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Una nuova nascita

By 3 Gennaio 2008Dicembre 16th, 2019No Comments

Appena terminati gli studi, con in mano la mia bella laurea in legge, nauseata oltremodo dallo studio, volevo intraprendere immediatamente le mie prime esperienze nel mondo del lavoro. Pellegrinai tutto il mese di luglio, in giro per studi legali, chiedendo se avessero bisogno di qualcuno a cui far fare un po’ di praticantato, in verità avrei lavorato anche gratis, tanta era la voglia di cominciare. La maggior parte degli studi legali della mia città, sono di proprietà di uomini, con i quali riuscivo a parlare, dopo molta anticamera e che scoprivo molto più interessati al mio fisico che al mio cervello. In effetti la natura &egrave stata benevola con me, sono alta un metro e settantacinque, fisico magro e muscolatura tonica, ho le curve al punto giusto, porto una terza abbondante di reggiseno ed una quarantadue di taglia, capelli lunghi lisci, neri naturali, carnato scuro dorato ed occhi neri. Un passato da modella, a livello di spettacoli estivi locali, o ragazza immagine agli stand delle fiere annuali, nel complesso fieristico cittadino. Amo vestire in modo provocante, ma senza eccedere, mi piace favorire il vedo non vedo, che tanto fa eccitare gli uomini. Ma torniamo alla storia, il mio pellegrinaggio si protrasse per quasi tutto il mese di luglio, alla fine dovetti rinunciare alla ricerca, mio malgrado e senza nessun esito favorevole, complici anche le ferie di agosto che chiusero tutti gli studi. Ero disperata. Alla fine intervenne mio padre, impresario di successo nel campo dell’edilizia, promettendomi di parlare a qualcuno dei suoi rappresentanti legali, al rientro dalle vacanze. A settembre lo assillai, fino a quando non riuscì a procurarmi un colloquio, presso lo studio legale di un suo vecchio amico.
Ero al settimo cielo, &egrave vero che era un colloquio di lavoro, ma la cosa era già praticamente fatta. Alfredo, il vecchio amico di mio padre, aveva bisogno di qualcuno, a basso costo, a cui far svolgere un po’ di praticantato, quindi mi aveva contattata telefonicamente, chiedendomi un incontro nel suo ufficio, per puntualizzare i dettagli. Pur essendo un vecchio amico di mio padre, non avevo presente chi fosse, nonostante lui continuasse a darmi dettagli, su quando avrei potuto averlo visto.
Ero indecisa sui vestiti da indossare, mi trovavo un grosso dilemma davanti, volevo fare una buona impressione professionale, ma nello stesso tempo non volevo mostrarmi ‘bacchettona’, quindi alla fine, decisi di indossare un vestitino estivo bianco, con fantasia floreale, un paio di sandalini alla schiava con poco tacco ed i capelli raccolti da una coda.
Arrivai allo studio con quindici minuti di anticipo sull’orario, volevo fare fin da subito una buona impressione, dissi alla segretaria chi ero e mi sedetti su una sedia della sala d’attesa, sfogliai nervosamente una rivista ed attesi una ventina di minuti che la segretaria mi chiamasse.
Finalmente, un paio di clienti vociarono nel corridoio ed uscirono dallo studio, la segretaria mi chiamò ed io mi incamminai nel corridoio che portava all’ufficio di Alfredo. Mi stava aspettando in piedi davanti alla porta, appoggiato al battente della porta aperta, un uomo di aspetto decisamente piacente, alto una spanna più di me, sulla cinquantina ben portati, capelli brizzolati e barba incolta, un filo soltanto di pancetta, a tradire la vita prevalentemente sedentaria, per il resto si vedeva il passato di atleta, saltatore con l’asta, tanto decantato da mio padre. Ero sempre più convinta di non averlo mai visto.
Mi fece accomodare, lasciandomi galantemente lo spazio per entrare nell’ufficio. Con un sorriso molto radioso, mi invitò a sedere su una delle due poltroncine dirimpetto alla scrivania ed iniziò il discorso in maniera molto formale. Alfredo illustrò i punti fermi del suo ‘modus operandi’ e ciò che pretendeva dai suoi sottoposti, espose una per una le regole comportamentali che aveva stabilito. I suoi occhi, per la maggior parte del tempo fermi sul mio volto, ogni tanto migravano fugacemente a sbirciare il mio decolt&egrave, o il punto in cui la mini del vestito lasciava scoperta la pelle delle cosce. Ero seduta in modo molto composto, le gambe accavallate sopra al ginocchio, la gonna abbassata il più possibile, lasciava vedere le gambe da metà coscia in giù, busto eretto contro la spalliera della poltroncina e braccia appoggiate ai braccioli, praticamente non si vedeva o intravedeva nulla. Improvvisamente cambiò il modo di parlare, cominciò a divagare con gli argomenti, abbandonò definitivamente l’elenco delle regole ed intraprese l’argomento vacanze appena concluse, raccontando le sue e chiedendo delle mie. Con la scusa di complimentarsi per la mia abbronzatura, il suo sguardo intenso, cominciò a scrutare con maggiore sfacciataggine le mie grazie. La sua voce divenne più suadente, era piacevole per me stare li, sotto il suo sguardo ardito, a chiacchierare con quel signore tanto affascinante, mi sentivo eccitata come una ragazzina.
I suoi argomenti diventavano pian piano più confidenziali, le sue domande sempre più indiscrete, descrisse la moglie come una vecchia strega, sparlando di lei e del suo comportamento nell’intimità, come se la sua fosse un’anticipata ammissione di colpa, descriveva se stesso come un uomo ancora nel pieno delle sue capacità amatorie, inappagato e deluso dalla propria compagna.
La sua confessione era molto allusiva e divenne, con il passare del tempo, sempre più indiscreta. Il suo modo di proporsi, non era affatto spiacevole, il suo sguardo era talmente intenso da bruciare la mia pelle, la mia condizione di lunga inattività sessuale, dopo sette mesi dal fallimento del mio fidanzamento, mi stava giocando un brutto tiro, mi sentivo accaldata dall’eccitazione che tutta la situazione mi stava inducendo. Cercavo di pensare ad altro, ma ormai la mia fantasia perversa faceva il suo corso, mi vedevo sbattuta sulla sua scrivania e presa con foga.
Quando la segretaria, irruppe nell’ufficio a comunicare la sua imminente uscita dal lavoro, da un lato tirai un sospiro di sollievo, aveva interrotto una situazione che stava diventando troppo intrigante ed eccitante, dall’altro andai nel panico più totale, perché da quel momento ero in completa balia di quel uomo, o meglio, della mia eccitazione.
Appena il portone dello studio si chiuse, Alfredo diventò ancora più audace, o forse, il semplice riprendere da dove avevamo interrotto, me ne diede l’impressione, nei venti minuti in cui ero rimasta nel suo ufficio, non avevo ancora cambiato posizione sulla poltroncina, volevo fortemente cambiarla, decisi di provocarlo, diventando un po’ più ardita, sapendo che stava sbirciandomi all’altezza della gonna, spostai le gambe e le posi sulla seduta parallele, le tenni strette, ma senza risistemare la gonna che nell’operazione era leggermente salita.
La mia micina era un lago, sentivo il perizoma fradicio, pur non fiutando niente, immaginai l’odore dei miei abbondanti umori che si spandeva per tutta la stanza. Alfredo fiutò i miei ferromoni, il suo istinto innato, di maturo maschio dominante, prese il sopravvento, impazzì totalmente d’eccitazione, tutto successe in modo molto animalesco e primitivo.
Alfredo si alzò dalla sedia senza dire nulla, io feci altrettanto, mi raggiunse dal mio lato della scrivania, mi prese per le braccia e mi spostò fino a farmi appoggiare sul piano del tavolo, leggermente reclinata in avanti, si abbassò piegando le gambe fino ad infilare la testa sotto la gonna, pose il volto fra le mie natiche e mi annusò, con fare molto selvaggio, quindi strappò via il perizoma fradicio di umori, sentii la sua lingua introdursi subito fra le mie glabre intime labbra e quindi entrarmi con forza nella vagina.
Il suo modo di fare mi stimolò ancora di più, gemevo mentre mi trattava come una giumenta da monta, lui sbuffava come un toro, mentre il primo violento orgasmo donatomi dalla sua lingua, che frugava farneticante la mia intimità, cominciò a scuotere il mio corpo, donando al mio maschio, freschi, saporiti e copiosi succhi da leccare.
Appoggiai il busto sulla scrivania ed allargai le gambe il più possibile, mentre Alfredo alzatosi di scatto, slacciò i calzoni facendoli cadere per terra attorno alle caviglie, volevo essere posseduta, penetrata dal suo membro turgido e sbattuta come avevo immaginato poco prima. Sentii la punta del suo membro appoggiata alle mie terga, con la mano sinistra mi schiacciò ulteriormente sul piano del tavolo, con la destra lo guidò fino all’interno delle piccole labbra, con un colpo secco mi penetrò fino a farmi sentire i peli pubici contro le natiche. Entrò in me immediatamente, senza nessun impedimento, aiutato dalla copiosa lubrificazione dei miei umori, strappandomi un grido di piacere, riempiendomi con il suo grosso cazzo e facendomi godere come non mai. Con una mano prese la mia coda e tirò la testa verso l’alto, facendomi alzare il petto dalla scrivania, con l’altra mi abbassò la spallina del vestito e prese a palparmi con forza la tetta, quindi cominciò a vibrare forti colpi con il bacino, scopandomi con una foga inaudita.
Il secondo orgasmo arrivò incontenibile, togliendomi il fiato e lasciandomi a bocca aperta, in un grido muto, mentre il mio montone mi leccava la guancia e l’angolo della bocca, sbattendomi sempre più forte, fino a rallentare l’intensità dei colpi, sempre più profondi che ricevevo, mentre un nuovo calore, fluido ed a copiosi fiotti, cominciò a spandersi dall’utero a tutto il basso ventre, accendendo un nuovo, ininterrotto acme del piacere, che mi scosse il corpo, per la forza degli spasmi, facendomi mordere il labbro inferiore per non urlare a pieni polmoni, tutto il piacere che stavo provando.
Mollò la mia coda e la mia tetta ed io mi abbandonai spossata sulla scrivania, senza uscire da me fece altrettanto, abbandonandosi sulla mia schiena, mentre sentivo che stava continuando ad emettere sperma dentro di me, il suo membro saldamente piantato in profondità, pulsava premendo sulle pareti della cavità vaginale, che a sua volta si contraeva meccanicamente attorno alla verga, spremendo il caldo seme dai testicoli. Alfredo era un vero stallone da monta, molto dotato e grande produttore di sperma, mi sentivo completamente colma, tanto che quando la verga perse il suo vigore ed abbandonò il caldo pertugio, il seme si riversò in abbondanti rivoletti lungo le mie gambe.
Rifiatammo qualche minuto e poi, finalmente, ci rimettemmo in piedi, mi sfilai il vestito dalla testa rimanendo nuda, nella camera permeava un fortissimo odore di sesso e corpi sudati, il mio maschio mi divorò con gli occhi rapito, probabile che ancora non riusciva a capacitarsi di aver appena posseduto, in maniera tanto bestiale, la giovane e bella femmina che aveva davanti, nonostante si sentisse ancora ben attivo ed in forze. Alfredo era nudo dalla vita in giù, per la prima volta vidi il cazzo che tanto mi aveva fatta godere, non ancora del tutto moscio, anche se stava rapidamente perdendo vigore, era straordinariamente generoso nelle dimensioni, molto largo, mi sarebbe piaciuto vederlo in tutta la sua lunghezza, vederlo in quello stato, lo faceva sembrare tozzo.
Nonostante i mie tre intensi orgasmi, non ritenevo ancora chiuso il nostro animalesco coito. Alfredo si mise a sedere sulla poltroncina che prima era il mio posto, lo raggiunsi e mi sedetti a cavalcioni sulle sue gambe, gli sbottonai la camicia e la levai lanciandola per terra, il suo comportamento adesso era più mansueto, non era più il maschio predominante che aveva montato la giovane femmina in calore poco prima. Immersi le dita nella folta villosità grigia del suo petto, dalla struttura muscolare ancora tonica, stuzzicai i piccoli capezzoli turgidi con le unghie, vi avvicinai la faccia e ne presi uno fra i denti, addentandolo con modesta forza, continuando a tormentare l’altro con le unghie e afferrando con la mano libera il suo membro. Volevo che tornasse ad essere il maschio dominante di prima, il suo cazzo cominciò a riprendere vitalità, lo sentivo crescere nel palmo della mano, il suo atteggiamento tornò ad essere fiero e sicuro, allungò la mano sinistra fino ad impugnare e strizzare la mia natica, mentre l’altra la intrufolo fra le labbra generosamente aperte della mia patatina. Sollevai la faccia e lo leccai attorno alla bocca, volevo che il nostro continuasse ad essere sesso selvaggio, lui ricambiò leccando la mia, sentii che muoveva le gambe per sfilarsi scarpe e pantaloni, quando fu di nuovo libero, mi sollevò di peso mettendosi in piedi, quindi si abbassò fino a sedere sul tappeto, mi scostò e si sdraiò per terra, facendomi porre sopra di lui a gambe divaricate, nella posizione del sessantanove.
Ricominciò con foga a leccarmi dal basso, nonostante fosse completamente imbrattata dai miei umori e dal suo sperma, mentre io mi gettai a capofitto a succhiare il cazzo che avevo davanti, nelle medesime condizioni igieniche della mia figa. In effetti non sapevo che cosa mi fosse preso, non mi ero mai comportata così prima. Cominciai a sbrodolare nuovi umori, incalzata dalla sua violenta leccata e dalle dita che frugavano instancabilmente dentro me, eravamo come impazziti, in preda alla libidine sfrenata del momento, mi sentivo nuovamente eccitata a dismisura, volevo godere ancora con il membro che, dentro la mia bocca, era tornato il fiero guerriero di poco prima, adesso lo potevo ammirare in tutto il suo splendido turgore, mentre la mia mente continuava a pensare che non ne aveva mai visto uno così grande dal vivo.
Non mi ero mai sentita in quel modo, la libidine del momento mi aveva fatto perdere la testa, mi sentivo una troia in calore e la sensazione, mi piaceva al punto di andare sempre più fuori di testa, volevo soltanto godere, farmi prendere dall’affascinante maturo signore, in qualsiasi modo avesse ritenuto più opportuno, non avrei opposto resistenza a nessuna delle cose che voleva farmi, ero la sua troia, la sua puttana, non avrei mai pensato che in vita mia sarei mai riuscita a sentirmi in quel modo, godendo a sentirmi dominata, usata come un oggetto sessuale.
Pompavo vigorosamente con la bocca, la verga che svettava imponente dinanzi a me, incalzata dalla lingua di Alfredo, che vagava impazzita dal clitoride all’ano, soffermandosi a penetrare per tutta la sua lunghezza dentro la vagina, tanto che sentivo i denti contro la mia intimità. Con le mani mi allargava al massimo le natiche, scoprendo al suo occhio i miei pertugi, alla fine si soffermò a titillare velocemente il clitoride con la lingua, infilandomi non so quante dita, nella vulva sempre più fradicia, mentre con un dito iniziò a violare l’integrità del mio culetto. Nonostante fossi vergine, non lo fermai e, quando il mio buchetto posteriore, fu violato per la prima volta dal suo dito, che si intrufolò impetuosamente nel mio intestino, mi si spense il barlume di luce che ancora reggeva la mia lucidità di mente, in quel momento non avevo più nessun tabù, gli otto anni di scuola dalle suore orsoline andarono a farsi benedire in un istante, divenni preda della lussuria, volevo essere posseduta e violata in ogni modo.
Emisi un grido smorzato, soffocato dalla verga che tenevo conficcata in gola, lasciandomi andare al nuovo orgasmo che mi stava tormentando l’animo, aspettai che gli effetti scemassero, poi mi sollevai sulle ginocchia, mi spostai con il pube all’altezza della rossa cappella e mi ci impalai sopra, dando le spalle ad Alfredo, posizionandomi ed accomodandomi in modo da farlo entrare tutto in me, fino a sentirlo fin dentro l’utero. Mi fermai qualche secondo, ad assaporare il libidinoso piacere di sentirmi così riempita, quindi appoggiai le mani sulle sue ginocchia e cominciai a cavalcare con foga, il duro bastone. Alfredo non abbandonò l’idea di farmi il culo, prese nuovamente le natiche con entrambe le mani e le divaricò di nuovo, sentii un dito insinuarsi ancora nel mio intestino, probabilmente un pollice, mi scopava l’ano, cercando di allentare la stretta dello sfintere, mentre con le mani regolava il mio movimento sul suo cazzo. Non era indolore per me, sentivo male allo stretto pertugio che l’uomo cercava di abituare, quando il secondo pollice spinse con forza, facendosi strada nel mio culetto, urlai di dolore e mi fermai, mossi i fianchi per abituarmi, mentre sentivo lo sfintere lacerarsi e cedere sempre di più, fino a cedere di schianto, come se fosse stato strappato, quando Alfredo spinse le dita verso l’esterno allargandomi l’ano come non mai. Malgrado il dolore che stavo provando, venni di nuovo, un imperioso orgasmo scosse tutto il mio corpo, essere impalata davanti e violata dietro, mi fece impazzire di piacere, il mio corpo si contraeva in spasmi incontrollati, mi feci addirittura la pipì addosso, o meglio, non riuscii a controllare la vescica e feci qualche goccia di pipì addosso ad Alfredo. Non avrei mai pensato di godere così tanto, solo per la sensazione di sentirmi veramente troia, tutti i tabù e le regole comportamentali che avevano regolato la mia vita sessuale per ventiquattro anni, erano crollati quel tardo pomeriggio in un colpo solo, sentivo di amare il maturo maschio che era riuscito a farmi provare tale piacere, che mi aveva liberata, aperta a nuove infinite soglie di lussuria, non mi sarei fermata in quel momento, sentivo una nuova Andrea che stava nascendo, speravo che Alfredo mi sodomizzasse, aprendomi nuovi eccitanti scenari, non mi interessava se avrei provato dolore, quella era una nuova nascita e le nascite sono sempre dolorose.
Il mio uomo non ebbe bisogno di richieste, sapeva da solo quello che doveva fare, mi spostò di lato e si mise in ginocchio sul tappeto, fece rialzare anche me e mettere in ginocchio davanti a lui, mi spinse la testa fino a terra, fino ad appoggiare la mia guancia destra nel brutto alone che, la mia pipì, aveva creato sul bel persiano. Sentii la sua cappella spingere contro l’ano, forzò lo sfintere dilaniandolo, il dolore mi accecò, entrò in me, lanciai un grido liberatore, soffocato dal morso che mi stavo dando al labbro inferiore, Alfredo si fermò, sistemò meglio la sua posizione e spinse di nuovo, con forza affondò la verga nel mio intestino, centimetro dopo centimetro, lentamente mi aprì definitivamente per tutta la sua lunghezza, ormai mi aveva spaccata, oscenamente aperta, il dolore era ancora forte, ma io avevo già cominciato a godere per tutte le sensazioni che stavo provando, allungai la mano destra fino alla mia bollente topina e presi a masturbarmi con foga, strusciando forte il clitoride.
Il dolore non scemò mai, il suo cazzo era troppo grande, poco adatto a sverginare il mio culetto, malgrado ciò, riuscii a raggiungere un ultimo orgasmo, meno intenso dei precedenti, forse il mio corpo era ormai sfinito, provato da tutto il piacere che fino a quel momento mi aveva donato. Alfredo mi scopò con foga, facendomi un male incredibile, uscì da me proprio nel momento in cui io godevo per l’ultima volta, svuotandosi le palle sulla mia schiena, inondandomela con la seconda, straordinariamente ricca eiaculata, imbrattando pure il tappeto con i primi violenti schizzi che riuscirono a superare la mia testa.
Alla fine ci abbandonammo spossati sul tappeto, io a pancia sotto, sdraiata sulla mia orina e sui suoi super schizzi, la schiena interamente imbrattata di sperma, l’ano oscenamente aperto e dolorante, a cui faceva buona compagnia la vagina. Ero tutta sudata, mi sentivo sporca, nel corpo e nell’anima, ma lo stesso straordinariamente felice ed appagata, avevo goduto come non mai in vita mia, sentendomi straordinariamente troia. Il mio uomo era parimenti sfinito, sdraiato di fianco a me a schiena sotto, le braccia allungate sopra la testa, soltanto il veloce movimento del petto tradiva la presenza di vita in lui, era tardissimo, la luce che filtrava dalle finestre si stava incupendo, ma non mi mossi lo stesso, anzi penso addirittura di essermi assopita.
La nenia del mio cellulare mi riportò nel mondo dei vivi, mi sollevai e camminai a quattro zampe fino alla borsetta, Alfredo non accennò a muoversi. Era mia madre, mi lasciai sfuggire una parolaccia, risposi al telefono ed inventai una frettolosa scusa, poi riagganciai. Scossi Alfredo come a svegliarlo dal torpore, si alzò a sedere sul tappeto, guardò l’ora preoccupato, si alzò di scatto ed andò al telefono a chiamare la moglie, inventò anche lui una frettolosa scusa, disse che era stato trattenuto da un cliente, sentii chiaramente gli strilli della moglie dall’altro capo del telefono, senza farla finire riappese il ricevitore. Prese la mia testa con entrambe le mani, quindi mi baciò teneramente sulle labbra, mi sorrise e mi disse che stava vivendo un sogno che lo aveva accompagnato per anni, scoparsi la bellissima figlia del suo amico, o meglio, mi disse che la realtà era stata ancora migliore del sogno, ancora non si capacitava che la strafiga che aveva davanti, aveva goduto a fare la troia per lui.
Ci recammo nel bagno dello studio, arredato di tutto punto come se fosse stato in un appartamento di lusso, in effetti li studio occupava un vero e proprio appartamento, mi lasciò sola a farmi una rapida doccia, quando uscii lo trovai fuori con degli asciugamani puliti che mi porse, senza tralasciare di fissare nuovamente il mio corpo nudo. Il culetto mi doleva da morire, mi diede il cambio in bagno ed io mi rivestii, quando anche lui fu pronto uscimmo assieme dallo studio, mi accompagnò alla macchina e, prima di farmi salire, mi baciò ancora con la lingua, quindi mi diede appuntamento alla mattina dopo, per cominciare a lavorare ed io ripartii.
Pensai molto quella sera, ero contenta del mio nuovo lavoro e del mio nuovo status di troia del mio principale, sentivo di dover ad Alfredo delle spiegazioni per il mio comportamento, del resto mi ero atteggiata in un modo assolutamente atipico e, malgrado mi fosse piaciuto, non potevo passare da troia navigata, volevo puntualizzare che era stato lui a far nascere in me certe sensazioni, dovevo assolutamente riconoscergli il merito, poi finalmente mi addormentai’

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