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Racconti Erotici

Vociferazioni sterili [Autobiografico]

By 14 Gennaio 2020No Comments

Parecchie persone a lungo proclamavano e rivelavano spesso e volentieri che per conquistarti, sarebbe bastato passare a prenderti placidamente sotto casa con unauto nuovissima di grossa cilindrata, accompagnarti all’ora di cena in un ristorante esclusivo e raccontarti d’abilità e di destrezze lavorative, divulgandoti costantemente di bravure professionali e sciorinandoti a più non posso competenze e capacità economiche per tutta la sera, in seguito esibirti per caso il contenuto del portafoglio, lasciando in conclusione una cospicua mancia al cameriere, e naturalmente offrirti la cena accompagnata con un costoso vino dannata, in seguito portarti in un locale allultima moda pieno di gente altolocata, azzarderei dire d’un assodato livello, poiché soltanto così ti saresti concessa. Da come ti delineavano, tu eri proprio un’accanita, ambiziosa e assetata donna, a momenti inaccostabile, esorbitante e intrattabile. 

Dicevano in aggiunta a ciò, annotando e commentando in maniera maldicente, ostile e perfida, che finora la tua agenda comprendeva unicamente individui d’alto lignaggio come avvocati, banchieri, dentisti, medici, notai, imprenditori e produttori di vario genere, e che non si poteva scendere al di sotto di questa stirpe altrimenti ci sarebbe stata l’inevitabile quanto categorica esclusione. Diffondevano e proclamavano che ti trattavi bene e che pretendevi solamente il meglio, anche se qualche volta di sfuggita t’ho notato in qualche locale seduta con uomini poco attraenti, grassi, pelosi o senza capelli, con le mani unte e la fronte raggrinzita. Uomini, in verità, che paragonandoli e raffrontandoli a quelli che frequentavi non avrebbero potuto nemmeno pulire il tacco d’una delle tue bizzose ed estrose scarpe, sempre allultima moda, sempre diverse, originali, stravaganti, ma in ogni caso senz’eccezione fuori dal comune e bellissime. Tu solamente potevi invero proporre quella mercanzia così sfarzosa, quella derrata appariscente e regale del tuo innato e spontaneo portamento, giacché è concesso a poche donne osare e avere la giusta audacia, dal momento che tu eri una di quelle saltuarie e rare femmine, che poteva in ultimo espletare tale condotta adempiendola nella più vantaggiosa e proficua delle maniere. Precisavano e spiegavano inoltre, che sotto sotto eri una puttana dalta discendenza, d’elevata stirpe, una facilona, un’incostante e per di più superficiale, una che mirava spiccatamente alla bella vita e a nullaltro. Probabilmente, in verità, lo riferivano riportandolo gli stessi individui che tu incrociandoli non li ritenevi interessanti, dei quali non ricambiavi neppure i loro sguardi cupidi, ingordi e insaziabili, che trovavi privi di significato, inconsistenti di senso, poveri di logicità, oppure che gli stessi apparivano ignobili, obbrobriosi e spregevoli, evitando persino di salutarti.

Tutti, in effetti, enunciavano formulando marcatamente, che la tua era unicamente un’adombrata quanto sottintesa apparenza, un mascherato ma convincente e dissimulato sfoggio per raggiungere in definitiva i tuoi diretti e personali scopi, per il fatto che bastava toglierti il trucco e quei vestiti di lusso, per scoprire che in fondo non eri poi tutta questa meraviglia e fenomeno che si divulgava in giro, che sapevi soltanto mostrarti al meglio, ma che eri distante dallesserlo veramente. La stragrande maggioranza dei presenti, spiegava simboleggiando tutte queste questioni con una grande animosità e con un intenso livore, per tutto il tempo che io t’osservavo con dovizia da lontano, giacché mostravo di non interessarmi alle calunnie, alle critiche e alle insinuazioni estraniandomi totalmente, perché queste ultime sono proprietà da frustrati, prerogative da infelici e caratteristiche da stupidi. Che cosa ne sanno in realtà gli estranei, soltanto osservando dall’esterno la vera faccia, l’effettiva fattezza d’una persona e di quello che realmente prova e concretamente vive dentro il suo essere? Io davo retta, captavo e ascoltavo a modo mio, però tastavo ogni cosa saggiandola con applicazione, vagliandola con attenzione e con oculata prudenza, senza dare nellocchio, appuntavo con pedanteria e con scrupolo tutto nella mia mente, già, perché a ben vedere a che cosa in definitiva mi sarebbe tangibilmente servito?

Dicevano ripetendo peraltro come dei dischi rotti, che per entrare nelle tue intime e accoglienti grazie, era più opportuno se fossi stato un avvocato o un medico, essere in possesso di unauto sportiva molto costosa, frequentare un ristorante di fiducia per offrirti una cena intima a lume di candela, con il cameriere lì dinanzi soltanto a disposizione per noi, avere la musica classica in sottofondo e come ciliegina sulla torta, in ultimo un dopo cena frequentato da personaggi di grosso spessore. Ma allora, perché? Per quale ragione, adesso ti stai muovendo come una gatta sopra di me, gemendo focosamente e bisbigliandomi ardentemente parole arroventate, lascive e scurrili, senza che io t’abbia dispensato nulla di tutto questo? Per quale motivo, sento i brividi quando i tuoi capelli neri mi sfiorano il viso, la pancia e le gambe? Perché sobbalzo a ogni tua carezza e non riesco a non guardarti, mentre con i baci mi benedici la pelle? 

Io vorrei chiedertelo, malgrado ciò non m’arrischio, non oso oltremodo, dato che non voglio interrompere né ostruire né spezzare questincanto. Forse ti sei stancata, può darsi che gli uomini t’irritino e t’esasperino di continuo, che sanno conversare soltanto d’affari, t’indispongono e ti seccano, parlottano di soldi e confabulano di successi, dimenticando di chiederti come stai, di domandarti come ti va la vita, non s’interessano se hai delle difficoltà, dei timori, delle aspirazioni, delle fragilità, dei limiti, non s’interrogano se hai delle angosce, non sondano le tue paure, non t’interpellano d’eventuali ambizioni, ma ti trattano solamente così come una bella bambola da pura esibizione, o ti scopano quando ne hanno voglia e magari tu non hai benché il minimo desiderio. A loro, in verità, non gliene importa nulla, probabilmente forse tu vuoi unicamente una notte diversa, semplicemente più normale possibile, per raccogliere le energie, per sfogarti, per proteggere te stessa, per tutelarti, per essere realmente compresa e considerata, di non avere l’assillo d’essere giudicata, di non avere l’ossessione né la preoccupazione d’essere tempestata da preclusioni né d’essere bersagliata da divieti né adornata da proibizioni, ma di poter respirare unicamente e serenamente una boccata dossigeno, e da domani tornare alla tua usuale e quotidiana vita.

Perché a questo pensiero il cuore mi batte velocemente, forse per la paura? Probabilmente per il batticuore o per il presentimento? Come mai è così bruciante, erodente e struggente avvertire la tua lingua sulla mia? Per quale motivo ti concedi così in maniera completa, passionale, in modo così franco, sincero e diretto, che al solo pensiero le lacrime mi salgono agli occhi? Il tuo viso senza ricercatezze e senza trucco è più bello che mai, il più vero è schietto che esiste, perché si china sul mio e mi bacia le labbra, il tuo corpo elastico e appassionato si dona fondendosi amorosamente su di me facendolo in modo così magnifico.

Adesso sento i tuoi seni su di me, le tue mani che percorrono i miei fianchi, il tuo morbido sedere che si lascia accarezzare dolcemente, perché questo momento prima o poi dovrà finire.

In verità sono tutte domande inutili e quesiti invero inessenziali, invocazioni futili e marginali, perché io sono spropositatamente affamato di te. Tutto il resto non conta né lesina né vale al presente nulla.

Ti auguro tutto il bene del mondo con tutto il cuore, anima e vita mia.

{Idraulico anno 1999} 

 

 

 

 

 

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