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Racconti di Dominazione

03 – Nicola

By 18 Agosto 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

Nicola è il ragazzo di Silvia, la mia amica con cui divido l’appartamento.
In genere giro alla larga dagli studenti fuori sede calabresi, perché nei primi cinque minuti dopo averti conosciuta cercano di capire se stai con qualcuno o meno, nei successivi cinque minuti, se sono educati, ti piazzano una mano sul culo e, se non ti sbrighi a tagliare la corda, nel giro di mezz’ora cercano di scoparti, ritenendo che una ragazza che vive sola sia una puttana che va con tutti.
Beh, forse non è giusto generalizzare, infatti Nicola non è affatto un tipo simile.
Piccolo di statura, grassottello e con una profonda stempiatura, occhiali cerchiati e modi gentili, insomma è l’opposto del modello ‘bronzo di Riace’ a cui si rifanno molti sui conterranei.
Chiudo la digressione.
è il 15 Agosto, sì, proprio il giorno di ferragosto, ed io sono ancora sola nell’appartamento, perché Silvia si è presa qualche giorno di vacanza, da trascorrere in campeggio con Nicola.
Nicola in realtà non si chiama così, ma sto cercando di non lasciare troppi indizi in giro, perché ci sono parecchie persone che cercano di scoprire, ad ogni costo, la mia identità e devo stare attenta, per non trasformare il mio gioco in un incubo.
Sicura che nessuno verrà a disturbarmi, decido di provare a legarmi per la terza volta.
Ormai comincio ad imparare e mi porto in camera da letto le forbici ed il coltello, insieme alla corda di cotone, che ho usato la seconda volta.
Rifaccio la legatura ai piedi del letto, che tanto mi era piaciuta, ma prima taglio un pezzo lungo una trentina di centimetri, da usare per stimolare la mia fichetta quando verrà il momento.
Indosso solo una gonna a pieghe, molto corta ed una canottiera.
Il reggiseno non l’avevo messo, perché in casa spesso sto senza, mentre le mutandine le ho tolte prima di legarmi.
Sono sdraiata, con la gonna completamente sollevata, la stanza è in penombra e vedo in controluce il ciuffetto di peli che sta ricrescendo.
Dovrò fare un’ultima depilazione, se voglio andare ancora qualche volta al mare senza che mi escano dei bruttissimi pelli neri dallo slip.
Mentre faccio questa considerazione, sento un rumore lontano, come se qualcuno stesse aprendo la porta di casa.
Non può essere, le chiavi, oltre a me, le possiede solo Silvia che è in campeggio con Nicola, ed il padrone dell’appartamento, che però vive fuori città e non si sognerebbe mai di aprire direttamente senza suonare.
‘Patrizia? Sei in casa? Sono passato a portare i bagagli di Silvia.’
Nicola, il suo inconfondibile accento calabrese non mi lascia dubbi.
Realizzo che per depositare i bagagli nella stanza della mia amica, dovrà per forza passare davanti alla mia stanza e che la porta è aperta ed io non posso certo chiuderla.
Il ragazzo di Silvia mi troverà legata al letto, a gambe aperte e con la fica all’aria, anche se non è ‘quel’ tipo di persona, non mi sembra comunque una bella situazione.
Riesco solo ad evitare di fargliela vedere riabbassando la gonna, ma per il resto posso fare ben poco.
‘Nicola, aspetta …’, riesco a dire solo questo, poi sento un tonfo sordo.
Nicola è a due metri da me, di fronte alla porta spalancata della mia stanza, ed i suoi occhiali spessi sembrano ancora più spessi.
In mano tiene un trolley rosa e per terra c’è un grosso borsone nero, cadutogli per la sorpresa, che deve aver provocato il tonfo che ho sentito.
‘Patrizia ‘ tutto bene? Sei sola?’
‘Sì, sì, tutto bene, non c’è nessuno.’
Per un attimo penso di inventarmi la balla che uno sconosciuto mi ha aggredito e legata al letto, poi vedo il suo sguardo che prima si posa sulle forbici, il coltello e la corda avanzata e penso che non si berrà la storiella.
Io tengo in mano, stretto nei pugni il pezzo che avevo tagliato per masturbarmi e quando lui se ne accorge, vedo come un lampo passargli negli occhi.
‘Credo di poter fare qualcosa per te.’
Dice solo queste parole e si avvicina al letto, dopo aver mollato il trolley rosa.
Io farfuglio qualcosa del tipo ‘aspetta ‘ non hai capito’ ma lui è già salito sul mio letto.
Sono come paralizzata, le mie mani continuano a stringere il pezzo di corda, mentre Nicola mi solleva la gonna.
Non dice nulla, sento solo il suo respiro pesante mentre si china su di me.
Quando le sue labbra si posano sulla mia fica, cerco di richiudere le gambe e solo in quel momento lo strattone doloroso che arriva alle mie caviglie, mi ricorda che sono legata.
Il bruciore della corda sulla pelle e lo strano bacio sono come una sferzata di piacere che mi attraversa il corpo.
Nicola aumenta la pressione con le labbra e la mia fica, già un po’ bagnata, è costretta ad aprirsi, mentre grido per la sorpresa ed il piacere.
Sto colando, mentre lui inizia a lavorarmi dentro con la lingua.
Ogni tanto, per aumentare il piacere, tiro un po’ con le gambe per sentire meglio la corda che mi lega le caviglie, mentre Nicola ansima sempre più forte.
Le sue mani mi tengono stretta per i fianchi, come per impedirmi di fuggire, ma non posso andare da nessuna parte, legata in quella maniera.
Quando la punta della sua lingua tocca il clitoride grido e cerco di allontanarlo, spingendo con le mani contro il suo petto, ma Nicola è pronto a prendermi i polsi e ad immobilizzarmi le braccia contro il materasso, come aveva fatto quella volta il mio ex.
Così lo lascio fare, perché non posso fare altrimenti, ma anche perché mi sta piacendo da impazzire.
Sono venuta. Le caviglie cominciano a farmi parecchio male e vorrei liberarmi, ma sono anche stanca e resto ferma, con gli occhi chiusi, a sentire il piacere che abbandona lentamente il mio corpo.
Le mani di Nicola mi sollevano la canottiera e subito dopo mi sento carezzare i capezzoli.
è una carezza strana, ma forse dipende dal fatto che per l’eccitazione, sono diventati duri e molto più sporgenti.
Quando riapro gli occhi capisco: Nicola si è spogliato completamente e mi sta strofinando la punta del cazzo sui capezzoli.
Non è molto grande ma sembra bello duro.
Si è tolto gli occhiali ed ha il viso completamente inzuppato, perché io devo averlo spruzzato per bene.
‘Patrizia, la tua bocca mi fa impazzire’, mi dice mentre mi stringe il viso con una mano, costringendomi ad aprire le labbra.
Ho capito cosa vuole da me: devo ricambiargli il favore.
Cerco di ribellarmi, ma sono troppo stanca e lui mi è già salito sopra, le sue chiappe mi schiacciano le tette, mentre cerca di infilarmelo in bocca.
Posso fare solo una cosa, aprire le labbra.
Per fortuna è una cosa rapida, perché a me non è mai piaciuto molto fare pompini, e poi sono stanca e non vedo l’ora di liberarmi delle corde alle caviglie.
Era così eccitato dall’opera di leccamento della mia fica, che è venuto quasi subito, lasciandomi la bocca piena.
Si è spostato più indietro, prendendo a carezzarmi, questa volta con le mani, i capezzoli, mentre io cercavo di sputare.
Quando gli ho detto che ero stanca e che non ce la facevo più a stare legata, si è scusato e, dopo essersi rimesso gli occhiali, mi ha liberato le caviglie.
Io sono filata in bagno e, quando sono uscita, lui non c’era più.
Il trolley rosa ed il borsone, sistemati nella stanza di Silvia, vicino al letto, mi dicevano che non avevo sognato.

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