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Racconti di Dominazione

01 – legata

By 16 Agosto 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

Sono stata un po’ di giorni al sud perché sono andata a trovare i miei.
Ho pure incontrato il mio ex, è stato un caso, oppure chissà, lo ha fatto apposta perché sapeva che ero tornata: è incredibile come in una città di provincia le notizie girino rapidamente.
Sicuramente voleva farmi vedere la sua nuova ragazza.
Come era facile immaginare ha le tette molto grandi, ma anche le gambe corte ed il sedere troppo largo.
Contento lui!
Ieri ho litigato con mio padre e così ho deciso di tornare “su” prima del previsto.
Siamo nel 2011, io sono abbondantemente maggiorenne, eppure i padri del sud con le figlie femmine continuano ad essere peggio dei talebani.

Sono tornata in una città semi deserta.
Anche l’appartamento è vuoto, perché Silvia, l’amica con cui divido la casa, è in Calabria dai suoi parenti e tornerà dopo ferragosto.
Sono tutti in ferie, anche quelli che scrivono su i racconti di Milù, visto che ci sono poche storie nuove, così decido di provare qualcosa di diverso.

Mi voglio legare.

Non è una cosa facile, perché dopo devo anche riuscire a liberarmi, non posso mica rimanere immobilizzata finché Silvia non torna dalla Calabria.
Decido di legarmi le caviglie, perché è la cosa più facile: posso liberarmi quando voglio usando le mani.
Nel cassetto di cucina c’è un rotolo di spago, è molto fino ma per il primo esperimento credo possa bastare.
Non sono mai stata brava con i nodi e pasticcio parecchio mentre, seduta sul letto, stringo lo spago intorno alla caviglia sinistra, ma alla fine riesco a fare dei nodi abbastanza serrati, poi passo alla destra.
Ho finito e guardo il risultato finale: un groviglio disordinato di spago che avvolge le mie caviglie sottili.
Mi giro su un fianco tenendo sempre le gambe unite e nel muovermi sento lo spago che mi penetra nella carne.
Fa male, non troppo ma fa male e la cosa mi eccita.
Potrei legarmi anche i polsi, basterebbe fare dei nodi scorsoi e poi tirare.
Mi trattengono due cose: non sono sicura di riuscire a fare un nodo scorsoio e la paura, una volta stretti i cappi intorno ai polsi, di non riuscire più a liberarmi.
Per questa prima volta può bastare, penso, e mi sdraio sul letto.
Sollevo il vestito a quadretti, leggero, che metto sempre per casa e vedo la macchia bagnata sulle mutandine.
La mia cosina sta apprezzando il trattamento dello spago.
Infilo la mano sotto lo slip e mi accorgo che è completamente aperta e bagnatissima.
Le dita scorrono veloci, sanno benissimo cosa fare e, di istinto, allargo le gambe, o meglio provo a farlo.
La legatura me lo impedisce e solo spingendo forte riesco ad aprire parzialmente le ginocchia facendomi però abbastanza male.
Lo spago, sottile e ruvido, sfrega sulla mia pelle abbronzata, il dolore dovrebbe farmi desistere, invece l’eccitazione aumenta ed io spingo ancora.
Grido per il dolore e per l’eccitazione e, per un attimo, penso che la signora Elvira, l’anziana vicina del piano di sotto, unica rimasta nel palazzo in questi giorni, potrebbe sentire.
Non me ne frega niente e poi è pure sorda, continuo, le mia dita vanno sempre più in profondità, sono fradicia di sudore e in mezzo alle gambe mi sembra di avere una tazza di te bollente.
Penso che lo spago, a questo punto, deve essere penetrato così a fondo nelle mie caviglie da farmi uscire il sangue, ma non me ne frega niente neanche di questo, voglio solo finire.
È arrivato, l’orgasmo si è abbattuto su di me, potente ed irrefrenabile, lasciandomi alla fine senza forze.
La tazza di te bollente si è rovesciata sul mio ventre freddandosi istantaneamente.
Mi sento bagnata ed appiccicata, mentre le caviglie cominciano veramente a farmi male, così decido che è giunto il momento di slegarmi.
Problema. I nodi, a causa dello spago molto fino, con tutte le acrobazie che ho fatto mentre mi masturbavo, si sono stretti a tal punto che non riesco più a scioglierli.
Provo e riprovo ma riesco solo a rompermi un paio di unghie.
E ora?
Dai Patrizia, la prossima volta basterà tenere vicino un coltello o un paio di forbici, per ogni evenienza.
Per questa volta, invece, sarò costretta a strisciare fino alla cucina.
Impiego parecchio tempo a percorrere ginocchioni il corridoio, poi arrivata in cucina mi alzo tenendomi poggiata al mobile.
Le forbici sono nello stesso cassetto dello spago e riesco subito, con il primo taglio, a separare le due caviglie, in modo da garantirmi un equilibrio migliore, piuttosto, liberarmi completamente dello spago è molto più complicato, perché è difficile far passare le forbici tra lo spago e la pelle, ma non voglio usare un coltello, per paura di tagliarmi.
Alla fine, dopo numerosi tentativi, le mie caviglie sono libere.
Non mi sono neanche ferita, lo spago ha soltanto lasciato dei segni rossi e profondi.
Beh, ora vado a farmi una bella doccia.
Alla prossima.

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