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Racconti di Dominazione

Amore anale

By 3 Ottobre 2012Dicembre 16th, 2019No Comments

Camilla era meravigliosa, in quella posizione. Il bello di vivere in una mansarda con tetto in legno è poter legare agevolmente le proprie partner. Quello avevo appena fatto. Due corde di medie dimensioni scendevano dai due chiodi che avevo fissato nella trave centrale. Scendevano, fino a incontrare i polsi di Camilla; fino a chiudersi intorno ai polsi di Camilla.
Era ancora vestita come quando era entrata in casa mia, nonostante fossimo rimasti per almeno un’ora sul divano a baciarci e stringerci forte. Molto forte. Avevo proprio voglia di vederla nuda, e la cosa sarebbe successa molto presto.
Le avevo legato sono le braccia, lasciando libere le sue bellissime gambe. Nei prossimi incontri, pensai, dovrò sperimentare qualcos’altro. Intanto, però, dovevo ancora godermi pienamente quel nostro primo e inaspettato incontro, in cui avrei realizzato il mio grande sogno degli ultimi anni: condurre una ragazza sessualmente appagata verso un piacere ancora più grande: il piacere anale.
La sottomissione era tanto indispensabile, quanto fasulla. Prima di legarle le braccia in quella posizione, Camilla non era stata la mia schiava; né la cosa mi sarebbe piaciuta. Né la cosa succederà mai. Ma in quel momento, in quel momento bellissimo che vi sto raccontando, sapevo che lei era mia: stavamo giocando insieme; e, come in ogni vero gioco, eravamo tutti e due serissimi e concentratissimi.
‘Sei sicura?’, le chiesi prima di bendarle la bocca. Mi rispose solo con un cenno della testa. La sentii tremare, ma solo leggermente, mentre le stringevo la benda dietro la nuca.
‘Adesso la cosa ti piacerà, tesoro mio’, la rassicurai.
Era bellissima, come al solito. Più del solito. Era solo mia, come non speravo più potesse succedere. Le avevo già tolto le scarpe coi tacchi; in quel modo, riuscivamo a guardarci perfettamente negli occhi. Era alta esattamente quanto me; ma molto, molto più magra. Le sfilai la gonna senza troppi indugi; adesso indossava solo la biancheria intima. Le tolsi di dosso il reggiseno dopo averlo tagliato con un temperino. Ecco, indossava solo il perizoma nero che tante volte avevo intravisto sotto i pantaloni bianchi.
Riuscivo a non far esplodere il mio uccello, chiuso in boxer strettissimi; ma solo a fatica. Mi avvicinai a lei, fino a poter sentire i battiti del suo cuore e il calore della sua pelle. La leccai dalle guance ai capezzoli, lentamente e senza tralasciare nessun millimetro della sua pelle.
Ma era davvero troppo, anche per me. Non potevo continuare così a lungo, senza soddisfare almeno il senso della vista. Iniziai ad accarezzare lungamente le cosce tonicissime. I glutei che intuivo essere perfetti, e che volutamente avrei guardato per ultimi.
I capelli scuri di Camilla sembravano particolarmente splendenti, sotto la luce blu della mia mansarda. Mi chiesi se quell’abbronzatura che rendeva ancora più scura la sua pelle mediterranea sarebbe durata a lungo; mi chiesi quante more hanno occhi azzurri così belli. E, alla fine, mi decisi a poggiarle il palmo della mano sulla fica. Solo mezzo millimetro di stoffa, mi divideva da quel paradiso che Camilla portava con sé.
Era già bagnata, ma poteva sicuramente andare oltre. Quello sarebbe stato compito mio. Si sarebbe eccitata tremendamente, pur sapendo che non l’avrei mai (almeno per un lungo periodo) penetrata nella vagina? Le avevo detto che mi sarei dedicato solo al suo culo, appena poche ore prima; e la promessa mi risultava già pesante. Le scostai le mutande, e per pochi secondi mi scordai di tutto.
La mia mano destra era a contatto con la fica di Camilla, e poteva sentirne l’umidità; intuirne la forma. Era depilata, totalmente.
Lentamente, portai fino alla mia bocca le dita che l’avevano accarezzata, così potei sentire il suo sapore. Ora, volevo solo vederla.
Le abbassai il perizoma con un gesto secco, veloce, deciso. Forse Camilla si spaventò, per quel mio improvviso cambiamento di ritmo. Accompagnai quel minuscolo indumento fino alle sue caviglie, e lo lasciai lì, senza sfilarlo. Lo lasciai lì, mentre io mi inginocchiavo. Da quella posizione, potevo baciarle la fica, ma anche stringerle forte le chiappe, leccarle le gambe. Chinandomi ancora un po’, avrei potuto deliziarmi leccandole i piedi dalle unghia curatissime.
Camilla era in quel momento totalmente nuda, davanti a me. Legata come una schiava, mentre io ero inginocchiato davanti a lei. Esattamente come uno schiavo. Chi era schiavo di chi, allora? Quanti bei momenti come quello, avremmo passato! La mia lingua si insinuò per la prima volta tra le labbra della sua fica; non potevo vederla in faccia, ma sentito tutto il piacere che l’attraversava. Era una vagina meravigliosa, perfetta. Apparentemente intatta, nonostante Camilla avesse quasi trent’anni e molta esperienza al suo attivo. Il pensiero non mi dava nessun fastidio. Anzi, mi eccitava il contrasto tra la grande esperienza sessuale e il suo essere analmente vergine. Lì, tutte le sue esperienze scomparivano. C’ero solo io. Io, che avevo il compito di farle conoscere quel tipo di rapporto, dopo averle fatto conoscere la sottomissione.
Ancora pochi secondi, mi dissi. Contempla ancora per qualche secondo questa splendida fica che per ora non puoi penetrare col tuo uccello. Poi, mi sarei alzato in piedi e sarei tornato a essere il dominatore ed educatore di Camilla. L’avrei guardata ancora in quegli occhi azzurri incorniciati dalla pelle scura. E, senza troppa fretta, mi sarei finalmente deciso a guardare com’era fatto il suo culo.

Continua””.

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