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Racconti di Dominazione

21 – Stradina

By 28 Febbraio 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

Ti aspetto qui, so che tutte le mattine passi per questa stradina, c’è un portone di un vecchio palazzo e, a parte l’inquilino al 3 piano, un vecchio che raramente esce a quest’ora della mattina, non c’è nessuno. E’ lì che ti aspetto. Da lontano sento un ticchettio di tacchi sul selciato, rimango nella penombra. Il suono dei tuoi passi diventa via via più forte, passi sotto la luce le lampione ancora acceso.

“Laura….

Vieni, ti stavo aspettando”.

Rimani lì, imbambolata, la mia voce e calma aggiunge “seguimi…” mi giro e la mia figura scompare nel buio dell’androne. Attimi di silenzio, solo i miei passi che si allontanano poi il ticchettio dei tuoi passi mi segue.

Il freddo si fa sentire nelle ossa, fuori eco di passanti che parlano tra loro. Nella penombra mi vedi entrare in una porta socchiusa, una luce fioca taglia il buio del cortile interno, stridio di cardini immobili da troppo tempo, mi segui silenziosa. Odore di chiuso, freddo che fa battere i denti, letto in ferro battuto, disfatto, ancora il segno di chi ha dormito in quelle lenzuola, un lume acceso sul comodino, mazzo di chiavi sul tavolo. Sfilo la sciarpa e la piego, ordinatamente, sullo schienale di una sedia. “poggia li le tue cose e vieni sul letto”.

Per la prima volta sento la tua voce, tremante, “non voglio”, fino ad ora non ti ho mai guardato, mi giro, ritorno verso di te, indietreggi di un passo ma non scappi.

Mi fermo davanti a te, i miei occhi nei tuoi, sono lucidi, le pupille dilatate, sento il tuo respiro, affannoso, il sangue pulsa impazzito.

Nonostante il freddo perle di sudore affiorano sulla tua fronte, la bocca socchiusa a cercare l’aria che sembra mancarti.

Le mie dita sfiorano quelle labbra rosse, il mio volto si abbassa lentamente verso il tuo, quasi lo tocca, “non voglio il tuo sesso, voglio il tuo dolore”.

Parole sussurrate, quasi impercettibili ma che nella stanza vuota sembrano rimbombare come il tuono di una improvvisa tempesta estiva.

Ti fisso ancora per un istante poi mi giro e mi siedo sulla sedia che è di fronte al letto. “Muoviti”, il mio ordine secco ti fa saltare, ti fa risvegliare da quel torpore in cui la mI vista ti ha fatto cadere.

Tremi, non riesci a capire cosa ti stia succedendo, un forte impulso di andare via, di scappare da questo posto pervade il tuo animo, ma il tuo corpo sembra rifiutare quell’ordine. Automaticamente, come in trance, ti avvicini al letto e ti ci siedi sopra, rimani li, gambe unite e mani nel grembo, la testa bassa.

Per un interminabile minuto, rimani immobile, assorta nei tuoi pensieri.

“Sto aspettando”, la mia voce, calma, ti avvolge come una calda coperta, ti da calore, alzi lo sguardo ed accenni un sorriso, ricambio quel sorriso e le mani che automaticamente iniziano a cercare i bottoni della tua camicia ed inizi a spogliarti.

Rimango seduto, in silenzio a guardarti, non ci sono parole tra di noi.

Ti continuo a fissare, dritto negli occhi, i tuoi che regolarmente si abbassano dopo pochi istanti.

Togli la camicia e sfili le bretelline del reggiseno poi porti le mani dietro la schiena per slacciarlo “NO, non toglierlo, non devi restare nuda”, “cosa vuoi fare?”, chiedi timorosa, “punirti” è la mia risposta. “Togli la gonna e le calze, muoviti”. “No, non voglio” dici sfidando il mio sguardo, rimani ferma con le mani in grembo. Mi alzo lentamente e, dandoti le spalle apro un armadio alla tua sinistra, ne prendo una corda che butto sul letto accanto a te, quando mi giro, in mano ho un frustino. Con violenza lo sbatto sul tavolo. Il rumore secco ti fa sobbalzare.

“Cosa vuoi da me”, non ti rispondo, prendo altre corde e le lancio sul letto, ti scansi, timorosa per quello che sta per succedere.

“Co-cosa vuoi fare?”. Rimani Paralizzata, non riesci a muoverti, la tua mente ti dice di scappare ma il tuo corpo non risponde.

Le tue mani continuano a torturarsi, mordi le labbra mentre rimani a testa bassa in attesa.

Non riesco a vedere i tuoi occhi, coperti alla mia vista dai folti capelli. “Stenditi” dico con calma. Tentenni per un istante poi, ti lasci andare all’indietro. “Pancia in giù”, “ti prego non farmi male” sussurri mentre ti giri su te stessa. “Stesa, completamente stesa”.

“Ti scongiuro, mio signore, non punirmi, non farmi male”.

Mi cerchi con lo sguardo supplichevole.

E’ la prima volta, dopo tanto tempo che dici quella parola. Non ero più abituato a sentirla. “Stenditi per bene Laura”, in silenzio obbedisci. La faccia che affonda nelle lenzuola, Sai che ho dormito lì, ne percepisci il mio odore, le tue nari, completamente aperte ne percepiscono il profumo. “Braccia e gambe aperte, da brava”. Ubbidisci senza reagire. La faccia nascosta dalle lenzuola sfatte. Con calma prendo le corde e con altrettanta calma inizio a legarti. Preparo dei cappi in cui infilo le tue mani, poi lego l’altra estremità della corda al letto,

Stringi la corda tra le mani per non farti bloccare completamente. “sciaff”, uno schiaffo inferto con fermezza sul tuo culo seminudo ti fa mollare la presa.

Sistemo i legacci con infinita calma, per te il tempo sembra essersi fermato. Lo schiaffo inferto sulla pelle fredda inizia a far sentire il suo bruciore. Impercettibilmente ti muovi, ondeggiando leggermente coi fianchi, immediato un altro colpo raggiunge le tue natiche. Il freddo della stanza acuisce ancor di più la sensazione di bruciore del colpo dato a mano aperta “ahiaaa!!”. “Divarica le cosce, muoviti”. Tentenni, non ubbidisci, “sciaff!!”, ancora uno schiaffo.

“Non vorrai mica arrivare in ufficio troppo tardi?”, è ti arriva un ulteriore schiaffo. Il tuo culo ora è già arrossato, immediatamente divarichi le cosce. Ti sento mugolare, mentre immobilizzo le gambe legando le corde alle tue caviglie. Per un breve momento accarezzo i tuoi piedi e le tue caviglie fin su i polpacci, sei tesa, tesissima. “Rilassati, puttanella altrimenti potresti sentire molto dolore” sussurro a bassa voce mentre, girando intorno a te accarezzo le tue cosce. La mia mano sale su, lungo l’interno coscia fino all’inguine fermandosi a pochi centimetri da esso. Non ho intenzione di darti piacere. Ora voglio punirti.

Giri la testa a destra e sinistra cercando il mio sguardo, cercando i miei occhi.

Sottovoce continui a chiedere perdono, “perdonami ti prego”, il frustino è lì, sul tavolo. Ora è tra le mie mani. Mentre giro intorno a te lo piego tra le dita, lo faccio scorrere nel palmo della mano, lo senti vibrare, fischiare mentre taglia l’aria sopra di te.

Indossi ancora i collant, poso il frustino accanto a te, accanto al tuo viso. I tuoi occhi lo fissano terrorizzati. Non riesci a vedere cosa sto facendo, mi senti armeggiare in un cazzetto. Sobbalzi quando senti la mia mano in mezzo alle cosce, una forbice sta tagliando i tuoi collant che si aprono mostrando il tuo culo scoperto, solo la leggera stoffa nasconde a me la visione della tua carne nuda.

Hai paura, vedi la mia mano prendere il frustino, sai che ora inizia la tua punizione, Aspetti timorosa un colpo che non arriva. Senti il frustino che accarezza il tuo culo, sei tesa. Ancora aspetto, l’attesa della punizione è forse per te la vera punizione. Lentamente si scioglie la tua tensione, le tue membra si rilassano.

ORA!

Il primo colpo ti prende alla sprovvista, un urlo erompe dal di dentro “AHIIIAAA!!”

Un alone rosso riga il tuo culo, un segno netto, distinto.

“Sei stata cattiva con me, Laura”, alle mie parole segue un nuovo colpo. Ti colpisce dal basso verso l’alto segnando pure la tua coscia, il suono secco sembra rimbombare all’infinito lungo le pareti della stanza. “sei scappata con la coda tra le gambe come tuo solito”, la mia mano sposta il tuo slip infilandolo tra le natiche, “stronza”, un nuovo colpo le percuote, ed ancora un altro, sulla carne nuda.

Ti lamenti sottovoce rimanendo immobile, la faccia che affonda nelle lenzuola. Guardo il tuo corpo, son bastati pochi colpi e già fanno bella mostra di se i segni del frustino.

“LO CAPISCI CHE SEI MIA? CHE SEI TU A VOLERLO?” ti urlo.

Il frustino cade sul pavimento, con la mano accarezzo la tua pelle morbida, sei calda, “sciaff”, un nuovo schiaffo sul tuo culo, a mano aperta.

“Ahhh!”, “non farmi male, perdonami, mio Signore”.

“Mio Signore…” ancora quella parola. La tua voce ha uno strano effetto su di me, riesce a calmare la mia ira nei tuoi confronti. Mi siedo sul letto e fisso la tua schiena, lentamente le mani ti toccano. Quel contatto sembra per te una scossa, vibri come una corda che sta per spezzarsi ma non voglio che accada. Non voglio farti del male adesso. Massaggio la tua schiena delicatamente, le mie dita, i miei polpastrelli scorrono su di te, ne sentono la tensione e la assorbono riuscendo ad allontanarla.

Ti rilassi, ti bacio sul collo, dietro l’orecchio. Ho bisogno del tuo profumo, dell’odore di femmina che il tuo corpo emana.

Slaccio il reggiseno che ancora indossi e lo sfilo dal tuo corpo, lo vedi volare sul pavimento accanto al letto.

Senti il calore delle mie mani scendere verso i fianchi, le mie dita insinuarsi sotto il bordo delle mutandine. Le dita scorrono lungo il bordo arrivando ai fianchi per poi risalire verso le tue mammelle, alla ricerca di quella zona che sanno ti procura piacere.

Per quanto possibile fai in modo che la mia mano trovi quello che cerca. Sento nel palmo della mano il tuo seno. E’ morbido, caldo. L’altra mano continua a massaggiare la tua schiena ed il tuo collo con estrema delicatezza e cura. Sento il capezzolo rizzarsi, sapevo che sarebbe successo, le dita giocano intorno ad esso pizzicandolo e stringendolo di tanto in tanto. Tra i capelli arruffati che coprono il tuo volto scopro nella tua bocca semi socchiusa, la lingua bagnare le labbra. Il respiro si fa più pesante, inizi a muovere il bacino. Vuoi essere accarezzata . Le mie dita scorrono lungo la tua schiena senza abbandonare il contatto con il tuo corpo. Brividi la percorrono inarcandosi al massaggio della mia mano. Mano che prosegue il suo cammino insinuandosi tra le tue cosce. Le allarghi per quanto puoi facilitando il passaggio della mia mano. Il leggero lembo di stoffa che copre il tuo sesso è già umido, lo scosto ed infilo le dita tra le pieghe della tua carne.

Affondo nell’umido tepore del tuo corpo, gemi, il piacere si sta impossessando di te. Mentre affondo le dita nella tua figa il pollice va alla ricerca dell’altro tuo fiore, mi abbasso con la faccia sul tuo culo e lo bacio mentre lo massaggio.

Ti rilassi ancor di più iniziando a mugolare di piacere.

“No, no, no!”, cerchi di resistere alle sensazioni del tuo corpo, cerchi di resistere a quella che può essere la tua definitiva resa. Affondo il pollice nel tuo sfintere che cede senza opporre resistenza, sento le mie dita nella tua figa separate dalla sottile parete. TI passaggio contemporaneamente, spasmi invadono il tuo sesso al contatto delle dita, la tua mente sta perdendo il controllo del duo corpo. Umori colano fuori copiosi.
“Scopami, ti prego, scopami, mio signore”.

“Mio signore”, ancora quella parola, quella frase, “Mio signore”.

Mi stacco da te e per alcuni secondi ti guardo immobile.

“Scopami!, solo ora mi muovo, slaccio la cintura dei pantaloni e mi spoglio. Monto sul letto e ti penetro mentre sei ancora legata, a cosce aperte sul letto sfatto.

Il mio sesso affonda dentro di te. “Uhmmm!!! un mugolio di piacere esce dalle tue labbra. Ti prendo con forza. Colpi forti e profondi, vedo il tuo culo sobbalzare ad ogni colpo. Stringi i pugni e ti tieni alle corde che ti tengono legata. I capelli sempre più arruffati mentre ti sbatto con veemenza. Di tanto in tanto mi fermo restando dentro di te. Assorbo tutto il calore del tuo corpo. Riprendo poi a scoparti, ora affondando completamente dentro di te ora penetrandoti appena. L’odore dei nostri corpi si fa più netto,ne percepisco distintamente il profumo, il tuo profumo.

Inarchi la schiena per quanto ti è possibile facilitandomi il compito. Sono immobile dentro di te, le mie mani che carezzano la tua schiena. Sento gli spasmi dell’orgasmo che sta sopraggiungendo. “No, non ora”, mi fermo e lentamente esco da te. Vado alla ricerca delle forbici, voglio tagliare le corde che ti immobilizzano le gambe. “Eccole”, ritorno da te e recido le corde che ti bloccano. “Alza il culo” ti ordino mentre con le mani ti aiuto a metterti in posizione. Ubbidisci e, oscenamente, mostri il tuo culo nudo. Luccicanti bave di piacere colano nei neri riccioli. Li raccolgo con le dita e assaporo con avidità i tuoi umori. Sei profumatissima, Le dita insalivate giocano di nuovo col tuo culo. Prima una, poi due, ed ancora, il terzo dito entrano nel tuo caldo anfratto, sento cedere l’anello dello sfintere. Le mie dita affondano senza pietà nel tuo corpo. Ti lamenti, senti che stò forzando il tuo antro raramente violato.

Sfilo le dita e lascio spazio alla mia lingua, gioco per qualche minuto con essa, sento salire i tuoi gemiti, poi, poi salgo in piedi sul letto, in piedi.

Tu, ancora con le braccia legate rimani con la faccia poggiata sul cuscino, le cosce leggermente divaricate, in attesa. Mi posiziono su di te, piego il mio membro verso il basso, in una posizione inusuale, “il tuo culo è un inno alla perfezione, Laura!”. Punto la cappella al suo ingresso e, lentamente, spingo.

La vedo scomparire di colpo, come risucchiata, un “plop” ne accompagna l’ingresso, lentamente scendo verso il basso, costantemente, senza aspettare l’abituarsi del tuo corpo al membro che ti penetra, “ghh-hhh, ahhh, piano, ti prego”, mi supplichi mordendoti le labbra. Mi fermo, resto immobile, sento i tuoi muscoli contrarsi intorno al mio sesso, spasmi che velocemente scompaiono. DI colpo scendo penetrandoti completamente, sento lo scroto schiacciato dal mio peso sul tuo culo.

“Ohh, mio Dio, mi stai parendo tutta”, non ascolto le tue parole ed inizio ad incularti, lentamente, su e giù, lascio uscire completamente il cazzo dal tuo culo per poi infilarlo di nuovo a fondo. Con il passare del tempo incontro sempre minore difficoltà a possederti. Il tuo fiorellino, ogni volta rimane più a lungo aperto, lasciando aperte pure le labbra della tua figa. Di tanto in tanto le mie dita la cercano, affondano dentro di essa per prenderne il succo che voluttuosamente succhio. Sei passata dai lamenti di dolore ai lamenti del piacere.

“Siii! Ohhh, ancora, ti supplico fammi godere”, parole sempre più infuocate riempiono la tua bocca, una bocca che non ho intenzione di lasciare.

Sento la cappella gonfia all’inverosimile dentro di te ma mi fermo, esco da te e scendo dal letto. Rimani ad aspettare, non sai cosa io voglia. Solo quando ti libero una mano e mi piazzo davanti alla tua faccia capisci cosa cerco da te. Lentamente ti giri e con il braccio libero mi cingi un fianco, la tua bocca, lentamente si avvicina a me, Alzi la testa, lo so cosa stai facendo, nonostante abbia gli occhi chiusi percepisco i tuoi commenti. Calda sento la lingua toccare le mie palle. La sento pian piano salire, saetta a destra e a sinistra lungo l’asta. Si ferma, tentennando, proprio sotto la cappella, sai che quello è un posto assai sensibile, rapidi colpi di lingua fanno vibrare il mio membro. Afferro la tua testa con le mani, ti lasci guidare e sento la cappella entrare nella tua bocca, rivoli di saliva colano lungo il cazzo. Lo sento entrare nella tua bocca.

Sento che la apri per prenderlo tutto, lentamente inizio a scoparti in bocca, la tua lingua non smette un attimo di saettare. Sento la tua mano carezzarmi lo scroto, le dita che leggermente stringono mentre ti spingo sul mio membro. Fremiti percorrono la mia schiena, , sento arrivare l’orgasmo, stringo i tuoi capelli e ti immobilizzo. Ti accorgi di ciò che sta per accadere e rimani immobile aspettando il fiotto che ti riempie la bocca. “AHHHH, vengo, si vengo” Come un fiume in piena che rompe gli argini sento rivoli di passione uscire dalle tue labbra, sento il mio seme uscire dalla tua bocca e colare fuori coprendo la tua mano che ancora carezza i testicoli.

Sudato mi accascio su di te, ma non ancora contento ti bacio con passione. Un bacio interminabile, lungo quanto il termo che ci ha tenuti lontani.

Mi adagio accanto a te mentre entrambi riprendiamo fiato.

Rimani con la faccia sul mio petto, gli occhi chiusi.

Il silenzio si fa sentire, i nostri respiri l’unico suono. “Dip-dip-dip”, il tuo cellulare che squilla, mi alzo e lo cerco nella tua borsa.

Non guardo chi possa essere, interrompo semplicemente la chiamata. Torno da te e ti libero dall’ultimo legaccio. “Vai o farai tardi, troppo tardi al lavoro”.

Ti alzi in silenzio, cerchi i tuoi indumenti, Ti passo il reggiseno, lo indossi, poi ti giri ed aspetti, lo allaccio sulla tua schiena, le mani sfiorano la tua pelle, il tuo corpo caldo, un brivido corre lungo tutta la tua schiena nuda.

“Muoviti!”, uno schiaffo centra il tuo culo ancora scoperto. “Ahiiiaa!”, sobbalzi, ed in fretta ti ricomponi. La camicetta, poi la gonna e tutto il resto.

Del nostro incontro , celato, rimane solo il taglio nei collant. Ti osservo senza dire nulla. Riprendi le tue cose, indossi il pesante cappotto che ti protegge dal freddo e fai per andare via. Ti fermi, poi ritorni sui tuoi passi. Ti fermi davanti a me, mi fissi per un istante, poi ti chini e mi baci, un bacio dato in punta di labbra. Sussurri stizzita “ciao mio signore” per poi aggiungere subito dopo, “stronzo”, ti fisso divertito mentre ti giri e vai via. “Ci vediamo stasera, quando esci dall’ufficio, puttanella” dico ridendo.

So che verrai. Non ti giri più e vai via, nell’aria solo il ticchettio dei tuoi passi. Mentre esci dal portone un sorriso compare sul tuo viso.

La mia puttanella è tornata.

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