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Racconti di Dominazione

05 – Io e lui, la prima volta in strada

By 22 Agosto 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

Lui, naturalmente, è il sukaranbo.
Questa mattina ho deciso, farò il grande passo ed uscirò con il giochino di corde sotto al mio vestito.
Silvia non sa nulla, lo saprà a cose fatte, come tutti voi, quando leggerà il racconto.
Per fortuna è uscita presto perché aveva da fare una cosa all’università.
Io ho fatto finta di dormire finché non ho sentito sbattere la porta di casa, e solo allora mi sono alzata.
Mi devo preparare con cura, ci tengo al mio aspetto.
Ho sistemato sul letto il vestito prescelto per la mia prima uscita: un abitino rosso, senza maniche e scollato, corto ma non troppo, perché non vorrei (lo so è una paura irragionevole), che una gonna troppo mini, possa mostrare il mio segreto.
Metterò le scarpe che ho già provato in casa, dei sandali beige, che tengono il piede legato alla suola della calzatura solo con delle minuscole striscioline di pelle.
Trucco leggero, non ho mai amato le facce tinte, visto che sono bella abbronzata e che per i miei grandi occhi scuri è sufficiente una leggera passata di eyeliner, rigorosamente con il pennellino.
Ho il portatile acceso, c’è un altro mucchio di messaggi, ma ora non ho tempo per rispondere, lo farò dopo la passeggiata.
Mi riguardo la foto che mi ha mandato uno di voi. Una ragazza, carina, nuda e legata, con le gambe aperte ed i buchini in bella mostra.
Non mi assomiglia molto, ha i capelli più chiari ed il viso tondo, è decisamente più in carne di me, in mezzo alle gambe allargate vedo due seni decisamente più corposi dei miei.
Sorride, sembra soddisfatta ed ha la cosina piacevolmente socchiusa.
Allora apro l’anta dell’armadio e la regolo in modo che lo specchio che si trova all’interno possa riflettere la mia immagine.
Mi sdraio sul letto e raccolgo le ginocchia con le braccia, cercando di assumere la stessa posizione.
Sono più alta, più magra e soprattutto più longilinea di quella ragazza, ma il mio culetto non sfigura affatto.
La mia fichetta è chiusa, per ora, ma è più grande di quella dell’altra ragazza, con le labbra più scure, rispetto alla pelle intorno, sembra attendere che la corda le entri dentro.
Anche l’altro buchino appare completamente serrato a differenza di quello della ragazza della foto, che mi sembra bello spalancato.
Ripenso al butt plug di cui mi hanno parlato diverse persone, forse dovrei cominciare ad usarlo.
Basta.
Per questa uscita, ho preventivato almeno un paio d’ore, mi hanno consigliato di passare la corda più volte intorno alla vita, per aumentare il punto di contatto e diminuire così la pressione.
Così faccio fare alla corda due giri, essendo doppia, mi ritrovo una cintura quadrupla.
Azzardo un nodino, non davanti, ma in corrispondenza del buchino posteriore, chissà, magari riesco ad anticipare il butt plug.
Devo farlo e disfarlo tre volte, ma alla fine azzecco il punto giusto e posso passare la corda sul davanti.
Il problema salta fuori quando indosso il vestito rosso: è troppo attillato e si vede nettamente la corda che mi cinge la vita e poi scende in basso.
Accidenti non avevo pensato ad una cosa del genere, mi tolgo il vestito e comincio a frugare nell’armadio.
L’unico che va bene è quello beige con i disegnini delle foglie in autunno.
Colori pastello, stoffa leggera e, soprattutto, abbastanza largo da non far vedere cosa c’è sotto.
Dopo cinque minuti sono fuori di casa, pronta ad affrontare la nuova esperienza.
Mi guardo nello specchio dell’ascensore, sto benissimo.
Provo gli occhiali da sole, saranno utili per nascondere le mie sensazioni, mentre il cappello di paglia mi riparerà dal sole, perché la giornata si preannuncia molto calda.
Esco dal portone camminando piano, non devo esagerare perché la prova sarà lunga e già sento la corda che sfrega in mezzo al mio sesso ed arrivano le prime fitte piacevoli.
Mi immagino quando uscirò sotto la guida del mio padrone, che magari mi ha ordinato di godere ma non troppo, non è mica facile con questa cosa tra le gambe.
Mi viene in mente di prendere la macchina, la mia deliziosa Smart bianca mi aspetta proprio di fronte al portone: tutto facile, non dovrò camminare, almeno fino alla destinazione e, soprattutto, non mi troverò vicino qualche sconosciuto che comincerà a guardarmi incuriosito quando il sukaranbo comincerà a fare effetto.
Beh se prova deve essere va fatta bene, così allungo il passo e mi dirigo alla fermata dell’autobus.
Ho fatto solo pochi passi, poi la corda deve aver toccato qualcosa di più sensibile, perché mi è sfuggito un gemito e mi sono dovuta appoggiare ad un lampione.
Per fortuna non c’era nessuno vicino.
Piano Patrizia, devi andare piano, sennò ‘
Quando salgo i gradini dell’autobus, il nodino che ho sistemato dietro si muove, sembra volersi infilare dentro e quasi perdo l’equilibrio.
Un signore gentile mi sorregge per un braccio ed io riesco a salire.
Mi sento addosso lo sguardo di tutti i passeggeri, forse dipende dalla mia piccola perdita d’equilibrio, oppure hanno capito?
Ma no, cosa devono capire?
Mi siedo vicino al finestrino e, quando appoggio la schiena al sedile, il nodino mi fa uno strano solletico.
Spingo ancora verso lo schienale e lo sento forzare il buchino.
Dolore e piacere allo stesso tempo.
Un ragazzo si è seduto a fianco a me.
Attraverso gli occhiali da sole, non vista, mi accorgo che sta sbirciando nella scollatura del mio vestito.
Distoglie quasi subito lo sguardo, forse perché ha paura che io lo noti, oppure perché ha già valutato la pochezza del mio seno.
Io intanto nel frattempo accavallo le gambe, la gonna risale scoprendo in parte le mie cosce abbronzate e gli occhi del ragazzo scendono in basso.
Questa volta non distoglie lo sguardo, sembra soddisfatto ed io mi rilasso e mi appoggio completamente allo schienale del sedile.
Sento affondare il nodino all’interno del mio culetto, e penso a che effetto farebbe se avessi messo anche un butt plug.
L’autobus imbocca una strada selciata, sono seduta proprio sulla ruota ed il massaggio provocato dal nodo della corda si fa più forte, alla fine devo staccarmi dallo schienale perché comincia a farmi male.
Sono arrivata, devo scendere, il ragazzo si scansa appena per farmi passare e con la mano mi struscia su una coscia, sicuramente l’ha fatto apposta.
La villa è proprio di fronte a me, basta attraversare la strada e superare il grande cancello di ferro battuto.
è una grande villa storica, con alberi giganteschi e larghi viali coperti di ghiaia.
Veramente la ghiaia c’era una volta, anni fa, poi hanno pensato bene di sostituirla con quei dannati sassetti appuntiti, che quando si infilano nei sandali danno un fastidio terribile e poi alzano una polvere grigiastra che ti sporca le scarpe dopo pochi metri.
Mentre traverso la strada sono costretta ad accelerare per evitare un taxi che mi punta deciso e allora ricomincia.
Finché ero rimasta seduta sull’autobus, mi ero quasi dimenticata il sukaranbo (a parte il nodino), ma ora, che mi sono messa a camminare veloce, riprende a sfregarmi in mezzo alle gambe costringendomi a respirare a bocca semiaperta.
Mi fermo solo quando sono in salvo sul marciapiede opposto.
Patrizia, immagina che hai un padrone: ‘devi provare piacere ma non sei autorizzata a venire, guai a te se raggiungi l’orgasmo’.
Riprendo fiato ed entro nella villa.
C’è poca gente in una mattina di giorno feriale d’Agosto.
I miei sandali avanzano in mezzo ai sassetti, con il tacco alto e sottile che ogni tanto scivola costringendomi a forzare sulla caviglia.
Cammino, piano, tranquilla, ho trovato la giusta andatura, quella che mi garantisce una ragionevole dose di piacere.
Ahi! Un sassetto si è infilato tra piede e scarpa, la punta aguzza proprio in mezzo alla pianta.
Io ho dei piedini belli e delicati, nonostante sia alta 1,70 (veri, cioè scalza) porto solo il 37.
Ho sempre avuto cura dei miei piedi: una volta al mese dal podologo, tengo sempre le unghie tagliate con cura e ricoperte dallo smalto (oggi lo avevo messo rosso, per il vestito che poi ho dovuto scartare) e mi infastidisce avere qualcosa che non va, come un sassetto fastidioso.
Mi fermo appoggiandomi al bordo di una panchina, sollevo il piede destro e cerco di far uscire il sasso, che invece rimane attaccato al piede.
Così sono costretta a togliermi del tutto la scarpa e, mentre sono in equilibrio precario su una gamba sola, come un fenicottero, l’oscillazione del mio corpo causa uno sfregamento improvviso più forte degli altri.
Non ho potuto trattenere un gridolino che ha fatto voltare un anziano signore che passeggia con un bassotto al guinzaglio e, allo stesso tempo, per non finire in terra sono costretta a mettere giù il piede nudo.
Ora ho tanti sassetti sotto la pianta del piede e decido di sedermi sulla panchina, per tentare la ripulitura da una posizione più comoda.
Il cambiamento di posizione deve aver fatto spostare la corda, che ora mi tocca le piccole labbra ed il clitoride.
Per reprimere i mugolii di piacere che mi sfuggono, sono costretta a mettermi la mano davanti alla bocca.
Il signore con il cane si è fermato e guarda verso di me, fingo di tossire per distrarlo ma non so se ha funzionato.
Aspetto un minuto per riprendere il controllo, poi mi rialzo e riprendo a camminare.
Ho fatto solo pochi passi, penso che mi ero promessa di fare una passeggiata di un paio d’ore, compreso il tragitto in autobus, quando becco un sasso sotto il piede sinistro.
Anche se cammino lentamente e cerco di stare attenta, il massaggio sta avendo il suo effetto, mi sento bella bagnata e temo che durerò molto poco.
Ricordo le parole che mi ha detto uno dei miei possibili padroni: ‘arriverai al punto che mi supplicherai di poterti spingere fino all’orgasmo, ma potrai farlo solo alla fine, quando lo stabilirò io, quando ti darò il permesso di infilarti nel bagno di un bar, dove potrai toccarti e griderai come una cagna in calore, mia piccola troia.’
Nella villa non ci sono bar, solo un chiosco, ma non ha i bagni. Ci sono i bagni pubblici però.
In quel momento realizzo che prima di uscire di casa, confusa dalla faccenda del cambio abito, ho dimenticato di fare pipì.
Accidenti, oltre al nodino di dietro, che adesso sembra essersi un po’ calmato, alla corda che sta strofinando il mio sesso sempre più efficacemente, devo aggiungere anche questa.
Oltretutto fa caldo e mi è anche venuta sete, così decido di tagliare per un vialetto laterale, dove vedo una bella fontanella, poi andrò in bagno.
Mi inchino per bere con le mani messe a conca ed il nodo mi si pianta di nuovo nel buchino, lasciandomi scappare un profondo sospiro mentre la corda si appoggia decisamente sul clitoride.
Apro le mani e l’acqua mi cade addosso bagnandomi la gonna mentre sono costretta ad aggrapparmi alla fontanella.
Respiro a bocca aperta e sono presa da un desiderio fortissimo di stringermi addosso alla fontanella e strofinarmici contro.
Impiego un po’ a calmarmi, poi alla fine decido di raggiungere i bagni pubblici.
Cammino a fatica ed ho le scarpe piene di quei maledetti sassetti.
Vedo passare due ragazze bionde in bicicletta. Nella villa c’è un posto che noleggia le bici.
Già ci mancherebbe pure la bici, non oso immaginare che succederebbe se mi sedessi sul sellino con il sukaranbo. Il solo pensarci fa aumentare l’effetto del massaggio che si fa sempre più vigoroso.
Sono fradicia e temo che sia anche la pipì, perché ora mi sta scappando di brutto. La piccola costruzione rossiccia dei bagni pubblici mi sembra una specie di miraggio nel deserto mentre avanzo a fatica sul vialetto.
Ho talmente tanti sassi nelle scarpe che alla fine decido di toglierle, meglio camminarci sopra.
Quando arrivo davanti alla signora dei bagni devo avere un aspetto terribile, da come mi guarda, mentre prende i 50 centesimi e mi porge la salviettina per asciugarmi le mani.
Nell’antibagno mi guardo allo specchio, sono spettinata e rossa in faccia.
Appoggiandomi ad un lavandino mi ripulisco i piedi dai sassetti e mi metto di nuovo i sandali, poi mi precipito in bagno.
Sono tutta arrossata e bagnata fradicia, uso un bel po’ di carta igienica per asciugarmi le cosce e poi cerco di sciogliere il nodo.
Troppo tardi, la pipì a lungo trattenuta e la vista del water sono un connubio troppo forte e, per evitare di farmela addosso in piedi, sono costretta a sedermi.
Non avrei mai pensato di farla con tutto il sukaranbo, è una esperienza strana, perché la corda all’inizio devia un po’ il getto, poi riesco a spostarla leggermente e va meglio.
A questo punto penso, non resta che toccarmi fino all’orgasmo e me ne posso tornare a casa.
E no Patrizia!
Avevi detto due ore e ne è passata appena una. Adesso ti lavi le mani e torni fuori.
Pensavo che la sosta avrebbe alleggerito la situazione ma invece non faccio in tempo ad uscire dai bagni che riprende peggio di prima.
La corda, che passa doppia in mezzo al mio sesso, deve aver preso in mezzo il clitoride, è come se due dita lo stringessero, una da un lato ed una dall’altro.
Ogni passo è un tormento, piacevolissimo, ma un tormento.
Devo tornare in bagno e sistemare la corda, così non riuscirei a fare neanche 50 metri prima di venire.
La signora non c’è più, in compenso, lo scopettone, piazzato di traverso davanti alla porta, mi dice che non si può entrare perché ha appena lavato il pavimento.
Disperata, mi infilo una mano in mezzo alle gambe e risistemo la corda visto che non sta passando nessuno.
Proprio mentre a gambe larghe sto frugando nella mia cosina, dal bagno degli uomini esce un tipo alto, con il cranio rasato, pantaloncini e canottiera.
Mi lancia un lungo sguardo stupito e poi si mette a correre mentre si sistema le cuffiette sulle orecchie.
Riprendo a camminare cercando di non raccattare altri sassetti ma è impossibile.
Mi immagino il mio master che mi obbliga a raccoglierne una manciata, andare in bagno e metterli dentro lo slip. Io cammino con la fica piena di sassi appuntiti, mi fanno male e mi eccitano allo stesso tempo, ogni tanto qualcuno esce dalle mutandine e rotola per terra mentre io continuo ad avanzare a gambe larghe, con la gente che mi guarda.
Questa immagine terribile mi fa pensare che, tutto sommato, un po’ di sassolini nelle scarpe non siano la fine del mondo.
Sono arrivata al prato. è un grande spiazzo verde dove molta gente prende il sole.
Mi tolgo le scarpe ed inizio a camminare scalza sull’erba scaldata dal sole.
è una sensazione piacevole, dopo il fastidio dei sassi aguzzi sotto la pianta dei piedi.
Aumento il passo, non me ne frega più niente, e poi il master ancora non ce l’ho.
Mi sembra di fare una specie di danza, i piedi avanzano leggeri sull’erba morbida e la corda sfrega e massaggia il mio sesso.
Vedo appena gli sguardi perplessi delle persone sdraiate, molti di loro devono aver capito cosa sta succedendo, ma io continuo finché arrivo in un punto quasi alla fine e mi sdraio all’ombra di un albero.
Sono caduta di schianto e il nodo posteriore si ricorda di esistere proprio in quel momento.
Allargo le gambe, piego le ginocchia e cerco di schiacciare il sedere sul terreno mentre premo la borsetta contro il mio ventre.
Coperta dalla borsetta la mia mano si infila sotto la gonna e comincio a toccarmi.
Gli altri mi sembrano abbastanza lontani e le mie dita si muovono agili mentre il piacere aumenta e sento l’orgasmo avvicinarsi.
Cerco di non farmi sentire ma la villa è un posto abbastanza silenzioso e sono sicura che tutti stanno udendo i miei gemiti di piacere.
Non posso far altro che venire, rumorosamente. Mi chiedo se si può fare. Non sono nuda non sto avendo un rapporto sessuale, potrei essere arrestata?
Mentre me ne sto semi sdraiata, ancora stordita, un tizio con un plaid in una mano ed un libro nell’altra mi passa vicino.
Lancia una lunga occhiata alle mie lunghe gambe semi nude, posate sul prato e sibila ‘puttana, che schifo!’.
Quando tolgo la borsetta vedo che la gonna è tutta bagnata. Ed ora come faccio a tornare a casa?.
Ma non è questo il problema, basta rimanere un po’ al sole e rimane solo un alone giallastro sul bordo della macchia.
Il guaio è che quando mi rialzo mi accorgo che la mia cosina, sensibilizzata dal sukaranbo, risponde con una prontezza preoccupante.
Non sono arrivata neanche a metà del prato che sono già di nuovo fradicia ed il clitoride è gonfio e duro come prima.
Per quanto cerchi di stare attenta, mi rendo conto che non andrò lontano in quelle condizioni.
Arrivata alla fine del prato faccio una cosa da pazzi.
Scavalco la staccionata di legno solo con una gamba e mi ci metto a cavallo.
Il legno fresco, con ancora la corteccia addosso, sotto il peso del mio corpo, penetra nella mia fica ed io mi muovo leggermente.
Questa volta riesco a fare tutto senza dare nell’occhio, o almeno mi sembra.
Quando mi rialzo soddisfatta, l’unica traccia che ho lasciato è una macchia scura di bagnato sul legno della staccionata.
Ancora vialetto, ancora sassi, mentre la corda ricomincia, basta, guardo l’ora, è mezzogiorno, sono tre ore che tengo quest’accidente di sukaranbo, sono stanca morta e le corde in vita cominciano veramente a darmi fastidio.
Vado di nuovo in bagno e tolgo tutto.
Altri 50 centesimi e, quando ho chiuso la porta, una pessima sorpresa: non riesco a sciogliere il nodo.
Provo e riprovo, ma si deve essere stretto ed io, da stupida, non ho messo le forbici nella borsetta.
Mi viene da piangere ma non c’è niente da fare.
Oltretutto, i miei maldestri tentativi hanno sortito, come unico effetto, quello di stuzzicare ancora di più la mia cosina, così decido di rifarlo di nuovo, sperando che sortisca un qualche effetto calmante.
Purtroppo il tutto dura 50 metri, poi la corda ricomincia implacabile il suo massaggio e la mia camminata si fa di nuovo incerta ed ondeggiante.
Quando arrivo vicino all’ingresso della villa mi sembra sia passata un’eternità.
Manca solo il viaggio in autobus ora.
Ho paura, non ce la farò, e non posso assolutamente avere un orgasmo sull’autobus, con la gente che mi sta a pochi centimetri, non ho scelta, così prima di uscire, torno indietro, scavalco di nuovo una staccionata e mi dirigo verso dei folti cespugli.
Al riparo delle piante mi tocco per l’ultima volta, una cosa la sto imparando, a venire senza fare troppo casino.
Cerco di ripulirmi le mani sporche ed appiccicose e poi guadagno l’uscita tentando di muovermi con cautela.
Quando salgo sull’autobus mi sembra di essere uscita di casa una settimana prima.
A quest’ora, anche se è Agosto, la vettura è affollata.
Sto in piedi, pressata tra la gente che non sa il mio segreto, stanca morta e con la paura che la maledetta corda riprenda a suonare la sua musica.
Invece arrivo a casa tranquillamente, cioè, quando ho aperto la porta di casa, ero di nuovo abbastanza eccitata ma tutto sommato in grado di controllarmi. Ho scoperto che il nodo si riusciva a sciogliere, mi ero solo fatta prendere dal panico, quando ero nel bagno pubblico della villa.
La mia pelle è segnata profondamente, la corda mi ha provocato delle escoriazioni e la mia povera fichetta è veramente provata.
Per ultimo ho tirato via il nodino in mezzo alle chiappe, non mi da neanche troppo fastidio, chissà , forse un piccolo butt plug potrebbe essere la prossima cosa da provare.

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