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Racconti di Dominazione

Aria

By 15 Settembre 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

Questo racconto e stato scritto sullo spunto che mi ha gentilmente fornito un altro autore (skoda77).
Si tratta di una pura fantasia, applicata però ad un personaggio reale.
Ci tengo a precisare che né io né chi ha ispirato il racconto, ci augureremmo mai che all’affascinante protagonista, potesse capitare una simile brutta avventura.

‘Sì, accidenti, certo che sono sicura. Mi sta seguendo ancora. Ho paura.
Dove cavolo siete finiti?’
Era un bel po’ che quel pazzo la perseguitava. Decine e decine di messaggi sul suo sito personale.
All’inizio sembrava soltanto un tipo buffo che si era forse un po’ innamorato. Capitava spesso che qualche ragazzo si infatuasse di lei, guardando uno dei tanti servizi fotografici in giro su internet. O meglio scaricando qualche filmato.
Lei era un personaggio pubblico e questo poteva succedere.
Innegabilmente aveva un corpo strepitoso ed anche un viso bellissimo. Era perfettamente consapevole di tutto ciò.
Era il sogno di tanti maschietti americani e non solo, visto che con internet arrivava un po’ in tutto il mondo.
Ma questo stava esagerando. Con il tempo si era fatto ossessivo, due mesi prima aveva preteso che lei gli spedisse un paio di mutandine usate.
Questo non era proprio possibile, perché un personaggio pubblico deve restare un personaggio, anche se si tratta di una pornostar.
Soft, comunque, perché su questo lei non transigeva. Non avrebbe mai girato quella robaccia di cui era piena la rete.
Lei si limitava a far sognare tanti uomini, ma per il sesso vero, aveva sempre tenuto la porta di casa sua, completamente sprangata.
Il pazzo aveva preso male il rifiuto delle mutandine, ma non era assolutamente possibile che ci fosse in giro gente che si masturbava annusando uno slip di Aria Giovanni.
Sì, lei era proprio la famosa Aria Giovanni, la trentenne regina del pornosoft, ed ora stava tornando a casa sua, a Los Angeles, sulla sua auto e da sola.
Adorava guidare lungo le strade della California ma quel giorno c’era un maledetto figlio di puttana, che forse voleva farle del male.
Negli ultimi messaggi aveva parlato vagamente di acido e le venivano i brividi al solo pensiero che qualcuno potesse sfigurarle il seno, o peggio, il viso.
Si immaginava legata mani e piedi mentre un ragazzino psicopatico le lasciava lentamente colare, goccia a goccia, un liquido verdastro che, dopo aver bucato la sua camicetta, fumando, cominciava ad ustionare la carne delle sue bellissime tette, grandi, tonde e abbronzate.
Sì, certo, le avevano detto che novantanove volte su cento si trattava solo di minacce a cui non avrebbe mai fatto seguito un’azione violenta, però lei era letteralmente terrorizzata.
Quel pazzo era da qualche parte lì intorno, ma non sapeva dove.
L’auto con la scorta che la seguiva, proprio per impedirle di correre rischi inutili, era rimasta attardata da un guasto ed ora era qualche chilometro dietro di lei e stava cercando di riagganciarla.
Nello specchietto era comparso di nuovo il vecchio pickup blu, che l’aveva seguita a lungo, quando aveva perso il contatto con la scorta.
Non era sicura che fosse lo stesso, c’erano molte auto di quel tipo e di quel colore
L’avrebbe raggiunta prima che arrivassero i ragazzi.
Le avrebbe tenuto la testa bloccata contro il poggiatesta del sedile, mentre le versava l’acido sulla faccia. Quando sarebbero arrivati avrebbero trovato un viso così sfigurato che neanche l’avrebbero riconosciuta.
Il pickup aveva svoltato su una stradina laterale sterrata. Non era lui.
Ancora pochi chilometri e sarebbe stata al sicuro nella sua villa.
Doveva uscire al prossimo svincolo, solo tre chilometri sulla vecchia statale e poi sarebbe stata al sicuro, a casa.
Era uscita dall’autostrada e dietro c’era un altro pickup blu. Era lui?
La seguiva.
Ecco la villa.
Non aveva rallentato e, arrivata a venti metri dal cancello, premette il tasto del telecomando, frenò bruscamente e sterzo di colpo a sinistra tagliando la strada ad un vecchio camion, che proveniva in senso contrario.
Non fece neanche caso al dito medio del camionista, sporto fuori dal finestrino.
Il cancello per fortuna si era aperto in tempo e lei si era infilata dentro a razzo mentre sentiva l’inchiodata del pickup, sorpreso dalla manovra improvvisa.
Il cancello si stava richiudendo, e quel figlio di puttana era rimasto con un palmo di naso.
‘OK, ragazzi, sono arrivata a casa sana e salva, ci vediamo venerdì mattina, vi ricordate che devo girare quel film, vero?’
Tutto a posto, aveva congedato la sua scorta ed ora se ne sarebbe stata un paio di giorni a casa, sola e in santa pace, a riposarsi.

La villa era sicura, una specie di bunker inaccessibile, utile per tenere alla larga fotografi e curiosi. Lei aveva sempre evitato di essere ripresa di nascosto, non gradiva foto in mutande e senza trucco mentre estirpava le erbacce nelle aiuole vicino alla piscina, che avrebbero potuto incrinare il suo mito.
Aria Giovanni curava sempre la sua immagine e vagliava personalmente le foto, una ad una, prima che venissero pubblicate, scartando senza pietà quelle che mostravano il minimo difetto.
Si era alzata di notte perché le era venuta sete, improvvisamente.
Così si era messa addosso una corta vestaglietta di cotone rosa, perché l’aria della sera era fresca ed era andata in cucina.
Conosceva quella casa come le sue tasche e non aveva bisogno di accendere la luce.
Si stupì di quanto fosse forte la luce interna del frigorifero, con la cucina completamente al buio.
Fece due passi con un cartone di succo di frutta in mano e pensò che ora avrebbe dovuto accendere almeno la luce piccola, quello nascosta sotto i pensili, perché non avrebbe potuto riempire un bicchiere al buio.
Un leggero rumore.
Non c’era nessuno in casa, oltre a lei. Non poteva esserci nessuno, visto che aveva il miglior antifurto disponibile sul mercato. Neanche una formica sarebbe passata inosservata.
Aria si era fermata, con il cartone di succo di frutta in mano, cercando di percepire si ci fosse o meno qualcuno altro nella cucina.
Improvvisamente si sentì l’afferrare da dietro da una mano forte, che la spinse in avanti, costringendola a curvarsi sul ripiano della cucina.
Lei mollò il cartone di succo di frutta che cadde in terra mentre, contemporaneamente, sentiva il rumore di qualcosa di vetro che si frantumava sul pavimento.
Chi l’aveva presa alle spalle, ora stava calpestando vetri e qualcos’altro. Dal rumore doveva trattarsi del barattolo con i corn flakes per la colazione.
Lo sconosciuto che la perseguitava, doveva essere riuscito ad entrare in casa, non riusciva a capire come, ma c’era riuscito.
‘Ciao Aria, stai bene?’
Con una mano la stava tenendo piegata a novanta gradi, con la faccia sul ripiano di legno della cucina, mentre con l’altra le stava carezzando il sedere.
‘Che vuoi?’
‘Sono, anzi siamo qui per te, per il film.’
‘Ma il film, quello per la nuova collezione di biancheria intima, lo devo fare venerdì, e poi non certo a casa mia …’
La luce si era accesa all’improvviso e lei si era accorta che nella stanza, oltre a quello che la teneva immobilizzata, c’erano almeno altre due persone, uno maneggiava una grossa videocamera professionale mentre un altro cercava di tenera sopra la testa di Aria un microfono montato su una lunga staffa.
‘Ma no, questo è tutto un altro genere di film, vedrai.
Però, bisogna dire che visto dal vivo, il tuo culo è anche meglio. Due belle chiappone tonde e sode e in mezzo un bel buchino rosa, stretto stretto.
Fagli un bel primo piano.’
Il cameraman era passato alle sue spalle mentre intanto era entrato un altro tizio con una macchina fotografica.
La cucina era illuminata a giorno da un paio di riflettori, uno puntato verso il soffitto bianco e l’altro rivolto all’indietro contro una pannello riflettente argentato.
‘Beh, visto che siamo in cucina, possiamo preparare qualcosa per Aria.
Ti piace cucinare, vero?’
Una voce diversa, più profonda, sempre proveniente dalle sue spalle. La sua villa era stata invasa da un folto gruppo di sconosciuti.
‘Melanzane o zucchine? Che dite ragazzi?
Ecco, questa bella melanzana andrà benissimo.
Passami quella bottiglia d’olio, facciamo un po’ di cucina mediterranea e l’olio d’oliva è quello che ci vuole.’
Aria capì le loro intenzioni quando sentì il collo della bottiglia dell’olio che cercava di entrarle nell’ano.
Lei gridava ma l’uomo alle sue spalle continuava a spingere. Sentì un po’ dolio che entrava dentro mentre il resto scolava fuori, scendendo lungo le sue gambe.
Tolse la bottiglia ed infilò dentro un dito, poi due, facendole scorrere avanti ed indietro.
La stava lubrificando, poi le avrebbe ficcato la melanzana nel culo.
‘Stai riprendendo bene? Mi devo scansare un po?’
‘Non ti preoccupare, va bene così, avrà un successo strepitoso, quando lo metteremo in vendita.’
Un pensiero orribile passò per la mente di Aria. Se avessero messo in giro una roba simile, la sua carriera sarebbe stata stroncata. Lei aveva sempre curato la sua immagine e si era categoricamente rifiutata di girare roba hard e volgare.
In tutti i servizi lei era sempre comparsa da sola, in molte foto addirittura vestita, perché il suo corpo, perfetto e prorompente, era sufficiente anche con i vestiti addosso.
Così faceva spesso in modo di centellinare la sua nudità, regalando ai suoi estimatori qualche visione delle sue tette grandi e sode, che si reggevano perfettamente da sole, senza alcun intervento chirurgico. Le immagini del suo culo, grande e formoso, ma perfettamente adeguato al suo fisco, facevano salire la pressione a migliaia di maschietti.
Ogni tanto concedeva pure qualche breve visione della sua fichetta curata e parzialmente depilata.
Mai servizi hard, con uomini, solo una volta si era concessa in qualche giochino con un’amica, ma sempre con molto garbo.
Ed ora questi bastardi si apprestavano a filmarla mentre le ficcavano una melanzana nel culo.
‘Non potete farmi questo, la mia immagine …’
Era stata interrotta da una risata fragorosa.
‘Ma la sentite, la nostra bella Aria? Lei si preoccupa della sua immagine.
Senti bella, forse non hai capito bene la situazione. Quando avremo finito, la tua bella cosina sarà così slabbrata, che se vorrai sentire qualcosa dovrai fare sesso con i cavalli, ed il tuo culo sarà talmente sfondato che nelle giornate di vento prenderai freddo all’intestino.’
Per farle capire bene le loro intenzioni, iniziò subito ad infilarle dentro la melanzana.
Aria gridava ma lui continuava a spingere ed a ruotare l’ortaggio, che lentamente, aiutato dall’olio usato in gran quantità, si faceva strada dentro di lei.
Lei piangeva, per il dolore e per l’umiliazione, mentre un altro cameraman, con una videocamera più piccola, riprendeva il suo bel viso solcato dalle lacrime.
Quando si fermò, la melanzana era entrata per un bel pezzo.
La fece rimettere in piedi. Sentiva quel fastidioso corpo estraneo, piazzato in mezzo alle chiappe e immaginava con orrore che tipo di riprese stessero venendo fuori.
Le tolsero la vestaglietta rosa e rimase completamente nuda, sotto i riflettori.
‘Ho sempre pensato che fossi un gran pezzo di gnocca, ma non mi aspettavo una cosa del genere.’
Improvvisamente si sentì prendere da dietro e sollevare da due braccia forti, piazzate sotto le sue ascelle.
‘Aiuto, mettetemi giù!’
‘Tranquilla, tra un minuto ti metterà giù. Sarà una discesa emozionante, veramente ricca di emozioni.’
L’uomo che aveva parlato era di fronte a lei.
Un nero enorme, con il collo taurino, due spalle larghissime e dei pettorali spropositati.
Sembrava un lottatore o uno che faceva sollevamento pesi.
Era a torso nudo ed indossava soltanto dei pantaloncini rossi, completamente sbottonati sul davanti.
L’arnese, nero, enorme e completamente eretto, che ne usciva fuori, diede ad Aria un’idea molto chiara di come sarebbero proseguite le riprese.
Le venne incontro, e, dopo averle piazzato le sue manone sotto le cosce, le allargò le gambe e la strinse a sé.
Ora Aria era aggrappata a questo enorme negro, che si apprestava a penetrarla con il più grosso cazzo che lei avesse mai visto.
Era terrorizzata, incapace di emettere qualsiasi suono, ma si sentiva anche pervadere da una strana eccitazione.
I suoi robusti avambracci avevano iniziato a piegarsi verso il basso e lei stava scendendo lentamente, senza poter far nulla per impedire tutto ciò.
In un disperato tentativo, si aggrappò con le braccia al suo collo, piantandogli le unghie nei muscoli e cercando di sollevarsi.
‘Maledizione, staccatemi questa tigre.’
Ora le sue braccia erano immobilizzate saldamente dietro la schiena e lei, centimetro dopo centimetro, aveva ripreso a scendere.
‘Guarda un po’ se ci sono?’
‘Perfetto, ancora un pochino.’
Sentiva la punta di quel coso enorme farle il solletico in mezzo alle gambe.
Quello che le stava dietro infilò una mano in mezzo alle sue cosce e le allargò delicatamente le labbra della vagina, mentre l’altro la faceva scendere di un paio di centimetri.
Ora non aveva scampo: aveva un cazzo enorme appuntato nella sua fica. All’uomo sarebbe bastato lasciarla andare e lei si sarebbe letteralmente impalata.
Un affare del genere, completamente a freddo, senza nessuna forma di lubrificazione, l’avrebbe massacrata, ne era sicura.
Quando cominciò ad entrarle dentro sentì come qualcosa che si strappava dolorosamente e trovò la forza di gridare.
Stava gridando dentro un microfono, mentre un negro enorme le sfondava la fica, e tutto questo sarebbe stato filmato e diffuso in tutto il mondo.
Un altro strappo. Il dolore si era fatto insopportabile.
Continuava a scendere, non sarebbe finita mai.
Quando finalmente la discesa si arrestò, era ormai senza fiato.
L’uomo fece qualche passo, sempre tenendola stretta a sé, poi si fermò davanti al tavolo della cucina.
‘Dai che adesso ci divertiamo un po’.’
Quando la mise a sedere sul tavolo, Aria cacciò un urlo terribile. La melanzana, parzialmente conficcata nel suo ano, le era entrata fino in fondo.
‘Ma che è successo? Il tuo bel culetto s’è ingoiato la melanzana. Non ti preoccupare, dopo la recuperiamo.’
Le allungarono le braccia tenendole i polsi bloccati, costringendola a poggiare la schiena sul tavolo, mentre il gigante nero, dopo averle allargato per bene le gambe, piazzato in piedi di fronte a lei, si accingeva a scoparla.
Andò avanti per diversi minuti e lei vedeva le sue grandi tette sballottate dai colpi violenti che imprimeva al suo corpo.
Si accorse che qualcosa stava cambiando: lentamente ed inaspettatamente, stava iniziando ad eccitarsi.
Questo proprio non ci voleva, perché avrebbe reso ancora più credibile il filmato.
Anche loro se ne erano accorti e quello che prima le teneva bloccate le braccia, le aveva lasciate libere ed aveva iniziato a carezzarle i seni, facendo scorrere il palmo delle mani sui capezzoli, mente l’altro la sbatteva sempre più forte.
L’uomo le venne dentro, all’improvviso, abbandonandola poi, di colpo, sdraiata sul tavolo, stordita dal dolore e dall’orgasmo rimasto a metà.
Aria non ebbe molto tempo per riprendersi, perché la girò a pancia sotto e le sfilò la melanzana.
Le aveva allargato un attimo le chiappe e aveva preso saldamente il picciolo che sporgeva, poi l’aveva estratta di colpo, senza nessun riguardo, facendola gridare e, altrettanto di colpo, l’aveva rimpiazzata con il suo arnese.
Aria non gridava più, piangeva sommessamente mentre l’uomo, con colpi violenti e poderosi, si faceva strada dentro di lei.
Solo quando fu sicuro di averlo infilato tutto fino in fondo, cominciò a pompare per bene.
Il suo cazzo enorme entrava ed usciva in mezzo alle sue chiappe, mentre gli altri filmavano e fotografavano ogni momento dell’evento, senza tralasciare neanche il più piccolo dettaglio.
La stava letteralmente sfondando, ad ogni colpo sentiva i tessuti dell’ano che cedevano sempre più. Quando avrebbe finito, non sarebbe rimasta danneggiata irrimediabilmente soltanto la sua immagine.
Le venne dentro, con un urlo di soddisfazione e di liberazione, iniettandole una gran quantità di sperma caldo.
‘Su bellezza, la prima scena è venuta benissimo, ora andiamo in camera tua, dove abbiamo allestito il set principale.’
La rimisero in piedi e lei barcollò vistosamente.
Uno le posò sulla testa una corona di cartone dorato, tipo quelle che si usano alle feste dei bambini, mentre un altro le mise sulle spalle una corta mantellina rossa, che le arrivava a malapena alla vita, aperta sul davanti in modo da lasciarle completamente scoperti i seni.
‘Metti queste scarpine, principessa.’
Le fecero indossare un paio di scarpe di plastica trasparente, dal tacco altissimo, poi la condussero fuori della cucina.
Camminava a fatica, a gambe larghe, cercando di non cadere da quei tacchi spropositati.
Quando lo sguardo le andò in basso, rischiò veramente di cadere, vedendo il disastro in mezzo alle sue gambe. Dalla sua vagina allargata e ferita, usciva sangue misto a sperma, che le colava lentamente sulle cosce.

‘Ed ecco a voi Aria, la regina delle troie.’
La sua grande stanza da letto era illuminata a giorno, da svariati riflettori e sul letto, il suo enorme letto, era stata posata una vistosa sovraccoperta leopardata.
Nella stanza c’erano altri sei uomini, quattro neri e due bianchi, più o meno della stessa corporatura del primo che lei aveva appena sperimentato.
Erano completamente nudi e l’aspettavano con i loro enormi cazzi, pronti a proseguire nella loro opera di demolizione.
Aria si era bloccata sulla porta e le sue gambe si erano piegate, ma l’uomo che l’aveva appena violentata, la spinse dentro.
Due di loro le vennero incontro e la presero.
Al centro della stanza avevano disposto due sedie a circa un metro di distanza l’una dall’altra.
Ci fecero salire Aria, in modo che rimanesse con le gambe fortemente divaricate, poi si disposero uno davanti ed uno dietro a lei, costringendola ad abbassarsi.
I loro arnesi, già belli duri, le entrarono contemporaneamente, uno nella vagina e l’altro nell’ano.
Era stretta tra due uomini, uno bianco ed uno nero, che la stavano scopando ed inculando contemporaneamente.
Si muovevano all’unisono sollevandola e riabbassandola ad ogni colpo. Se non fosse stato per loro, lei sarebbe caduta a terra, ma la tenevano così stretta che quasi non riusciva a respirare.
Era stanca morta, piena di dolori e quelle maledette telecamere che continuavano a riprendere ogni cosa.
Aveva appoggiato il viso sulla spalla di quello che le stava davanti e respirava profondamente a bocca aperta, sempre più profondamente, sempre più forte.
L’orgasmo, rimasto a metà poco prima, sul tavolo della cucina, si stava riaffacciando.
Era troppo stanca per provare ad impedirlo, e così si lasciò andare completamente.
La telecamera immortalò un’Aria Giovanni inedita, in piedi, a gambe larghe, mentre veniva penetrata brutalmente avanti e dietro, in contemporanea, da un bianco ed un nero, con un finale pirotecnico in cui lei mugolava e gridava come una cagna in calore.
Quando ebbero finito, la sdraiarono sul letto e la lasciarono alle attenzioni degli altri quattro.
I sette uomini si diedero il cambio per tutta la notte ed anche per parte del mattino successivo, poi la lasciarono riposare un paio d’ore.
Aria era in uno stato pietoso e decisero che era il caso si facesse una doccia, perché faceva troppo schifo anche per un film così hard.
Piena di sperma incrostato dai capelli fino ai piedi, con la fica ed il culo insanguinati ed il trucco completamente sfatto, era veramente irriconoscibile.
Uno dei cameraman, un ragazzo magro e biondo, si occupò di accompagnarla in bagno.
Dovette portarcela quasi di peso e fu costretto ad insaponarla e poi a sciacquarla.
Era qualche minuto che stava maneggiando quel corpo splendido e non ce la faceva più, così, quando cominciò a passarle la spugna in mezzo alle chiappe, non seppe resistere.
La sua mano era scivolata in basso ed aveva cominciato a carezzarla in mezzo alle cosce mentre lei rispondeva con dei deboli sospiri.
Il suo sesso, sollecitato per ore fino all’inverosimile, reagiva alla sua stimolazione, probabilmente per riflesso, o forse le stava piacendo veramente.
Comunque, pensò lui, aveva poca importanza, perché non capita tutti i giorni, ad uno sconosciuto cameraman, l’opportunità di scoparsi Aria Giovanni nel box doccia.
Il suo coso non era come quello degli attori ma tutto sommato fece bene il suo lavoro, quando, dopo essersi calato i pantaloni, glie lo ficcò dentro. Lei era stanchissima e semi incosciente, ma sembrò apprezzare un rapporto più tranquillo, dopo l’energia violenta ed esuberante di quelli che l’avevano preceduto.
Le fecero fare colazione e Aria sembrò riprendersi un poco.
‘Ora, gireremo un po’ nel patio.’
Il grande patio coperto era vicino alla piscina e lei vide che avevano sistemato delle catene che pendevano da una delle grandi travi in legno della copertura.
‘No, vi prego, cosa volete farmi ancora?’
‘Niente paura solo una spruzzatina di bondage, per rendere il filmato più carino.’
La incatenarono con le braccia dietro la schiena e le gambe allargate e poi la sollevarono da terra.
Era sospesa ad una metro da terra, con il corpo parallelo al pavimento del patio e uno di loro le avvicinò alla bocca il suo arnese.
‘Dai Aria, adesso facciamo un po’ di riprese con i pompini.’
Improvvisamente lei aveva cominciato a gridare ed a dimenarsi. Il suo corpo, appeso alle catene, oscillava vistosamente e le sue grandi tette ondeggiavano nell’aria.
‘Allora dobbiamo usare le maniere forti? Peggio per te.’
Aveva parlato il primo, quello che aveva cominciato tutto in cucina, e sembrava essere il capo.
Aveva in mano una corda a cui aveva fatto un cappio.
La passò intorno ad uno dei seni di Aria e poi tirò.
La donna gridava mentre il seno diventava rosso e la corda le entrava nella carne.
Tirò ancora più forte, poi diede qualche giro di corda e rimase ad aspettare.
Nel giro di un paio di minuti era diventato bluastro e gonfio, e faceva impressione a vederlo a confronto con l’altro.
Aria vide, con orrore, che l’uomo prendeva un altra corda uguale.
Dopo una ventina di minuti di quel trattamento, era pronta: avrebbe fatto a quegli uomini tutti i pompini che desideravano, pur di farsi togliere quelle dannate corde.
Le sue grandi tette avevano lentamente ripreso il colore e la forma originari e solo il segno rosso alla base, causato dalla corda, faceva intuire il trattamento che le era stato riservato.
L’uomo teneva ancora le corde in mano, per farle capire che era pronto ad utilizzarle di nuovo.
Cominciò a leccare, con impegno, quell’enorme cazzo nero, finché lui non le abbassò la testa e la costrinse a prenderlo in bocca, fin quasi in fondo.
Temette che lui la costringesse ad ingoiare tutto, invece, alla fine, si divertì a schizzarle lo sperma sul viso.
Aria pensò che era meglio così, perché non le era mai piaciuto mandar giù lo sperma.
La liberarono dalle catene solo dopo che la sua bocca ebbe soddisfatto tutti, inclusi i cameraman ed il fonico.
‘Ed ora un ultimo giochino. Una piccola sega tanto per salutarci.’
Aria dovette masturbare tutti i componenti della troupe, uno dopo l’altro e loro, curiosamente, misero il loro sperma in una caraffa di vetro, che si passarono l’uno con l’altro.
Solo alla fine, quando la misero a sedere davanti alla caraffa quasi piena ed uno di loro le versò parte del contenuto in un bicchiere, capì le loro intenzioni.
Pianse, li supplicò, ma non ci fu niente da fare.
Dovette bere tutto, fino all’ultima goccia, mostrandosi pure sorridente, mentre la telecamera, implacabile, documentava ogni cosa.

Era sola, finalmente.
Se ne erano andati, portandosi via tutta la loro attrezzatura.
Era stanca, umiliata, distrutta.
Quasi un giorno che non mangiava, il sapore spiacevole in bocca, di tutto quello sperma che era stata costretta a bere, e poi le fitte dolorose che venivano dalla sua vagina slabbrata e strappata, e dal suo culo irrimediabilmente sfondato.
Riattivò il telefono, che i suoi sequestratori avevano staccato.
La prima telefonata che arrivò fu del suo agente. Era furioso.
‘Ma che cazzo ti sei messa in testa? Su internet ci sono un mucchio di foto e di spezzoni di filmati dove si vede Aria Giovanni che si fa scopare ed inculare da svariati negroni iperdotati.
All’inizio ho pensato al solito falso, poi mi sono accorto che eri veramente tu, e per di più a casa tua.
Ah, dimenticavo, c’è anche un pezzo delizioso in cui tu, dopo aver raccolto lo sperma di tutta la compagnia in una caraffa, te lo bevi allegramente, riempiendo dei bei bicchieroni, come se fosse latte fresco.’
‘Scusami Sam, ma non mi sento troppo bene, non so se riesco a girare il film pubblicitario per domani.’
‘Cosa? Ma allora non hai capito proprio un cazzo? Il contratto è saltato, sei bruciata, finita.
Stanno saltando tutti i contratti che avevi e i tuoi fan ti stanno abbandonando. Sono tutti incazzati neri con te.
E hai chiuso anche con il sottoscritto. Ti devi trovare un altro agente. Perché quello non è il mio genere.’
Aria aveva staccato il telefono ed aveva acceso il computer.
Internet era piena di foto e spezzoni di filmati su di lei e naturalmente era anche in vendita il film in versione integrale.
Nel suo sito personale erano arrivati migliaia di messaggi dei suoi fan, prima che andasse tutto in tilt, per il troppo traffico.
Una moltitudine di bravi ragazzi con non voleva più saperne di Aria Giovanni, ormai diventata una delle tante troie che affollano il mondo del porno hard.
Le era capitato anche un messaggio del ragazzo che l’aveva a lungo perseguitata.
Non ti preoccupare, non mi interesserò più a te. Non so che farmene delle mutande di una puttana simile, ho visto quella roba solo per cinque minuti e mi è bastato.
Addio. Per sempre.

Beh, un problema, almeno l’aveva risolto.

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