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Racconti di Dominazione

02 – Sotto Casa

By 7 Settembre 2009Dicembre 16th, 2019No Comments

Ti aspetto sotto casa, “via dei Soncin, 27 Padova”. L’ho letto sulla tua carta di identità “Laura Petrucci”, “coniugata, nata il 10 giugno 1969 residente in…”.
Quando l’ultima volta che sei venuta hai poggiato tutto sul tavolino all’ingresso. Borsa, chiavi della macchina, ed i tuoi documenti, lì,la carta di identità era aperta ed ho curiosato mentre eri andata in bagno. “Appena posso la vado a prendere” avevo pensato. Ed oggi l’ho fatto. Eccomi qui.
Sono arrivato prima delle 7 stamattina, ho pensato che non saresti uscita tanto presto. C’è già tanta gente in giro a quell’ora, non lo avrei creduto.
Il tuo portone si è già aperto un paio di volte ma non sei uscita mai tu.
“Speriamo che non esca col marito ho pensato” e per fortuna non è successo. Verso le 7.45 si riapre il portone, stavolta sei tu.
Indossi un pesante giaccone marrone, ma sotto hai la gonna di sicuro, ai piedi hai delle scarpe con un gran bel tacco, “benedette donne, ma come fanno a stare tutto quel tempo su quei trampoli” mi sono chiesto. Abbasso il finestrino e ti chiamo “Laura?, Vieni che ti do un passaggio in ufficio!”.
Sei rimasta impietrita, il tuo volto è sbiancato, colpa anche del freddo pungente.
“forza non ho voglia di aspettare!” ti ordino.
Rimani ancora ferma lì, sul portone di casa.
Apro la portiera dell’auto e ti invito di nuovo a salire.
“Vieni!” “(puttanella)” aggiungo a bassa voce.
Inizi a camminare verso di me, quasi in trance. Sali in macchina.
Prendo la tua borsa e la metto sul sediolino di dietro, nel farlo mi allungo verso di te e ti bacio sul collo.
Sei un statua di sale, immobile sul sedile.
“andiamo via, ti prego!” mi dici.
“A momenti potrebbe uscire mio marito, ti prego, parti.”
Con calma avvio il motore e faccio manovra per uscire dal parcheggio.
Parto, mi avvio per via Prati, poi via Rialto fino a raggiungere via 20 Settembre.
Continui a girarti per vedere se c’è in giro chi ti conosce.
Sei fortunata che col freddo che fa oggi i vetri dell’auto subito si appannano.
“Mettiti comoda Laura, non essere nervosa”.
“Ma sei matto, tu sei un pazzo, se mio marito se ne accorge chissà cosa combina” mi urli.
Mi tiri per un braccio, per poco non vado a scontrarmi con la macchina che viene dal senso opposto.
Appena posso accosto.
Mi hai graffiato sia sul volto che su un braccio e mi hai fatto saltare alcuni bottoni della camicia.
Il graffio sul sul viso brucia.
Stavolta sono io che ti tengo.
Alzo il tono della voce e ti dico.
“Ehi, puttanella, sei mia”
“MIA, capito!”, ti tiro per i capelli e ti tiro a me.
“E togli questo rossetto troia”.
Con la mano tolgo il rossetto dalle tue labbra che irrimediabilmente sbava sul tuo volto.
Ti arriva uno schiaffo.
“Adesso facciamo i conti, puttana che non sei altro” grido fissandoti negli occhi.
Le tue pupille sono dilatate, hai paura di quello che ti può succedere.
Ti rifaccio sedere al tuo posto e sgommando parto verso la periferia.
“Ti prego”, mi dici, “debbo andare al lavoro, se non arrivo chissà cosa pensano” e prendi il telefonino.
Te lo strappo da mano e lo lancio sul sediolino di dietro.
“Potrebbero chiamare mio marito”.
Usciamo da Padova, ti porto verso il colli Euganei, da quelle parti ci sono parecchi posti dove ci si può appartare.
Saliamo verso il colle Della Madonna, sono in cerca di un prato dove poterci appartare.
Sei presa dal panico ed inizia a protestare, ma io ti zittisco.
“Finiscila di fare la piagnona, vedrai che ti divertirai”, e allungo una mano tra le tue cosce,
Sotto la gonna pesante indossi le autoreggenti e non porti l’intimo.
“Brava, vedo che qualche cosa l’hai imparata, stai iniziando ad essere una brava schiavetta”.
Per un solo istante cerchi di resistere stringendo le gambe, ma appena sento la tua reazione, ti stringo forte una cosce,
“basta, mi fai male, ti prego, non farmi male”, mollo la presa ma adesso sei più docile.
Appena spingo col dorso della mano tu allarghi le cosce.
Mi fermo in uno spiazzo isolato. Non c’è nessuno.
La mia mano scorre sulle tue gambe e tu chiudi gli occhi, le mie dita si fanno largo nella tua figa.
“Sei già un lago, basta poco per farti diventare una cagna in calore”.
“Si vede proprio che sei affamata di cazzo! Che porca che sei, e visto che ti piace tanto ora ti faccio contenta”.
Slaccio la cintura dei pantaloni e tu subito ti giri per sbottonarmi la patta.
“Stai al tuo posto stronza”, e ti rispingo sul sedile.
“Sbottona la camicetta, voglio tirare i tuoi splendidi capezzoli, Muoviti!” ti ordino secco.
Mentre mi slaccio la patta tu “S-si, subito mio padrone”, e inizi a sbottonare la camicetta.
“Brava, così mi piaci”, il tuo seno sta scoppiando nello stretto reggiseno ce indossi”.
lo tiri su e scopri il magnifico seno.
Te lo afferro e lo stringo tra le mani,
“Ahi, mi fai male”, non ti ascolto e te lo strapazzo per benino, “ahi, ti prego non farmi male”,
ti infilo la mano tra le cosce, stai bagnando il sedile dell’auto tanto che sei eccitata, ti infilo due dita nella figa,
te le metto in bocca, “succhia, questo è il tuo sapore, il sapore di una femmina vogliosa di cazzo”, succhi avidamente, la lingua saetta intorno alle mie dita.
Sfilo le dita e le succhio pure io, TI afferro per i capelli, ti spingo con la testa all’indietro e ti bacio con foga, la mia lingua e nella tua bocca, non ti do quasi il tempo di respirare,
Con la testa bloccata all’indietro e la mia lingua a “chiavarti la bocca” quasi soffochi, ma i tuoi occhi guardano i miei, quasi a cercare di capire quello che farò.
Sei fortunata, i vetri dell’auto sono quasi completamente appannati, solo il parabrezza è leggermente sgombro, se pure ci fosse qualcuno non riuscirebbe a capire chi c’è nell’auto, sembreremmo una coppietta come tante.
Invece sei la moglie di un altro uomo che è diventata la mia schiavetta.
Ti lascio per un istante, apro la porta dell’auto ed un’ondata di aria fredda e gelida ti colpisce facendo drizzare ancora di più i tuoi capezzoli.
Richiudo la portiera e faccio il giro dell’auto. Ora apro dal tuo lato.
“Scendi e appoggiati al cofano, forza”.
“No, che fai potrebbero vederci!”
“Che fa, vedrebbero uno che è andato a puttane, e tu sei una puttana ora”.
Ti tiro fuori dall’auto e ti poggio con le mani sul cofano ancora caldo.
“TI prego, no, andiamo in macchina che…”, non fai in tempo a finire la frase, il primo colpo di cinghia ti colpisce sul culo.
“Forza, non voglio perdere tempo!”, inizi a piagnucolare, “ti prego, ti prego, non così”,
Alzo la tua gonna ed il tuo culo viene sferzato dal freddo della campagna, non fai in tempo ad abituarti alla temperatura esterna che ti arrivano altre due cinghiate,
Sussulti per i colpi, adesso ti colpisco con alcuni schiaffi, il suono rimbomba tutto intorno, “ti prego se c’è qualcuno cosa facciamo”,
“lo invitiamo a partecipare, il tuo culo e la tua figa hanno parecchio spazio”, ti dico.
“No, ti scongiuro, non fare mai una cosa del genere, me ne vergognerei per tutta la vita”,
Il tuo culo, vuoi per il freddo, vuoi per i colpi è diventato rosso, non resisto più, è giunto il mio turno.
Mi avvicino a te, mi abbasso e ti allargo le cosce, quasi cadi per come te le divarico,
affondo la faccia in mezzo alle chiappe, il tuo corpo emana un calore infernale, lecco con voluttuoso piacere prima le succosissima figa poi passo al tuo fiorellino,
La lingua si insinua nel tuo buchetto, più e più volte, sento che pian piano cede,
“cosa vuoi fare” mi dici,
“adesso vedrai, anzi, adesso sentirai”, appoggio la cappella al tuo culo e leggermente spingo,
“no, mi farai un male cane, nemmeno a mio marito lo permetto”,
“a lui no, ma io posso eccome” e con decisione affondo il cazzo nel tuo culo,
“ahia, ahia, che dolore, mi stai aprendo tutta, ti prego fa piano”,
mi fermo per farti abituare, “adesso non ti fa più male?”, e due sberle arrivano sul tuo culo, sobbalzi per il bruciore che ti provocano,
non hai il tempo che inizio a scoparti il culo con una foga inaudita, il mio cazzo affonda dentro te, le mie palle sbattono sulla tua figa bagnatissima,
“no, ti prego no, sento un dolore incredibile, fermati , ti prego”,
mi fermo ma sono completamente dentro di te,
appoggiato con tutto il mio peso a te, non puoi muoverti, stesa completamente sul cofano della macchina, stringi i pugni per resistere,
rimango fermo per più di un minuto, “come fa male” dici sotto voce, sento il pulsare del tuo corpo intorno al mio cazzo,
ora gli spasmi che a intervalli stringevano il mio sesso non ci sono più, ti stai rilassando,
continuo a rimanere fermo, adesso sei tu che inizia a muovere i fianchi,
pian piano inizio a scivolare fuori di te e a pomparti con più dolcezza,
tu accompagni i miei movimenti, stai iniziando a prenderci gusto,
pian piano il dolore inizia a svanire e arrivano varie ondate di piacere,
sento vampate di calore percorrerti il corpo, intervallate da tuoi movimenti, via via più veloci, stai godendo.
“ti piace farti aprire il culo così, eh, puttanella?”
Non mi ascolti sei troppo presa dall’amplesso, inizio di nuovo a pomparti con forza, affondando completamente dentro di te.
“Che troia che sei, sei una divora cazzi, ecco cosa sei, puttana”, ti sto inculando con forza, sei completamente aperta.
“Devi dirlo che sei una puttana e che ti piace il cazzo, dillo”,
“Si, sono la tua puttanella, e voglio tanto cazzo”,
“Dillo più forte che non ho sentito bene”,
“sono la tua puttanella, e voglio tanto cazzo”, sto per venire, sento la cappella gonfiarsi,
“grida che sei una puttana, la mia puttana”,
“SIIII, SONO LA TUA PUTTANA, LA TUA PUTTANELLAAAA”, gridi arrivando ad un un irrefrenabile orgasmo, il mio cazzo erutta nel tuo culo riempiendoti di caldo nettare,
mi lascio andare su di te, ti tiro per i capelli e facendoti girare ti bacio con passione, la tua lingua e la tua bocca sembrano non aspettare altro.
Rimaniamo cosi, per alcuni secondi, “drin-drin”, il tuo telefonino inizia a squillare, ti faccio alzare e tu raggiungi la portiera dell’auto, ti allunghi nell’abitacolo a prendere i telefonino,
rispondi ancora ansimante, “Ciao, scusa ma ho avuto un contrattempo, tra mezz’ora credo di arrivare in ufficio”, intanto io dietro di te ti bacio il culo ancora aperto.
Attacchi, “ti prego riaccompagnami in ufficio, non vorrei che si insospettissero”.
Mi ricompongo mentre pure tu ti rimetti a posto, ti risistemi al tuo posto mentre io mi rimetto alla guida e ripartiamo.
Hai ancora tutti i capelli arruffati, e il rossetto sbavato sulle labbra, mentre ritorno in città ti ritrucchi meglio che puoi, vista l’auto in movimento, il rossetto rimane un po sbavato,
Ti muovi sul sediolino, “ho tutto il culo indolenzito, oggi sarà una sofferenza stare seduta vicino al pc”,
“Così ti ricorderai chi è il tuo padrone”.
Arriviamo in circa venti minuti vicino al tuo ufficio, “fermati qui, non vorrei che mi vedessero arrivare con uno sconosciuto”, mi costringi a fermarmi a poche centinaia di metri dall’ufficio.
Ti guardo andare via, il giubbotto corto in vita, e calze, che fasciano le tue splendide cosce, sulla tua gonna, dietro si nota una piccola macchia di umido,
“chissà se si ricorderà che le son venuto nel culo e che le si sta bagnando la gonna dietro, del resto non ha le mutandine sotto” penso tra me mentre ti vedo andare velocemente via.
“Che grandissima puttanella che ho tra le mani”, rimetto in moto e riparto.

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