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Racconti di Dominazione

Aurora 4 e 5

By 30 Dicembre 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

Dopo cinque giorni che scontavo la punizione, ero ormai la barzelletta di tutto il quartiere, tenere il grembiule giallo di gomma, anche quando uscivo era terribilmente umiliante.
Tutti sghignazzavano al mio passaggio, invano avevo supplicato la mia padrona di condonarmi la punizione ma non c’era stato niente da fare, cosi ero quasi contenta la mattina quando dovevo svolgere lavori domestici pesanti: lavare i vetri delle finestre, lavare a fondo cucina e bagni, lavare i pavimenti in ginocchio. Per i pavimenti la mia padrona aveva quasi una mania, dovevano essere splendenti, lucidati tutti i giorni senza nessuna eccezione, compreso domeniche e festivi e molto spesso mi li faceva rilavare perché non era mai soddisfatta, rigorosamente giù in ginocchio era un lavoro massacrante ma sempre meglio che uscire a fare le commissioni con il grembiule da sguattera.
Rocsana certi giorni non si faceva nemmeno sfiorare ne da me da mio marito, altri giorni invece la dovevo leccare da capo a piedi, le dovevo passare più volte la lingua sui capezzoli e poi gli e li succhiavo fino a che non le diventavano rossi.
Solitamente quando tornava dalla palestra non si faceva toccare, andava di corsa a farsi una doccia, quel giorno invece mi ordinò di seguirla in bagno, si fece spogliare, mi fece inginocchiare davanti a lei poi mi ordinò di leccagliela, io amo farlo cosi a comando di sorpresa, fin dai primi colpi capii che era appena stata con un uomo il quale le aveva eiaculato dentro, mi misi a leccargliela con ancora più gusto e passione mentre anche io mi bagnavo, sono bastate poche leccate perché venisse nella mia bocca, riempiendomi dei suoi umori misti ai residui di sperma del uomo che l’aveva posseduta prima, il mio corpo e la mia mente si incendiarono di passione, stavo per avere un orgasmo, ma lei si riprese e mi ordinò duramente
‘Preparami il bagno’
Sicuramente il rapporto sessuale non lo aveva avuto con mio marito che quella mattina era via per lavoro.
Pensai tra me e me senza dire niente.

Mentre lei era nella vasca a rilassarsi cominciai a preparare il pranzo, ero indaffarata tra pentole e pentolini quando improvvisamente Rocsana arrivò in cucina avvolta in un asciugamano, parlava al cellulare.
‘Allora arrivi ti aspetto, ciao’ La sentii dire
‘Schiava prepara per due.’
‘Si padrona.’ Penasi che Edoardo fosse tornato prima dal suo impegno e rientrava per il pranzo.
‘Vieni qui.’ Mi ordinò
Rocsana prese uno strofinaccio da cucina e me lo mise in testa tipo bandana.
‘Cosi va meglio, devo comprarti dei fazzoletti da mettere in testa.’ Disse con aria divertita
Ci mancava anche questa, pensai, &egrave luglio fa un caldo boia, devo tenere il grembiule di gomma pesantissimo che mi faceva sudare come una fontana, adesso ci mancava anche il fazzoletto in testa come le contadine di una volta.

Verso l’una suonò il campanello, strano Edoardo di solito entrava con le sue chiavi. Pensai.
‘Vai ad aprire stupida’ Mi ordinò secca Rocsana.
Mi trovai davanti un uomo alto e robusto, sui quarant’anni, chiaramente di origini Nord Africane, molto affascinante, che mi fissò intensamente.
‘C’&egrave la signora Rocsana?’ Chiese in modo gentile e in un buon italiano.
‘Si entri pure.’ Risposi
Lo feci entrare e un secondo dopo apparve Rocsana.
‘Amid, sei arrivato finalmente.’
Le buttò le braccia al collo e si baciarono a lungo, quando si staccarono la mia padrona mi guardò con aria di sfida, io abbassai lo sguardo, in segno di sottomissione.
‘Abbiamo fame, servici il pranzo, schiava’
Mi ordinò in secca.
Si sedettero a tavola, consumarono il pasto che io le servii come una perfetta cameriera, scherzando tra di loro e ignorandomi completamente, io provavo un forte senso di vergogna abbigliata come ero, il grembiulone giallo di gomma e lo strofinaccio in testa, mi umiliavano profondamente, sembravo uno spaventapasseri, mentre lei Rocsana si era messa un favoloso vestito di Valentino, che la faceva sembrare ancora più bella di come era.
‘Amid, questa mattina &egrave stato bellissimo meglio del solito, ho una voglia pazzesca di farlo ancora.’ Disse Rocsana con aria sognante.
Non aspettarono neanche il caff&egrave, andarono subito in camera e chiusero la porta dietro di loro.
Mi chiamarono dopo circa tre quarti d’ora
Amid mi si avvicinò mentre lei era rimasta distesa sul letto, mi spogliò con le sue forti mani, poi in modo un po’ brutale e selvaggio mi prese in mano le tette, con la bocca cominciò a mordermi il capezzolo, provocandomi dolore e piacere, mi fece sdraiare sul letto a fianco a Rocsana, poi i apri le cosce con forza, si mise le mie gambe sulle spalle e mi trafigge con un colpo secco,il suo pene e cominciò a muoversi freneticamente dentro di me, mi colse un ondata di beatitudine, persi la cognizione del tempo, non so quanto sia durato ero in entasi lui affondava i colpi sempre di più, finché esplose l’orgasmo inondandomi completamente.
Rocsana era rimasta li sdraiata al mio fianco, si era guardata la selvaggia scopata stranamente senza intervenire in nessun modo, improvvisamente mi prese la testa tra le mani e mi baciò con passione.
Quando si staccò guardandola languidamente riuscii solo a dire.
‘Grazie padrona’

Cap 5
La mia padrona mi aveva fatto mettere una brandina nello sgabuzzino delle scope tra gli stracci, secchi e detersivi, una volta posizionata mi aveva detto.
-Qui ci stari benissimo, questo &egrave il tuo posto da adesso in poi.
Dalla Romania stava per arrivare era la signora Elviria mamma di Rocsana che si sarebbe sistemata nella camera dove dormivo io da quando Rocsana aveva preso il mio posto nel letto con mio marito.
Per l’occasione la mia padrona mi aveva fatto fare due divise perché davanti a sua mamma dovevo essere solo la serva, una era la classica nera con grembiulino bianco in pizzo di sangallo e crestina, per servire a tavola, l’altra era per i lavori di casa, un camice a righine bianco e azzurro con un grembiule bianco ampio e pesante, avevo accettato anche questo per amore suo e di mio marito, anche se mi coinvolgevano sempre di meno nei loro rapporti sessuali, ormai dovevo limitarmi a guardali mentre scopavano e poi fare la sguattera ripulendoli entrambi dalle secrezioni con la lingua nelle parti intime.
Solo quando era particolarmente su di giri la mia padrona mi permetteva di accarezzarla, sentirla torcersi e contrarsi con le mie carezze mi rende fiera di me, darle godimento anche senza riceverlo mi faceva essere felice, il momento di dolcezza che mi regalava dopo ave goduto, quando mi passa la mono sulla testa, come fa un padrone con il suo cane buono mi ripagava di tutte le volte che era fin troppo dura con me.
Un umiliazione terribile era stata quando in una riunione di condominio per decidere l’impresa che doveva fare le pulizie delle scale, Rocsana aveva detto.
-Inutile spendere soldi per l’impresa, la pulizia delle scale e dell’atrio le può fare gratis Aurora.
Tutti hanno subito aderito alla proposta e da allora due volte a settimana mi toccava lavare le scale, otto piani, ogni tanto qualcuno si lamentava del mio lavoro con Rocsana e a quel punto lei mi mandava immediatamente a rilavarle per intero, poi quando rientravo in casa mi faceva mettere in ginocchio e cominciava a frustarmi con lo scudiscio sulle natiche finché non diventavano rosso fuoco, nei casi più gravi mi faceva stare dritta con il busto con le mani dietro la nuca e mi frustava le tette.
Erano passati due anni da quando Rocsana era entrata nella mia vita e iniziò la mia schiavitù, tutto per me era cambiato, anche il mio aspetto fisico non era più lo stesso , niente più trucco, capelli rasati a mazzo centimetro, indossavo sempre i suoi vecchi abiti o camici informi e grembiuloni sempre legati ai fianchi, ed ora anche le divise che sancivano la resa totale, era il capolavoro della mia padrona Rocsana, riuscita anche ad imbruttirmi e rendermi invisibile agli occhi degli uomini.
Mentre lei 27 enne bellissima sempre con aria riposata e rilassata, elegantissima e curatissima aveva tantissimi ammiratori e qualche amante.
Edoardo, mio marito da sempre era un burattino nelle sue mani, faceva qualsiasi cosa le chiedesse.
Rocsana era anche riuscita a farle assumere con un ruolo importante e un sostanzioso stipendio un suo amante, Antoniu anche lui Rumeno cinquantenne, convincendolo che era suo cugino.
In realtà era un suo amate che spesso veniva anche a casa quando Edoardo era via per lavoro, i due facevano sesso per ore chiusi in camera, poi di solito era lui a chiamarmi.
-Serva baldracca, lavami con la lingua davanti e dietro, sbrigati.
Le prendevo il pene ormai molle, senza imboccarlo lo leccavo per fargli il bid&egrave, solitamente cominciava ad eccitarsi, e allora si distendeva sul letto a pancia in giù e mi ordinava di provvedere al dietro, con la massima devozione senza tralasciare nessuna piega lo leccavo fino in fondo.
Antoniu vedendomi umiliata in quel modo si eccitava sempre parecchio e questo infastidiva la mia padrona che appena ne aveva l’occasione mi cacciava via.

La signora Elviria arrivò un Venerdì pomeriggio aveva 55 anni piuttosto grassottella, con uno sguardo arcigno e duro, si dimostro subito spietata e mi manifestò il suo disprezzo immediatamente.
La sera stessa mentre servivo la cena, con la divisa nera classica da cameriera, disse
‘Tu serva e tu dovere vivere come serva, in Romania serve mangiano avanzi di padroni dopo che loro andati a dormire.
Ho guadato prima mio marito che non mi considerava neanche e poi la mia padrona che ebbe per me uno sguardo compassionevole ma non disse niente.
La mattina dopo la signora Elviria aveva stabilito che quotidianamente dovevano essere lavati oltre ai pavimenti rigorosamente in ginocchio, tutti i vetri della casa, il bucato andava fatto a mano due volte a settimana, stiratura tre volte a settimana, lucidature argenteria due volte a settimana, altre al lavaggio del auto di Rocsana una volta a settimana.
La signora Elviria doveva essere sempre salutata con un inchino ogni volta che la si incrociava, facendo attenzione a tenere gli occhi abbassati, servita velocissimamente, guai a ritardare un secondo, quando ordinava qualcosa.
Dopo un paio di giorni dal suo arrivo ormai regnava sovrana, per aver lucidato le sue scarpe a suo dire non bene come voleva lei mi aveva sputato in faccia, un umiliazione cosi non l’avevo mai provata, poi mi ha impedito di ripulirmi facendomi restare a lungo con la sua saliva che mi colava rossa dalla vergogna e l’umiliazione, una settimana dopo per aver stirato una sua gonna con una piega sbagliata mi ha schiaffeggiato fino alle lacrime.
Dopo due mesi le mie padrone avevano convinto Edoardo a chiedere il divorzio.

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