Va bene, ho capito, ma ‘ non mi faccia del male.’
Cerco di dirlo con la voce più tremolante possibile, mentre abbasso lo sguardo.
‘Insomma sbrigati, o te li devo togliere io i vestiti?’
Mi sfilo lentamente la canottiera e rimango con l’indumento stretto tra le mani.
Per l’occasione ho messo un completo, reggiseno e mutandine, di un bel rosso vivace.
Non ho un seno molto grande ma neanche i ‘bozzetti’ appena accennati di certe ragazzine, e poi, il contrasto cromatico tra il rosso della stoffa, il biondo brillante dei miei capelli ed il colore bronzo-dorato della mia pelle abbronzata, lo fanno figurare più di quello che è realmente.
Se a questo aggiungiamo che il reggiseno lascia vedere il segno dell’abbronzatura, il risultato è garantito.
Rimane per un po’ completamente fermo, come se avesse scoperto un tesoro inaspettato, poi si scuote e mi strappa di mano la canottiera.
‘Su, che aspetti, togliti la gonna.’
‘No, per favore …’
‘E’ peggio se ci penso io, su, finisci di spogliarti.’
Ora è un ordine, duro e perentorio ed io ubbidisco.
Apro la lampo e lascio scivolare la gonna lungo le gambe, fino ai piedi.
Mi aspetto che rimanga di nuovo imbambolato, ad osservare il mio corpo, invece si muove in maniera rapida ed inaspettata.
In un baleno mi passa la braccia dietro la schiena e mi lega i polsi con del nastro adesivo, facendogli fare molti giri e poi lo taglia con i denti.
Ormai ha preso il totale controllo della situazione, d’ora in poi potrò soltanto ubbidire ai suoi ordini.
Mi fa inginocchiare e si apre i pantaloni, ho già capito cosa vuole da me, ma la ragazzina che lui crede io sia, si deve rendere conto lentamente.
Mi prende la testa da dietro, tenendomi forte per la nuca e mi costringe ad avvicinarmi al suo pene.
Devo dire che è ben messo: grande e già discretamente duro.
La ragazzina emette un gemito disperato, tenendo le labbra serrate, ma lui non desiste e con l’altra mano mi serra forte le narici.
Io a questo punto cerco di dibattermi, perché l’esperienza mi ha insegnato che un po’ di resistenza gli farà salire l’eccitazione, poi, quando mi comincia a mancare il respiro, apro la bocca.
Lo faccio solo per un attimo e richiudo subito le labbra, prima che lui faccia in tempo a spingermelo dentro.
è ingrifato di brutto, la mano che mi tiene la nuca aumenta la presa e mi stringe di nuovo il naso.
Questa volta apro completamente la bocca e gli lascio il tempo di ficcarmelo dentro.
Piano, lasciagli tutto il tempo, non fargli capire che vai pazza per i pompini, e, se fosse per te, gli lo staresti succhiando selvaggiamente già da qualche minuto, deve credere di essere lui a vincere gradualmente le resistenze di una ragazzina bionda e ladra.
Mugolo qualche parola di protesta, che però, a causa della bocca occupata risulta poco intellegibile, poi gli faccio capire di aver capitolato, e rimango ferma con la bocca semi aperta.
‘Oh, brava, hai capito che devi stare buona. Un pompino non è certo la fine del mondo.
Ora però devi darti da fare, devi succhiarlo e devi usare la lingua, sennò stiamo qui fino a domani mattina.’
Io abbasso la testa e faccio finta di piangere, ma sono eccitata da morire, perché mi è sempre piaciuto da matti essere dominata quando faccio sesso, ma ora è molto meglio di quando sono con il mio compagno, che si preoccupa di non farmi male: ‘Scusa, sono troppo strette le corde, ti danno fastidio?’. Ma no, maledizione, così rovini tutto.
Invece il cartolaio sta facendo sul serio, maledettamente sul serio.
Per consolarmi, mi fa una carezza sulla guancia, poi però mi stringe la bocca con le dita, in modo che le mie labbra aderiscano bene al suo cazzo.
A questo punto inizia a farmi muover la testa.
‘Così, dai, questo è il movimento giusto, continua così.’
Lascia la presa ed io, timidamente, continuo.
Mi sta piacendo da matti e sono tutta bagnata, ad un certo punto decido di prendere un pochino l’iniziativa e comincio timidamente a succhiarglielo.
Dai mugolii di piacere che emette, capisco di aver colto nel segno.
‘Brava, vedo che impari subito, dai, ora usa un po’ la lingua.’
Devo star attenta a non mostrarmi un’alunna troppo diligente.
Mi tiro leggermente indietro, il suo cazzo esce dalla mia bocca e rimane dritto davanti al mio viso, così tiro fuori la lingua e lo lecco in maniera goffa.
‘Intorno, passala intorno alla cappella’, mi ordina, ed io eseguo, cercando sempre di apparire imbranata.
Accidenti, ti farei vedere io cosa sono capace di fare.
Mi scappano, nonostante tutto, un paio di slinguazzate buone e lo vedo contorcersi per il piacere, poi mi riprende dietro la nuca e me lo spinge dentro di nuovo.
Tempo cinque secondi e viene nella mia bocca, inondandomi di sperma, mentre io mi dibatto disperatamente, simulando lo schifo e l’orrore della povera ragazzina stuprata dal vecchio bruto.
Mi lascia lì, inginocchiata in terra, e si allontana.
Non vista, furtivamente lecco un rivolo di sperma che colla dalla mia bocca in direzione del mento, poi lo vedo tornare, tenendo in mano dei fazzolettini di carta.
Ora che è soddisfatto, è gentile, quasi premuroso, nei miei confronti, mi aiuta a ripulirmi la faccia e mi fa rialzare in piedi.
‘Oh che vedo!’
Il suo dito indice è puntato contro le mie mutandine rosse ed io abbasso lo sguardo.
Sono completamente zuppe, al punto che sembro nuda, visto che la stoffa bagnata, fa vedere tutto in trasparenza.
A questo bisogna aggiungere che ho una fica grande, con le labbra carnose e sporgenti, al punto che non posso portare cose molto aderenti se non ho voglia di mostrare un ‘camel toe’ clamoroso.
Il suo dito indice si abbassa fino a toccarmi proprio lì, lo passa dall’alto in basso e viceversa, più volte, ed io non riesco a non muovermi, ad allargare le gambe ed a sospirare.
‘OK, vedo che non ne hai abbastanza, bene ti accontento subito.’
Comincia a sfilarmi le mutandine ed io faccio un altro po’ di scena, gridando e scalciando, ma senza troppa convinzione, smettendo solo quando l’indumento è nelle sue mani.
A questo punto mi solleva di peso, piazzandomi le mani sotto le ascelle e mi mette a sedere sul tavolo.
Riprendo a piagnucolare: ‘per favore questo no, se vuole le rifaccio …’
‘Che succede, sei vergine?’
Faccio segno di no con la testa, questo non potrei proprio simularlo.
‘Potrei rimanere incinta.’
‘Nessun pericolo’, mi dice mostrandomi una confezione di preservativi.
Guardo il preservativo che ha appena tirato fuori con l’aria di quella che vede per la prima volta una cosa del genere; mi viene quasi da ridere: te lo potrei mettere ad occhi bendati in tre secondi, se solo non avessi le braccia legate.
Ultima resistenza. Cerco di tenere le gambe strette.
Anche se volessi, non ci riuscirei, perché è discretamente forte, comunque lo faccio battagliare un po’, poi, alla fine, le mie cosce si aprono e gli permetto di godere il premio di tanta fatica.
Mi fa sdraiare sul tavolo, poi mi abbranca forte per le chiappe e mi tira verso di sé.
Sono talmente zuppa che il suo cazzo mi entra dentro in un baleno, nonostante non sia proprio piccolo, subito dopo inizia a cavalcarmi furiosamente.
Ad un certo punto, non contento, infila le mani dentro il reggiseno e lo fa salire.
Le sue dita mi stanno carezzando i capezzoli, è una cosa che mi ha sempre fatto perdere il controllo, così gli serro la schiena con le ginocchia ed inizio a muovermi anch’io.
‘Oh, bene, bravissima.’
E’ contento di sé, perché è riuscito a dominare la sua piccola ladra.
Anch’io sono soddisfatta, è stata un’esperienza proficua ed eccitante, così mi lascio andare ad un orgasmo plateale e rumoroso.
Sono stanca ed indolenzita, le mani legate con lo scotch dietro la schiena mi fanno male, ma non mi lascerà andare finché non viene anche lui, così aspetto paziente.
Ecco, è finita, mi rimette in piedi e si sfila il preservativo, che finisce nel cestino della spazzatura.
Io decido di recitare la mia parte fino in fondo e copro con una mano il mio sesso arrossato ed aperto, simulando un pudore tardivo.
Ora si è fatto veramente gentile, forse ha pure qualche scrupolo e mi chiede quanti anni ho.
Ho capito, ha paura che io sia minorenne e questo potrebbe procurargli dei guai.
Gli dico che ne ho quasi 19 e vedo il suo viso riprendere colore.
Mi osserva con interesse mentre mi rivesto, per un attimo penso di non indossare lo slip, bagnato fradicio, ma non mi va di metterlo nella borsetta in quelle condizioni.
Ci diciamo soltanto ciao ed esco con il quaderno che ho pagato e con la gomma che alla fine mi ha regalato.
Oggi ha fatto un buon affare: un pompino ed una scopata al prezzo di una gomma.
Il campanello fa dlen dlen e sono in strada.
Fuori si è fatto buio e devo pensare un attimo per ricordare dove avevo parcheggiato la macchina.
E’ passato poco più di un mese dall’ultima volta.
Oggi ho scelto un piccolo negozio di alimentari, nel centro storico, in un vicolo poco frequentato.
è una giornata molto calda, questa maledetta estate non si decide a finire ed ho dovuto fare una bella camminata sotto il sole, perché il negozio è nella ZTL e sono stata costretta a parcheggiare l’auto molto lontano.
I miei zoccoli rossi, sul selciato sconnesso fanno un rumore sordo, mentre mi avvicino al luogo della mia prossima avventura.
Questa volta niente gonna, sostituita da un paio jeans chiari, corti e attillati, che mi lasciano quasi completamente scoperte le gambe, mentre sopra ho indossato una maglietta bianca, leggera e scollata.
Ho cambiato anche la pettinatura e, con i miei capelli biondi, ho fatto due belle trecce, che poi ho legato alla fine con dei nastrini rossi.
Il negozio è un piccolo alimentari, a fianco di una bottega dove un tizio grasso e pelato fa tatuaggi.
Dentro c’è una vecchietta con il carrello della spesa, così aspetto che esca, facendo finta di essere interessata al catalogo dei tatuaggi, realizzato con dei pannelli di legno fissati ai lati della porta della bottega del tatuatore, che se ne sta seduto dentro a fumare, in attesa di un cliente.
Non ho mai amato i tatuaggi, perché l’idea di far disegnare la mia pelle in maniera definitiva mi fa orrore, e poi non sopporto il dolore fisico.
Il mio sguardo si incontra un attimo con quello del pelato, che mi lancia quello che per lui dovrebbe essere uno dei suoi migliori sorrisi, poi, per fortuna, la vecchietta esce dall’altro negozio ed io posso iniziare la mia avventura.
Mancano pochi minuti alla chiusura e mi devo sbrigare, il piano è quello solito, comprare qualcosa e, contemporaneamente, fregare un oggetto piccolo, da far scivolare in tasca, facendo però in modo di farmi scoprire.
Opto, dato il caldo, per un succo di frutta che prendo dal piccolo frigo con la porta in vetro, poi mi dirigo verso il contenitore delle gomme americane.
Il proprietario mi sta guardando ansioso, si vede un miglio lontano che non vede l’ora di chiudere la serranda e tornarsene a casa.
Non è molto attraente, un tipo di mezza età, con parecchi chili di troppo, anche se non grasso come il suo vicino tatuatore.
Provo ad immaginarmi nelle sue mani e non sono del tutto convinta, ma alla fine penso che non bisogna mai farsi condizionare dalle apparenze, e un pacchetto di gomme dietetiche (che poi non ne avrei affatto bisogno, visto che non ho un filo di grasso) sparisce, rapidamente ma non troppo, nella tasca dei miei pantaloncini.
Pago il succo di frutta e mi aspetto la sua reazione, perché sono sicuro che mi ha vista, invece non succede nulla.
Indugio un po’, ma il tizio resta tranquillo e sembra aspettare solo la mia uscita, per andarsene.
Accidenti, tutta ‘sta messinscena per nulla, e mi sono fregata pure le gomme senza zucchero, che non mi piacciono.
Sono ad un metro dalla porta quando sento uno strattone forte e doloroso: il tizio mi ha afferrato una delle trecce e la tiene forte.
‘Dove credi di andare tu?’
‘Ahi, ma che fa? Mi fa male!’
Sempre tenendomi per la treccia mi costringe ad indietreggiare fino alla cassa.
Mi comincia a palpare il sedere, io cerco di scansarmi, ma lui afferra la treccia in un punto più vicino alla base, costringendomi a rimanere ferma.
Il raggio d’azione della sua mano si concentra sulla mia chiappa destra, dove c’è la tasca che contiene le gomme.
‘E qui dentro cosa c’è, oltre al tuo bel culetto?’
Sta andando secondo il solito copione, per un attimo ho temuto di dover tornare a casa a bocca asciutta.
Estrae il pacchetto delle gomme ed ora mi aspetto la solita sfuriata con la minaccia di chiamare la polizia.
‘Sei la quinta, dall’inizio dell’anno, che prova a fregarmi, due erano delle zingarelle, ma ti assicuro che non ci proveranno più, sono tornate al loro campo del cazzo con la faccia gonfia per gli schiaffoni che hanno preso, le altre due erano delle vecchiette che se la passano male, mi sono ripreso la merce e le ho cacciate, non farei mai del male ad una vecchietta, ma tu ‘
‘ tu chi cazzo sei? Sei carina, vestita bene, non riesco proprio a classificarti.’
Accidenti, la faccenda si complica. Sicuramente non mi manda via perché non sono una vecchietta, speriamo piuttosto che non mi gonfi la faccia a forza di schiaffi, perché la violenza fisica, oltre un certo punto, non l’ho mai sopportata, così provo a riportare la discussione sui canoni abituali.
‘La prego, signore, non mi denunci …’
Mi interrompe scoppiando in una fragorosa risata.
‘Cosa? Hai paura che chiami la polizia? Stai tranquilla, non mi sono mai piaciuti gli sbirri, piuttosto non so come punirti per quello che hai fatto.’
Allora mi accosto un po’ a lui e lo guardo con occhi supplicanti, sperando che noti anche la scollatura della maglietta.
Non riesco a capire e sono preoccupata, visto che lui continua a tenermi forte per la treccia, mi guarda, ma non lascia trapelare nulla delle sue intenzioni.
Alla fine il suo viso sembra illuminarsi ed emette il verdetto: ‘per punizione mi succhierai l’uccello’.
Dentro di me tiro un sospiro di sollievo e penso che anche questa volta è andata, mi costringerà a fargli un bel pompino, forse qualche altra cosa e comincio a sentire la solita l’eccitazione che mi prende in questi casi.
Ora però devo fare la recita e farmi strapazzare un pochino, prima di cedere, così assumo l’espressione di stupore e paura che dovrebbe essere consona ad una brava ragazzina che ha appena ricevuto una proposta sconcia da un uomo grasso e molto più vecchio di lei ed inizio a supplicarlo di risparmiarmi.
Dovevo capire che oggi è una giornata storta e le cose non andranno secondo le mie aspettative.
Mi ha preso di sorpresa, lo schiaffone è arrivato all’improvviso, colpendo violentemente la mia guancia destra e lasciandomi senza parole, a bocca aperta.
La pelle mi brucia ma non faccio in tempo a rendermene bene conto che arriva il secondo, dall’altra parte, con il dorso della mano e molto più forte.
Ripenso alle zingarelle tornate a casa con la faccia gonfia e, questa volta, la paura mi prende sul serio.
Ha ancora la mano destra alzata, pronto a colpirmi nuovamente, mentre con l’altra, mi indica in maniera eloquente la lampo dei suoi pantaloni.
A questo punto tutto i miei progetti sono andati in fumo, devo pensare a venirne fuori con meno danni possibili, così abbandono la recita, mi inginocchio e gli apro il più rapidamente possibile i pantaloni.
Lui mi osserva con sguardo vigile, pronto a colpirmi ancora in caso di ripensamenti.
Ce l’ha piccolo e discretamente moscio, in più sono preoccupata per come andrà a finire la serata, ma cerco di concentrarmi.
Comunque, dopo qualche minuto di ‘succhiamenti’, raggiunge una durezza accettabile, allora mi sento prendere di nuovo per la treccia e mi costringe a scostarmi leggermente.
‘Adesso lo prendi in mano e lo scappelli, poi lo lecchi bene intorno. Hai capito?’
Faccio di sì con la testa e lo afferro, come se fosse un cono gelato, mente lui mi guarda soddisfatto.
La mia lingua passa più volte intorno alla sua cappella rossa e gonfia, lo sento dirmi che sono brava, che non se lo aspettava da una ragazzina con le trecce, che l’ultima zingarella
non sapeva fare niente e puzzava, e penso che tutto sommato me la sto cavando, anche se mi fa male lo zigomo sinistro, dove mi è arrivato il secondo schiaffo.
Mi viene in faccia, proprio mentre con la punta della lingua gli sto solleticando il buco in cima al cazzo e gli schizzi, a parte il primo che mi finisce in bocca, mi impiastrano il naso e le guance.
Proprio in quel momento si sente bussare vivacemente alla porta a vetri.
‘Tutto bene, Rodolfo?’
‘Oh certo, vieni, vieni.’
E’ il tizio dei tatuaggi.
‘Ti presento miss trecce d’oro’, gli fa l’altro.
Il ciccione lo guarda, con i pantaloni aperti e l’uccello di fuori, poi osserva me, in ginocchio e con la faccia piena di sperma.
‘Carina.’
‘Oh, certo, non ti lasciar ingannare dalle apparenze, anche se la vedi così fine e minuta, è una grandissima troia, ed anche una ladra.’
‘Non mi dire che ne hai beccata un’altra? Ed ora che voi farne?’
‘Sicuramente va punita a dovere, così non ci riprova più. Pensa che aveva paura che la denunciassi. Già, i poliziotti le fanno una ramanzina e la rimandano a casa.’
‘Dici che il pompino sarà sufficiente?’
‘Non credo, da come si è precipitata sul mio cazzo e da come ha usato le labbra e la lingua, non direi che sia Biancaneve.’
‘Allora, posso farci un giro anch’io?’
‘Ma certo, accomodati.’
Il ciccione non se lo fa dire due volte, si abbassa pantaloni e mutande, prende una sedia e si siede a gambe larghe in mezzo al negozio, mentre l’altro molla la presa della mia treccia.
Non ho scelta, posso soltanto alzarmi e dirigermi verso il ciccione.
Mentre cammino verso di lui, mi detergo la faccia con il dorso della mano, con noncuranza. Mi viene in mente che una ragazzina per bene, non lo farebbe mai, ma ormai il mio gioco è scoperto, devo solo accontentarli, sperando che alla fine mi lascino andare via e magari non chiamino amici e parenti, per far divertire anche loro.
Il ciccione ha un affare simile a quello dell’altro, in compenso, il suo ventre è enorme e quasi completamente occupato dal tatuaggio di una testa di tigre che appare deformata e dilatata. Probabilmente è stato fatto parecchi anni fa e, soprattutto, diverse decine di chili fa.
Un uomo simile non dovrebbe attirare una ragazza giovane e carina, il mio compagno, per esempio, è cento volte meglio, eppure, andare con uomini del genere mi eccita molto di più. Una volta ne parlai con una mia amica e lei mi disse che avrei fatto bene a fare qualche chiacchierata con uno psicologo, ma per ora non ne ho voglia.
Mi chino verso la testa di tigre e le sue manone mi tengono il capo premuto, come se avesse paura che volessi scappare.
Comincio a sentirmi bagnata e la cucitura dei pantaloncini mi è entrata dentro, allora ne approfitto, una mano mi scivola in mezzo alle gambe e comincio a massaggiarmi.
Il ciccione viene all’improvviso, peccato avrei preferito durasse di più.
Mi tiene ferma per un bel po’ e, intanto, continua a ripetermi di ingoiare tutto.
Quando alla fine mi permette di rialzare la testa, mi fa aprire la bocca e controlla pure.
‘Brava’, mi dice alla fine.
‘Ed ora che ne facciamo?’, fa l’altro.
‘Non mi sembra molto pentita.’
Non mi piace la piega che sta prendendo la faccenda, qualcosa mi dice che prima riesco ad uscire da lì e meglio è, così cerco di rientrare nella parte.
‘No, no, vi assicuro che non ruberò mai più nulla …’
‘Hai ragione, non mi convince, le ci vuole una bella lezione.’
‘Anche se è stata brava a fare i pompini, potremmo sempre rifilarle una bella razione di schiaffoni, oppure un po’ di cinghiate sul suo bel culetto …’
Mi prende una fitta violenta alla bocca della stomaco e capisco che si sta mettendo male.
‘Aspetta, mi è venuta un’idea’, fa il ciccione, ‘potrei farle un bel tatuaggio.’
‘Un tatuaggio?’
‘Un tatuaggio che faccia capire la sua vera natura.’
Ora mi sento anche peggio e penso che preferirei essere presa a schiaffi per tutta la notte, ma non credo che abbiano intenzione di ascoltare il mio parere.
Naturalmente, la proposta viene accettata subito e così, dopo essersi accertati che non passi nessuno per il vicolo, mi trascinano fuori del negozio e mi portano nella bottega dei tatuaggi.
Faccio appena in tempo, mentre varco la soglia, a leggere la vecchia insegna scolorita che recita TATTOO SHOP.

La bottega è una specie di antro, stretto e lungo, per niente pulito.
‘Dove vuoi farglielo?’
‘Potrei tatuarle le tette’, dice il ciccione, ed intanto inizia a palparmi i seni, attraverso la maglietta.
‘No’, ha tolto la mano, ‘sono troppo piccole, per il soggetto che ho in mente, forse meglio le chiappe’, e naturalmente prende a tastarmi il sedere.
Mi sto sentendo male e credo che la mia espressione di paura, sia ora veramente credibile.
‘Ma sì, ho trovato!’, esclama alla fine soddisfatto.
Mentre l’altro mi tiene ferma, il ciccione mi abbassa i pantaloncini.
Degna appena di uno sguardo le mutandine completamente bagnate, che si sono infilate nella spaccatura del mio sesso, poi mi arrotola la maglietta fin sotto ai seni.
‘Perfetto!’, esclama ancora, sempre più soddisfatto, ed io sono sempre più preoccupata.
Alla fine mi abbassa leggermente le mutandine, scoprendo la parte di pelle non abbronzata ed i peli del pube.
La sue mani mi carezzano la pancia, poi si allontana un attimo e torna con un rasoio di sicurezza.
‘Tranquilla, non ti faccio niente, devo solo fare la barba alla tua cosina.’
Sono paralizzata dal terrore, mentre lui mi rade, pensando a quello che mi sta per succedere.
Mi prendono e mi mettono di peso sul lettino, tipo medico, che usa il tatuatore per lavorare.
Il tizio del negozio mi costringe a sdraiarmi, poi mi legano il busto al lettino, con delle cinghie.
Allora cominciò a gridare, piango disperatamente e mi dibatto, ma non serve a niente.
‘Adesso stammi bene a sentire. Sentirai dolore ma non così tanto da fare tutte queste storie.
Devi stare ferma, sennò il tatuaggio viene male.
Allora, se ti muovi, sarò costretto a rifarlo da qualche altra parte.
Hai capito?’
Io gli faccio cenno di sì e lui continua.
‘Sentirai solo delle punture, ti farò tanti piccoli buchi con l’ago e ti inietterò delle piccole quantità di pigmento colorato. è una faccenda abbastanza lunga, ma se starai ferma, eviteremo di fare mattina. OK?’
Mi accosta una lampada alla pancia e poi si avvicina a me tenendo in mano uno strano aggeggio, mentre l’altro mi tiene ferme le spalle.
Io sto sdraiata sul lettino, a gambe larghe, con i piedi che penzolano fuori, impietrita dal terrore.
‘Ti tatuerò un bel cazzone variopinto, qui, sul tuo bel pancino morbido’, e accompagna le parole con una carezza sul mio ventre, che parte da sotto le costole e finisce sul pube che ha appena rasato.
Mi avvicina la macchinetta all’inguine, ad un centimetro dalla vagina e sento la prima puntura.
Sobbalzo e grido per il dolore, ma lui non ci fa caso, sposta di un niente l’ago e mi fa un altro buco, poi, altro ancora.
Procede veloce, sembra pratico e sicuro di sé, mentre io, con gli occhi chiusi, continuo a contare le punture dell’ago.
Quando li riapro, mi rendo conto che dalla posizione, non riesco a vedere bene cosa stia facendo.
Lentamente risale verso l’ombelico, ma al massimo, per quanto mi sforzi, riesco ad intuire solo degli arabeschi colorati.
Ormai, presa dallo sconforto, comincio a piangere disperatamente, ma i due non sembrano minimamente toccati da tutto ciò.
L’ago torna di nuovo in basso, lo sento pungermi tutto intorno alla vagina, poi si sposta sull’interno delle cosce, non riesco assolutamente a capire cosa stia facendo.
‘Beh, io ho finito, sono sicuro che miss trecce d’oro, prima di rubare qualche altra cosa, ci penserà due volte, anzi, ci penserà tutte le sere, mentre si spoglia, prima di andare a dormire.’
Mi aiuta a scendere dal lettino, mi gira la testa e la pelle, dove l’ago mi ha bucato, brucia da morire.
Quando poggio i piedi sul pavimento perderei l’equilibrio, se non mi sostenesse.
‘Ti ho fatto un piccolo capolavoro, guarda’, mi dice il tatuatore ciccione.
Non ho il coraggio di guardare, ma alla fine, dopo molte esitazioni, i miei occhi si spostano verso il basso.
Una farfalla, una enorme farfalla colorata, il mio sesso si è trasformato in un insetto variopinto. Il tatuaggio mi circonda completamente la vagina: la parte superiore delle ali risale sulla mia pancia, quella inferiore scende sull’interno delle cosce, mentre la spaccatura della mia vagina rappresenta il corpo dell’insetto. La cosa in sé non sarebbe brutta, considerandola in senso estetico stretto, sicuramente meglio rispetto al pene che aveva minacciato di tatuarmi sulla pancia, ma quella cosa colorata ed indelebile, che avvolge la parte più intima del mio corpo, mi riempie di angoscia.
‘Ti è andata di lusso questa volta, vero? Immagina che figura avresti fatto al mare, invece, con un bell’uccello che ti usciva dallo slip del costume. Tutti i maschietti, sulla spiaggia, sarebbero accorsi a frotte, intuendo che il cazzo ti piace da morire.’
Sono veramente disperata, vorrei andare a casa, buttarmi sul letto e piangere, ma forse non è ancora finita.
Mi rimetto a posto reggiseno e maglietta, mi tiro su i pantaloncini, e mi dirigo verso l’uscita.
‘E ora dove credi di andare? Facci un po’ giocare con la tua farfallina, prima di lasciarci.’
Di nuovo sdraiata sul lettino. Mi hanno sfilato pantaloncini e slip e il tatuatore mi tiene ferma per le spalle, mentre l’altro mi costringe ad allargare le gambe.
Si masturba un po’ per farlo drizzare, poi si avvicina e me lo ficca dentro di colpo.
Mi allarga a forza le ginocchia, per piantarlo più in fondo.
La pelle della pancia, appena tatuata, mi brucia, ma dopo un po’ non ci penso più.
Va e viene dentro di me, mentre la farfalla sembra quasi muovere le ali e piano piano mi eccito, comincio a gemere e l’altro mi lascia libere le spalle, convinto che non farò più resistenza.
Alla fine mi viene dentro e mi lascia ansimante, con le cosce larghe come una ranocchia.
è il turno dell’altro. l’enorme testa di tigre raffigurata sulla sua pancia, sembra quasi che voglia mangiare la mia farfalla, mentre lui sbuffa e mi sbatacchia sul lettino.
Io sono tutta sudata, gemo e grido in preda all’orgasmo, poi di botto, cessa ogni movimento da parte sua e si allontana.
La farfalla continua a vomitare fiotti di sperma, allora mi lancia una asciugamano, con cui mi tampono alla meglio.
Mi alzo traballante, mano mano che il piacere mi abbandona, si riaffaccia il dolore sordo causato dalle punture dell’ago.
Raccolgo mutandine e pantaloncini e comincio a rivestirmi, non so ancora se mi lasceranno andare o hanno ancora qualcosa in serbo per me, ma i due non parlano ed anch’io evito di farlo, così provo ad avviarmi verso l’uscita della bottega.
Fino all’ultimo mi aspetto di sentirmi bloccare, invece non succede nulla, apro la porta e sono fuori, in strada.
Cammino piano, nell’aria fresca della notte, ogni tanto mi guardo la pancia, coperta dai pantaloncini, e penso a quello che c’è sotto.
Mentre guido verso casa, comincio a ragionare.
Il tatuaggio è un grosso problema, per fortuna il mio compagno è fuori città, per lavoro, per diversi giorni, ma quando tornerà, cosa gli dico?
Non c’è alcun motivo valido per giustificare una roba del genere.
L’unica è farmelo togliere prima del suo ritorno.
Ma si può cancellare un tatuaggio? Mi sembra di aver letto che sia possibile, anche se non so come: acido, chirurgia plastica?
Domani mattina ci penserò.

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