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Racconti di DominazioneRacconti sull'Autoerotismo

08 – La trappola

By 30 Gennaio 2012Dicembre 16th, 2019No Comments

Sara aprì la casella di posta con rassegnazione.
Da quando aveva pubblicato quel post su quel forum, non era più riuscita a vivere.
Il giorno seguente aveva ricevuto qualcosa come centocinquanta mail, così tante che da subito aveva pensato fosse un virus.
Invece non lo era.
Ora, a distanza di quasi un mese, il fenomeno si era un po’ attenuato, ma ne sentiva ancora gli eco.
Aprì la prima mail.
“Sei una maiala succhiacazzi”, diceva.
Cancellata.
Aprì la seconda.
“Ti farò fremere di piacere e urlare di dolore. Chiamami subito 338/XXXXXXXX”.
Cancellata.
Provò con la terza.
Iniziava con “Splendido quarantenne, fisico atletico e cultura universitaria…”.
Proseguiva per almeno mezza pagina, non aveva neppure voglia di leggerla, figuriamoci di rispondere.
Aprì la quarta.
“So che cosa stai provando. So che hai ricevuto decine, se non centinaia, di messaggi, e probabilmente ti sei quasi pentita di esserti raccontata su internet”.
Sara annuì in silenzio, poi proseguì la lettura.
“So che il tuo post è stato meditato a lungo; per giorni ti sei chiesta se dovevi pubblicarlo o no, poi hai seguito quello che ti diceva il cuore. Perchè sono anni che ti senti così, sono anni che non sai con chi condividere quello che senti e che vorresti”.
Sara sorrise amaramente. Era tutto vero.
“Io so queste cose non perchè sono un’indovina, ma perchè ci son già passata. Per questo motivo sento sia mio dovere prenderti per mano e accompagnarti in questo mondo affascinante ma oscuro. Se tu lo vorrai, ovviamente. Pensaci. Io sono Medusa”.
Sara si passò una mano tra i lunghi capelli castani.
Questa era finalmente una mail diversa.
Innanzitutto era una donna, e già questo era un’ottima partenza.
Poi sapeva di cosa parlava, indubbiamente.
Veleva la pena di provare?
Alzò le spalle: non avrebbe potuto farle male via mail, no? E poi era questo che desiderava quando aveva confessato i suoi pensieri su quel forum di BDSM: parlare con qualcuno.
Cliccò il tasto “rispondi” e scrisse velocemente il testo.
“grazie per avermi scritto, medusa. mi piacerebbe approfondire il discorso con te”.
Inviò.

Claudia sentì arrivare la mail e vide con soddisfazione che era di Sara.
Le aveva scritto quella mattina dopo averne seguito le tracce su internet.
Non era stato difficile seguendo le indicazioni di Augusto: Sara si era registrata su un forum di dominazione e bondage e aveva posto qualche domanda in merito a qualche tecnica; poi – in una sezione dedicata alle inserzioni – aveva detto che avrebbe voluto provare un rapporto di dominazione a distanza.
Claudia conosceva quegli ambienti, sapeva che tipo di persone le avrebbero scritto, e sapeva che corde toccare per non passare inosservata.
Rispose subito alla mail.
“Lieta di risentirti. Percorreremo assieme questo cammino, e per questo motivo è necessario che sappia un po’ di cose di te. Hai voglia di raccontarti un po’?”.

Sara accolse con entusiasmo l’arrivo della risposta. Non immaginava che Medusa avrebbe risposto così in fretta.
Rispose alla mail.
“puoi chattare? sarebbe più facile”.
Inviò.
Dopo un paio di minuti vide aprirsi la chat.
*ciao, sono medusa
*ciao sono sara
*lo so. emozionata?
*un pokino
*non c’è motivo, con me puoi stare tranquilla
Sara sorrise.
*vuoi ke ti parli di me?
*certo
*ho 18 anni, ho un fratello di 20. i nostri genitori sono separati, io vivo con mio fratello
*non vivete con nessuno dei vostri genitori?
*in teoria con nostro padre, ma in pratica lui abita in una villa fuori città con la sua nuova moglie e la figlia di lei, poi è spesso in giro per lavoro. io e mio fratello abbiamo questo appartamento in certo così è più comodo per la scuola
*che scuola fai?
*liceo classico
*ti piace?
*abbastanza
*ok. descriviti
* sono altra 1.65, non ti dico il peso ma non sono magrissima. ho  capelli e gli occhi castani. una quarta di seno
*sembri carina
*non lo so. non sono molto a mio agio con me stessa
*perchè?
*xkè queste forme le ho sviluppate molto giovane, a 14 anni. sembra assurdo ma questo mi ha provoato un complesso, e così mi rendo conto ke sono goffa, ke non ho un bel portamento.
*hai un ragazzo?
*ci siamo lasciati due settimane fa
*durava da molto?
“due mesi
*sei stata a letto con lui?
“si
*quante volte?
Sara sospirò. Non voleva ammettere con questa persona che l’aveva fatto solo una volta.
*una decina
*altro?
*no
Se ne vergognava, ma era così. Si accese una sigaretta.
*e così dici che sei a disagio con il tuo corpo. come prendi il sole al mare?
*bikini
*topless mai?
*no, mi vergogno troppo
*quanti uomini ti hanno vista nuda?
*solo il mio ex
Sara si diede della stupida per come stava conducendo questa conversazione. Medusa avrebbe pensato che era un’impedita e l’avrebbe scaricata in fretta, ne era certa.
*imparerai molte cose con me. questo sarà un percorso che ti aiuterà a trovare te stessa e ti renderà più consapevole di te. fidati di me, so di cosa parlo
*mi fido
Claudia sorrise. La preda stava abboccando.
*bene. vuoi che iniziamo a fare qualcosa?
*va bene
*dove sei ora?
*a casa, sul mio letto
*sei sola?
*si, mio fratello è fuori
*dividete la stessa stanza?
*si. in teoria c’è anche la stanza di mio padre, ma non la usiamo mai. talvolta la usa lui quando porta la ragazz
*come sei vestita?
*sono in pigiama
*sotto?
*mutandine
*bene. togliti il pigiama
Sara sospirò. Era verosimile che sarebbe successo. E poi di cosa aavrebbe dovuto preoccuparsi? Era sola in casa.
Si sfilò la giacca del pigiama, poi i pantaloni. Sentì un birivido.
*fatto
*bene. ora toccati un seno e dimmi com’è?
Sara si pose una mano sul seno sinistro. Aveva il capezzolo eretto.
Lo massagiò qualche secondo, sospirando.
*ho il capezzolo duro
*non preoccuparti, è normale. ora togliti le mutandine
Sara si sdraiò sul letto e si liberò dell’ultimo indumento.
*fatto
*brava, ora passati un dito sulla topa e dimmi comè?
Sara si chiese se faceva bene a comportarsi così. Avrebbe potuto passare qualche guaio?
Probabilmente no. A parte che dall’altra parte c’era una donna, poi non era neppure in web cam, nessuno la stava vedendo.
Poteva stare tranquilla.
Passò un dito tra le labbra.
Era bagnata.
*mi vergogno a dirlo, ma sono un po’ eccitata
Claudia sorrise. La ragazza prometteva bene.
*com’è la tua topa? ti depili?
Mentre aspettava la risposta, prese il portatile e si spostò sul letto.
*no
Claudia si liberò della camicetta e si sfilò i jeans.
*ora farai qualcosa per me
*cosa?
*ti masturberai
Sara sentì un colpo al cuore.
Claudia si slacciò il reggiseno.
*sei sicura ke devo farlo?
*sono sicura. immagino tu l’abbia fatto altre volte
*si
*allora fallo anche adesso. ti aspetto qui.
Sara posò il computer sul pavimente e si sdraiò sul letto, allargando le gambe.
Il suo corpo le rivelava come questa cosa le piacesse, anche se la sua testa aveva ancora paura.

Claudia si sfilò le mutandine e si inginocchiò sul letto, sfiorandosi la topa.
Era eccitata dall’idea che questa diciottenne, a sentire lei così innocente, si stesse toccando perchè glielo aveva chiesto lei.
Augusto le aveva detto di agganciarla, ma non le aveva proibito di divertirsi.

Sara introdusse due dita tra le grandi labbra e si frizionò.
Era molto lubrificata, le dita scorrevano senza problemi.
Sentì il respiro aumentare, allargò le gambe.

Claudia prelevò dal candeliere sopra il comodino una candela e se la infilò nella vagina.
Era la sua masturbazione preferita, godeva sempre tantissimo.
La vece penetrare a fondo, proprio al limite prima di sentire dolore.

Sara aumentò forsennatamente il ritmo, assecondando il movimento della mano con quello del bacino. Con la mano sinistra si afferrò il seno e se lo strinse, piantandosi le unghie dentro.
Spalancò la bocca, come per un urlo muto, e fece scivolare le dita dentro di sè.  

Claudia si gettò sul letto e aumentò il ritmo della candela, mentre con le dita della mano libera andò ad insinuarsi tra le natiche, Trovò il buco del sedere e lo stimolò con un unghia, poi si infilò un dito dentro.
Stava per venire.

Sara non riusciva a smettere di ansimare, fortuna che non c’era nessuno in casa. Introdusse un terzo dito dentro di sè, sentendo l’orgasmo arrivare.
Quando venne si portò una mano in bocca per non urlare.

Claudia sentì il suono del messaggio della chat proprio mentre stava venendo.
Si abbandonò sul materasso e aspettò che l’effetto catartico dell’orgasmo si esaurisse, poi recuperò il computer.
Il messaggio di Sara diceva semplicemente *sono venuta

Sara aveva bisogno di bere, ma non osava staccarsi dal computer.
Perchè Medusa non rispondeva subito?
Aveva fatto qualcosa di male?
Finalmente arrivò la risposta.
*brava, sei stata brava. ti è piaciuto?
*molto
*bene,sara, con questo introduciamo la prima regola che dovrai seguire d’ora in poi. dovrai dormire nuda.
Sara sentì il cuore andarle in gola
*te l’ho detto ke mio fratello dorme nella stessa stanza?
*sì. non importa dovrai dormire nuda. non è necessario che tu sia scoperta, ma devi essere senza vestiti
Sara senza sapere perchè si portò una mano al seno.
Era ancora eccitata.
*va bene, lo farò. e come mi comporto quando mi alzo?
*quello che fai adesso con il pigiama lo farai senza
* e se mi guarda?
*lascialo guardare
Sara sospirò. Era in gioco, e ora doveva giocare. Soprattutto perchè si rendeva conto che non le dispiaceva una cosa del genere.
*domani mandami una mail e raccontami come è andata. se ti sarai comportata bene ti darò un premio.
*farò il possibile
*sicuramente farai bene. ora vai a dormire che è tardi.
Saraà guardò l’ora, era l’una passata. Non se ne era resa conto.
*hai ragone è tardi. ti scrivo domani
Poi aggiunse:
*grazie di tutto
Claudia sorrise.
*sento che faremo grandi cose assieme.
E spense il collegamento; poi prese il telefono e mandò un messaggio ad Augusto.
“La preda ha abboccato all’amo”.

Sara chiuse il computer e, istintivamente, cercò il pigiama.
“Non devo più usarlo”, si disse subito.
Si infilò nel letto, si coprì con il lenzuolo e spense la luce.
Era contenta di come era andata la serata, era contenta di Medusa.
Sembrava una donna sincera, magari avrebbero anche potuto diventare amiche.
Si addormentò soddisfatta.

Un’ora dopo Luca, il fratello di Sara, rientrò a casa.
Aveva bevuto abbastanza, non vedeva l’ora di mettersi nel letto.
Fortuna che il giorno dopo non aveva lezione, avrebbe potuto riprendersi.
Entrò in camera e accese la luce.
Sua sorella era già a letto addormentata.
Si avvicinò al letto di Sara per prendere il caricabatterie del telefonino e notò qualcosa di insolito.
Il lenzuolo lasciava scoperte le spalle di Sara, e sembrava non indossare niente. Non solo il pigiama, ma neppure un reggiseno.
Le diede un buffetto per capire se stesse dormendo, ma non ricevette risposta.
Provò a scostare il lenzuolo.
Aveva ragione, non portava il reggiseno!
Che tette Sara, peccato che fosse sua sorella!
La ammirò per qualche minuto, stava per coprirla nuovamente con il lenzuolo quando il suo occhio venne attirato da un particolare.
Sul pavimento, accanto al letto, c’era un paio di mutandine.
“Vuoi vedere che…”. pensò.
La scoprì ulteriormente.
Era completamente nuda!
Sentì subito il suo cazzo irrigidirsi.
Era un bello spettacolo, nulla da dire.
Era la prima volta che la vedeva così liberamente. Sua sorella era sempre molto ritrosa, si cambiava in bagno, non si faceva mai vedere. Rarissime volte le aveva visto le tette (e sempre di sfuggita), ma mai l’aveva vista nuda.
Decise di ricoprirla prima di fare pensieri sconvenienti.
Si spogliò e se ne andò a letto, chiedendosi se fosse moralmente deprecabile farsi una sega pensando alla propria sorella.
Ci avrebbe pensato l’indomani.

Sara sentì il fratello mettersi a dormire e si rilassò.
Aveva finto di dormire, e aveva dovuto combattere contro se stessa per impedirsi di rianimarsi e strappargli il lenzuolo dalle mani.
Probabilmente suo fratello aveva pensato che era andata fuori di testa.
Però aveva fatto il suo dovere, era contenta.
Si addormentò soddisfatta.

Il suono della sveglia ridestò violentemente Sara. Stava dormendo benissimo.
Scostò le lenzuola e solo quando si alzò in piedi si rese conto di essere nuda.
Stava già per coprirsi con le mani quando si ricordò dell’ordine di Medusa: avrebbe dovuto comportarsi come se nulla fosse.
Guardò verso suo fratello: anche se era voltato dalla sua parte, sembrava dormire.
Si avvicinò e si fermò a meno di un metro dal suo letto, con le mani sui fianchi.
Cosa avrebbre detto se avesse aperto gli occhi in quel momento?
Era completamente visibile, non avrebbe fatto in tempo a coprirsi, oltre al fatto che sarebbe stato difficile trovare una spiegazione del perchè fosse nuda di fronte a lui.
Forse stava solo fingendo di dormire, e in realtà la stava sbirciando dalla fessure degli occhi?
Sentì il cuore aumentari i battiti a quel pensiero.
Basta fantasticare: prese un completo intimo dal cassetto, lo indossò, poi terminò di vestirsi e prese la cartella di scuola.
Avesse scostato il lenzuolo del letto del fratello, avrebbe notato un’inequivocabile erezione.

Si fiondò sotto casa e prese il bus per andare a scuola.
Si sistemò sui sedili in fondo e – preso l’i-phone – scrisse una mail a Medusa. Avrebbe potuto anche farlo successivamente, ma ci teneva a farle capire come avesse preso sul serio il suo ordine e voleva che sapesse bene tutto quello che era successo.
Digitò rapidamente il testo e inviò il resoconto, rammaricandosi che il compito di italiano in programma quel giorno le avrebbe imposto di tenere spento il telefonino.
Lo riaccese verso le undici, non riuscendo a trattenere un urletto quando vide che Medusa aveva risposto alla mail.
“Sei stata molto brava, sono molto orgogliosa di te. Per questo motivo c’è un regalo per te. Quando saranno terminate le lezioni, vai al gabbiotto al pian terreno, dove ci sono le bidelle, e dì loro chi sei. Ti consegneranno un pacco, ma non aprirlo prima di arrivare a casa. Staserai a casa apri la chat alle 23.00 e ci parleremo. Sono convinta che ci toglieremo grandi soddisfazioni assieme!”.
Sara sentì un colpo al cuore: Medusa era stata nella sua scuola!
Sopportò malvolentieri le ultime due ore di lezione, poi, al suono della campanella, si precipitò giù dalle scale.
“Sono Sara XXXX – quasi urlò alla bidella – Ci deve essere qualcosa per me”.
La bidella non disse una parola; si chinò e prelevò un pacco grosso come una scatola da scarpe avvolto da carta nera.
Sara lo prese in mano soppesandolo. Stava morendo dalla curiosità di aprirlo.
“Chi l’ha portato? Me la descrive?”, domandò.
La bidella alzò le spalle.
“Non c’ero io….è arrivato prima che arrivassi”.
Peccato.
Sara si precipitò fuori e rincorse l’autobus.

Passò il pomeriggio a perdersi nei pensieri.
Avrebbe dovuto studiare, ma non riusciva a concentrarsi. Continuava a chiedersi cosa contenesse il pacco e cosa le avrebbe detto Medusa quella sera.
Fin dove l’avrebbe condotta?
Faceva bene a fidarsi di quella che, in fin dei conti, era una perfetta sconosciuta?
Forse avrebbe dovuto parlarne con un’amica, ma come avrebbe potuto introdurre l’argomento? Non avrebbe mica potuto dire che aveva messo un’inserzione su un blog di sadomasochismo, per chi l’avrebbe presa?
In realtà non aveva ora come ora motivi particolari per preoccuparsi: se anche Medusa le avesse dato degli ordini non graditi avrebbe potuto semplicemente rifiutarsi di eseguirli.
Mica avrebbe potuto obbligarla, no?
Impose a se stessa un faticoso sforzo di concentrazione e riuscì a studiare storia: aveva un’interrogazione fra due giorni e non poteva permettersi un’insufficienza.
Cenò controvoglia. Suo fratello non sembrava intenzionato a togliersi dalle scatole, e per un attimo temette che non sarebbe uscito.
Per fortuna alle dieci dichiarò l’intenzione di andare a giocare a biliardo e uscì di casa.
Sara sentiva l’eccitazione crescere sempre di più. Tra poco avrebbe parlato nuovamente ocn Medusa; fremeva all’idea di quello che le avrebbe detto.
L’ultima mezz’ora passò lentissima, poi finalmente arrivarono le undici.
Prese il computer portatile, si accovacciò sul suo letto e lo accese.
Dopo un paio di minuti MSN le mostrò che anche Medusa era on line.
*ciao sara. come stai?
*bene
*cosa hai fatto oggi?
*solite cose. ho studiato.
*bene. ci tengo molto che tu vada bene a scuola, i nostri giochi non dovranno interrompere i tuoi studi. me lo prometti?
*certo, non temere.
*bene. hai ricevuto il pacco?
*sì
*l’hai aperto?
*no, pensavo di doverti aspettare
*hai fatto bene, brava. complimenti anche per ieri sera, hai fatto tutto benissimo
*grazie.
* è stato difficile?
*un pokino
*ti ha eccitata? sii sincera
*sì, un po’ sì
*è normale, non temere. ora possiamo aprire il pacco. però prima devi fare una cosa
*dimmi
*spogliati
*completamente?
*si
Sara si alzò in piedi e si liberò dei vestiti. Continuava a non essere a suo agio senza indumenti, ma non poteva contestare una cosa così minima.
*fatto. sono nuda
*come ti senti?
Meditò un attimo prima di rispondere, poi trovò il termine giusto.
*vulnerabile
Claudia sorrise.
*è normale. ora apri il pacco.
Lo aveva accanto a lei sul letto. Lo prese e lacerò la carta. Dentro c’erano diversi oggetti, tra cui una dozzina di candele, un abito e diversi pacchetti.
*fatto
*bene. ora prendi una candela e il tubetto di crema
Sara rovistò nella scatola fino a quando non trovò quello che le aveva chiesto.
*prese
*ungi la candela con la crema
Prese un fazzoletto di carta, lo impregnò di crema e lo stofinò contro la candela fino a coprirla completamente.
*fatto
*bene. ora infilati la candela nel culo e poi torna qui
Sara rimase un attimo interdetta. Non si aspettava un ordine del genere.
Però doveva essere pronta, non esitare, anche se per lei era un’esperienza nuova.
Mai nulla le era stato introdotto nel sedere. Mai.
Si appoggiò con il petto sul letto e accostò la candela all’ano.
Non appena entrò in contatto con il suo buco, ebbe il moto istintivo di ritrarsi.
“Coraggio, basta spingere”, si disse.
Esercitò pressione con la mano e sentì la candela che, piano piano, le dilatava il buchino e si insinuava dentro di lei.
Non era una sensazione sgradevole, anche se sentiva la candela come un deciso corpo estraneo.
La introdusse più a fondo che potè, poi si sdraio sul fianco e raggiunse il computer.
*fatto
Claudia sorrise soddisfatta.
*bene. ora devi metterti a sedere sul letto, sui tuoi talloni, in modo che la candela punti sul materasso e non esca. ti è chiaro.
Sara si mise in posizione. Non appena appoggiò il sedere sui talloni sentì la candela penetrare di qualche altro centimetro, provocandole un leggero dolore.
*fatto
*bene. ora faremo qualche passo avanti. sai qual è il presupposto per l’ubbidienza, Sara?
Sara meditò qualche secondo. Voleva fare bella figura.
*la fedeltà
Claudia scosse la testa.
*no. le regole. senza regole non c’è ubidienza
Sara annuì in silenzio.
*tu hai già una regola, sara. dimmela per piacere
Per qualche secondo si sentì prendere dal panico, poi si ricordò
*devo dormire nuda
Claudia sorrise.
*brava. ora ti darò qualche altra regola che dovrai imparare e applicare da subito. sei pronta?
Sara sentiva il cuore battere forte.
*sono pronta
*bene. cominciamo con un’integrazione alla regola numero uno. nella scatola trovi un pacchetto verde, aprilo.
Sara recuperò il pacchetto.
Dentro c’era una mascherina per dormire, tipo quelle che davano in aereo, e dei tappi per le orecchie.
*aperto.
*da oggi in poi, tu non solo dovrai dormire nuda, ma dovrai indossare la mascherina e metterti i tappi alle orecchie. a tuo fratello potrai dire che non riesci a dormire, è una scusa credibile. hai capito?
*certo
*ottimo. ora passiamo alla seconda regola. quando sarai in casa, compreso quando riceverai degli ospiti, non potrai mai indossare più di due indumenti, scarpe comprese. è chiaro?
Sara sentiva la candela insinuarsi sempre di più nel sedere, non era sicura di aver capito.
*no, scusami. non ho capito cosa devo indossare
*quello che vuoi, basta che siano due indumenti.vuoi metterti un bikini? va bene. vuoi metterti un maglione e dei jeans? se sotto non hai nulla, e quindi sono solo due indumenti, va bene. vuoi metterti calze e scarpe. va bene, però non potrai metterti altro. è chiaro ora?
Sara sentiva il cuore battere forte. Questa regola le faceva profilare all’orizzonte molte difficoltà.
Però non poteva fare storie, non il secondo giorno.
*certo, è chiaro.
*bene, sono contenta di te. ci saranno altre regole, ma per adesso useremo queste. ora vai a dormire
*va bene. niente altro?
Claudia sorrise. L’addestramento stava cominciando a dare dei risultati.
*cosa intendi? cosa vorresti fare?
Sara si sentiva in imbarazzo.
*non mi fai fare niente?
*tipo cosa?
Sara esitò. Cosa avrebbe pensato Medusa di lei?
*ti ho chiesto tipo cosa?
“Coraggio!”, si disse.
*tipo toccarmi
*usa il verbo corretto
*masturbarmi
*vuoi masturbarti, sara?
*si
Sara sentiva l’eccitazione salire.
*no, non lo farai.
Si sentì delusa.
*ora ti sfilerai la candela dal sedere e la rimetterai a posto. poi ti metterai la mascherina, i tappi e dormirai. è chiaro?
*sì, è chiaro
*sei delusa?
Lo era, ma non poteva dirlo.
*no. io faccio quello che vuoi tu
*bene. ora ti saluto. ci sentiamo via mail
Sara vide il contatto di Medusa diventare grigio.
Era effettivamente un po’ contrariata. Lei non era mai stata una da sesso selvaggio, però le piaceva toccarsi. L’avrebbe fatto volentieri quella sera, però non poteva trasgredire ad un ordine.
O forse sì?
In fin dei conti, come avrebbe potuto Medusa accorgersi della sua disobbidienza?
Si sfilò la candela dal sedere, provando un brivido di piacere.
Istintivamente accostò la mano al suo sesso.
Era bagnata, sarebbe bastata qualche carezza….
Si sfiorò le labbra, mentre con una mano si stringeva il seno.
“Basta! – si disse – Non posso!”.
Indossò con decisione la mascherina e i tappi per le orecchie e si infilò sotto alle lenzuola.
Era completamente isolata dal mondo, non avrebbe potuto capire quando suo fratello fosse entrato in camera.
Il cuore le battè più forte, pensando a cosa sarebbe successo.
Era solo all’inizio e già si sentiva su di giri….chissà cosa sarebbe successo in seguito?
Si addormentò soddisfatta.

Luca tornò a casa un’ora dopo.
Entrò in camera e guardò subito verso il letto di sua sorella.
Questa volta aveva addosso una mascherina per dormire e anche dei tappi per le orecchie.
Perchè tutta questa bardatura? Forse aveva difficoltà a prendere sonno?
Accostò il viso a quello della ragazza. Stava russando leggermente, sicuramente dormiva.
Con cautela scostò il lenzuolo, scoprendola completamente.
C’era un vantaggio al fatto che fosse bendata.
Estrasse il telefonino e scattò una foto.
Il flash la illuminò completamente.
Ne scattò ancora altre cinque.
Non sapeva cosa stesse capitando a sua sorella, ma non aveva nulla da lamentarsi.

Sara controllò per l’ennesima volta la posta elettronica.

Erano le dieci di sera e non aveva ancora nessuna mail da parte di Medusa.

Erano ormai due giorni che non riceveva notizie e stava cominciando a preoccuparsi.

Aveva per caso fatto qualcosa che non andava?

Aveva eseguito gli ordini senza sgarrare, su questo era più che tranquilla.

Aveva dormito le due notti precedenti senza alcun vestito addosso, indossando mascherina e tappi per le orecchie.

In entrambi i casi si era infilata nel letto prima che suo fratello rientrasse in casa, e di conseguenza non sapeva se lui si fosse accorto di qualcosa.

Non lo sapeva, ma se avesse sbirciato nel telefonino di suo fratello avrebbe visto un nutrito servizio fotografico di lei senza vestiti.

Aveva notato, effettivamente, un diverso atteggiamento da parte di lui.

Fino  a quel momento lei era sempre stata la sorella minore, quella trattata con sufficienza e considerata a volte anche un’imbranata.

Invece da qualche giorno a questa parte lo trovava più attento. Si offriva di farle dei piaceri, le versava da bere. Piccolezze, ma che ovviamente lei che lo conosceva da diciotto anni non faticava a notare.

Era stato più difficile mantenere l’impegno dei due indumenti in casa, anche solo per mancanza di alternative.

Nonostante la regole le permettesse diverse varianti, nella pratica non aveva osato molto.

La parte di sotto era praticamente sempre stata costituita da un paio di pantaloni della tuta, e sopra una  maglietta.

Era però vero che con un seno grosso come il suo era difficile celare l’assenza di reggiseno.

Ne sapeva qualcosa Massimo, un suo compagno di classe che era passato a prendere un libro.

Non appena si era reso conto che lei non aveva nulla sotto non era più stato in gradi di staccarelo sguardo dalle sue tette e, paradossalmente, più lui guardava più lei si eccitava. Ad un certo punto aveva avuto il timore che i suoi capezzoli potessero bucare la stoffa!

Anche Alessio, un amico di suo fratello, aveva probabilmente notato qualcosa.

Era passato un pomeriggio a trovarli mentre Sara era sul divano a guardare la televisione.

In quell’occasione aveva indossato una maglietta un po’ scollata, bianca, e un paio di pantaloncini rossi.

Non era stata una scelta voluta, Alessio non era atteso.

Non appena le aveva messo gli occhi addosso, il ragazzo si era seduto accanto a lei e aveva fatto di tutto per stabilire un contatto con lei.

Qualunque cosa era motivo per toccarla: ad ogni frase dicesse le posava la mano su una spalla, sul braccio…ad un certo punto osò anche su una coscia, ma Sara si scostò subito.

In attesa di ricevere notizie da Medusa, le scrisse, raccontandole quegli ultimi eventi.

Almeno la volta successiva sarebbe stata informata senza bisogno di relazionarle nuovamente tutto.

Scrisse velocemente la mail e la inviò.

Dopo dieci minuti vide che Medusa era on line.

Non aspettò oltre e si mise in contatto con lei.

*temevo fossi arrabbiata con me

*perchè?

*non lo so. non ti avevo più sentita

*sono stata impegnata. ho letto la mail, brava

*grazie

*è importate d’ora in poi che tu mi tenga aggiornata su quello che fai. devi dirmi cosa hai in programma, se devi vedere qualcuno, se esci, tutto quello che fai. d’accordo?

*d’accordo

*ora sei sola in casa?

*si

*bene. allora spogliati

Sara accolse di buon grado l’ordine. Si liberò di quello che aveva addosso e tornò al computer.

*fatto

*ora prendi una candela dalla scatola che ti ho regalato.

*fatto

*bene. ora devi aprire le tende della finestra della camera in cui ti trovi e accendere le luci, se già non sono accese

Sara capì dove Medusa voleva arrivare

*tutti vedranno dentro casa!

*certo. è quello che voglio. fallo e avvisami quando l’hai fatto

Sara si sentiva molto agitata. Non era avvezza a queste cose…solo il suo ex ragazzo l’aveva vista nuda, e neppure troppe volte.
Però non poteva tirarsi indietro, non per una prova così.
Si alzò, andò verso la finestra e sbirciò attraverso la tenda. Davanti a casa sua c’era un hotel, con un po’ di fortuna, visto il periodo, non ci sarebbero state troppe stanze occupate.
Prese fiato e le spalancò, poi tornò verso il letto, cercando di non guardare fuori.
*fatto
Claudia, dalla stanza buia dell’hotel in cui si trovava con Augusto, guardò fuori.
“L’ha fatto veramente – commentò – Non ci avrei scommesso un euro”.
Augusto ridacchiò e puntò il teleobiettivo verso la finestra di Sara.
Scattò due foto in rapida sequenza.
*brava. ora devi solo più fare una cosa.
Sara temeva di aver capito, ma chiese lo stesso.
*cosa?
*lo sai, carina.devi masturbarti con la candela fino a venire. e devi farlo sul letto, in piena vista della finestra
*questo è un ordine, sara. devi eseguirlo.
Sara sentiva il cuore battere fortissimo. Cosa avrebbe dovuto fare?
Obbidire, ovviamente.
*ok, ora lo faccio
Si stese sul letto e prese la candela.
Non era abituata a toccarsi alla luce, normalmente lo faceva al buio, in intimità.
Chiuse gli occhi, cercando in questa maniera anche di non pensare alla finestra.
Si accarezzò il seno, notando come il fisico stesse subito reagendo bene.
Si pizzicò il capezzolo, emettendo un urletto.
Prese la candela e la passò sulla pancia, poi scese verso l’inguine.
Si accarezzò il clitoride con la punta del dito, bagnandosi quasi subito.
Fece passare la candela tra le labbra.
Era una bella sensazione.
La fece passare nuovamente.
Ora stava bene.
Impugnò ancora la candela e la introdusse dentro di sè.
Era una bellissima sensazione!
Spiaceva dirlo, ma il suo ex non le aveva mai dato la stessa emozione.
Impugnò la candela con la mano destra e la ruotò leggermente dentro di lei.
Sospirò.
La mosse dentro e fuori, mentre un brivido le accarezzava il corpo.
Pensava come sarebbe stato se il suo ex avesse alloggiato nell’hotel di fronte al suo. L’aveva lasciata perchè secondo lui lei non era abbastanza sexy….l’avesse vista così!
Aumentò il ritmo, allargando sempre più le gambe per accogliere meglio la candela.
Cambiò movimento, cercando di disegnare una forma di “otto” nell’aria.
Inarcò la schiena, sentendosi invasa da quel corpo estraneo.
Le mancava il fiato, sentì uscire dalla sua gola un gemito inaspettato.
Non era mai stata rumorosa nel sesso.
Immaginò ancora il suo ex.
Magari aveva portato la sua nuova puttanella in hotel per “darle una ripassata”, e ora erano tutti e due intenti a guardare lei, con sentimenti contrastanti.
In lui il rimpianto per averla lasciata, nell’altra la preoccupazione di non essere all’altezza.
Si afferrò un seno e lo strinse fino a farsi male.
Accelerò ancora con la candela, annaspando in cerca di aria.
Sentì l’orgasmo arrivare dal profondo, come se sgorgasse dal piano di sotto.
Venne comprimendosi la bocca con il dorso della mano per non urlare.
Si abbandonò sul letto, noncurante di essere comunque in piena vista per un intero palazzo.
Non lo sapeva, ma oltre ad Augusto e Claudia c’erano almeno altre quattro persone a guardarla.
Prese fiato, si sfilò la candela e tornò al computer.
*fatto
*brava. ti è piaciuto?
*moltissimo
*bene. allora ti dò il permesso di chiudere le tende
Sara si alzò e eseguì celermente.
“Perchè l’hai fatto?”, domandò Augusto a Claudia.
“Va bene così. E’una ragazzina, non bisogna esagerare”.
“Mi stavo eccitando. Ho voglia di scopare, ti andrebbe?”.
“Sì, ma non con te. Hai filmato tutto?”.
Augusto picchiettò sulla telecamera.
“Ogni singolo istante. Con questa camera avremo una definizione come se fossimo stati nella stanza”.
*ora ti darò un’altra regola, sara.
*va bene
*però prima devi dirmi quelle che già devi rispettare
*allora: devo dormire nuda, con la benda e i tappi, e in casa non devo indossare più di due indumenti
*brava. allora ti dico la terza regola: se qualcuno allunga le mani su di te, devi farlo fare.
Sara si sentì già subito preoccupata
*qualunque cosa?
*sì. però non devi assecondarlo. mi spiego?
*fammi un esempio per piacere
*l’amico di tuo fratello, quello che ti ha messo una mano sulla coscia, lo dovesse fare ancora una volta lo lascerai fare. però non allargherai la gamba verso di lui. se ti abbraccia lascialo fare, ma non abbracciarlo a tua volta. ok?
*credo di aver capito
*bene. ti aggiungo ancora una regola. d’ora in poi verrai solo quando te lo dirò io. ti è chiaro.
*kiarissimo
*non transigerò sara. non ti potrai toccare e non potrai avere rapporti senza chiedere il permesso a me. tassativo, ok?
“Perchè le stai chiedendo sta cosa?”, domandò Augusto.
“Così sarà la sua voglia di godere a legarla a noi. Farà qualunque cosa pur di venire”, rispose Claudia.
“Potrebbe toccarsi senza dirtelo”, obiettò Augusto.
“Tu non capisci i rapporti padrona/schiava. Vedi questa sera: avrebbe potuto non aprire la tenda, non toccarsi, non fare nulla di quello che le ho detto. Noi siamo qui, ma lei non lo sapeva e avrebbe potuto pensare di ingnnarci. Però non l’ha fatto. Sai perchè?”.
“No”.
“Perchè ormai è nostra”.

 

Claudia aprì la casella di posta, registrando con piacere la presenza di una mail di Sara.

Quella ragazza le stava dando molte soddisfazioni: da quando le aveva imposto di scriverle ogni giorno non aveva mai sgarrato, anche se le mail erano spesso prive di spunti.

Quella ragazza non sembrava avere una gran vita: usciva poco, aveva pochi interessi e forse anche pochi amici.

Strano, per una persona con le sue disponibilità economiche e la sua visibilità.

Erano inoltre giorni che non le dava il permesso di soddisfarsi da sola, ma sembrava non risentirne.

Lesse la nuova mail: confermava di aver continuato a eseguire gli ordini, la informava di un sette di storia (aveva preso alla lettera l’impegno e ormai le raccontava qualunque cosa) e le annunciava i suoi programmi.

Finalmente sembrava capitare qualcosa: quella sera c’era una partita in televisione e suo fratello aveva invitato tre amici ad andare a cena da loro per poi vedere assieme l’incontro.

Preparò subito la risposta: “Innanzi tutto brava per il voto di storia, è importante che tu sia sempre concentrata a scuola. Per stasera non cambia niente: valgono le solite regole che tu ormai hai imparato.

Però hai fatto bene ad avvisarmi, perchè per questa volta voglio pilotarti io. Quindi questa sera indosserai un paio di shorts, i più striminziti che hai, e un top, possibilmente bianco. Sotto nulla, ovviamente, e quindi gambe nude e piedi nudi. Non so se hai qualcosa in programma (però non credo, visto che non ne fai cenno), in ogni caso passerai la sera in casa. Mangerai e guarderai la partita con loro; ricordati in quei frangenti che dovrai permettere che ti tocchino se dovesse capitare. A mezzanotte andrai a dormire, e lo farai come sempre: nulla addosso, benda e tappi per le orecchie. Lascerai una luce accesa e permetterai alle cose di andare come devono. Questa cosa la farai in ogni caso, sia che tuo fratello e gli amici siano nel frattempo usciti, sia che siano ancora in casa. Spero di essere stata chiara”.

Inviò.

 

Sara lesse il messaggio nel primo pomeriggio, appena tornata da scuola.

Sentì subito il cuore accelerare: tra gli amici di suo fratello ci sarebbe stato anche Alessio, quello che qualche sera prima aveva provato a toccarla.

Visto l’abbigliamento che avrebbe dovuto tenere si sarebbe forse sentito legittimato a provarci di nuovo?

E come avrebbe interpretato una sua non reazione?

Che poi non era male come ragazzo, però era troppo esuberante per i suoi gusti; a lei piacevano di più i ragazzi più taciturni.

Però non è che si dovesse fidanzare con lui….e poi non era ancora successo nulla, magari era lei che si faceva troppi viaggi mentali.

A proposito di viaggi: Medusa ancora non accennava a permetterle di toccarsi. Erano ormai giorni che non le consentiva di venire, aveva sperato che almeno questa volta le avrebbe ordinato qualcosa del genere.

Era delusa, ma anche fiduciosa che Medusa sapesse cosa stava facendo, che tutto fosse una specie di allenamento.

Più si sarebbe dimostrata ubbidiente e fedele, più sarebbe stata premiata, ne era certa.

 Non vedeva l’ora che fosse quella sera.

Quandò sentì il citofono suonare si disse che era ancora in tempo a tirarsi indietro.
Si guardò allo specchio: indossava un paio di pantaloncini di jeans molto esigui e poco coprenti e un top di cotone bianco. Sotto nulla, ovviamente.
Era agitata, e questa agitazione si canalizzava sui suoi capezzoli, che si mettevano in mostra attraverso il cotone della maglietta come fossero due neon.
Si premette i seni con le mani, cercando di attenuare quel fenomeno.
Suonarono alla porta; Luca, suo fratello, andò ad aprire.
Sentì le voci dei tre ragazzi: Alessio, Giacomo e Fabio. Erano amici di suo fratello anche se, inevitabilmente, anche lei li conosceva e li aveva visti più volte.
Aspettò qualche secondo, poi uscì dalla camera e si presentò in soggiorno.
Salutò i ragazzi con un bacio sulla guancia, impegnandosi per non opporsi quando Alessio, nel salutarla, le cinse la vita con un braccio e la strinse a sè per un istante.
I ragazzi avevano portato delle pizze e delle birre e le avevano sparse su un tavolino basso posto tra il divano e le poltrone.
Luca accese la televisione: la partita non era ancora iniziata, anche se sullo schermo scorrevano immagini di precedenti incontri e una voce fuori campo si professava fiduciosa che sarebbe stato uno spettacolo indimenticabile.
Ognuno prese posto sul divano; Sara non sapeva dove sedersi, ma ci pensò Alessio a sistemarsi in maniera tale da lasciarle posto accanto a lui.
Non ce ne erano altri, così si sedette lì.
Mangiucchiarono la pizza e scambiarono qualche parola, fino ad ammutolirsi quando la partita iniziò.
A Sara non importava nulla del calcio, non sapeva neppure che partita stessero guardando e per quale motivo fosse importante; ma ad un certo punto la squadra per cui tifavano tutti segnò un gol.
Ci fu un’esplosione di gioia, durante la quale Alessio non si astenne dall’abbracciarla.
Nel far questo le mise una mano sulla schiena sotto la maglietta, sulla pelle, e nel toglierla non evitò di accarezzarle un fianco.
Sara sentì un brivido.
Ripresero a guardare l’incontro.
Dopo qualche minuto sentì la mano di Alessio su una coscia.
Normalmente si sarebbe scossa e l’avrebbe scacciata, ma resistette.
Era un tocco leggero, non la stava accarezzando, ma chiaramente non era casuale.
In suo aiuto arrivò la fine del primo tempo: si alzarono tutti e utilizzarono la pausa per buttare i cartoni della pizza e le bottiglie vuote.
Anche Sara si alzò, liberandosi così del tocco di Alessio.
Fece in modo di passare tutto il tempo dell’intervallo facendo qualcosa, andando avanti e indietro tra il soggiorno e la cucina, poi si sentì nuovamente chiamare: la partita stava ricominciando.
Si chiese se avrebbe potuto cambiare posto. Medusa non le aveva dato delle disposizioni in merito, in fin dei conti.
Poi però si chiese se Medusa sarebbe stata contenta se lei si fosse seduta accanto a suo fratello, e si disse di no.
Riprese quindi il posto accanto ad Alessio.
La partita era piuttosto serrata, e Alessio approfittava di ogni momento concitato per toccarla.
Lo faceva leggermente, come per richiamare la sua attenzione, ma era piuttosto continuo e soprattutto non era obiettivamente necessario che la sua attenzione venisse richiamata ad ogni passaggio o fallo laterale.
Ad un certo punto la toccò anche su un seno e Sara avrebbe potuto scommettere mille euro che era stato tutto fuorchè casuale.
Tra un tocco e l’altro, però, prese atto di un cambiamento che era in corso.
Lei conosceva Alessio da almeno tre anni, e mai lui l’aveva degnata di uno sguardo.
Ora sembrava che lui non potesse fare a meno di stare accanto a lei.
Possibile che tutto questo fosse solo conseguenza di un capezzolo che si intravedeva sotto alla maglietta, o forse era il suo atteggiamento ad essere cambiato?
Possibile che il suo addestramento trasparisse, che la donna che c’era dietro di lei, Medusa, la stesse pilotando così bene da renderla diversa?
Che fosse diventata una sua estensione?
I suoi pensieri vennero interrotti da un altro gol, festeggiato con un altro abbraccio da parte di Alessio.  Anche questa volta venne stretta nel suo abbraccio polipesco.
Non successe più nulla, fortunatamente, e la partita terminò due a zero, con grande soddisfazione di tutti.
Luca portò ancora un giro di birra per tutti, poi i ragazzi presero a decidere il da farsi.
Erano quasi tutti del parere di andare al pub sotto casa per bere una birra; quando però allargarono l’invito a Sara lei si trovò costretta a declinare. Erano le undici passate e sicuramente non sarebbero tornati prima di mezzanotte; non avrebbe potuto compiere il suo dovere.
Disse che era stanca e voleva andare a letto presto. Il giorno dopo doveva alzarsi presto per studiare, disse.
Alessio insistette tanto, ma fu irremovibile.
“Tanto ci vediamo spesso”, disse.
Salutò i ragazzi e augurò loro la buonanotte.

Non appena chiuse la porta di casa, si precipitò al computer.
Sapeva di non aspettare nessuna mail da Medusa, ma aveva comunque piacere di rimanere in contatto.
Aprì la posta e le scrisse un resoconto della serata. Si sentiva di aver assolto bene il suo compito, anche se non riusciva a capire cosa volesse effettivamente Medusa da lei.
Cosa avrebbe pensato Alessio di lei, che ci stava?
Non era andato troppo oltre, ma fino a qualche tempo prima non gli avrebbe consentito di arrivare nemmeno fino a quel punto.
Alessio non era male, ma ad esempio Giacomo le piaceva di più.
Non fumava, per dirne una, ed era più carino.
Meglio non pensarci, ne avrebbe forse parlato con Medusa.
Si spogliò, mise su la mascherina e i tappi e si mise nel letto.
Si svegliò senza capire perchè.
Istintivamente cercè di aprire gli occhi, ma la mascherina le impedì di vedere alcunchè.
Anche l’udito era azzerato.
Non riusciva a capire quanto avesse dormito: avrebbero potuto essere ore come minuti.
Sentì il lenzuolo scostarsi leggermente da lei.
C’era qualcuno in camera con lei!
Certo, ma chi? Era solo suo fratello o si era portato su anche i ragazzi?
Non poteva capirlo.
Il lenzuolo si abbassò ancora un pochino, scoprendole il torso.
Usava dormire sulla schiena, in questa maniera il seno era completamente esposto.
Cercò di far finta di dormire.
Il lenzuolo si spostò ancora, scoprendola totalmente.
Era completamente nuda, ovviamente, in piena visione di non si sa chi.
Cosa avrebbero pensato i ragazzi, fossero stati lì?
Be’, in fin dei conti nel suo letto lei aveva il diritto di dormire come voleva, no?
Però si sarebbero eccitati, forse.
Questo pensiero le trasmise una carica di adrenalina.
E se fosse stato solo suo fratello?
Era un ragazzo anche lui, forse gli sarebbe piaciuto.
In ogni caso era evidente che suo fratello fosse in quel momento di fronte a lei, restava solo di capire quanta gente ci fosse.
Sentì improvvisamente un tocco su una coscia.
Era una mano.
Rimase immobile, fino a quando la mano si staccò.
Una carezza sul viso.
Non riusciva a capire…poteva essere la mano di chiunque. Non riusciva neppure a sentire un odore, nulla che le potesse far capire.
Un tocco sul seno.
Trattenne il fiato.
Un altro tocco, questa volta più pesante.
Un’altra mano, sull’altro seno.
Ma era la mano della stessa persona? Non riusciva a capire.
Però si stava eccitando, i capezzoli lo testimoniavano.
Chiunque la stesse palpando l’avrebbe capito!
Le mani si staccarono da lei.
Poi un altro tocco, veloce, tra le gambe. Era solo un dito.
Deglutì per non sospirare.
Ancora un tocco, leggero.
Era bagnata, anche se leggermente…se ne sarebbe accorto?
Ancora un tocco, questa volta a mano piena, e poi una mano sul seno.
Cosa doveva fare?
Medusa le aveva detto di non assencondare, quindi non doveva allargare le gambe.
Oppure sì?
Ancora un tocco tra le gambe, questa volta più pesante, e poi ancora un altro.
Chiunque fosse, sapeva toccarla.
Si lasciò scappare un sospiro.
Le mani si ritrassero.
Si era spaventato?
Rimase immobile, cercando di far capire che ancora dormiva.
Nulla.
Chi era? Aveva voglia di strapparsi la mascherina e scoprirlo, ma non poteva.
Ancora nulla.
Chiunque fosse, aveva deciso che aveva fatto abbastanza.
Quanto aveva voglia di masturbarsi!

 

“Così non va bene un cazzo!”, tuonò Augusto.
Claudia, davanti a lui, abbassò lo sguardo.
“Qui non siamo a giocare alla padrona e alla schiava, non siamo in terapia – proseguì – Come ti ho detto chiaramente dall’inizio, ho bisogno che questa ragazza si sputtani perchè devo arrivare a suo padre. E’ chiaro?”.
“Certo”, disse Claudia a bassa voce.
“E invece cosa abbiamo? Una che si fa toccare una coscia da un amico e che forse, ma dico forse, è stata vista nuda dagli amici di suo fratello, e probabilmene era invece solo lui. Secondo te cosa ci faccio con sta roba?”.
“Augusto, io ti capisco, però ci va del tempo per queste cose….”.
“Non me ne frega un cazzo! Ti ho chiesto di fare questa cosa perchè sei stata molto provata con Cesare (vedi racconto SPQR N.d.A.) e volevo farti rifiatare, ma se non sei in grado passo la palla a qualcun altro e a te faccio fare cose più consone. Ad esempio, c’è uno che conosco che ha appena aperto un canale televisivo erotico. Ha bisogno di una che si spogli e faccia pompini in prima serata, in chiaro. Vuoi che ti mandi lì?”.
Claudia pensò subito ad amici e parenti davanti al televisore.
“No, per piacere!”.
“Bene. Allora muoviti e porta a casa dei risultati, perchè solo su quelli dobbiamo basarci!”.
Claudia si alzò senza dire una parola e uscì dalla stanza.
Prese il telefono e fece una chiamata. Aveva bisogno di sua cugina.
A mali estremi…

Sara arrivò a casa e si precipitò al computer. Doveva urgentemente parlare con Medusa.
Fortunatamente la trovò on line.
*meno male che ci sei!
*cosa succede?
*devo kiederti una cosa. oggi viene da me un’insegnante di inglese a darmi ripetizioni
Claudia sorrise.
*non lo sapevo, è una novità
*anke per me. sono sempre stata scarsa in inglese, ieri sera la moglie di mio padre ha detto ke ne conosce una molto brava ke sarebbe subito disponibile, così abbiamo detto di sì
*fai bene
*grazie, ma come devo vestirmi con lei questo pomeriggio?
Claudia sorrise. Avrebbe giocato un po’ con lei.
*visto che è la prima volta che la vedi, ti permetto di indossare l’intimo. quindi pantaloncini, maglietta e intimo
*grazie ero preoccupata. devi darmi altre indicazioni?
*no. pensa alle ripetizioni e fa tutto quello che lei ti dice. capito?
*certo ke ho capito. ciao, ci sentiamo presto.
Claudia chiuse il computer.
Sara le piaceva, era una ragazza dolce, ma non poteva permettersi di mettersi nei guai per salvare lei.
In fin dei conti era stata Sara stessa a postare sui blog di sadomasochismo, non lei.
Se entri in posti pieni di squali, non stupirti se ti mordono.

Sara andò ad aprire la porta, rimanendo stupita.
Si era spettata una vecchia zitella, tipo Miss Marple, e invece davanti a lei c’era una donna piuttosto giovane.
“Ciao, sono Cristina”, le disse tendendole la mano.
Sara si presentò e la fece entrare.
Si accomodarono al tavolo del soggiorno.
“Chiariamo subito il mio metodo – disse Cristina – Nonostante io sia giovane, sono una seguace del vecchio metodo di studio. Se fai giusto  ti premio, se sbagli ti punisco. Sono anni che insegno e ti garantisco che, pur non essendo politically correct, funziona. Siamo d’accordo?”.
Sara a sentire pronunciare la parola “punizione” aveva sentito subito il cuore battere più forte.
“Che tipo di punizioni?”, chiese.
Cristina sorrise.
“Non temere, nulla di fisico. Non ti lascerò dei segni addosso, sii serena. Potresti anche divertirti”, aggiunse facendole l’occhiolino.
Sara annuì, pur trovando strana la situazione.
“Prima di iniziare, è possibile avere un caffè?”, chiese Cristina.
Sara si offrì subito di prepararlo e si spostò in cucina.
Cristina si mosse con rapidità: estrasse dalla borsa tre microtelecamere e le posizionò nella stanza, nascondendole in vasi di fiori, cornici e soprammobili.
Erano grandi come un bottone e trasmettevano in HD ad un server nascosto nella cantina del night di Augusto.
Si mise a sedere al tavolo giusto in tempo per vedere Sara tornare con il caffè.
Fecero un ripasso generale, esaminarono assieme i nuovi argomenti che Sara avrebbe dovuto studiare, poi passarono agli esercizi.
Sara risolse correttamente i primi tre, poi cadde clamorosamente su un verbo irregolare.
“Mi dispiace, signorina, devo punirti”, disse Cristina.
Sara sentiva il cuore battere a mille.
Cristina la guardò a lungo, come se stesse pensando come punirla.
“Togliti la maglietta!”, disse.
Sara si stupì. Aveva immaginato qualcosa come un pizzicotto, delle flessioni, non quello.
Però forse era anche meglio, anche se si sentiva a disagio con una donna.
Inna, la moglie di suo padre, si vociferava che ogni tanto andasse con delle donne, e Cristina era arrivata tramite lei.
Che questa insegnante fosse una delle sue amanti?
“Cosa aspetti? – la rimproverò Cristina – Via sta maglietta!”.
Sara eseguì automaticamente. Sotto aveva il reggiseno, anche se era comunque a disagio.
“Senta, lei è sposata?”, chiese a Cristina, indicandole la fede.
“Certo. Ho anche un figlio. Perchè?”.
Sara sorrise.
“Nulla. E’ che è molto giovane, mi chiedevo solo se fosse sposata”.
“Sì, da qualche anno. Ma andiamo avanti”.
Le assegnò altri esercizi, sempre più difficili.
Al quarto Sara fece un errore.
“Ti sei distratta! Non va bene! Togliti i pantaloncin!”.
Sara si sentiva sempre più emozionata. Questa era dominazione, pur con finalità scolastiche.
Era eccitata.
Si tolse i pantaloncini, rimanendo in perizoma.
“Vedi di non fare altri errori perchè io non faccio sconti”, l’ammonì Cristina.
Sara promise di impegnarsi di più.
Passarono alla prova di lettura.
Sara procedette spedita per una riga e mezza, poi sbagliò clamorosamente una pronuncia.
Cristina fece un colpetto di tosse e la fece proseuire, ma Sara commise un altro errore poco dopo.
“Ho provato a salvarti una volta, ma vedo che perseveri. Devo lasciarti un ricordo tangibile di questo errore. Togliti il reggiseno”.
Sara sganciò il gancetto e si liberò del reggiseno.
Era tremendamente a disagio ad essere lì, in salotto, in topless con una sconosciuta, per di più a fare lezione.
“Non essere a disagio – disse Cristina – Le prove impegnative rafforzano il ricordo di quando sono avvenute. Sono certa che, così facendo, non sbaglierai più la pronuncia di altough”.
Sara annuì.
“Continua, prego”.
Sara si schiarì la voce e riprese.
Avanzò spedita fino a “hitchhike”, dove fece clamorosa scena muta.
“Fare l’autostop, signorina. Mi spiace, ma credo sia il momento di toglierti le mutandine”.
Sara non era mai stata nuda di fronte ad una donna, tranne sua madre.
Esitò un attimo.
“Forza, che abbiamo ancora venti minuti di lezione!”.
Prese fiato, afferrò l’elastico delle mutandine e le abbassò velocemente.
“Ecco, brava! Dai che hai anche un bel corpo, di cosa ti vergogni?”.
“No, signora…è che è molto inconsueto….”.
“Però è efficace. Andiamo avanti, prego”.
Sara continuò a leggere, cercando di non pensare all’assurdità della situazione.
Non poteva pensare che quello fosse un sistema consueto, non aveva senso.
A meno che….
Interruppe la lettura.
“Io lo so chi sei!”, disse puntando un dito contro Cristina.
Cristina rimase stupita.
“Prego?”.
“Tu sei stata brava, ma ti ho scoperta! Tu sei Medusa!”.
Sorrise.
Cristina spalancò gli occhi.
“Sara, non so neppure di cosa tu stia parlando. Continua a leggere, non farmelo ripetere!”.
Sara scosse la testa.
“Dai, non può essere diversamente. Complimenti, non ti immaginavo così. Non sapevo fossi sposata”.
“Sara, piantale di vaneggiare e torna a sederti. Dobbiamo finire la lezione”.
“Scommettiamo che se ora apro messenger troverò Medusa off line?”.
Prima che Cristina potesse replicare, Sara prese in mano l’i-phone.
Aprì MSN, e vide con stupore che Medusa era on line.
“Magari ha lasciato il computer a casa acceso”, pensò.
Le mandò un messaggio.
*ci sei?
Dopo un attimo sentì un suono.
*ci sono. non dovresti essere a lezione, tu?
Sara guardò sgomenta verso Cristina.
Non aveva nè telefoni, nè altro in mano.
Si era sbagliata.
“Chiedo scusa”, disse.
Cristina si alzò in piedi, furibonda.
“Credi che basti chiedere scusa? Per chi mi ha presa?”.
“Per una che ho conosciuto in internet….”.
“Non era quella la domanda che ti ho fatto. Ora dimmi chiaramente se vuoi ancora che ci siano lezioni con me?”.
“Lei è brava, mi sta aiutando molto…”.
Cristina le prese un capezzolo e glielo strinse.
“Ho detto di rispondere alla domanda, non altro”.
Sara trattenne il fiato.
“Sì, voglio fare altre lezioni con lei”.
“Bene. Sai qual è la condizione necessaria affinchè io venga di nuovo?”.
“No”.
“Che tu venga punita, ovviamente. Che ne dici?”.
Sara sentì il cuore accelerare.
Era eccitata e spaventata allo stesso tempo.
“Va bene, accetto la punizione”, disse sommessa.
Cristina sorrise.
“Bene. Allora sdraiati sul divano”, disse.
Sara eseguì.
“Chiudi gli occhi, Sara, e rilassati”.
La ragazza chiuse gli occhi, anche se trovava difficile rilassarsi.
“Bene. Ora toccati, ragazza mia”.
Sara sentì il cuore accelerare.
Veramente le stava chiedendo una cosa del genere?
Per certi versi ne aveva anche voglia, erano giorni che si eccitava senza venire.
“Sara, non farmelo ripetere”.
Sara portò la mano destra verso il seno, e se lo accarezzò.
Non si era mai masturbata di fronte ad altri, neppure al suo ragazzo.
Con la mano raggiunse il clitoride e lo premette con il polpastrello.
Emise un sospiro.
Aprì il palmo della mano e si toccò a mano aperta.
Cristina vedeva il seno di Sara alzarsi e abbassarsi, seguendo il ritmo del suo movimento.
Ricevette un sms da Augusto.
“L’inquadratura è perfetta, non farla muovera da lì. Sei stata bravissima”.
Cristina sorrise, mentre Sara aumentava il ritmo.
Era un po’ che non godeva, e si vedeva.
Sara aprì la bocca, mentre si introduceva due dita nella topa.
Cristina si avvicinò a lei.
Sapeva dove aveva messo la telecamera e avanzò in maniera tale da non essere inquadrata in volto.
Si inginocchiò accanto alla ragazza e avvicinò la bocca alla sua.
Perchè lo stava facendo?
Augusto non glielo aveva ordinato, le aveva solo detto che Sara avrebbe dovuto umiliarsi di fronte alla telecamera.
Premette le sue labbra su quelle di Sara, che – sorpresa – smise di toccarsi.
Cristina tolse la mano di Sara e mise la sua.
Il sesso della ragazza era già molto aperto, mancava poco.
La baciò con passione, introducendo due dita dentro di lei.
Sara non sapeva cosa fare.
Non le piacevano le donne, non si aspettava niente del genere.
Però era in punizione, forse anche questo lo era.
Sentì le dita di Cristina affondare, mentre il suo corpo cominciava a tremare.
Sentiva la lingua di Cristina accarezzarle il palato, mentre dentro di lei si sentiva prossima a venire.
“Non smettere adesso!”, disse solo.
Poi venne.
Quasi urlò, mentre Cristina le teneva la mano sulla topa.
Si tirò su, respirando affannata.
Cosa aveva fatto?
Era stata con un’altra donna? Bastava questo?
Cristina le sorrideva.
“Mi scusi, sono un po’ confusa”, le disse.
“Non preoccuparti. Ora puoi rivestirti”.
Sara si infilò le mutandine, chiedendosi se avesse ancora l’obbligo dei due indumenti.
Per non sbagliare, mise su solo la maglietta.
“Ci vediamo la prossima settimana?”, chiese Cristina.
Sara annuì.
“Certo. Solo, non ho capito….come rimaniamo noi”.
Dentro di se si stava chiedendo se ora avevano una specie di legame, ma non riusciva a trovare le parole.
“Io sono la tua insegnante, tu sei l’allieva. Quando siamo insieme tu fai quello che ti dico. E’ facile”.
Sara annuì.
“Ok. Ci vediamo la prossima settimana, allora”.

Claudia aprì la casella di posta un po’ sfiduciata.

Era vero che l’ultima prova di Sara era stato frutto di un’azione combinata assieme a Cristina; però le dispiaceva che sua cugina, appena chiamata in causa, fosse riuscita subito a portare a casa il risultato.

Augusto sembrava ignorare il lavoro meticoloso da lei svolto nei giorni precedenti.

C’era una mail di Sara.

Le raccontava quanto era successo con Cristina, manifestava il suo stupore nei confronti di un’insolita lezione di inglese e le chiedeva se era contenta di come si era comportata.

Cosa poteva dirle?

Certo, si era comportata bene. Anzi, era importante che anche durante le lezioni successive eseguisse i compiti che la sua insegnante le commissionava.

La mail si chiudeva con una comunicazione di servizio: avrebbe dovuto svolgere entro la settimana successiva una ricerca sulla Resistenza in Italia e di conseguenza non avrebbe potuto stare molto in chat.

Le scrisse che la scuola era più importante di qualunque altra cosa e inviò la mail.

Sbuffò.

Non si trovava male in questa veste di padrona, però temeva di perdere il controllo della ragazza.

Sarebbe stato necessario un colpo da maestro, qualcosa che riportasse i favori di Augusto verso di lei.

Rilesse la mail di Sara: doveva svolgere una ricerca sulla Resistenza.

Questo le ricordava qualcosa.

Prese il telefonino e chiamò la sua collega Anna.

“Ciao, sono Claudia. Senti, mi ricordo male o tu hai un cliente che è stato partigiano o qualcosa del genere?”.

“Sì e no – rispose Anna – E’ il fratello di un partigiano, uno a cui hanno dedicato anche una piazza nel suo paese natale. Solo che è un ex cliente, perchè era troppo porco e non avevo più piacere di frequentarlo. L’ho passato a Davide”.

Era proprio quello che ricordava.

“Capito. Senti, secondo te sarebbe disponibile fargli rilasciare un’intervista sulla Resistenza? Serve per una ricerca al Liceo”, domandò.

“Penso di sì, bisogna solo chiamarlo prima. Non con una ragazza, però, mi raccomando, che quello è un maiale”, si raccomandò Anna.

“No, è per mio nipote”, mentì Claudia.

“Meglio così. Ti mando il numero, così lo chiami”, concluse.

Claudia mise giù e attese l’arrivo dell’sms.

Quando lo ricevette chiamò subito il numero.

“Buongiorno, sono la preside dell’Istituto Pascoli – inventò – la chiamo per sapere se è possibile fissare un appuntamento con una nostra allieva per intervistarla sulla Resistenza”.

Il vecchio sembrò sorpreso.

“A me? Va bene. Una allieva, ha detto?”, chiese.

“Sì, confermo. Una ragazza”.

“Maggiorenne?”, domandò ancora.

Claudia rise dentro di sè. Fosse stata veramente la preside di una scuola, a quella domanda avrebbe messo già il telefono.

“Sì, maggiorenne – disse invece – Quando la facciamo passare?”.

“Quando vuole, tanto non faccio mai niente”, rispose il vecchio.

Claudia riaprì la chat, sperando di trovare Sara on line.

C’era.

*sara, ho un regalo per te

*wow! dimmi!

*per la tua ricerca di scuola ti ho fissato un appuntamento con il fratello di un eroe della resistenza. nonè più un ragazzo, ho ottant’anni, però è ancora lucido e potrai intervistarlo

*grande! bella notizia, farò un figurone! grazie grazie grazie

Claudia decise di saggiare la motivazione di Sara.

*però devo dirti una cosa: da quanto si dice in giro, quell’uomo è un po’ un maiale

Sara, dall’altra parte del monitor, sentì un tuffo al cuore

*xkè me lo dici?

*perchè è giusto che tu lo sappia e che tu scelga consapevolmente se andare o no

*non sono sicura di avere capito

*è facile: se ci vai, avrai un’intervista che passerà alla storia della tua scuola. però dovrai assecondare le sue richieste. che potrebbero anche non esserci, sia chiaro

*e se dico di no?

*nessuna intervista.

Claudia decise di giocare la carta forte.

*e poi dovremmo rivedere il rapporto tra noi.

Sara deglutì.

*xkè?

*perchè io ti sto ordinando di andare. se non esegui l’ordine, io non posso essere la tua padrona, va da sè. hai cinque minuti per decidere.

Claudia si accese una sigaretta e rimase a guardare il monitor.

Aveva forse calcato troppo la mano?

Sarebbe stato troppo per Sara?

Sara si alzò in piedi e passeggiò nervosamente per la stanza.

Sarebbe stato un gran colpo intervistare un personaggio come quello, e soprattutto non si sentiva per niente disposta a perdere Medusa.

Cosa avrebbe mai potuto essere? Era un anziano, magari certe voglie gli erano passate.

Ad una certa età certe cose non funzionano più, semplicemente.

Non era detto che ci avrebbe provato, in fin dei conti.

Tornò al computer.

*no, va bene. ci sto.

*sei sicura?

*sicurissima.

*bene, sono orgogliosa di te. allora vai direttamente questo pomeriggio.

Sara salutò e si torse le mani nervosamente.

Il dado era tratto. Meglio preparare l’intervista.

Suonò al portone del signor Adelmo XXXX alle quattro in punto.

Per evitare di incoraggiare certi atteggiamenti si era vestita da studentessa modello.

Un paio di sandali, jeans e camicetta bianca.

Mancava solo il cerchietto alla testa e poi sarebbe stata perfetta per Happy Days.

Il vecchio le aprì senza neppure chiedere chi fosse. Forse non riceveva troppe visite.

Si accomodarono in salotto. Dall’odore di lavanda si intuiva come quella stanza fosse usata solo raramente.

Sara prese posto sul divano, il vecchio si sedette sulla poltrona accanto a lei.

Disquisirono per qualche minuto sulla scuola e sul caldo che faceva, poi Sara estrasse dalla borsa un registratore e lo accese.

“Ora, se non le spiace, vorrei farle qualche domanda”, disse.

Il vecchio ebbe un moto di fastidio.

“Domande, domande. Solo domande volete fare voi giovani. Invece di divertirvi, state a domandare”.

Sara non sapeva cosa dire.

“Mi dispiace, però io devo finire la ricerca…”.

“Te la farò finire, però prima dai retta tu a me. Tu scopi, ragazzina?”.

Sara rimase sorpresa da quella domanda.

“Sì, cioe…ultimamente meno…insomma, l’ho già fatto”.

Arrossì.

“Meno male. Non sei male, devi avere anche delle belle tette. Una volta c’erano più tettone in giro, ora scarseggiano proprio”.

“Signor Adelmo, non ho molto tempo…”.

Il vecchio alzò la voce.

“Ti ho detto che faremo tutto, però mi devi dare retta! Togliti quella camicetta!”.

Il tono di voce era talmente perentorio che Sara forse avrebbe ubbidito anche se non l’avesse già promesso a Medusa.

Sbottonò nervosamente i bottoni della camicetta, la sfilò e la posò accanto a lei sul divano.

“Bene. Possiamo ora passare alle domande, se non le spiace…”.

“Mi spiace! Se non vuoi farmi incazzare, non nominare più sta cazzo di intervista, ve bene?”.

Sara abbassò lo sguardo.

“Va bene, mi scusi”.

“Sarà meglio. Ora togliti anche i pantaloni”.

Sara si alzò in piedi, si sfilò i sandali e si liberò dei jeans.

Aveva su solo più un completo intimo di pizzo bianco.

Fece per sedersi, ma l’uomo la interruppe.

“Ferma! Ora sfila per me, avanti e indietro”.

Sara andò fino alla porta, poi lentamente tornò verso l’uomo.

Quando arrivò a qualche passo da lui, si voltò e tornò indietro.

“Brava, niente male. Ora togliti il reggiseno, voglio vederti le tette”.

Sara sentì il cuore fermarsi.

Però l’aveva promesso a Medusa, le avrebbe ubbidito.

Prima di cambiare idea, slacciò il gancetto al centro della schiena e si tolse il reggiseno.

Senza pensarci posò le mani sui seni.

“Via quelle mani! – urlò in vecchio – E vieni qui!”.

Senza dire una parola si avvicinò all’uomo, che a quel punto aveva smesso di guardarla in viso.

“Chinati!”, le ordinò.

Quando piegò il busto in avanti, l’uomo le mise entrambe le mani sui seni.

“Starei delle ore a toccare delle tette grandi come le tue. Le ultime che ho toccato erano di una puttana africana, ma non erano belle come le tue”.

Strinse forte, tanto che Sara dovette sforzarsi di non urlare.

Le massaggiò i seni, poi, senza dire nulla, con la mano destra prese ad armeggiare con l’elastico delle mutandine.

Le abbassò di qualche centimetro, poi si innervosì vedendo che non riusciva.

“Aspetti, faccio io”, disse Sara.

Afferrò le mutandine con entrambe le mani e le abbassò fino alle caviglie, saltandoci poi fuori.

Il vecchio sorrise.

“Vedo che hai capito dove volevo arrivare! Allarga un po’ le gambe, dai!”.

Sara divaricò le gambe di circa un metro.

L’uomo le mise subito una mano sul sesso.

“Non piace solo a me, eh? Siete tutte zoccole al giorno d’oggi, poco da dire. Fossero state così le donne ai miei tempi, altro che resistenza!”.

Sara constatò con sttupore di essere bagnata.

Possibile che si stesse eccitando con un uomo così schifoso?

O forse era la situazione ad eccitarla?

Il vecchio le infilò un dito tra le labbra, strappandole un gemito.

“Mi hai fatto venire voglia. Vieni!”.

Si alzò in piedi, la prese per mano e la condusse verso il tavolo.

Posandole una mano sulla schiena la invitò a piegarsi a novanta gradi.

Il freddo del tavolo le provocò un brivido sulla pancia e sui seni, mentre dietro di lei il vecchio armeggiava con la cintura dei calzoni.

“Cosa sto facendo?”, si domandò, pur rimanendo ferma in posizione.

Non fece in tempo a rispondersi che l’uomo fu dietro di lei.

Sentì le sue mani sulla schiena e il suo membro cercare di farsi strada tra le sue natiche.

Scongiurando le sue paure, lo sentì entrare nella vagina.

Era stranamente tonico, a dispetto dell’età.

Il vecchio emise una specie di fischio, poi cominciò a muoversi.

“Questo è il secondo uomo della mia vita – pensò Sara – Il primo aveva diciannove anni, il secondo ottanta”.

Il movimento tellurico del vecchio le fece passare certi pensieri: lo sentiva entrare fino in profondità e repentinamente uscire, regalandole sensazioni intense.

Sentiva che con le mani le grattava la schiena, fino a quando non si sentì afferrare per i capelli.

Inarcò la schiena e con le mani si strinse i seni, mentre dentro di lei sentiva l’orgasmo fare capolino.

L’uomo dietro di lei continuava ad ansimare, mentre lei chiudeva gli occhi cercando di isolare le sensazioni.

L’orgasmo venne violento, strappandole un urlo.

Il vecchio a quel punto aumentò il ritmo, sbattendola contro il bordo del tavolo e spostandolo verso la parete.

Finalmente venne anche lui, dandole una manata su una chiappa.

Si sfilò quasi subito, poi corse in bagno.

Quando tornò, Sara era sdraiata sul divano, ancora nuda.

“Puoi rivestirti ora”, disse burbero.

“Va bene così”, rispose Sara sorridendo.

Medusa sarebbe stata molto orgogliosa di lei.

“Tutte zoccole – mormorò il vecchio sotto voce – Sono tutte zoccole”.


 

.

 

 

Squillò il telefono.

“Ciao, sono zio”.

Sara rimase sorpresa a sentire quella voce. Erano mesi che non sentiva suo zio Carlo, fratello minore di sua madre.

Era l’unico zio che aveva, per altro, ma non era mai riuscita a creare un rapporto veramente familiare e amichevole con lui.

Lui era un uomo molto riservato, molto taciturno, tant’è che Sara non potè fare a meno di chiedersi il motivo di quella telefonata.

Lo zio arrivò al punto dopo i minimi convenevoli che la forma esigeva .

“Senti, ho già parlato con tua madre – disse – Ho i muratori in casa per qualche giorno, non posso dormire lì. Però non voglio prendere un albergo. Tua mamma mi ha detto che lì da voi c’è una stanza in più, è vero?”.

Era la stanza di suo padre, non era propriamente “in più”. Il fatto che lui non la utilizzasse mai non la rendeva disponibile, almeno così pensava Sara.

“Non saprei, zio….dovrei prima chiedere”.

“Lo so, non preoccuparti, farà tutto tua madre. Volevo solo avvisarti, vengo domani sera”.

Sara non era per nulla entusiasta di questo nuovo ospite, ma cosa poteva dirgli?

“Va bene, zio. Ti faccio trovare il letto pronto, allora”.

“Grazie, sei molto gentile. Vedrai, non ti accorgerai neppure che ci sono”.

“Speriamo”, pesò Sara, ma non lo disse.

Chiamò subito sua madre.

“Abbi pazienza, ma non è un momento facile per lui – le spiegò la madre – La zia l’ha lasciato, ha speso molti soldi nella separazione, non mi piaceva l’idea di imporgli di andare in hotel quando abbiamo un posto a disposizione”.

“Lo capisco, però non voglio finirci in mezzo. E se viene papà?”.

“Tuo padre lo avviso io, non preoccuparti. Fallo come se fosse un piacere nei miei confronti”.

“Va bene”.

Sara posò il telefono e accese il computer.

Medusa le aveva detto che voleva essere avvisata ad ogni novità nella sua vita, e questa sicuramente lo era.

Era contrariata anche per quello: si aspettava che Medusa le facesse fare qualcosa nelle prossime sere, e invece ora, con lo zio tra i piedi, non avrebbe potuto.

 

L’uomo si presentò da lei poco prima di cena.

Era in imbarazzo per la situazione e glielo si leggeva in volto; Sara – da parte sua – si astenne da fare qualunque cosa per sollevarlo dall’imbarazzo.

Non ce l’aveva con lui, non le era neppure antipatico, però non voleva che “qualche giorno” si trasformasse in “qualche settimana”.

Per fortuna Luca, suo fratello, aveva qualche argomento in comune con lui, così parlarono di calcio e di atletica per tutta la sera.

Finito di pasteggiare, Sara lo accompagnò nella stanza da letto.

Gli aveva cambiato le lenzuola e gli aveva liberato un’anta dell’armadio.

Lo zio la guardò carico di gratitudine:”Grazie mille. Lo so che ora non sono nella condizione, ma ti garantisco che saprò sdebitarmi per questo favore che mi state facendo”.

Sara alzò le spalle: era il fratello di sua madre, non era il caso si sentisse in debito.

Lo lasciò da solo a sistemarsi le sue cose, sparecchiò tavola e si accomodò in salotto a guardare la televisione.

Suo fratello  ricevette una chiamata e uscì; poco dopo lo zio emerse dalla stanza.

Prese posto sul divano accanto a lei.

Non c’era nulla di interessante, tanto che dopo qualche minuto Sara lasciò il telecomando allo zio e si diresse verso la sua stanza.

Si chiuse in camera e accese il computer.

Per fortuna Medusa era on line.

*meno male ci sei, sono inkazzatissima

*perchè?

Le spiegò la situazione.

*capisco, ma pensa che stai aiutando tuo zio. piuttosto, hai eseguito gli ordini?

Sara rimase interdetta. Quali ordini?

*forse ti sbagli, non mi avevi dato ordini.

*no, sara, ti sbagli tu. tu hai un ordine permanente per quando stai in casa, ricordi?

Sì, se lo ricordava: poteva indossare solo due indumenti. Solo che non ci aveva più pensato.

*hai ragione. me ne sono dimenticata

*questo è male, sara.

*lo so, scusami, sono stata presa da mio zio

*non è una scusa.

*no, hai ragione, sono senza scusanti. come posso farmi perdonare?

Claudia, dall’altro capo del computer, sorrise. La ragazza era rosolata a puntino.

*prendi la scatola che ti ho fatto avere tempo fa. dentro c’è un sacchetto con il numero 4 sopra. prendilo

Sara si chinò e estrasse la scatola da sotto al letto. La aprì e prelevò il sacchetto in questione.

*preso.

*bene. aprilo.

Sara ruppe il nastro con cui era tenuto chiuso e ne estrasse il contenuto. Sembrava un completino intimo, solo molto succinto.

*ora indossalo e dimmi come ti sta.

La ragazza guardò verso la porta chiusa: si sentiva il suono di una telecronaca nell’altra stanza, probabilmente lo zio aveva trovato qualche partita da seguire.

Si liberò dei vestiti e indossò il completino.

L’impressione che aveva avuto soppesandolo si rivelò sbagliata per eccesso: era molto meno che succinto.

Il reggiseno – per altro trasparente – la arrivava appena sopra il capezzolo, e il pezzo di sotto, oltre ad essere un perizoma, davanti non le copriva neppure tutti i peli pubici.

Non era mai stata vestita così poco senza essere nuda!

*messo. molto essenziale

*lo so. ora vai di là.

Sara deglutì.

*devo andare da mio zio vestita così?

*esatto. ma non solo questo

Sentì il cuore accelerare. Cosa altro le avrebbe chiesto di fare?

*dovrai assecondare qualsiasi suo desiderio

*in ke maniera?

*se prima dovevi lasciarti toccare ma non dovevi essere attiva, ora dovrai metterci del tuo.

*in ke situazioni?

*tutte. se vuole da bere portagli un bicchiere, se vuole un pompino faglielo

Sara si sentì raggelare a quell’idea. Però non poteva dirle di no, non dopo essersi dimenticata

di eseguire il suo compito. Glielo aveva già detto la volta scorsa: se avesse detto di no, sarebbe finito tutto. E non lo voleva.

D’altra parte, suo zio non le aveva mai dato modo di pensare che potesse in qualche maniera

essere interessato a lei. Anzi, prima di quella sera erano state veramente poche le occasioni in cui avevano avuto modo di stare insieme, e mai da soli.

Poteva essere suo padre, lei in fin dei conti era una ragazzina.

*va bene

Claudia sorrise e aprì la finestra video che la metteva in collegamento con le webcam di casa di Sara.

*non mi deludere

 

Sara scelse un approccio cauto, andando dapprima in cucina a prendere un sorso d’acqua.

Aprì la porta del frigo e lasciò che la lampadina la illuminasse.

Suo zio alzò appena lo sguardo su di lei, ma non appena realizzò come la nipote era vestita sgranò gli occhi e la guardò meglio.

Lei fece finta di niente, chiuse la porta e andò verso di lui.

“Posso mettermi sul divano accanto a te?”, chiese.

Lo zio annuì convinto, picchiando con la mano sul cuscino accanto a lei.

Si sedette con il cuore in tumulto. Il perizoma non la copriva per nulla, così appoggiò le chiappe direttamente sulla stoffa del divano.

Mai la sua pelle nuda si era poggiata su quel divano, mai era stata così poco vestita in compagnia di suo zio.

“Hai caldo?”, le chiese lui, evidentemente cercando di buttarla sul ridere.

Lei rise nervosa.

“E’ che sono molto comoda vestita così. Tanto siamo in casa….”.

Lo zio non fingeva neppure di guardare altro, il suo sguardo sembrava ancorato alle sue tette.

“Certo”, disse, ma era chiaro come stesse pensando ad altro.

Si girò nuovamente verso il televisore, ma era evidente come la presenza della nipote lo stesse turbando.

Si voltò ancora verso di lei.

“Tu hai un ragazzo, Sara?”, le chiese.

“No, non più”.

Avrebbe voluto chiederle se aveva mai scopato con lui e da quanto tempo non lo faceva, ma non disse nulla.

“Sei molto cambiata negli ultimi anni”, disse invece, rendendosi conto subito della banalità della frase.

“Lo prendo come un complimento”, rispose lei sorridendo.

Lui non colse il frazione di secondo di troppo che Sara aveva impiegato a rispondere, segno di come avesse dovuto pensare per trovare una risposta.

“Sì, certo. Sei diventata una bella ragazza”.

“Grazie”.

“Bello questo completino. E’ un regalo di un ammiratore?”.

Subito dopo aver parlato, si sarebbe sparato: chi mai, nel 2012, usava ancora la parola “ammiratore”?

“No. E’ da parte di una mia amica”.

Una sua amica?

Che Sara non avesse più il ragazzo perchè stava con una ragazza?

L’immagina di lei avvinta con una donna gli procurò un’erezione immediata.

Rimasero in silenzio per qualche secondo.

Sara raccolse le gambe sul divano e si appoggiò su un gomito per essere più comoda.

Carlo attese qualche secondo, poi – con cautela – le accarezzò i capelli.

Sara non respirò per qualche istante.

Ancora una carezza.

“Ti dò fastidio?”, chiese lui..

Doveva assecondarlo, si ricordò.

“No, per nulla”, rispose.

Sentì un’altra carezza.

“Puoi appoggiarti su di me, saresti più comoda”.

Non gli rispose neppure, si sistemò meglio sui cuscini del divano e appoggiò la testa alla coscia di lui.

Carlo era turbato. Cosa stava facendo sua nipote? E’ vero che era giovane, ma non poteva essere casuale che si fosse presentata così aggindata.

O forse si sbagliava, e lui era solo un porco di cinquant’anni che non poteva vedere il culo di una ragazza senza pensare al sesso.

Non sapendo dove metterla, appoggiò la mano al fianco di Sara. Non avrebbe potuto metterla in nessun altro posto, si giustificò.

La sua pelle era calda.

Sara sentì il tocco dello zio. Una parte di lei si sarebbe alzata e sarebbe corsa in casa, ma non mosse un muscolo.

Rimase immobile, fingendo di guardare la partita alla televisione.

Dopo poco la mano si mosse, ma non per spostarsi, piuttosto per accarezzarla.

Sentì un brivido.

La carezza si fece più ampia, lungo tutto il fianco.

Decise di agevolare il movimento, e si distese supina, con la nuca sulla coscia dello zio.

Chiuse gli occhi.

Carlo reagì raggelandosi al movimento di Sara. Se ne stava andando?

Quando vide che si stava semplicemente mettendo in una posizione più comoda, riprese a respirare. Non si era offesa, anzi, sembrava gradire.

Con la punta delle dita le accarezzò la pancia, attorno all’ombelico.

La sua pelle era così morbida!

L’ultima donna che aveva accarezzato era la sua ex moglie, cinquant’anni e una pelle di ben altro tipo. Lei era chiara e ormai un po’ rugosa, Sara era ambrata e tonica. Un po’ formosetta, ma come piaceva a lui.

Le poggiò la mano sul ventre, sentendo il suo calore.

Sara trattenne il fiato.

Sapeva usare le mani suo zio, doveva ammetterlo.

Le aveva provocato brividi in tutto il corpo, temeva se ne fosse accorto.

Spostò ancora la mano, accarezzandola sul torace.

Ripetè il movimento una mezza dozzina di volte, fermando la mano quando incontrava il pizzo del suo reggiseno.

Doveva assecondarlo, giusto?

Inarcò la schiena, infilò rapidamente la mano sotto alla schiena e lo sganciò, poi lo fece cadere a terra.

Chiuse gli occhi, vergognandosi di vedere i suoi capezzoli irrigidirsi.

Claudia trattenne il fiato durante la scena.

“Brava Sara…sei proprio una bella zoccoletta!”.

Senza accorgersene, introdusse una mano sotto la t shirt che usava come pigiama.

La portò fin sul seno, constatando come anche lei fosse eccitata.

Si tolse la maglietta.

Carlo deglutì quando vide Sara liberarsi del reggiseno.

Era un gesto chiaro, esplicito: voleva essere accarezzata lì.

Non c’era nessuna altra spiegazione, non c’era ingenuità che tenesse.

Staccò la mano dal costato di lei e, come fosse un movimento casuale, le sfiorò un capezzolo.

La ragazza emise un sospiro.

“Da questo momento in poi – pensò – non potrai più dire che stavi coccolando la tua nipotina”.

Aprì la mano e le avvolse il seno.

Era così grande, così perfetto!

Con le dita le prese un capezzolo, stingendolo leggermente.

Giù, al basso ventre, si era risvegliato il mondo.

Sara sentì la mano dello zio come fosse una liberazione.

Ora non c’era più equivoco, non avrebbe più dovuto giustificarsi inventandosi di aver avuto caldo o chissà cos’altro.

Stava seducendo suo zio e lui ci stava, almeno fino a quel momento.

Si sarebbe fermato?

Aveva un bel tocco, Sara si stava eccitando.

Claudia mise entrambe le mani sui suoi seni.

Non erano grandi come quelli di Sara, ma non le importava.

Avrebbe voluto essere al posto suo.

Lo zio non era neanche male come uomo: non più un ragazzo, certo, però si vedeva che era uno che si teneva in forma.

Si sfilò le mutandine.

Carlo spostò la mano dal seno di Sara e le accarezzò il viso.

La ragazza sorrise, pur tenendo gli occhi chiusi.

Anche lo zio sorrise. Era l’unica nipote femmina che aveva, ricordava bene quando era nata.

Fino ai dodici anni di Sara si erano visti con una certa regolarità, poi aveva litigato con sua sorella e non si era più sentito a suo agio in quella famiglia.

E ora, cosa stava facendo?

Si stava vendicando di sua sorella?

Accarezzò ancora il seno di Sara, poi spostò la mano lungo la pancia della ragazza.

Seguì i piccoli brividi che le percorsero la pelle, poi con le dita le toccò i peli pubici, quel piccolo ciuffo che le sporgeva dal perizoma.

Sara si irrigidì, sebbene il movimento non le giunse inaspettato.

Tirò indietro la pancia, con un movimento che, almeno per lei, doveva rappresentare un invito a infilarle una mano nelle mutandine.

Lo zio però forse non era tranquillo, sembrava giocare con i suoi peli.

Prese coraggio.

“Vuoi che mi tolga le mutandine?”, gli chiese.

Carlo sospirò.

“Sì, fallo!”, disse.

Sara afferrò il perizoma, lo sfilò rapidamente e lo gettò sul tappeto.

Si mise istintivamente una mano sul sesso, poi la tolse.

Lo zio si alzò dal divano e si inginocchiò accanto a lei.

Sara, sempre ad occhi chiusi, sentì il suo fiato su di lei.

Con una dolcezza che non si sarebbe aspettata, sentì le labbra dell’uomo solleticarle un capezzolo.

Sentì la lingua sulla sua pelle, disegnarle arabeschi sul seno.

Trattenne il fiato, mentre la punta della lingua di lui le tracciava una linea sulla pancia, fino a basso ventre.

A quel punto sentì le braccia di lui sollevarla e posarla delicatamente sul tappeto accanto al divano.

Sentì la leggera pressione delle mani di lui sul suo interno coscia, e capì che doveva allargare le gambe.

Assecondò il movimento, e poco dopo snetì nuovamente le labbra di lui, questa volta sul suo sesso.

Sospirò.

Carlo affondò la lingua nella fica di sua nipote.

Non sapeva cosa stesse succedendo, perchè Sara stesse comportandosi così con lui, ma decise che non gli importava.

Non era un brutto uomo, ma la ragazza era decisamente oltre le sue aspettative, anche le migliori.

Al meglio gli capitava di rimorchiare qualche quarantenne con il culo grosso, qualche trentenne sovrappeso; una come Sara se la sarebbe sognata.

Era maggiorenne, era sobria, non si sarebbe fatto problemi.

Leccò con lentezza il sesso della ragazza, assaporando il sapore acre dei suoi umori.

Le stava piacendo, ne era certo.

Anche a lui piaceva, lo sentiva nei pantaloni.

Si sfilò la maglietta e i pantaloni della tuta, notando come i suoi boxer sembrassero ormai delle tele impressioniste, così impregnati delle sue secrezioni.

Si tolse anche quelli.

Sara era sempre sdraiata, ancora con gli occhi chiusi.

Si portò all’altezza del viso di lei e, senza dire nulla, le appoggiò il glande sulle labbra.

Claudia sorrise allo schermo del computer mentre vedeva Sara aprire la bocca e accogliere il cazzo dello zio.

Si pizzicò i capezzoli con le unghie e spostò la sua mano destra sulla sua topa.

Era bagnata e pronta per la sua dose di carezze.

Senza perdere di vista la scena, introdusse due dita dentro di sè.

Sara ebbe subito una sensazione di repulsione.

L’odore di sudore e eccitazione era forte, non era preparata.

Però suo zio voleva quello, e quello gli avrebbe dato.

Lo voleva anche lei, per altro, inutile negarlo.

Se lo fece scivolare in bocca e lo sentì subito irrigidirsi.

Con cautela, senza farlo uscire dalla bocca, si mise in ginocchio e invitò lo zio a sdraiarsi.

Quando l’uomofu rilassato, si concentrò sul suo pene.

Non aveva mai fatto un pompino in vita sua, ma aveva visto qualche filmato in rete.

Sapeva da sola che mugolii e ansimi erano solo sceneggiature dei film porno, non offese la sua intelligenza simulando un piacere che non stava provando.

Si mise a carponi, toccandosi la topa con la mano con cui non si sosteneva.

Suo zio l’aveva portata su di giri, ma non era venuta.

Introdusse due dita dentro di sè.

Carlo non sapeva come comportarsi.

Una parte di lui avrebbe voluto prolungare il piacere più a lungo possibile, perchè un pompino per lui era sempre stato un regalo elargito con attenzione da parte di sua moglie e questo voleva goderselo fino in fondo; d’altra parte non si era dimenticato che in quella casa abitava anche Luca, suo nipote, e l’utima cosa che voleva era trovarselo di fronte in quella situazione.

Ci pensò Sara a risolvere la situazione: passò le labbra lungo tutta l’asta, poi inghiottì nuovamente il suo membro, fin quasi in gola.

Venne senza poter opporre resistenza.

Sara sentì lo sperma di suo zio scaldarle il palato, ma non ebbe tempo di pensare a cosa fare perchè venne anche lei.

Lasciò che il seme dell’uomo le colasse lungo l’esofago, prendendo fiato solo per sospirare dopo l’orgasmo.

Claudia vide Sara abbandonarsi a terra e si rotolò sul materasso; strofinò i capezzoli e il clitoride sul copriletto ruvido e introdusse anche un terzo dito dentro di sè.

Venne urlando.

Venti minuti dopo, Sara e Claudia uscirono contemporaneamente dalla doccia, senza saperlo.

Erano entrambe soddisfatte.

Sara aprì il computer e mandò una mail a Medusa.

*sono stata una schiava perfetta. grazie.

Claudia mandò un messaggio a Augusto:”La trasformazione è avvenuta. E’ nelle nostre mani”.   

 

 

 

 

Sara accese il computer con un vago senso di amarezza.
Suo zio era andato via senza neppure salutarla.
Le aveva lasciato un biglietto sul frigo, un biglietto carico di sentimenti.
Le aveva scritto di essersi reso conto di aver sbagliato, di aver approfittato di lei facendo leva sulla sua giovane età e sul fascino dell’uomo maturo, ma aveva sbagliato.
Non avrebbe dovuto succedere nulla di quanto era successo, e per questo motivo riteneva corretto lasciare la casa. Avrebbe trovato un altro posto in cui meditare su quanto capitato.
La pregava solo di non dire nulla a sua sorella, cioè la madre di Sara, e di considerare concluso l’episodio.
Sara avrebbe voluto rispondergli, dirgli che lui non aveva nessuna colpa e che lei era stata spinta a comportarsi in quella maniera, e che in ogni caso non si sentiva male per quanto successo.
Forse avrebbe dovuto farlo, si sarebbe sentito meno male.
Medusa era on line, per fortuna.
Le raccontò del biglietto dello zio e le chiese consiglio.
Medusa le disse che ci avrebbe pensato e le avrebbe fatto sapere.
Ma aveva altri programmi per lei.
Sabato, il giorno dopo, Sara avrebbe dovuto andare al mare.
*prendi il pacco che ti ho mandato
Sara lo recuperò da sotto il letto.
*dentro trovi un sacchetto con una stella sopra. aprilo.
La ragazza individuò il pacchetto in questione, lo scartò e ne estrasse un bikini bianco.
O meglio, pochi grammi di bikini.
Lo distese sul letto accanto a sè e lo guardò con attenzione.
Le coppe del reggiseno erano poco più che due striscioline; lo slip era un filo dietro e un micro triangolino davanti.
*è molto ridotto
*certo. dovrai depilarti la passera.
Sara sospirò. Era in effetti un po’ che pensava di farlo.
*va bene, lo faccio. però no ho la makkina, come faccio ad andare al mare?
*ci vai in autobus, non ci va molto.
*ok
*ma il tuo compito non finisce qui
Sara cominciò a preoccuparsi.
*dimmi
*staremo in costante contatto, ma la giornata di domani avrà una regola fissa, e sarà quella della giornata promozionale
*cioè?
*domani chiunque sarà un tuo padrone. qualunque persona incontrerai, dovrai sottostare alle sue richieste. qualunque siano
Sara deglutì preoccupata. Durante un’intera giornata al mare poteva capitare qualunque cosa.
Ma orma questo gioco le piaceva.
*va bene, farò così.
*brava, sono molto orgogliosa di te.
Sara sorrise contenta.

Il mattino dopo si alzò presto: non era ancora la piena stagione estiva e gli autobus non erano tanto frequenti.
Andò in bagno, prese la schiuma da barba di suo fratello e se la spalmò sull’inguine.
Sapeva di menta, le trasmise subito una sensazione forte.
Si guardò allo specchio, sentendosi leggermente ridicola con questo triangolino bianco in mezzo alle gambe.
Non si era mai depilata lì, ma molt sue amiche lo facevano.
Era anche più bello da vedere, pensò.
Prelevò il rasoio dal lavandino e attaccò i peli pubici.
Fortunatamente non era molto irsuta e non ci mise molto.
Finito il lavoro si passò una crema e si guardò allo specchio.
Non era male: aveva temuto che trovarsi nuovamente senza peli l’avrebbe fatta sentire bambina, ma constatò che l’effetto era l’esatto contrario.
Ora sembrava una di quelle ragazze che si vedevano sui siti porno.
Non sapeva se esserne contenta.
Tornò in camera e indossò il micro bikini.
Solo quando l’ebbe addosso capì l’effetto che avrebbe fatto.
Praticamente non aveva nulla addosso. Le coppe del reggiseno la coprivano abbastanza, ma lo slip era inesistente. Dietro solo un filo si insinuava tra i suoi glutei, e davanti il triangolino era giusto delle dimensioni del suo sesso.
Lo avesse abbassato anche solo di qualche centimetro si sarebbe scoperta il clitoride.
Indossò shorts e maglietta un po’ preoccupata, riponendo le speranze che la stagione non avrebbe richiamato troppi bagnanti in spiaggia.
Scese sotto casa e salì sull’autobus.
Era vestitissima, ma si sentìva a disagio.
Cosa avrebbe fatto se qualcuno le avesse proposto di andare a casa sua, ad esempio?
Avrebbe dovuto accettare, stando a quanto le aveva ordinato Medusa.
Aprì una rivista e si immerse nella lettura, sperando che nessuno la disturbasse.

Arrivò in spiaggia una mezz’ora dopo senza che nessuno le avesse rivolto la parola.
Si diresse verso la spiaggia libera e trovò una zona deserta.
Stese l’asciugamano, poi si liberò dei vestiti.
L’aria fresca sulla sua pelle le ricordò quanto poco fosse vestita.
Si sdraiò sull’asciugamano, cercando di abituarsi. In fin dei conti non era neppure in topless, e non è che nel 2012 qualcuno si sarebbe scandalizzato l’avesse fatto.
Esistevano spiagge naturiste in cui la gente andava nuda come nulla fosse, perchè avrebbe dovuto farsi dei problemi?
Era però vero che quel costume era diverso.
Fosse stata un uomo, avrebbe forse trovato molto più erotico un costume poco coprente, come il suo, piuttosto che una nudità totale.
Si sdraiò e cercò di pensare ad altro.

Claudia arrivò in spiaggia mezz’ora dopo di Sara e si mise subito a cercarla.
Nei giorni passati era riuscita a farsi dire quale fosse il lido preferito, ma ora temeva che avrebbe cambiato scelta per non incontrare gente che conosceva.
Si mise a vagare sul litorale fino a quando non la vide.
Era sola, distesa sull’asciugamano.
Aveva indossato il bikini che le aveva ordinato, brava.
Stese il suo asciugamano ad una dozzina di metri di distanza, in modo da poterla osservare senza essere troppo evidente.
Ora che la vedeva da vicino si meravigliava sempre di più che Sara non avesse un ragazzo.
Certo, di viso non era Michelle Pfeiffer, però aveva un gran fisico.
Forse a trent’anni sarebbe stata un po’ pienotta, ma a diciotto era tanta roba.
Si mise anche lei in bikini, anche se più convenzionale di quello di Sara, e prese il giornale.
Stava arrivando altra gente, per fortuna.
Poco più avanti rispetta a Sara si stava accampando una famiglia: due genitori e due ragazzi giovani.
Prese il telefonino e le mandò un messaggio.
*arrivata in spiaggia?
Sara si ridestò dal torpore e si guardò attorno.
C’era più gente rispetto a prima: una famiglia davanti a lei e una ragazza sulla sinistra.
Prese il telefono.
*si è già da un po’
*bene. allora vai a fare il bagno.
Sara mise giù il telefono e si alzò in piedi.
Per entrare in acqua avrebbe dovuto passare accanto a quella famiglia, e una volta passata oltre tutti avrebbero potuto vederle il sedere, di fatto nudo.
Trasse un sospiro di rassegnazione e si incamminò verso il mare.
Cercando di pensare ad altro transitò accanto alla famiglia, sforzandosi di non accelerare il passo.
Passò oltre, immegendo i piedi in acqua.
Dietro di lei, una voce di donna diceva al marito:”Guarda che mi sono accorta che gurdavi!”.
Fece qualche passo in acqua, immergendosi fino al collo.
Era ancora fredda, poi lei non era mai stata un’amante del bagno in mare.
Medusa non le aveva mica detto quanto stare in acqua, no?
Si voltò e tornò verso il bagnasciuga.
A differenza di quanto aveva pensato prima, ora il compito era ancora più arduo.
Il freddo le aveva irrigidito i capezzoli e l’effetto – unito al bianco del costume – era estremo: dalla vita in su, era come se non indossasse nulla.
Passò nuovamente accanto alla famiglia.
La donna la guardò direttamente con uno sguardo carico di odio, il marito fingeva di leggere la Gazzetta dello Sport ma in realtà sbirciava.
I due ragazzi, invece, non finsero neppure di guardarla in volto e fissarono direttamente le sue tette.
Passò oltre, e un attimo dopo la donna apostrofò la sua famiglia con un:”Siete tre porci”.
Tornò a sedersi sull’asciugamano e mandò un messaggio a Medusa.
*fatto
*bene. ora togliti il reggiseno.
Sara sospirò. In fin dei conti, non cambiava molto rispetto a come era messa in quel momento.
Per di più, ne avrebbe approfittato per farsi una buona abbronzatura, cosa che non capitava mai.
Puntualmente, alla fine di ogni estate si trovava ad avere le tette bianche, e non era un bel vedere.
Slacciò la chiusura del reggiseno e se ne liberò.
Sentì subito l’istinto di coprirsi con le mani, ma lo controllò.
Non aveva mai fatto topless nella vita, ma spesso si era chiesta come sarebbe stato.
Era così.
Si sentiva libera, era indubbiamente più comodo rispetto al reggiseno.
Certo, avesse avuto un seno un po’ più piccolo si sarebbe sentita meno in imbarazzo.
Si sdraiò nuovamente.

Si ridestò una mezz’ora dopo, sentendo chiamare il suo nome.
Aprì gli occhi, cercando di mettere a fuoco la persona davanti a lei.
Era un uomo, accovacciato vicino al suo asciugamano, e la stava chiamando per cognome.
Lo riconobbe: era il suo insegnante di francese!
Subito fece il gesto come per coprirsi il seno, poi riflettè che se l’uomo era lì da qualche minuto, come immaginava, aveva avuto sicuramente modo di vederla per bene.
“Professor Massena!  – lo salutò – Anche lei da queste parti?”.
Contrariamente a quello che sembrava, non era per nulla contenta di averlo incontrato, soprattutto mentre lei era in quello stato.
L’uomo annuì sorridendo. Aveva circa quarantacinque anni ed era una persona che aveva sempre inquietato Sara e i suoi compagni. Era un uomo taciturno, molto schivo e poco propenso a scherzare; per questo motivo Sara si stupì quasi di vederlo sorridere.
Il professore annuì, squadrando con occhio scientifico il corpo di Sara.
La ragazza si sentì ancora più nuda di quanto non fosse nella realtà.
Le chiese alcune banalità, di cosa ci facesse lì da sola e se non fosse con qualche amica, poi le propose di fare una passeggiata sul bagnasciuga.
La prima risposte che le venne in mente fu un rifiuto, poi si ricordò della “giornata promozionale”.
Avrebbe dovuto fare tutto quello che gli altri volevano.
Annuì e disse che l’avrebbe fatta volentieri.
“E’ il caso che mi rivesta?”, disse.
“No, c’è un così bel sole, e poi tu non hai niente che meriti di essere coperto”, rispose il professore.
Si alzò in piedi e lo seguì.

La spiaggia non era affollata, ma c’era comunque un discreto numero di persone.
Sara era in imbarazzo totale: con quel costume e con le tette al vento sicuramente non passava inosservata, e ancora peggio, forse, era essere in giro con il professore.
Tutti avrebbero pensato che stavano assieme e la cosa la infastidiva alquanto; ad un certo punto lui le prese addirittura la mano.
Parlarono poco: lei era molto guardinga a scrutare tutti i volti per individuare se ci fosse stato qualcuno che conosceva, li sembrava bearsi della sua compagnia.
La passeggiata durò un quarto d’ora, poi fecero ritorno all’asciugamano.
Sara stava già per porgere la mano al professore e mettere fine a quello strazio, quando l’uomo disse:”Senti, visto che sono anche io solo, posso mettermi qui accanto a te?”.
Era la giornata promozionale.
“Certo, nessun problema!”.
L’uomo stese il suo asciugamano mentre Sara malediceva la situazione in cui si stava trovando.
Non poteva essere in compagnia di un bel venticinquenne, invece di quel rospo?
Si stese anche lei.

Claudia osservava la scena da vicino, divertendosi molto.
Era ora il momento di rincarare la dose.
Prese il telefonino e le mandò un messaggio.
*togliti gli slip
Ricevette la risposta dopo dieci secondi.
*non posso, non sono sola
Sorrise maligna.
*questo è un ordine, sara, non accetto storie.
Vide in distanza Sara posare il telefono con aria sconsolata, poi la vide voltarsi verso il professore.
“Senta, le spiace se mi tolgo le mutandine? Volevo prendere un’abbronzatura uniforme, sa com’è…”, disse.
Il professore si produsse in un sorriso a settanta denti.
“No, ovviamente no, fai pure. Anche se non credo che questa sia una spiaggia per nudisti”.
“Lo so, mi avvisi se si avvicina qualcuno”.
Si guardò un’ultima volta attorno, poi prese l’elastico degli slip e lo abbassò.
A sua consolazione, pensò che non aggiungeva molto alla vista che aveva comunque dato fino a quel momento.
Infilò gli slip in borsa e si sdraiò nuovamente.
Era imbarazzatissima, era la prima volta nella vita che era nuda all’aperto, e per di più non con il suo ragazzo o un’amica, ma con il suo professore!
Sperò almeno che questa sua performance avrebbe avuto un riconoscimento durante l’anno scolastico.
Il professore non smetteva di guardarla un attimo, nonn aveva neppure il pudore di far finta di nulla.
Per di più indossava dei boxer molto aderenti, e la sua erezione era palese.
“Senti, posso chiederti una cosa?”, le disse.
“Certo”.
“Posso farti delle foto? Rimarranno a me, giuro, non le farò vedere a nessuno”.
Giornata promozionale.
Sara imprecò ancora dentro di sè.
“Certo, nessun problema!”.
Il professore estrasse dal marsupio una macchina digitale e gliela puntò contro.
“Non è il caso che ti metti in posa, vanno bene anche così”, disse.
“Certo, basta che si vedano tette e figa”, pensò Sara.
Rimase immobile sdraiata sull’asciugamano, mentre il professore le girava attorno.
Le scattò una ventina di foto, ad ognuna delle quali Sara non potè non chiedersi se l’avrebbero messa nei guai.
Però era maggiorenne, poteva fare quello che voleva, no?
“Sei bellissima, sai?”, le disse il professore.
“Grazie, ma non penso di essere bellissima. Monica è molto più bella di me”, gli rispose, nominando la più bella ragazza della classe.
“No, non penso. E poi lei è molto sulle sue, tu invece sei molto più libera”.
“Mi sta dando della troia”, pensò Sara.
“Senti, avrei un’altra richiesta da farti, però mi rendo conto che è un po’ impegnativa. Se non ti va dimmi di no, mi raccomando”.
Sara alzò le spalle.
“Provi a chiedere”.
“Mi piacerebbe toccarti”.
Sara sentì un tuffo al cuore.
Giornata promozionale, porca Eva!
Gli sorrise.
“Certo, faccia pure”.
L’uomo si illuminò e si accostò subito a lei.
Un attimo dopo, la sua mano le accarezzava una tetta.
Sara si guardò attorno: non c’era quasi nessuno, fortunatamente, a parte la ragazza dietro di lei.
Guardava dalla sua parte, ma non era certa la stesse effettivamente osservando.
Il professore le toccò le tette con meticolosità.
“Hai una bella pelle, Sara…mi sarebbe sempre piaciuto toccarti”.
“E infine lo sta facendo!”, rispose lei, simulando allegria.
L’uomo staccò la mano dal seno della ragazza e gliela passò sulla pancia.
Sara sentiì un brivido attraversarle il corpo.
Il professore giocava con la punta delle dita sulla sua pelle, la cosa la stava facendo eccitare.
Il tocco scorse lungo il suo corpo, fermandosi in prossimità del sesso.
L’uomo la guardò in volto, Sara fece cenno di sì con la testa.
Un attimo dopo le sue dita le passavano tra le grandi labbra, provocandole un’immediata lubrificazione.
Si vergognava di quello che stava capitando, ma non poteva farne a meno.
Allargò un po’ le gambe, facilitandogli l’ingresso.
Il professore insinuò la punta del dito dentro il suo sesso, strappandole un sospiro.
Si guardarono negli occhi, poi l’uomo infilò tutto il dito.
Sara si abbandonò sulla schiena, allargando ancora di più le gambe.
Chiuse gli occhi, mentre le dita del professore diventavano due e si muovevano sempre più velocemente.
L’eccitazione cresceva rapidamente dentro di lei, e più cresceva meno pensava a dove si trovava e cosa avrebbe potuto capitare se qualcuno li avesse visti.
Con la mano si avvicinò all’inguine del professore e, attraverso il costume, gli toccò il membro.
Era rigidissimo e le sue secrezioni stavano già imbrattando la tela del costume.
L’uomo aumentò la velocità delle sue dita e Sara non ebbe più la concentrazione per interessarsi al suo pene.
Inarcò la schiena e si afferrò le tette con entrambe le mani, mentre sentiva l’orgasmo nascere nel profondo.
Aprì la bocca quasi per cercare aria, poi sentì la mano del professore dare ancora un’accelerazione.
Stava per venire, quando sentì il suono di un telefonino.
La mano del professore si fermò di colpo, mentre con l’altra frugava nel marsupio per recuperare il telefono.
Controllò sul display l’identità del chiamante e si rabbuiò in volto.
“Dimmi”, disse rapidamente.
Ascoltò per qualche secondo, poi:”Arrivo subito, stai tranquilla”.
Chiuse la comunicazione e guardò verso Sara.
“Mi dispiace, ma devo andare. Mia mamma non sta bene, è anziana”, spiegò.
Sara annuì, ma dentro si sentiva strana.
E il suo orgasmo?
Non aveva gradito il suo tocco, ma giunto a quel punto avrebbe voluto andare fino in fondo.
“Va bene, vada pure…io non avevo finito”.
Cosa stava dicendo? Gli stava chiedendo di continuare a sgrillettarla mentre sua madre stava male? Che persona era diventata?
“Lo so, ma devo scappare con urgenza. Mi dispiace, avrei voluto finisse diversamente. Però sono stato bene con te”.
“Anche io”, rispose Sara.
L’uomo si rivestì e si alzò in piedi.
“Ci vediamo a scuola”, disse solo, e se ne andò.
Sara rimase sdraiata sull’asciugamano.
Si sentiva incompleta e triste.
Avrebbe potuto andare in acqua e toccarsi, finendo il lavoro?
Farlo lì, all’aria aperta non le sembrava una buona idea.
Ma cosa cavolo stava pensando?
Veramente voleva toccarsi in acqua, con tutti i bagnanti di fronte a lei?
I suoi pensieri vennero interrotti da una nuova visita.
La ragazza che fino a quel momento era stata sull’asciugamano poco distante era ora in piedi vicino  a lei.
“Ciao. Ho visto che sei rimasta sola, posso mettermi vicino a te, così parlo con qualcuno?”, le chiese.
Giornata promozionale.
“Certo, mettiti pure. Io mi chiamo Sara”.
“Io sono Claudia”.

Sara non sapeva cosa doveva fare.
Poteva rimettersi gli slip?
Medusa le aveva ordinato di toglierli, ma cosa significava, che per rimetterli avrebbe dovuto aspettare un nuovo ordine?
Claudia non sembrava infastidita dalla sua nudità.
Come le avesse letto nel pensiero, la nuova venuta le disse:”Anche a me piacerebbe prendere il sole integrale, ma non so se ne ho il coraggio. Tu vedo che non ti fai problemi”.
Sara alzò le spalle.
“Non c’è tanta gente, non lo farei ce ne fosse di più”.
Si sdraiò nuovamente sull’asciugamano, mentre Claudia prendeva posto accanto a lei.
Passò qualche minuto, poi anche Claudia si levò il reggiseno.
“Visto che lo fai tu, ne approfitto”, disse.
Estrasse dalla borsa un flacone di crema e se la passò sul seno.
“Ho la pelle più chiara di te, devo fare attenzione al sole. Rischio di bruciarmi”.
Poi la guardò con attenzione.
“Però dovresti mettere un po’ di crema, rischi di scottarti. Se vuoi te ne dò un po’ della mia”.
Sara si guardò: effettivamente era un po’ arrossata.
“Sì grazie”, e allungò una mano per prendere il flacone.
“Lascia, te la metto io. Tu stai rilassata”.
Si inginocchiò accanto a Sara e si riempì una mano di crema.
Sara si stupì di quella mossa, ma non obiettò.
Era ancora la giornata promozionale, in fin dei conti.
Claudia si versò un po’ di crema sulla mano e la distribuì sulla pancia di Sara, provocandole un immediato sollievo.
Sara sorrise.
“Ci voleva proprio, grazie”, disse.
Claudia distribuì il prodotto con mano leggera, poi si riempì nuovamente la mano.
Questa volta il tocco fu sul suo seno.
Sara si irrigidì un attimo, poi rilfettè che il seno era una parte del corpo come un’altra sotto al sole e che anche quella andava curata.
Il tocco di Claudia poi era molto piacevole, sembrava quasi accarezzarla.
Sentì le sue unghie stimolarle i capezzoli e si sentì sfuggire un sospiro.
“Posso fare anche da sola”, disse imbarazzata.
“No, non preoccuparti. Rilassati, ho visto che prima c’è stata un po’ di tensione con quell’uomo”.
Sara si stupì. Era così chiaro.
Claudia continuava a massaggiarle le tette.
“Non temere, non ti giudico mica. L’importante è recuperare quanto perduto”.
Sara sentì un tocco, veloce ma sicuramente non casuale, al suo sesso.
Guardò verso Claudia, che le sorrise.
“Stai serena, che non succede nulla. Voglio solo farti stare un po’ bene, non è bello essere interrotte in quella maniera. Mettiti giù”.
Sara ubbidì, sdraiandosi sull’asciugamano.
Claudia le passò un dito tra le labbra, poi lo portò verso la sua bocca.
Lo leccò con la punta della lingua e lo appoggiò sul clitoride di Sara.
“Non ti manca molto, vero?”, le chiese.
Sara era imbarazzata, così rispose di no con la testa, tenendo gli occhi chiusi.
Claudia sorrise.
Le piaceva quella ragazza, per certi versi si dispiaceva che sarebbe finita male.
Però non poteva dimenticare come suo padre fosse uno di quelli che l’aveva torturata e costretta ad accoppiarsi con suo fratello.
Le pose un polpastrello sul clitoride e prese a disegnare un movimento a “otto”.
Sara teneva gli occhi chiusi e aveva il fiato corto.
Le stava piacendo.
“Sei mai stata con una donna, Sara?”, le chiese.
La ragazza fece cenno di no con la testa, sempre tenendo gli occhi chiusi.
“Ti piacerebbe?”.
Non ci aveva mai pensato. O meglio, ci aveva pensato, ma sempre a livello teorico, mai si era trovata nella situazione di farlo.
Cosa che invece, in quel momento, sembrava qualcosa di più che un’ipotesi.
“Non lo so”, rispose.
Claudia le strinse il clitoride tra le dita, mozzandole il fiato.
“Io ora ti faccio venire, poi andiamo a casa assieme, ok?”.
Sara trasse un sospiro.
Voleva venire, ne aveva bisogno…e poi era sempre la giornata promozionale.
“Va bene”, disse sottovoce.
“Cosa mi farai?”, chiese Claudia, riprendendo a stimolarla con lentezza.
“Ti farò godere”, disse, sentendo l’orgasmo che stava per arrivare.
“Come, Sara?”.
“Con la lingua”, disse. Stava per godere.
“Bene”.
Si abbassò verso l’inguine di Sara e le passò la lingua sul clitoride.   
Lo avvolse completamente, lo prese tra le labbra e lo socchiò come una caramella, poi si staccò.
Sara strinse i denti, serrò le labbra e venne, quasi urlando.
Claudia si chinò su di lei e le diede un bacio sulle labbra.
“Andiamo, hai una promessa da mantenere!”.

Sara si pentì di aver accettato il passaggio dopo meno di cinque minuti.
Claudia era carina, era gentile e l’aveva portata su di giri in spiaggia, ma la situazione aveva preso una piega che non gradiva.
Indubbiamente si era lasciata vedere e toccare in spiaggia e non poteva negare di essere stata bene sotto le mani di Claudia, ma da qui ad avere un rapporto con lei ce ne passava.
Non era mai stata con un’altra ragazza e farlo non rientrava neppure tra le sue fantasie.
In questo si sentiva un po’ limitata, forse, visto che almeno tre sue amiche potevano vantare nel loro curriculum un rapporto saffico; però proprio non ce la faceva.
Anche tecnicamente si sentiva limitata: cosa avrebbe dovuto farle? Avrebbe potuto limitarsi a toccarle la patata, o avrebbe dovuto fare di più?
Prima, in spiaggia, aveva detto che l’avrebbe leccata, ma era in una situazione post orgasmica; ora non si sentiva più tanto dell’avviso.
Per non parlare di oggetti sessuali come palline o vibratori; non ne aveva mai usati e non si sentiva di iniziare ora.
Però c’era questa storia della giornata promozionale che la stava condizionando.
Non le andava di disubbidire a Medusa, non l’aveva mai fatto e sentiva che quella di oggi sarebbe stata una prova importante, non voleva deluderla.
Guardò verso Claudia, alla guida, e ricevette in cambio un sorriso.
Prese il telefonino e mandò un messaggio a Medusa: “E’ ancora valida la giornata promozionale?”.
L’auto procedeva veloce verso casa sua, aveva solo pochi minuti per decidere cosa fare.
Se suo fratello fosse stato in casa, riflettè, tutto sarebbe andato a monte spontaneamente.
Claudia l’avrebbe accompagnata e se ne sarebbe andata subito, senza fare nulla.
Non avrebbe potuto chiederle di andare a casa sua perchè conviveva con il fidanzato, questo glielo aveva detto pochi minuti prima.
Visto che Medusa non rispondeva, mandò un messaggio a suo fratello.
“Sei a casa?”.
Ricevette la risposta dopo pochi secondi.
“No, xkè?”.
Cosa fare? Agire o non agire? Cosa avrebbe detto Medusa?
Non poteva dire nulla a suo fratello, non sarebbe stato corretto.
L’unica cosa da fare sarebbe stato far capire a Claudia che non voleva andare con lei, ma come?
Arrivò un nuovo sms da suo fratello:”sara, dimmi xkè”.
Cosa poteva dirgli, che aveva rimorchiato una in spiaggia?
Non rispose.
Guardò fuori dal finestrino: ancora un paio di semafori e sarebbero arrivate.
Ora che ci pensava, come faceva Claudia a sapere dove portarla?
Non glielo aveva mai chiesto e lei non glielo aveva mai detto!
C’era qualcosa che non andava.
Prese nuovamente il telefono e rispose a suo fratello:”vieni a casa, sono con una persona ke non mi piace”.
Inviò, poi guardò verso Claudia e le sorrise.
Speò che suo fratello non ci mettesse troppo tempo.

Salirono nell’appartamento vuoto.
Claudia non aveva fretta di fare sesso con Sara, piuttosto voleva tastare con mano quanto fosse convinta del suo ruolo di schiava.
Non sapeva che lei era Medusa, però aveva l’ordine di ubbidire a chiunque, quindi nella pratica non c’era molta differenza.
“Mi fai vedere la tua stanza?”, le chiese.
“Non vuoi bere qualcosa, un caffè….”.
“No, grazie lo stesso”.
Si spostarono nella stanza.
Le faceva un certo effetto vedere da dentro quell’appartamento che, fino a quel momento, aveva visto solo in webcam. Le sembrava più grande.
Entrarono nella stanza da letto.
Disse a Sara di sedersi sul letto.
“Spogliati!”, le ordinò.
Sara esitò un attimo.
“Senti, volevo dirti che io non sono lesbica….”, le disse.
“Neppure io, ho un fidanzato, te l’ho detto. Però ora voglio fare sesso con te. Dai, spogliati!”.
Sara si liberò della maglietta e dei pantalocini.
Sotto aveva ancora il microbikini.
“Stai molto bene con quel costume”, disse Claudia.
“Grazie”.
“La famiglia che c’era davanti a te è impazzita guardandoti…i ragazzini si faranno seghe fino a perdere la vista pensando a te”.
“Ma dai…non farmelo pensare!”.
Claudia si sedette accanto a lei.
“Ora però voglio che ti tolga il costume”.
Sara si slacciò il reggiseno e lo lasciò cadere. Il seno si liberò prepotentemente.
Claudia le posò una mano sopra, stingendolo.
“Togliti le mutandine, non farti pregare!”, le disse in un orecchio.
Sara si sdraiò sul letto e, inarcando la schiena, si liberò anche delle mutandine.
Claudia si sdraiò accanto a lei e le accarezzò il corpo con la mano.
“Sei bellissima nuda, dovresti stare sempre senza vestiti”.
Le saettò la lingua nell’orecchio, poi si sfilò la maglietta.
Sara non sapeva cosa fare.
Da una parte non vedeva l’ora che arrivasse suo fratello e la liberasse dalla situazione, dall’altra però si stava eccitando.
Claudia si liberò della maglietta, sotto non aveva il reggiseno.
Prese la mano di Sara e se la portò sul seno, mentre con la sua le cercò il sesso.
Le passò un dito tra le labbra: era umida.
Sorrise e avvicinò il volto a quello della ragazza.
Le sorrise e le leccò le labbra.
Sara aprì la bocca, e Claudia la baciò, insinuandole la lingua dentro.
Sara rispose al bacio, così Claudia introdusse due dita dentro la topa di Sara, che nel frattempo si era bagnata.
Armeggiò con la chiusura dei pantaloni e si sfilò i jeans.
Tra un attimo avrebbe ordinato a Sara di toglierle le mutandine con i denti e poi si sarebbe fatta leccare fino a venire.
Non sentì il suono della porta che si apriva.

La luce si accese improvvisamente.
Claudia si irrigidì e si voltò verso la porta della camera: erano entrati il fratello di Sara e i suoi soliti amici: Alessio, Giacomo e Fabio.
Si coprì il seno, aspettandosi di vederli andare via da un momento all’altro.
Di solito quando qualcuno sorprende una coppia fare sesso si comporta così, se ne va.
Invece rimasero lì, con espressione truce.
Alessio fece due passi ferso di lei e la afferrò per i polsi.
“Vieni qui, stronza!”, le disse, e la trascinò fuori dal letto.
“Fermo, cosa cazzo fai! Non sono vestita!”, urlò Claudia.
Alessio non badò alle sue  parole e le forzò le mani dietro alla schiena.
“C’è qualcosa per legarla?”, chiese.
Luca aprì un cassetto e ne estrasse un rotolo di spago; si portò dietro di lei e le legò i polsi.
Claudia sentì il cuore battere forte; che intenzioni avevano questi?
Aveva solo gli slip addosso, si sentiva molto vulnerabile.
“Cosa volete da noi? – chiese – Non avremo diritto a fare quello che vogliamo?”.
Luca prese la parola.
“Quello che volete sì, non quello che vuoi tu. Mia sorella non è lesbica e questo rapporto non era consensuale”.
Claudia guardò verso Sara, che nel frattempo si era rincantucciata sotto alle lenzuola per non farsi vedere nuda.
“Sei tu che mi ha detto di venire con te”, disse mestamente.
“E poi come facevi a conoscere il mio indirizzo? Cosa volevi realmente da me?”.
Claudia si rese conto dell’errore che aveva commesso.
Come poteva rimediare.
Alessio le diede uno strattone.
“Vieni, ti facciamo passare la voglia di rompere i coglioni a Sara”.
La portarono nel salotto.
“Inginocchiati!”, le ordinò Alessio.
Claudia eseguì l’ordine.
Alessio si slacciò i pantaloni ed estrasse il pene.
“Ragazzi, vi prego!”, disse.
“Ora me lo succhi, e vedi di farlo anche bene, lesbica di merda!”.
Claudia aprì la bocca e lasciò che il ragazzo le entrasse dentro.
Era molto eccitato, lo sentiva dal sapore….gli altri si disposero a semicerchio attorno a lei, gustandosi lo spettacolo.
Gli passò la lingua sul membro con lentezza, cercando di farlo venire il prima possibile.
Magari si sarebbero accontentati di quello.
Sentì Alessio respirare in maniera più affannosa, allora intensificò il movimento di bocca.
Il ragazzo l’afferrò per i capelli e le tenne la testa ferma, e un attimo dopo le venne in bocca.
Sentì la stetta intensificarsi e capì che doveva ingoiare.
Lo fece, cercando di respirare con il naso per non vomitare.
Alessio sospirò e le lasciò libera la testa.
“Brava, per essere una lesbica non te la cavi male”.
“Non sono lesbica”, disse Claudia. “Ora lasiatemi andare”.
Alessio sorrise.
“Non se ne parla neppure. Tu, Luca, cosa faresti con lei?”.
Luca la guardò sorridendo.
“Io me la scoperei proprio”, disse.
“Non c’è nessun problema!”, disse Alessio.
Con una spinta gettò a terra Claudia, che con le mani legate dietro alla schiena non poteva opporre resistenza; poi, tenendola ferma con un ginocchio, le sfilò le mutandine.
Era coricata sulla schiena.
Alessio si inginocchiò accanto a lei e le prese una caviglia, e con un gesto fece cenno a Giacomo di fare lo stesso.
Le divaricarono le gambe.
“Serviti!”, disse a Luca.
Il ragazzo si abbassò i pantaloni e i boxer, aveva già il membro eretto.
Si inginocchiò davanti a Claudia e la penetrò a fondo.
Claudia strinse i denti e chiuse gli occhi.
Luca si sdraiò su di lei, afferrandole i capezzoli con le dita e tirandoli verso di sè.
Claudia sentiva il membro del ragazzo dentro di lei; non era una piccola taglia e le faceva un po’ male.
Mosse il bacino, cercando di assecondare il movimento.
Non aveva nessun senso pregarli o chiedere loro di smettere: l’importante a questo punto era che finissero in fretta.
Sentì qualcosa muoversi dentro di sè, evidentemente il suo corpo stava reagendo in maniera separata rispetto alla testa.
Stava quasi per venire.
Luca la precedette: le diede uno schiaffo e urlò, mentre riversava dentro di lei un flusso di spermatozoi.
Alessio rise.

Sara uscì dal letto e si rivestì.
Non era contenta di quello che stava capitando, però quella ragazza se l’era cercata.
Chissà come era arrivata a Sara?
L’aveva forse seguita?
Poteva essere: di solito sono gli uomini a perseguitare le ragazze, ma poteva anche capitare con una donna, soprattutto se lesbica.
Prese la borsetta di Claudia e la aprì.
Magari lì avrebbe trovato qualcosa.
Prese il telefonino della ragazza.
Guardò tra le ultima chiamate, per capire se in qualche maniera poteva essere connessa a lei, ma non trovò nulla di interessante.
Le solite telefonatta: mamma, ufficio, una certa francesca, nulla di che.
Guardò tra i messaggi arrivati.
Ce ne era uno non letto.
Quando lo aprì si sentì male.
Diceva:”E’ ancora valida la giornata promozionale?”
Era il suo.
Claudia era Medusa!
Si alzò in piedi e andò nell’altra stanza.

Claudia era carponi: Fabio la stava penetrando da dietro, mentre Giacomo le stava sfregando il membro sulle labbra.
Luca e Alessio guardavano soddisfatti, segno che l’avevano già violentata.
“Fermi!”, urlò Sara.
Tutti si fermarono e si voltarono a guardarla.
“Fermi! E’ colpa mia, sono stata io a invitarla qui!”.
Luca sgranò gli occhi.
“Sei stata tu a chiamarla?”.
Sara abbassò lo sguardo.
“Sì. Lei non ha colpe”.
La scena cambiò velocità, rallentando.
Fabio uscì dal sedere di Claudia, Giacomo si alzò in piedi e si rimise il membro nei pantaloni. Alessio si accostò a Claudia e le sciolse i polsi.
Claudia si alzò lentamente e rivolse a Sara uno sguardo carico d’odio.
Guardò verso il pavimento: le sue mutandine erano lacerate.
Lungo le gambe le correva lo sperma di Luca, sul volto era impiastrata degli umori di Giacomo.
Per non parlare del sedere.
Passò davanti a  Sara e entrò nella stanza.
Sentì Alessio parlare: “Ma tu sei gay? Vai con le donne?”.
Sara si difese:”Era la prima volta!”.
Claudia si rimise i jeans e la maglietta, poi vide che la sua borsa era aperta sul letto.
Prese il telefonino e capì.
Sara sapeva.
Chiuse la borsa e si avvicinò alla ragazza.
“Sarai punita per questo scheretto”, le disse nell’orecchio.
“Lo so, me lo merito”, rispose Sara ad occhi bassi.

Claudia montò in auto e tirò un sospiro.
Che vita stava facendo?
Sentì suonare il telefonino, era Augusto.
“Ti ho vista in webcam, me l’hai fatto venire duro. Potevi anche finire con gli altri due, a sto punto”.
“Vaffanculo. Ora però io non vado più avanti, organizziamo il gran finale con sta stronza”.
“Sarà un piacere”.
Sara era carina, ma si meritava una punizione esemplare.

Sara passò due giorni d’inferno.
Da una parte impazziva di paura per quello che era successo a Claudia. Dovunque la si guardasse era stata violentata, per di più a causa di una sua bugia.
Se mai fosse finita in tribunale, c’erano sicuramente diverse persone che le avevano viste assieme in spiaggia e che magari avevano anche notato quello che Sara si era lasciata fare.
Non avrebbe potuto sostenere di non essere stata consenziente.
In aggiunta, Medusa taceva.
La sera stessa della violenza le aveva mandato un messaggio dichiarandosi disponibile a fare qualunque cosa per farsi perdonare, ma non aveva ricevuto risposta.
L’attesa la stava corrodendo.
In aggiunta, Alessio sembrava essere impazzito.
Continuava a chiederle se era lesbica, se era quello il motivo per cui non voleva stare con lui, se il suo ex l’aveva scoperto…
Avesse avuto la possibilità, sarebbe partita per l’Australia per rimanerci.
Aprì il computer e controllò la posta.
C’era un messaggio di Medusa, finalmente!
Lo aprì fremendo.
“Domani sera trovati al Red Pub, in via Romagna, alle 22 precise. Devi essere con almeno quattro altre persone, non importa chi. Vestiti normalmente, è una birreria, devi solo dire ai tuoi amici che li inviti per un drink. Non mi aspetto rifiuti”.
Sara sorrise: finalmente un segnale.
Era arrabiata Medusa?
Sembrava proprio di sì, ma era inevitabile.
Però non aveva rinunciato a rimanere in contatto con lei, segno che la rottura non si era verificata.
Rispose semplicemente:”Ci sarò”.
Era contenta.

La sera dopo si presentò al pub alle dieci di sera spaccate.
Aveva avuto qualche difficoltà a capire chi si sarebbe portata con sè, e alla fine aveva ripiegato su suo fratello e su Alessio, che ormai sembrava ossessionato da lei.
Si erano poi aggiunti la sua amica Giulia e il suo ragazzo Davide: avrebbe anche fatto a meno di portarli con lei, ma si erano presentati nel pomeriggio da lei e non si erano più scollati.
Quando aveva detto che avrebbe dovuto uscire avevano colto la palla al balzo e si erano aggregati.
Entrarono nel locale: Sara guardò subito se c’era Claudia, ma non la vide. Evidentemente doveva ancora arrivare.
Era un locale spazioso, per fortuna non troppo affollato: ci saranno state una trentina di persone, con una netta prevalenza di uomini.
Presero posto ad un tavolino e ordinarono da bere.

Il padre di Sara guardò l’uomo davanti a lui, poi si tolse gli occhiali e li pulì.
“Credo di non aver capito la sua richiesta, avvocato”, disse.
L’uomo sorrise compito, si aggiustò la cravatta e indicò un foglio davanti a sè.
“Come le ho detto, questa è la lista di sette persone che in questo momento si trovano in carcere. Sappiamo che una sua firma potrebbe farle uscire, ed è quello che le stiamo chiedendo”.
“Sappiamo, chi? Chi rappresenta lei?”.
“Non sono autorizzato a dirlo”.
“E cosa le fa pensare che io acconsentirò a soddisfare questa richiesta, peraltro assolutamente immotivata e priva di senso?”.
“Glielo stiamo chiedendo per piacere. Se non sarà sufficiente, riusciremo a darle qualche motivazione in più”.
L’avvocato sollevò la valigetta ventiquattro ore e la appoggiò sul tavolo.
“Lei sta provando a corrompermi? Ho capito bene?”, disse il padre di Sara, diventando rosso in volto.
L’avvocato sorrise.
“No, ha capito male. Nessuno ha mai pensato di corromperla, sappiamo che sarebbe un pessimo affare. Guardi qui”.
Estrasse dalla borsa un computer portatile e lo accese, poi aprì una finestra.
Lo schermo del computer si riempì dell’immagine trasmessa da una telecamere.
Sembrava una birreria.

Sara terminò il suo cocktail senza che Claudia avesse dato cenni della sua presenza.
Che fosse successo qualcosa?
Guardò il telefonino per vedere se ci fosse qualche messaggio, ma non c’era nulla.
Proprio in quel momento la musica cessò e un ragazzo, munito di microfono, prese posto al centro del locale, in una zona priva di tavolini.
“Buona sera signore e signori, sono Kevin e voglio darvi il benvenuto al Reb Pub. Questa sera abbiamo in programma un giochino carino che coinvolgerà anche voi, spero vi piacerà”.
Applausi.
Kevin fece un cenno a qualcuno e dopo pochi secondi calò dal soffitto un oggetto che sembrava un trapezio. Si abbassò fino ad un palmo sopra la testa di Kevin, poi si fermò.
“Il giochino di questa sera è molto semplice – proseguì Kevin – Una di voi, care ragazze, sarà invitata alla seguente sfida: dovrà appoggiare le mani su questo trapezio e tenerle lì, mentre io le farò il solletico. Vincerà la prova se riuscirà a resistere dieci minuti senza staccare le mani”.
A dimostrazione, appoggiò le proprie mani sul trapezio.
Come era evidente, in quella postura le ascelle e di fatto tutto il torso si rendevano vulnerabili al solletico.
“E se una stacca le mani?”, chiese una voce dalla folla.
“Se una stacca le mani, cara amica – spiegò Kevin – dovrà pagare pegno togliendosi un indumento. Se riuscirà ad arrivare alla fine dei dieci minuti, vincerà un fantastico premio! Allora, chi si offre?”.
Applausi.
Sara si guardò attorno cercando di individuare le ragazze presenti in sala.
Non erano molte, e tutte stavano scuotendo la testa.
Giulia si sporse verso di lei e le disse nell’orecchio:”Neppure morta!”.
Sara stava per rispondere quando sentì un messaggio arrivare sul telefonino.
Lo guardò, era di  Medusa.
“Offriti volontaria e vai fino alla fine. Spegni il telefono dopo aver letto il messaggio. Non deludermi ancora, Sara!”.
Deglutì.
Era questa la prova da affrontare per farsi perdonare?
Allora doveva farla.
Spense il telefono e si alzò in piedi.
“Vengo io!”, disse.
Kevin quardò verso di lei sorridendo, mentre Giulia la afferrava per la manica.
“Ma sei matta? Dai, torna a sedere!”.
Sara si scrollò di dosso Giulia e avanzò verso il centro del locale.
Applausi.
“Bene, vedo che il gioco è piaciuto. Come ti chiami?”.
Indirizzò il microfono verso di lei.
“Sara”.
“Ciao Sara. Quanti anni hai?”.
“Diciotto”.
“Bene. Allora che dici, cominciamo?”.
Sara sentì il cuore accelerare.
Sorrise, ma evitò di guardare verso il tavolino dove c’erano i suoi amici.
“Va bene”.

Il padre di Sara la vide avanzare verso il centro della sala.
“Ma che cazzo”, disse, e prese subito il telefonino.
Le avrebbe ordinato di non rendersi ridicola.
Niente da fare: era spento.

Kevin la guidò sotto il trapezio e la invitò a togliersi prima le scarpe.
“Non vorrei calcioni!”, scherzò.
Sara si tolse i sandali, rimanendo a piedi nudi, poi appoggiò le mani sull’asta.
Addosso aveva una polo e un paio di jeans, però si sentiva già molto in imbarazzo.
“Ok, signori, si parte! – disse Kevin – Il tavolo della giuria laggiù terrà il tempo”.
Si posizionò alle spalle di Sara e le passò le dita sulle braccia nude.
Sara sentì un brivido, ma non era sufficiente per farle mollare la presa.
Il ragazzo le passò le mani lungo la spina dorsale, poi le appoggiò sui suoi fianchi.
Con lentezza misurata le sollevò la maglietta, scoprendole l’ombelico, poi prese ad accarezzarla la pancia.
Sara sentì un birivido, ma non era solletico.
Improvvisamente, Kevin le strinse i fianchi e le solleticò velocemente la pelle.
Sara, anche perchè colta di sorpresa, mollò la presa.
Il pubblico applaudì.
“Bene Sara, hai perso. Leviamoci questa polo, dai!”.
Lo speaker trasmise il tema stra abusato di “Nove settimane e mezzo”, mentre Sara si liberava della maglietta. Sotto aveva un reggiseno nero, era abbastanza coprente.
“Dai, in posizione!”, la esortò Kevin.
Sara si mise nuovamente sotto al trapezio e lo afferrò con le mani.
Kevin, nuovamente dietro, riprese ad accarezzarle la pancia e i fianchi.
Era un tocco delizioso, sempre al confine tra il solletico e l’eccitante.
Piano piano le stimolò la pancia, poi i fianchi, poi risalì verso le ascelle.
Sara si morse il labbro: sapeva che quello era il suo punto debole.
Kevin indugiò un pochino sulle sue ascelle, poi le attaccò senza pietà.
Sara afferrò l’asta del trapezio per non lasciarsi andare, mentre istintivamente cercava di sottrarsi al tocco piegandosi in avanti.
Chiuse gli occhi per concentrarsi, ma alla fine dovette desistere e mollò la presa.
Kevin le fece un applauso e le indicò i jeans.
Sara annuì: slacciò la cintura, aprì il bottone e li fece calare fino alle caviglie.
Dl pubblico si staccò qualche fischio, messo a tacere con un sorriso da Kevin.
Sara arrossì: non solo era in biancheria intima, ma – se ne era dimenticata – aveva addosso solo un piccolissimo perizoma.
“Dai, Sara, non abbiamo ancora finito!”, le ricordò Kevin.
Sara annuì e tornò in posizione.
Ora era decisamente più vulnerabile, oltre al fatto che, al prossimo errore, avrebbe dovuto mostrare qualcosa.
Medusa le aveva detto di presentarsi volontaria, non di perdere, e aveva intenzione di vendere cara la pelle.
Kevin si mise nuovamente dietro di lei, questa in ginocchio.
Con dei tocchi delicati le fece divaricare leggermente le gambe, e non appena ebbe abbastanza spazio cominciò ad accarezzarle l’interno coscia.
Le stimolò la pelle vicino al ginocchio, poi spostò il tocco dietro, dove l’articolazione si piega.
Era tremendo!
Sara chiuse gli occhi per concentrarsi e non ridere, ma non potè resistere quando sentì le sue dita attaccarle la zona vicino all’inguine.
Spalancò la bocca per prendere ossigeno, strinse i denti, ma alla fine una mano si staccò dal trapezio.
Dal pubblico si levò un applauso scrosciante.
“Sara… Sara – disse Kevin – mi sa che ti tocca mostrarci le tette!”.
Risate dal pubblico.
Sara annuì, pur sentendo il cuore battere all’impazzata.
Due giorni prima aveva fatto il suo primo topless, ma era in una spiaggia semi deserta; ora invece era al centro dell’attenzione di un locale strapieno.
Guardò verso la folla e finalmente vide Claudia.
Le stava sorridendo e le faceva con la mano il segno che andava tutto bene.
Questo le diede un ulteriore stimolo.
Slacciò la chiusura del reggiseno e lo porse a Kevin.
Dal pubblico arrivò qualche fischio, e anche qualche flash di macchina fotografica.
Non si fece turnare da nessuna di queste cose e si mise nuovamente in posizione.
Ora aveva il seno perfettamente esposto.
“Per curiosità – chiese Kevin – quanto tempo abbiamo ancora?”.
“Due minuti!”, urlò qualcuno.
Due minuti erano tanti, ma si poteva fare.
Kevin si mise nuovamente dietro di lei, sul publico calò il silenzio.
Da dietro, prese a toccarle la schiena.
Le passò le dita lungo la spina dorsale, poi si spostò davanti.
Le accarezzò le basi dei seni, poi si spostò sui capezzoli.
Con leggerezza le stimolò la zona attorno ai capezzoli, poi con le unghie le accarezzò tutto il seno.
Si stava eccitando.
Chiuse gli occhi per non guardare Giulia, e in quel momento Kevin le sferrò un attacco sui fianchi.
Non era preparata, non ebbe modo di resistere.
Urlò e portò le mani ai fianchi, lasciando il trapezio.
Il pubblico applaudì, mentre qualcuno provava il coretto:”Nuda! Nuda!”.

Il padre di Sara distolse lo sguardo.
“Ok, ponete fine a questa cosa!”, disse.
“Libera i detenuti?”, chiese l’avvocato.
“Non se ne parla neppure! Fate terminare questa stronzata o ve ne pentirere!”.
“Non ha nessun mezzo, e lo sa anche lei. Sua figlia è maggiorenne e per di più si è offerta volontaria, il filmato lo dimostra. Il locale ha la licenza per questo genere di spettacoli. Il patto è semplice: tutto questo termina quando lei firma”.
Il padre di Sara riflettè un attimo, poi si alzò.
“Mi faccia fare una telefonata”, disse.
Uscì dalla stanza e chiamò la sua ex moglie.
Erano mesi che non si sentivano, benchè non avessero più un rapporto conflittuale da tempo.
Semplicemente, non avevano nulla da dirsi.
Si erano sposati che lei era troppo giovane, già durante il matrimonio erano emerse delle incompatibilità; figuriamoci ora che lui aveva cinquant’anni e lei trentotto.
“Angela? – disse – Sono io. Non posso spiegarti molto, ma devi trovare immediatamente nostra figlia. Ha il telefonino spento, non chiamare lei, ma trovala”.
“Cosa sta succedendo?”.
“E’ in un locale, si sta spogliando. Devi assolutamente fermarla!”.
“E tu come lo sai?”.
“Non posso dirtelo, ma muoviti!”.
Mise giù e tornò dentro.
Guardò verso l’avvocato.
“Mi dispiace, ma non libero nessuno”.

Il pubblico si ammutolì, mentre Sara prendeva tra le dita l’elastico del perizoma e, lentamente, lo abbassava.
Lo fece calare fino alle caviglie, poi lo raccolse e lo porse a Kevin.
Il pubblico applaudì e molti scattarono delle foto.
Si vergognava da morire, ma guardò verso Claudia e vide che la stava applaudendo, quindi si rinfrancò.
“Possoa andare ora?”, chiese a Kevin.
Kevin sorrise.
“Per nulla. Se avessi vinto avresti potuto andartene, ma hai perso. Mani in posizione!”.
Sara era perplessa, non aveva capito che avrebbe dovuto stare lì.
Ma Medusa non voleva essere delusa.
Si portò di nuovo sotto al trapezio e appoggiò le mani all’asta.
Kevin estrasse dalla tasca dei jeans due paia di manette e, con un movimento rapido, assicurò i polsi della ragazza alla sbarra.
“Vedi, questa posizione mi dà tantissimi vantaggi – disse – Per prima cosa ti posso toccare a piacimento”.
A sottolineare il concetto, le passò le mani su tutto il corpo.
Le tastò le tette, le palpò le natiche e le diede uno schiaffetto sulla topa.
“Abbiamo notato tutti che sei depilata, bella scelta!”.
Sara arrossì.
“Ora però è tempo che anche tu ti diverta!”, continuò Kevin.
Un uomo si avvicinò a lui e gli porse uno strumento che Sara non aveva mai visto, ma che sia suo fratello che il novanta per cento del pubblico maschile presente riconobbe senza alcun dubbio: era un vibratore.
Kevin lo accese e accostò la testa al clitoride di Sara.
La ragazzi rimase sorpresa, fece un piccolo balzo indietro quando lo sentì sulla pelle.
“Vieni qui, non morde!”, disse Kevin.
Il pubblico rise.
Sara sporse l’inguine verso il vibratore, sospirando subito.
Già la situazione l’aveva leggermente eccitata, questo poi….
La folla seguiva in silenzio, si poteva sentire il rumore della vibrazione.
Sara aumentò la pressione del suo inguine contro l’oggetto; Kevin se ne accorse e sorrise.
Guardò verso di lei: aveva gli occhi chiusi.
Si voltò verso il pubblico e chiamò con un gesto un ragazzo.
Questo passò dietro Sara e cominciò a toccarle le tette.
Sara aprì gli occhi per la sorpresa, ma nella posizione in cui si trovava non poteva vedere in volto la persona che la stava toccando.
“Quanto ti scoperei!”, le disse sottovoce l’uomo.
Sara aprì la bocca, ma l’orgasmo imminente le impedì di parlare.
Kevin intuì il momento e accortò il microfono alla bocca di Sara.
Lei, con gli occhi chiusi, non se ne accorse, e si produsse in un gemito prolungato, amplificato da tutto il locale.
Kevin scostò il vibratore dalla topa di Sara e chiamò un altro del pubblico.
Questi si posizionò davanti a lei e si calò i pantaloni.
Guardò Sara negli occhi, interrogativo.
“Va bene”, disse lei sottovoce.
Lui la sollevò di peso, sempre con i polsi ammanettati, e portò le gambe di lei a circondarle la vita. Non appena fu assetata, la penetrò profondamente.
Sara gemette, mentre dietro di lei l’altro uomo le stava schiacciando i seni.

Luca sentì il telefonino vibrare.
Proprio in quel momento!
Guardò sul display: era sua madre.
Rispose facendo finta di nulla.
“Ciao mamma!”.
“Luca, non ho tempo da perdere. Non trovo tua sorella, sai dove sia?”.
Luca deglutì.
“Sì, è qui con me. Non preoccuparti”.
“Dimmi dove siete”.
“Mamma, ti dico di non preoccuparti, stiamo bene”.
“So perfettamente cosa sta succedendo, quindi non raccontarmi balle. Dimmi immediatamente dove sei, o da domani sei senza casa e senza diaria mensile”.
Luca sudò freddo.
Ok. Ti dò l’indirizzo”.
Mise giù il telefono, meditando su cosa fare.

L’uomo venne dentro Sara, producendosi in un urlo animale.
Si sfilò da lei tra gli applausi del pubblico.
Quello dietro di lei si abbassò i pantaloni a sua volta.
“Ora tocca a me!”, disse senza ammettere repliche.
Prese i fianchi di Sara, li strinse tra le mani e con una gamba le fece divaricare le gambe.
Sara si piegò leggermente in avanti, per quanto possibile ammanettata come era.
Sentì il membro dell’uomo premerle sull’ano.
Non aveva mai fatto anale, non aveva mai avuto occasione.
L’uomo si produsse in un grugnito, poi le entrò dentro.
Sara urlò, mentre dal pubblico si levava un applauso.
L’uomo le strizzò le tette da dietro, mentre introduceva forsennatamente il suo membro dentro l’ano di Sara.
Questo era doloroso!
Le venivano le lacrime agli occhi; guardò verso Claudia e la vide sorridere.
Stava facendo bene, si sentì subito rinfrancata.
Sentì le mani dell’uomo stringerle con violenza le tette, e un attimo dopo venne dentro di lei.
Applausi dal pubblico.

Kevin fece un cenno a qualcuno, e il trapezio si abbassò di circa un metro.
“In ginocchio, Sara!”, le ordinò.
La ragazza ubbidì.
Kevin si guardò attorno e chiamò i primi due ragazzi che vide.
Erano Luca e Davide.
Li fece posizionare davanti a Sara e fece loro abbassare i pantaloni.
Luca guardò verso la sorella, ma Sara fece cenno di no. Non era il caso di dire nulla.
Si calarono i boxer.
Erano entrambi in erezione, con grande vergogna di Luca.
Si era eccitato a vedere sua sorella in quello stato.
“Mettetevi più vicini possibile tra voi”, disse Kevin.
I due ragazzi si accostarono fianco a fianco, poi Sara aprì la bocca e accolse entrambi i membri.
Luca chiuse gli occhi, godendosi un momento su cui aveva a lungo fantasticato.

Il padre di Sara distolse lo sguardo dal monitor.
“Allora?”, disse l’avvocato.
“Non posso mettere a repentaglio la sicurezza della collettività per mio interesse personale. Gli uomini che m state chiedendo di liberare sono dei criminali”.
“Come preferisce – disse l’avvocato sorridendo – Io, da parte mia, mi sto divertendo”.
“Pezzo di merda”.

Luca e Davide vennero quasi contemporaneamente nella bocca di Sara.
La ragazza chiuse gli occhi quando sentì la gola riempirsi e, pur a fatica, deglutì.
Venne risarcita con un lungo applauso, mentre i due ragazzi tornavano al loro posto.
Kevin le fece una carezza e fece tirare nuovamente su il trapezio.
“Ora passeremo ad un nuovo numero”, disse.
Estrasse dalla tasca una pallina collegata a due cinghie.
Si accostò a Sara, le fece mordere la pallia e le assicurò le cinghie dietro alla nuca.
Ora Sara non poteva più parlare.
La ragazza accolse la novità con un certo sollievo: se non altro non avrebbe avuto organi altrui in bocca per un po’ di tempo.
Improvvisamente, l’attenzione di tutti venne attratta da una donna che, come una furia, era piombata nel locale.
“Mamma!”, pensò Sara, non potendo parlare.
Si sentì immediatamente raggelare: come avrebbe potuto spiegare quella situazione?
Luca, dal canto suo, ringraziò il cielo che sua madre non fosse arrivata cinque minuti prima, quando aveva il cazzo nella bocca della sorella.
La donna si piazzò davanti a Kevin e lo guardò fisso negli occhi.
“Libera immediatamente questa ragazza! Sono sua madre!”, gli ordinò.
Kevin sorrise, minimamente turbato.
“Qui non ci sono prigionieri, signora, questo è uno spettacolo. E mi dispiace, ma – come si dice – the show must go on!”.
Angela guardò verso sua figlia, che distolse lo sguardo.
Non poteva comunque tollerare una cosa del genere.
“Lo spettacolo deve continuare? Che continui, allora! Lo faccio io!”.
Dal pubblico si levò un mormorio.
Angela era consapevole dei suoi mezzi.
Aveva trentotto anni, certo, però il fisico era ancora tonico e asciutto. In costume faceva la sua bella figura.
Kevin sorrise.
“Va bene, signora, abbiamo un accordo. Un numero ancora, e poi tutti a casa, ok?”.
Angela non intendeva quello, ma era meglio che niente.
Annuì.
“Bene – disse Kevin – E ora, per il piacere del pubblico, si spogli!”.
Dalla folla partì un applauso, mentre Angela si chiese se ce l’avrebbe fatta.
Si liberò della camicetta e dei jeans, rimanendo in intimo bianco.
Per fortuna era appena stata dall’estetista, pensò.
Si portò le mani dietro alla schiena e si liberò del reggiseno.
Non aveva un seno importante come la figlia, ma era molto orgogliosa della sua seconda soda.
Il pubblico prese a battere le mani a tempo, fino a quando non si privò anche del perizoma.
Applausi, mentre Luca distoglieva lo sguardo.
Kevin fece un cenno ad un collega, che gli portò un largo sgabello rivestito in pelle.
Prese Angela per la mano e la fece sdraiare con la schiena sullo sgabello, poi le assicurò i polsi e le caviglie alle zampe dello stesso con delle cinghie.
La donna aveva in quella maniera il sesso completamente esposto e la testa reclinata all’indietro.
“Spesso quando si vede una bella ragazza si dice “complimenti alla mamma”…ebbene, noi qui possiamo farteli direttamente!”.
Passò la mano sul corpo di Angela, indugiando soprattutto sui seni e sul pube.
Le titillò il clitoride, provocandole una specie singhiozzo.
“Ti piace,eh?”, le chiese, mentre con le mani le toccava le tette.
La accarzzò ancora per qualche secondo, poi si alzò e si accostò a Sara
Come per compensare, strizzò le tette anche a lei, poi si chinò e assicurò alle sue caviglie un bastone, fissato in modo da imporle di tenere le gambe divaricate.
Tornò verso Angela e mosse lo sgabello su cui era legata, trascinandolo verso Sara.
Lo posizionò in modo che la testa di Angela fosse perfettamente tra le gambe della figlia.
“Tira fuori la lingua, Angela”.
La donna eseguì.
“Quella che senti è la figa di tua figlia. Ti è familiare?”.
Il pubblico rise, tutti tranne Luca, che non riusciva a guardare.
Kevin accarezzò ancora il corpo della donna.
“Continua a leccare, allora. Comportati da brava mamma, fai stare bene tua figlia!”.
Angela chiuse gli occhi e leccò.
Sentì il sapore del sesso di Sara, sentì che sua figlia era stata con diversi uomini quella sera.
Leccò ancora.
Sara chiuse gli occhi.
Non si sarebbe mai aspettata una cosa del genere, ma era la sua punizione per aver fatto violentare Claudia.
Se la meritava, le spiaceva solo che avessero coinvolto anche sua madre.
Sentì il tocco caldo della lingua di lei.
Era piacevole.
Sospirò.

il pubblico rimase con il fiato sospeso, mentre Angela continuava a leccare Sara.
Kevin scrutò tra il pubblico, poi chiamò Alessio.
“Cazzo fai? – lo fermò Luca – E’ mia madre!”.
“Parla quello che si fa fare le pompe dalla sorella! – rispose seccato – A me tua madre arrapa!”.
Si alzò e raggiunse Angela.
Kevin gli fece abbassare i calzoni ed estrarre il membro, poi semplicemente gli indicò Angela.
Il ragazzo non si fece pregare e la penetrò.
Angela sentì il corpo dentro di sè e interruppe per un attimo il lavoro con la lingua.
Conosceva Alessio, lo conosceva da tanto tempo.
Era un bel ragazzo, anche se mai avrebbe pensato di scoparselo.
Però, se proprio doveva farsi un ventenne, andava bene che fosse lui.
Si rilassò e continuò a leccare, mentre Alessio prendeva confidenza e aumentava il ritmo.
Sara aveva il corpo al limite della sopportazione.
Era ormai venuta più di una volta quella sera, ma era ancora eccitata.
Alessio avvicinò la bocca al suo viso.
“Sei una puttana, Sara. Ero innamorato di te, ma sei solo una zoccola!”.
Sara non poteva rispondere, ma si sentì avvampare per quelle parole.
“Ti hanno scopata in duecento, non sei ancora contenta?”, le disse.
Le prese i capezzoli con le dita e li tirò a sè, facendole male.
Sara fece quasi per urlare, ma sentì l’eccitazione raggiungere il culmine dentro di sè.
Il suo corpo venne attraversato da un orgasmo violento, che la portò a tremare.
Rovesciò la testa in avanti, mentre sua madre, inconsapevole, continuava a leccarla.
Alessio le lasciò le tette e accelerò, venendo dentro Angela.
Angela sentì il ragazzo pulsare dentro di lei.
Pur costretta dalle cinghie, mosse il bacino verso il pube di Alessio, sfregandolo contro di lui.
Lui capì il movimento e si sfregò contro di lei, stimolandole il clitoride.
Angela aprì la bocca e venne anche lei, finalmente.
Applausi.

L’avvocato spense il computer e  porse la mano al padre di Sara.
“Complimenti, lo dico senza ironia – disse – Pochi avrebbero resistito a vedere la propria famiglia fare certe cose. Lei è veramente un uomo tutto di un pezzo”.
Si alzò.
“Per ora ha vinto lei, ma non finisce qui”.
Se ne andò.

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