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Racconti CuckoldRacconti di Dominazione

Carmela è la moglie di Salvatore

By 16 Ottobre 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

 

I fatti che sto per descrivere sono accaduti un anno fa anche se sono la conseguenza di una vicenda vecchia di 4 anni.

Procediamo con ordine: sono un piccolo imprenditore, sono separato e senza compagna fissa per ovvie ragioni. La mia attività e’ nel settore delle calzature: ho un’officina dove si producono scarpe per un noto marchio e si arrotonda con la realizzazione di una linea di sandali per il mercato turistico con il mio marchio. L’attività l’ho ereditata da mio padre e sono sempre stato dell’idea che con il passaggio nelle mie mani questa dovesse ingrandirsi e migliorare. E così è stato: mio padre mi lasciò un capannone di 800 mq e 10 dipendenti, io oggi ho 20 dipendenti e un capannone da 1500 mq.

Con i miei dipendenti sono sempre stato una persona seria: tutto in ordine con le loro assunzioni, pagamenti puntuali e quando c’era da premiare qualcuno non mi sono mai tirato indietro; di contro ho sempre chiesto lealtà, rispetto per il lavoro e correttezza. E tutto è sempre filato liscio.

4 anni fa, una mattina di ottobre, sono nel mio ufficio a controllare il flusso di lavoro per quella giornata. I ragazzi in officina lavorano con buon ritmo e sembra una mattina come tante. Alle 11 esatte squilla il telefono:

“Buongiorno, sono il maresciallo Esposito della caserma D’Acquisto, parlo col signor Ricci”

“si, mi dica, è successo qualcosa?”

“signor Ricci la chiamo per convocarla urgentemente in caserma, nel corso di un indagine sono emerse delle cose che la riguardano a proposito di un suo dipendente. Altro non posso dirle. Si presenti in caserma e chieda di me”

 

Premessa importante: i miei dipendenti sono tutte brave persone e tutte selezionatissime in quanto a serietà e bravura. Non sono soliti ubriacarsi e tranne qualcuno che si fa di erba (mai sul lavoro) sono tutte persone tranquille con moglie e figli, un mutuo da pagare e pochi vizi. Nessuno ha mai avuto guai con la giustizia né si è mai trovato in grossi casini. Le uniche pecche che posso riscontrare sono nell’ istruzione: molti di loro hanno fatto solo le scuole dell’obbligo e un paio neanche quelle, uno di loro è diplomato e lo chiamano “o’ professore”. La lingua ufficiale dell’officina e’ il dialetto e chiunque accenni ad una mezza frase in italiano viene immediatamente considerato un “dottò”. Io per loro in quanto titolare e parlando poco il dialetto sono ovviamente “o’ dottò”. Quella mattina erano tutti presenti, tutti  avevano marcato la presenza in perfetto orario ed erano tutti al loro posto di lavoro. L’unico fuori alla sede era Salvatore, uno dei più fidati, che era andato a consegnare delle calzature partendo dalla ditta alle 8 e mezza e non era ancora tornato.

Curioso e forse ansioso di capire cosa fosse successo, salgo in macchine e corro in caserma.

 

“buongiorno maresciallo, sono Ricci”

“prego, si accomodi”

Entro, chiudo la porta e mi siedo alla sua scrivania.

“allora, che è successo” dico mal celando l’ansia.

Il maresciallo si gira verso uno scaffale alle sue spalle, prende una cassetta di metallo tipo quelle degli attrezzi e una sacca di nylon che aveva posto per terra, me li mostra e dice:

“riconosce queste cose”

“certo! Quella è la cassetta degli attrezzi per la manutenzione in officina, è una delle 3 che teniamo. Quello invece è una delle sacche nella quali conserviamo i semilavorati tra una fase e un’altra della produzione. Ma che ci fanno qua in caserma”

“signor Ricci, stamattina una nostra pattuglia ha fermato un furgone con una persona a bordo, il furgone si era appena mosso dopo che l’uomo alla guida aveva scambiato questa merce con dei noti ricettatori della zona. Conoscendo questi personaggi e soprattutto la loro attività illegale, la pattuglia ha prima fatto concludere il passaggio di merce-soldi filmando tutto, poi ha fermato le persone coinvolte sequestrando questo che vedete qua sopra”

“mi faccia capire…mi sta dicendo che Salvatore stava vendendo la roba della ditta a dei ricettatori?”

“perfettamente: cassetta, semilavorati a 50 euro. Ora, se lei li ha riconosciuti sarebbe il caso di denunciare il tutto, ma questo è a discrezione sua”.

Una secchiata d’acqua fredda mi avrebbe intontito meno in quel momento: Salvatore era uno dei più fidati dipendenti, lavorava con noi da moltissimo tempo e già dai tempi di mio padre era un valido collaboratore. Sapere che mi truffava e rubava in azienda mi lascio completamente intontito e senza parole.

Certo, Salvatore non era una cima in quanto a cervello, a volte dava l’impressione di essere lento nell’apprendere e molto spesse capitava che si facesse mal consigliare o addirittura manipolare per poi ritrovarsi in qualche casino, ma erano cose che non riguardavano la ditta e che apprendevo dai racconti dei suoi colleghi. Mentre pensavo queste cose mi venne da riflettere sulla vigliaccata che mi aveva fatto: se avesse avuto bisogno di soldi gli sarebbe bastato farmelo sapere e l’avrei aiutato, cosa che era anche già successa, oppure avrei fatto in modo di procurargli un vantaggioso finanziamento; ma un furto, una truffa, così a freddo mi lasciava confuso.

 

“maresciallo non lo denuncio, fatemi però la cortesia di comunicargli che oggi stesso deve passare in sede per firmarmi il licenziamento” trassi la mia conclusione, ritirai la merce e chiamai in ditta per far venire qualcuno a prendere il furgone e andai via senza volerlo vedere.

 

Nei 3 anni successivi a questa vicenda mi arrivavano spesso notizie di Salvatore; a portarmele erano in genere i ragazzi stessi dell’officina che evidentemente erano rimasti in contatto con lui perchè, per quanto mi riguarda, dopo la firma delle varie quietanze sui pagamenti io Salvatore non l’ho mai più visto.

In un primo momento mi veniva detto che si era messo a fare il muratore a giornata, cambiando spesso ditta, poi era andato a fare lo stagionale nei campi di angurie e pomodori, poi ancora aveva provato a fare il facchino nel mercato ortofrutticolo …insomma Salvatore era pieno fino al collo di problemi.

 

Un giorno venni a sapere che Salvatore non faceva più neanche il facchino, se n’era andato a lavorare come camionista. Pensai e forse mi augurai per lui che le cose potessero andargli meglio e che forse le grame esperienze che stava vivendo potevano averlo fatto cambiare, ma non fu così. Salvatore iniziò, infatti, a fare quei giochetti con le assicurazioni e con i titolari che tanto sanno di truffa e che tanto bene aveva imparato a fare: in pratica caricava la merce e d’accordo con dei soci simula un furto o una rapina facendo sparire il carico e facendosi refertare in ospedale. L’assicurazione pagava e lui e i soci si rivendono la merce. Il gioco duro qualche mese, giusto il tempo si simulare 3 rapine e alla fine fu arrestato in flagranza in un deposito a smistare la merce. Giudizio in direttissima e si fece un anno di galera. Quando usci penso bene, per meglio dire fu consigliato bene, di mettersi nel campo che meglio conosceva: le calzature. Contattò una ditta mia diretta concorrente e in meno di 4 mesi mi fece perdere 3 commesse di lavoro. Il sistema era semplice: lui conosceva il buono e il cattivo della mia ditta, conosceva sommariamente i contatti e i committenti e senza scrupolo iniziò a collaborare con la concorrenza svelando tutto quanto sapeva. Logicamente non ero contento di questo sviluppo e non fu semplice per me recuperare i danni che subivo. Riuscì dopo qualche mese a bloccarlo mettendo in giro voci non vere su nuovi miei contatti che lo portarono a dare consigli sbagliati. Rapidamente il suo credito verso la concorrenza venne meno e lo spionaggio terminò con la cacciata di Salvatore.

Non provavo più nei suoi confronti quel sentimento di pena e di comprensione che negli ultimi tempi mi aveva accompagnato: ora avevo nuovamente rabbia e rancore perché si era comportato ancora una volta in maniera vile e traditrice. Quando iniziarono a circolare voci su la sua definitiva resa, ora che non aveva più di che campare, ora che la moglie minacciava di lasciarlo etichettandolo come un coglione, ora che tutti l’avevano abbandonato, non potevo che rimanere indifferente e non nego di aver più volte meditato una vendetta.

 

Tra una cosa e l’altra siamo giunti ad un anno fa, in una mattina di ottobre grosso modo simile a quella in cui Salvatore si faceva beccare dai carabinieri.

Suonano al citofono e la segretaria apre il cancello, entra una Fiat Punto prima serie, bianca e ridotta male. Parcheggia sotto alla mia finestra. L’auto sembra quella di Salvatore ma non ne sono certo. Scendono 2 donne: una e’ una signora anziana, intorno ai 70, l’altra e’ più giovane, forse 40 anni.

Tempo 5 minuti e squilla il telefono interno.

“c’è la moglie di Salvatore, vuole parlarle, può riceverla?”

per un istante resto muto a realizzare quello che avevo sentito.

“falla passare”

 

“Don Antò buongiorno. Possiamo?”

“prego, prego”

entra prima la donna più giovane, poi quella anziana a seguire. Chiudono la porta e restano in piedi a guardarmi. Sono evidentemente in imbarazzo e nonostante abbiano avuto la faccia tosta di presentarsi nel mio ufficio, il mio silenzio le gela e restano pietrificate. Mi convinco a mettere da parte la rabbia e il rancore nei confronti di Salvatore, in fondo queste povere donne non c’entrano niente, anzi hanno sempre provato a fermarlo e metterlo sulla strada della ragione, perché infierire su di loro? E’ Salvatore che non merita rispetto, non loro.

“sedetevi”

la moglie si avvia per prima e si siede alla sedia più a sinistra dall’altro lato della scrivania, l’altra invece tentenna un attimo e poi la segue prendendo posto a destra.

La moglie di Salvatore e’ una bella donna, ha un corpo pieno e maturo. Evidentemente le gravidanze non le hanno lasciato molti segni e come quarantenne fa un ottima figura. Indossa un paio di jeans dozzinali piuttosto attillati, in un maldestro tentativo di apparire sexy ha indossato un paio si decolté col tacco 10 che stonano per colore e forma con i jeans. Sopra una maglietta di filo a maniche lunghe e in mano ha una borsa di Gucci che è una fetente imitazione delle bancarelle. I capelli sono nero corvino, tintura economica e molto in voga tra chi se la passa male: sono raccolti in cima alla testa in una sorta di coda di cavallo e bloccati con un fermaglio di paccottiglia. Di paccottiglia è anche il bracciale e la collana, massicci e appariscenti. Forse d’oro ci sono gli orecchini a cerchio, ma sono di una grandezza spropositata e forse volgari. Il trucco e abbondantissimo soprattutto sulle labbra, evidentemente marcate più volte con una matita più scura rispetto al rossetto di base. Nel complesso mi da l’idea di una donna volgare e sciatta, vestita in maniera kitch e dozzinale, magari più adatta a battere in una malfamata periferia che a stare nel mio ufficio.

E’ energica la moglie di Salvatore, parla e gesticola tanto una volta che ha rotto il ghiaccio:

“don Antò sto qua perché mi dovete aiutare. Quello stronzo di Salvatore…che casini mi ha combinato…è stato pure a Poggioreale, lo sapete?…mò stiamo inguaiati….io non ce la faccio più”

“signora, con calma che non capisco niente se urlate. Respirate e calmatevi. Signora lei chi è?” rivolgendomi all’atra donna che è rimasta in silenzio a guardarmi.

“sono la suocera di Salvatore” e scoppia a piangere coprendosi gli occhi con la mano.

“mammà nun fa accussi’, don Antò ci aiuta, vedi che ci aiuta” interviene la figlia un pò più calma e scuotendola , poi si gira verso di me:

“don Antò quell’idiota di mio marito me ne ha combinate tante…ci ha inguati di debiti…e pure a voi vi ha fatto del male…ma mò si è pentito, ha lasciato le brutte amicizie e si vuole mettere sulla retta via. Vuole mettere la testa apposto”

“in bocca al lupo” rispondo con un ghigno sarcastico interrompendola e la madre riprende a piangere.

“dottò, ha detto che certe cose non le farà mai più e che si è pentito di tutto il male che vi ha fatto, perdonatelo dottò…perdonatelo e prendetevelo a lavorare un altra volta con voi, vi prego dottò che non sappiamo più dove sbattere la testa con i debiti che teniamo…”

“signora, mi dispiace interromperla, ma non e’ possibile”

“perché dottò? perché? Quello e’ un ritardato, uno stronzo…un pezzo di merda che si é fatto influenzare dalle cattive compagnie…ma in fondo é un bravo giovane e voi lo sapete…é stato tanti anni con voi…poi…”

“signora, tutto quello che dite ci può stare, ma Salvatore mi ha tradito, é stato vigliacco e disonesto…semplicemente non posso”

La donna iniziò un duro lavoro di convincimento: iniziò a dirmi che il marito voleva suicidarsi, che era disposto a tutto pur di essere riassunto, fino a dirmi cose assurde che mi fecero pensare:

“don Antò pigliatevelo come tappetino per pulirvi le scarpe…pigliatevelo per farvi pulire i cessi della fabbrica con la faccia…pigliatevelo per sputarlo in faccia, ma pigliatevelo…vi prego, stiamo pieni di debiti”.

Poi, disperata per la mia intransigenza, quasi con le lacrime agli occhi si rivolse alla madre cambiando tono di voce:

 “mammà girati” e subito vidi la suocera ruotare sulla sedia e darmi le spalle. Qualche secondo e la figlia si portò di fianco alla mia poltrona, si tolse la maglietta con un gesto rapido e mise in mostra due belle tette sode e grosse, con un reggiseno bianco in pizzo.

“levatelo cà a don Antonio può cambiare idea” le consiglio la madre evidentemente d’accordo con la figlia. Questa sgancio il ferretto e mi mostrò le sue tettone sobbalzanti, poi rapida si inginocchiò, mise le mani sul mio cazzo e lesta lo tirò fuori.

Ricordo un particolare: fece tutto guardandomi negli occhi con uno sguardo supplichevole e pieno di aspettative, poi imbocco il cazzo e se lo fece scendere in gola. Mi piaceva, la signora ci sapeva fare e la situazione per quanto surreale era parecchio eccitante. Decisi di approfittarne, forse era questa la giusta situazione per vendicarmi dei torti subiti.

Iniziò a lavorare la cappella con la lingua e ad intervallare questo lavoro con profondi affondi, poi prese la mia mano e se la porto sulla testa per farsi ritmare. Era evidente che volesse farsi umiliare, tutta la situazione mirava a farmi arrivare questo messaggio: perdona Salvatore e riassumilo, in cambio avrai 2 umili schiavi.

Intanto che succhiava era riuscita a spostarsi sotto la scrivania e ruotando la mia sedia mi fece tornare in posizione corretta. Succhiava e pompava a seconda dei miei comandi e si sentivano solo i colpetti dei suoi orecchini che battevano sulla fibbia della mia cintura. Ero in estasi: la moglie di Salvatore mi stava sbocchinando per convincermi a riassumere suo marito e lo faceva davanti alla madre voltata di spalle.

All’improvviso iniziò a parlare la madre:

“dottò è brava la moglie di Salvatore? Sapete Carmela è una brava ragazza e non lo dico perché è mia figlia, ma quello che uno le chiede quello fa, senza mai opporsi”

Tentando di mantenere un contegno risposi:

“che vooolete tutte e dueee”

“niente dottò…vogliamo solo che Salvatore torni a lavorare per sfamare la sua famiglia. Visto però quello che è successo, insieme a Salvatore viene pure Carmela per stare a vostra disposizione e senza dirvi mai di no. Carmela, voi la chiamate e quella viene, giorno e notte, da solo o con i vostri amici, da sola o davanti al marito, insomma come più vi piace Carmela è a vostra disposizione. Diciamo che sarà la maniera di Salvatore di ripagare i torti che vi ha fatto e voi, pagando un solo dipendente fate quello che volete con sua moglie perché è inteso che pagate solo lo stipendio di quel deficiente. Per carità, fatelo per i loro bimbi a casa…”

“signora, non sarà nu bucchino a famme cambia idea” dissi cercando la massima concentrazione mentre Carmela si passava il cazzo sulla faccia e mi guardava ammiccante. Poi prese a sbatterselo sulla bocca e sulle guance e disse:

“dottò qua non è che si tratta e fa nu bocchino…ca e bocchini già e faccio per pagà a’ spesa per mangiare…ca addivento a troia vostra”

Intervenne subito la madre:

“succhia Carmela succhia. Pensa a succhiare che con o’ dottò ci parlo io” e la figlia subito si infilò tutto il cazzo in bocca tacendo.

Ormai non mi trattenevo più, la situazione mi aveva assorbito completamente e quella troia di Carmela non mi dava tregua infilandosi tutto il cazzo in gola e lavorandolo con la lingua. Quando si accorse che stavo per esplodere lo caccio appena dalla bocca e lo tenne appoggiato sulla lingua, poi spalancò la bocca e mi sorrise: palesemente voleva che la imbrattassi.

“statti zitta veccchiiiaaaa”

Venni, veni forte. Contai 5 fiotti violenti, lei con la mano guidava il cazzo. Il primo la prese in faccia, una lunga striscia di sborra dalle labbra alla fronte; gli altri se li fece arrivare in gola, sembrava che pisciassi tanto erano intensi ed abbondanti. Poi si imboccò il cazzo e continuò a pompare sempre più lentamente.

Quando iniziai a perdere vigore lo limonò tutto e deglutì restituendomi il cazzo completamente pulito. La troia aveva ingoiato tutto e ora mi guardava, poi mi chiese:

“don Antò se tenete da pisciare…liberatevi pure”

Mi alzai in piedi e le infilai nuovamente il cazzo in bocca, ormai moscio, e pisciai. La troia bevve e un po’ cadde a terra. Quando finì lei con la lingua, come una cagna, a quattro zampe lo bevve dal pavimento e nel risalire si strusciò per qualche secondo col cazzo e le palle sulla testa. Questo fu un chiaro segnale, la prova palese che di lei avrei potuto fare quello che volevo.

Quando si alzò mi chiese il permesso di rivestirsi e di pulirsi, io acconsentì dicendole però che per pulirsi avrebbe dovuto usare la sua stessa maglia.

Eseguita l’operazione restarono lei e la madre in piedi ad aspettare un mia decisione. Decisi di prendere tempo:

“vattene a casa e torna domani con Salvatore, solo tu con lui, alle 8 precise. Mettiti gonna e stivali, una camicetta e niente reggiseno. Truccati pesante e mettiti collana e bracciali. Mò vattene che tengo da fare”

In silenzio, la vecchia con le lacrime agli occhi e Carmela col trucco sbavato varcarono la porta e andarono via.

Passai l’intera giornata a programmare la nuova assunzione di Salvatore: nulla doveva restare al caso, nulla doveva essere trascurato; per Salvatore il ritorno nella mia ditta avrebbe rappresentato un sostanziale cambiamento per la sua vita e non potevo permettermi errori.

Alle 8 meno un quarto della mattina successiva, puntuale, arrivai in azienda. A quell’ora già c’erano i dipendenti e la fidata segretaria che aveva aperto la sede.

Arrivai, parcheggiai e c’era già anche la Punto di Salvatore, vuota e chiusa, parcheggiata davanti all’ingresso.

Entrai e andai dritto alla scrivania della segretaria:

“Pina buongiorno”

“buongiorno”

con la coda dell’occhio vidi Carmela e Salvatore che dalla saletta d’attesa mi venivano incontro, mi voltai per non vederli e non li considerai.

“Pina, rintraccia il proprietario di quel cesso bianco, quel cesso di macchina parcheggiato qua davanti e fallo spostare. Che andasse a parcheggiare nel cesso con quella merda a 4 ruote”

Pina capì al volo e mi diede corda:

“come vuole signor Antonio, dirò di metterla nel cesso…la merda”

“si! E ricordati di dirgli che se la riparcheggia lì, nel cesso, con la testa, ci finisce lui”

“come una merda?”

“esatto, come un grosso pezzo di merda”

Poi mi girai e andai verso il mio ufficio, passando davanti a loro 2 senza degnarli di uno sguardo.

Giunsi sull’uscio e mi voltai:

“Pina, alle 8 ho un appuntamento con certa gentaglia, un pezzente e sua moglie, fammi la cortesia di farli attendere fino alle 9, magari in piedi, certa feccia non voglio che si segga sulle mie poltrone. Grazie”

“come vuole, signor Antonio”

entrai e chiusi la porta.

 

45 minuti dopo, alle 8 e 30, mi raggiunse Sandro, il mio commercialista, un amico dai tempi delle elementari col quale ero in ottimi rapporti anche privati. L’avevo chiamato il giorno prima e gli avevo spiegato la faccenda.

“Anto’ buongiorno”

“Ue’ Sandro, tutto bene?”

“tutto perfetto. Ma sono loro questi due fuori?”

“si, si, li hai visti?”

“cazzo se li ho visti: lei sta vestita proprio a zoccola, che puttana con quella gonna e gli stivali al ginocchio; lui mi sembra un ritardato…vedessi, sta in piedi davanti alla poltrona d’attesa e guarda fisso il muro.”

“Sandro, preparati perché oggi ne vedrai di cose da meravigliarti. Scommettiamo che vedrai cose che neanche t’immagini?…facciamo i seri che con quei 2 non voglio scherzare: hai portato i contratti?”

Sandro mi passò una cartellina e iniziai a leggere i vari documenti, poi li divisi con ordine sulla scrivania e iniziammo a chiacchierare del più e del meno, aspettando che si facessero le 9.

 

Alle 9 esatte Pina mi chiamò sulla linea interna:

“ci sono due persone per un appuntamento”

“chiedigli se sono la merda e la troia”

“siete la merda e la troia?”

Poi mi disse:

“sono loro, hanno detto di si”

“falli entrare”

La prima ad entrare fu Carmela, indossava un paio di stivali corsari in finta pelle, piuttosto logori con un tacco 10 che le dava un’andatura goffa; pensai che forse non erano suoi gli stivali, forse se li era fatti prestare.

Le cosce erano coperte da un paio di calze nere di medio spessore che si interrompevano un palmo sopra il ginocchio con l’orlo della gonna. Questa era di tipo a portafoglio, nera e dal taglio fuori moda. In vita una cintura e più su una camicetta di cotone piuttosto trasparente. La camicetta era bianca con i bottoncini bianchi aperti all’attacco dei seni. A completare l’opera c’era una collana di grosse finte perle effetto metallo, i soliti orecchini a lampadario e un paio di occhiali da sole che aveva usato come frontino per reggersi i capelli. Il trucco era veramente eccessivo: 2 tinte tra rossetto e matita per le labbra, un paio di colori anche per l’ombretto sugli occhi e sugli zigomi c’era tanto di quel cerone che la faceva apparire abbronzata tanto ne aveva. Logicamente il contrasto tra il colore del viso e il pallore del petto amplificava l’effetto di cattivo gusto che dava in complesso. Volgare, ecco l’aggettivo adatto per Carmela quella mattina: eccessivamente volgare.

 

Entrò Carmela e salutò:

“buongiorno don Anto’, noi stiamo qua”

a seguirla entrò Salvatore: uno spettacolo dell’indecenza.

Salvatore indossava un paio di pseudo snickers che da chilometri ti accorgevi essere una fetente produzione cinese da 10 euro a paio sulle bancarelle. Aveva dei jeans chiari e sporchi, senza forma, che gli cadevano addosso come un sacco. Sopra c’era una maglietta a maniche lunghe, con un orrenda stampa sul peto che si deformava mentre scendeva sul panzone da alcolista che si ritrovava.

I capelli sciatti e sporchi e la barba di una settimana completavano il quadro.

Entrò e muto chiuse la porta.

“dalle miei parti anche le bestie salutano” urlai, lui a testa bassa sembrava confuso e io proseguì:

“bestia tornatene fuori e torna tra un quarto d’ora sa-lu-tan-do quando entri. Capito bestia?” e scandii bene salutando.

Lui si voltò e uscì.

Restammo noi 3.

 

“Carmela buongiorno, tutto bene?”

“si dotto’ e a voi?”

“bene, bene. Vieni qua a sederti che parliamo un pò.” aspettai che si sedesse davanti alla scrivania e feci segno a Sandro di prendere l’altra sedia.

“Carmela lui e’ Sandro, un mio caro amico da tantissimi anni. Sandro e’ anche il commercialista della ditta e sta oggi con noi per farvi firmare i contratti”

“si dotto’, piacere Carmela”

“bene, per prima cosa dobbiamo mettere un po’ in chiaro certe cose: inizia a sbottonarti la camicetta e a toglierti la fede dal dito”

Carmela senza alzarsi posò la fede sulla scrivania e sbottonò tutta la camicetta mostrando i seni pieni e sodi. Sembrava intimorita e sicuramente non era a suo agio per la presenza di Sandro, i suoi occhi erano bassi e di tanto in tanto cercava i miei per avere una sorta di conforto. Quando terminò, tette al vento, dissi:

“Sandro che dici? La camicetta gliela lasciamo…magari solo il quarto e quinto bottone chiusi…la pancia fuori mi piace, a te?”

“Antò sei tu il capo…per me un paio di bottoni possono restare. Certo che ste’ tettone sono uno sballo, sono ancora meglio di come me le hai descritte” e rapido iniziò a toccarle come un porco. Carmela lasciò fare senza battere ciglio.

“allora Carmela, hai sentito? Abbottonati il quarto e il quinto e lascia aperta la scollatura”

Carmela aspettò che Sandro terminasse l’ispezione ed eseguì concentrandosi a non sbagliare nessuna mossa.

 

“Sandro, facciamo la foto per il tesserino” mi alzai e presi la macchinetta digitale che avevo nel cassetto della scrivana, feci girare Carmela sulla sedia ponendola con le spalle alla parete vuota e scattai una foto, poi:

“Sandro scattane una tu” e passai la macchinetta al mio commercialista, mi alzai e raggiunsi Carmela dall’altro lato della scrivania, mi sbottonai i pantaloni e tirai fuori il cazzo. Le strusciai la nerchia sulla faccia e lei apriva la bocca ogni volta che la cappella le passava sulle labbra. Mi guardava interrogativa, secondo me non capiva se doveva prenderlo in bocca o lasciarmi fare, per non sbagliare mi lasciò fare. Aspettai che mi venisse bello duro e le dissi:

“apri bene” e le misi il cazzo in bocca di traverso, creando quel tipico gonfiore con la cappella sulla guancia opposta “Carmela stai che sei una bellezza; sorridi, guarda il fotografo…Sandro scatta!”

“fatto, è venuta naturale”

“perfetto, dammi qua. E tu impara a ringraziare quando ricevi un complimento”

Annuì e disse:  “grazie signor Antonio e grazie signor Sandro”

Scaricai le foto e creai il tesserino di riconoscimento. Era un tesserino double face: da un lato c’era la versione ufficiale con Carmela della prima foto, dall’altro c’era la versione ufficiosa con Carmela della seconda. Stampai e misi il tutto nel porta tessera con la pinzetta da fissare al petto.

“Sandro, fammi la cortesia, mi serve un bel capezzolo duro duro per appendere il tesserino”

Sandro si alzò subito e infilò lesto le mani nella scollatura di Carmela iniziando a torturarle il capezzolo destro. Dopo un pò lo scoprì e mi mostrò il risultato.

“ottimo” risposi “lascio a te l’investitura ufficiale” e porsi il tesserino a Sandro. Lui lo prese e premendo sulla pinzetta l’aprì, poi rovistò nella scollatura e lo fissò sul capezzolo lasciando che il tesserino tenesse aperta la camicetta. Carmela ebbe un sussulto che trattenne a stento, poi si calmò.

“complimenti Carmela…mo’ sei la puttana aziendale, la svuota palle, la troia succhiacazzi che tanto serviva qua dentro. Complimenti Carmela e se vuoi dire qualcosa…”

“grazie dotto’, grazie assai. Che vi devo dire? A me sembra un sogno a stare qua…”

“non ringraziare me, ringrazia Sandro, è sua l’idea di assumervi”

Carmela, senza che nessuno le avesse spiegato nulla, si inginocchiò ai piedi di Sandro e gli sfilò il cazzo dai pantaloni, lo imboccò e con la voce goffa di chi parla con qualcosa in bocca disse:

“grazie signor Sandro”

 

“bene, passiamo al resto”

la feci alzare e le feci notare che la gonna era troppo lunga per i miei gusti.

“Carmela per oggi ti arrangi con quella che tieni: alzatela più sopra, non ci deve stare più di un paio di centimetri tra il culo e la gonna. Da domani ti organizzi con gonne inguinali, d’accordo?”

“si, dottò, scusatemi non accadrà più” poi si alzò e, allentata la cintura, tirò su la gonna di un bel pò coprendo tutto l’ombelico e lasciando tutte le cosce scoperte. “vado bene così dottò?”

“ora si, per oggi può andare, domani organizzati che non mi piaci con la pancia coperta”

poi continuai: “che tieni sotto?”

“mi sono messa un perizoma”

“fammi vedere”

Carmela alzò ancora un po’ la gonna e fece un giro su se stessa mostrando il culo e la figa villosa. Sandro allungò le mani e le pasturò per un po’ il culo e la figa. Carmela quando si sentì tastare aprì appena le cosce agevolando l’ispezione con le dita del commercialista

 

“Carmela vai a chiamare o’ cornuto”

Conciata da vera baldracca Carmela si avviò verso la porta e chiamò il marito.

Salvatore entrò, occhi bassi e sembrava impazzito per la vergogna per come aveva visto conciata la moglie e forse immaginando il suo futuro.

“buongiorno don Antonio”

“brava la bestia, buongiorno pure a te, animale”

la porta si chiuse

“prego, accomodati”

Salvatore si avvicinò e prese posto sulla poltrona.

“Sandro, questa è la bestia, te la ricordi?…la bestia che lavorava con noi…quella che poi è scappata…eccola, ora sta qua la bestia. Qua sta la bestia e ci sta pure quella zoccolona di sua moglie.”

poi provai a calmarmi e ripresi:

“facciamo la foto per il tesserino”

presi la macchinetta e scattai una foto a Salvatore grosso modo con la stessa procedura di prima, poi mi rivolsi a Carmela:

“prendi la fede che ti sei tolta prima, qua sta un nastrino rosa, legala al nastrino e poi vieni da me”

Carmela eseguì sculettando per tutta la stanza, poi si avvicinò:

“caccia fuori il cazzetto di questa merda e lega il nastrino sotto alla cappella”

Carmela mi guardò interrogativa:

“si, Carmela, hai capito bene. Legagli il nastro intorno alla cappella e lascia la fede a pendere sotto, come se fosse una campanella al collo di una pecora”

Carmela incredula eseguì.

Tirò fuori dai pantaloni del marito un cazzetto molle e rintanato, lo scappellò e legò con un doppio nodo il nastro.

Quando ebbe finito si spostò e io scattai la seconda foto. Stampai il cartellino lasciandolo col cazzo fuori dai pantaloni. Quando conclusi mi avvicinai e gli fissai la pinzetta al petto girata dal lato della foto del cazzo.

“vattene fuori che devo prepararti il contratto e visto che stai nudo e fai schifo, ti metti fuori alla porta con la faccia contro il muro. Mi raccomando, non fare entrare nessuno che qui teniamo da fare”

Salvatore in silenzio se ne uscì.

 

Quando la porta si richiuse immediatamente ci fiondammo addosso a Carmela: la mettemmo piegata sulla scrivania e senza troppi complimenti io mi posizionai dietro, mi sputai sulla cappella che mi era rimasta di marmo e spostato il perizoma la penetrai di netto, Carmela inarcò la schiena e si lasciò fottere; Sandro invece l’afferrò per i capelli dall’altro lato della scrivania e tenendola ferma iniziò a scoparla in bocca.

“che zoccola…che zoccola che sei. Sandro, questa e’ un puttanone mai visto…sta fradicia, sta tutta fradicia sta puttana” e intanto la scopavo forte da far spostare la scrivania.

“prendi puttana, prendi”

anche Sandro non si risparmiò:

“lecca, lecca, lecca troia, lecca. Puttana lecca, fammi vedere come lo lecchi puttana” e allentata la presa sulla testa permetteva a Carmela di esprimere la sua arte da bocchinara.

Continuammo a pomparla forte per qualche minuto, personalmente stavo scaricando parecchia tensione accumulata, poi decisi di fare le cose per bene e di godermi tutta quella prima scopata con questa nuova troia.

Iniziai a schiaffeggiarla sul culo e a strizzarle le tette rallentando il ritmo e godendomi ogni affondo. Carmela, di suo, iniziò a muovere il bacino assecondando i miei colpi e facendosi fottere per bene; evidentemente la troia ci aveva preso gusto tant’e’ che i suoi umori iniziarono a colare abbondanti.

Mi chinai un attimo sulla sua schiena e avvicinandomi al suo orecchio le sussurrai: “ti piace vero? Ti piace quando ti fotto come una puttana? E ti piace quando anche mi metto tuo marito sotto i piedi?…già, si vede che ti piace. Stai tranquilla che lo schiaccio quel ricchione, lo schiaccio come una merda e a te ti riempio di cazzo..” Carmela trasalì e si voltò appena per guardarmi, come per un consenso, e con ancora il cazzo di Sandro in bocca mi disse: “sguarratemi…sono la puttana vostra”

Le bloccai la nuca e le ruotai la testa rispondendole: “pensa a succhiare troia”.

Aumentai il ritmo e la sentì venire. Venne che muoveva il bacino per prendersi tutto il piacere, venne muovendo il culo per farselo entrare fino alle palle. Venne soffocata col cazzo in bocca, ma venne. D’un tratto iniziò a vibrare e i mugugni soffocati si fecero sentire.

Sandro non si trattenne e le verso parecchia sborra in gola. Lei fu presa alla sprovvista e di colpo serrò le labbra cercando di non far cadere niente. Quasi si strozzò ad ingoiare tutto e ripulì il cazzo lasciandolo impregnato della sua saliva.

Sandro finì di pulirsi il cazzo su i suoi capelli e le abbassò la testa per farle pulire le poche gocce di sborra cadute sulla scrivania, poi si ricompose e si allontanò lasciandomi pompare da solo.

 

A questo punto decisi di fermarmi, ero vicino all’orgasmo ma volevo un’altra occasione per umiliare Salvatore.

Uscii senza preavviso dalla sua figa lasciandola riversa sulla scrivania, mi andai a sedere e la chiamai. La feci sedere sopra di me dandomi le spalle a smorza candela. Le infilai una mano in mezzo alle cosce e iniziai a giocare col clitoride, con l’altra le abbassai la gonna per coprire il tutto.

Chiamai la segretaria:

“Pina fallo entrare” e poco dopo la porta si aprì.

Salvatore entrò e sgranò gli occhi: davanti a se, dietro la scrivania, la moglie sedeva sulle mie gambe con una mano era infilata sotto alla gonna mentre con l’altra giocavo con un seno dentro alla camicetta. Non mi vedeva, in parte ero nascosto sotto il corpo della moglie che puntellatasi con le mani sulla scrivania ritmava la scopata.

 Sull’altra poltrona il commercialista si godeva la scena.

“posso dottò?”

“entra e chiudi”

Si avvicinò e rimase in piedi a guardare la moglie che muoveva il bacino e ansimava. Le diedi un colpo e li rallentò, trovai la concentrazione necessaria e dissi:

“Salvatore, sulla scrivania ci sta il tuo contratto, firmalo e sei assunto un’altra volta. Il contratto dura un mese e te lo rinnovo di un altro mese tutte le volte che Carmela verrà a lavorare. Quindi per me se vieni con Carmela puoi stare tranquillo che il lavoro lo tieni. Lo stipendio e’ quello base e gli straordinari li riconosco solo a Carmela” nel dire queste parole sfilai la mano dalla camicetta della moglie e le sollevai la gonna, il tempo di fargli vedere il cazzo nella figa e le dita sul clitoride e ricomposi il tutto.

Salvatore ci rimase male a vedere la figa della moglie infilzata sul mio cazzo, con gli umori che colavano e con lei che reclinava la testa presa dal piacere.

“lavorerai nel cesso, tutte le 8 ore le passerai a pulire i cessi. Almeno per i primi mesi farai questo, poi si vedrà. Anche la pausa mensa la passerai nel cesso. Mi sembra di averti detto tutto. Ah no! Dimenticavo. Vedi che c’è un altro foglio, e’ un altro contratto. Questo contratto e’ per certe regole che devi tenere: la prima è che ti scordi di fare il maiale con Carmela, da oggi niente sesso. La seconda e’ che accetti ogni mia volontà nei tuoi confronti, sia in fabbrica sia a casa tua. Terza cosa: Carmela non e’ più roba tua, Carmela è mia. Tu ti dovrai preoccupare solo di mantenerla e di salvare le apparenze. Chiaro? Firma e vattene a lavorare che qua teniamo da fare”

Mentre parlavo Carmela si era alzata sulle punte dei piedi e aveva iniziato a pomparsi con più vigore il cazzo nella figa, tant’e’ che fui costretto a lasciare il clitoride. Parecchi umori colarono dalla sua figa sporcandomi le gambe.

Salvatore si avvicinò e firmò prima il contratto vero, poi l’accordo tra noi due. Quando si rimise in piedi, Sandro si alzò e avvicinatosi esclamò:

“si sta arrapando…”

sbottai:

“e quello è un ricchione, è un frocio impotente, e’ normale che si arrapa. Tutti i ricchioni froci impotenti quando vedono la moglie a fottere si arrapano. Che cazzo volevi Sandro che questo cornutone non si arrapasse…”

Mi alzai e piegai la moglie sulla scrivania iniziando a pompare forte, ero vicinissimo a venire:

“girati cornuto, girati faccia al muro che fai schifo…tua moglie a fottere e tu ti arrapi…fai schifo cornutone…faaaiii   schiiifffooo” ancora pochi colpi assestati bene e venni, venni forte. Tenevo Carmela bloccata per i capelli, offendevo Salvatore e le versai tutto il carico di sborra nella figa. Anche Carmela venne, forse per la seconda o terza volta, mugugnando e ansimando.

Venne e si accasciò sulla scrivania aspettando che io terminassi di pomparle gli ultimi schizzi in fondo alla cervice, poi quando finì ed uscii si volto e mi sorprese:

“che cazzo ca tenite don Antò, che cazzo…mamma mia che chiavata, mamma mia. Posso pulire don Antò?” prese a pulire con la bocca tutta l’asta pulsante. Salvatore aprì la porta e col cazzo dritto, il fiocco rosa e la fede in bella mostra e uscì.

 

Sandro andò via una mezz’ora dopo, prima però provò una spagnola con Carmela; la posizionò sulla poltrona e si mise col cazzo tra le tettone e cappella in bocca.

Quel porco la costrinse a farsi riempiere di ringraziamenti mentre se la fotteva:

“grazie, grazie di cuore, che persona gentile che siete, che bel contratto ci avete regalato” poi rincarò la dose:

“cacciate, cacciate fuori tutto, cacciate che ci sta a’ troia vostra a svuotarvi le palle” a queste parole Sandro non si trattenne e le sborrò sul collo imbrattandole parte del viso. Carmela subito scese dalla poltrona e si mise in ginocchio, raccolse le tette tra le mani e aprì la bocca tirando la testa indietro: aspettava la pisciata. Sandro non lo capì e le infilò il cazzo in bocca per farsi pulire. Poi si riassettò, salutò e andò via.

Io, nel frattempo, misi in ordine i documenti e quando restai solo con Carmela la feci alzare e uscimmo dalla stanza.

Usciti dal mio ufficio io e Carmela ci trovammo davanti alla porta dell’ingresso in officina. Da qui se giravi a destra entravi nella saletta con le scale che scendevano nel seminterrato dove c’erano i bagni, il locale mensa e il magazzino. Scendemmo le scale rapidamente, io la precedevo e lei, in bilico sui tacchi, avanzava tenendosi al corrimano più lentamente.

L’attesi e mi raggiunse davanti alla porta dei cessi:

“Carmela, guarda che soddisfazione ti dà tuo marito…devi essere proprio fortunata…guarda  una merda che pulisce i cessi…ridicolo, roba da uscire in televisione” e risi.

Carmela si sporse con la testa e vide il marito carponi che strofinava con la retina un gabinetto, poi rise e mi guardò, nel frattempo le allungai discretamente una mano in mezzo alle cosce e trovai una figa piena di umori; sempre più mi convincevo che Carmela provava un certo piacere nell’umiliare il marito e che forse solo la preoccupazione di accontentarmi per non perdere il lavoro non le faceva prendere iniziativa. Sta di fatto che per tutto il tempo che passammo davanti alla porta dei cessi la mia mano le esplorò entrambi i fori e il suo mordersi le labbra era la conferma di quanto pensavo.

 

“Salvatore alzati che devi fare una cosa”

ordinai e lui si alzò; notai che aveva ancora il cazzetto di fuori con il nastrino e la fede, non l’aveva riposto nei pantaloni e la cosa mi fece piacere. Pensai che anche a lui, cornuto e frocio, il mio trattamento doveva piacere.

“Ascoltami che ho da fare e non posso perdere tempo a spiegarti le cose, chiaro? Se capisci e bene, altrimenti lì sta la porta e ciao, intesi? Allora: Carmela ha bisogno di una rinfrescata. Guarda qua, la vedi la sborra che cola sulle gambe? La vedi? Cola dalla figa” e le alzai quei pochi centimetri di gonna, mostrandogli la farcitura che le avevo depositato poco prima, inevitabilmente vide anche le mie 2 dita che esploravano il buco della moglie estremamente dilatato. L’ afferrai per le orecchie e lo spinsi contro la figa fermandomi quando sentii il suo naso toccarmi la mano esploratrice; poi continuai: “guarda, la vedi? Sta pure sul collo e sulle tette, visto?” e mostrai le tette di Carmela completamente glassate dal servizio di Sandro scostandole la camicetta con le l’altra mano. “Allora ascoltami: pulisci tutto, lecca tutto prima con la lingua per bene e poi la lavi sotto alla doccia, chiaro?”, annuì. Poi mi rivolsi a Carmela: “fatti lavare tutta che ti voglio fresca per la pausa pranzo e vedi di farti portare dei ricambi stesso stamattina, chi ci sta a casa a quest’ora? Chi può portarli?”

“ci sta mia mamma e forse…no, sta solo mia mamma”

“fatti portare qualcosa, tipo una vestaglia o un babydoll. Tua madre viene, ti consegna la roba e come e’ venuta se ne va. Intesi? Ci vediamo alle 13” e li lasciai.

 

Alle 13 esatte iniziava la pausa mensa, io ero nel mio ufficio davanti all’armadio dell’archivio dei modelli, sistemavo dei disegni e non mi accorsi dell’ora. 

Puntuale Carmela si fece annunciare da Pina ed entrò. Aveva indossato una minigonna inguinale rossa, grosso modo come una fascia elastica di neanche 15 centimetri che avvolgeva, in parte, solo il culo; sembrava una sorta di scalda collo usato come gonna, aderente e fasciante. Sopra aveva messo un top con le bretelline sottili e dei bottoncini piccoli piccoli che nulla potevano sulla grossa scollatura. Calzava gli stivali della mattina e aveva tolto il tesserino dal capezzolo per metterlo sull’orlo del top.

“don Anto’, scusatemi, e’ l’ora della mensa e io sto qua”

“entra, entra, che hai combinato?”

dissi tranquillo alludendo al nuovo abbigliamento e al tesserino.

“don Anto’ mi dovete scusare ma mia madre non ha..”

“stop, stop, stop” interruppi le sue spiegazioni e continuai: “come ti sei permessa di toglierti il tesserino, troia ti ho autorizzato a spostarlo?”

lei capì subito e venne verso di me abbassandosi in ginocchio, spalancò la bocca e attese. Mi avvicinai e staccato il tesserino mi abbassai anch’io, rovistai in mezzo ai peli della figa e lo appuntai sul clitoride. Lei urlò di dolore, dolore e forse piacere perché restai con la mano intorno alla figa qualche momento e quando la ritrassi la trovai umida. Lei continuava a mugugnare per il dolore, mi alzai e la lascia fare. Tirò fuori il cazzo e si imboccò, attese che i mugugni diventassero silenzi di rassegnazione e poi con la bocca piena iniziò a parlare: “scusatemi don Antonio…non accadrà più…il tesserino resterà…dove voi volete…che resti. Mia madre…non ha trovato niente…nell’armadio….non sapeva dove… mettere le mani…tra le mie cose…così mi sono fatta portare…questa roba pulita…Ho fatto bene?”

 

Annuì e chiesi: “ti ha pulito Salvatore?” lei senza interrompere il pompino, intervallando un affondo e una frase  disse: “si…mi ha pulita…come avete detto…voi. Prima…ha leccato tutto…dalle cosce…e io gliel’ho messa…in faccia…per farmi pulire…dentro, poi…e’ passato alle zizze…che la sborra era più fresca…e ha leccato tutto…Don Anto’…gli ho detto di ingoiare…e quando ha finito…gli ho detto di…tornare sotto…perché mi sentivo…ancora sporca…e gli..ho pisciato…in faccia…ho fatto bene?”

era divina mentre succhiava e parlava e l’alternanza mi stava facendo un grandioso effetto alle palle e al cazzo.

“hai fatto benissimo”. Lei proseguì con la stessa tecnica: una frase e una leccata, come a parlare con un gelato in mano.

“don Anto’…sapete una cosa?…forse e’ come dite voi…Salvatore e’ ricchione…pensate…mi puliva e si arrapava…mamma mia…come e’ buono sto’ cazzo vostro…e poi non so se…avete notato…ma lo tenete più grosso…di quello di mio marito…come mi piace…il cazzo vostro”

Carmela ci sapeva fare, tirava fuori il meglio di se con il cazzo in bocca: sapeva muovere la lingua, sapeva morderlo, sapeva pomparlo e sulla scelta dei tempi era perfetta. Sentirla parlare mentre sbocchinava era un’esperienza assurda.

La fermai e sfilato il cazzo dalla bocca lo appoggiai sulla sua testa con le palle a stare davanti agli occhi. Carmela si sentì disorientata e resto immobile.

“afferralo” le ordinai e lei portò le mani sulla testa bloccando il mio cazzo; io cominciai a strusciarmi e lei a muovere il capo, ne venne fuori una sorta di spagnola col cazzo in testa. Dissi: “stai sotto, vedi? Lo vedi che stai sotto?” lei annuì, aveva capito il messaggio; poi continuai “Carme’ non permetterti mai più di contraddirmi che non te la caverai sempre così. Sarai punita. Stasera a casa ti farai sculacciare da tua madre, come una troia che non è capace di fare neanche la troia. 10 colpi col cucchiaio di legno e voglio vedere i segni domani mattina, chiaro? Naturalmente le spiegherai tutto e le dirai che hai sposato un verme che ti ha messo in questi casini. Intesi?” Annuì e io mi staccai e andai a sedermi “vieni a finire il lavoro, puttana”. Da seduto la feci inginocchiare in mezzo alle mie gambe e sollevatole il top la feci riprendere a sbocchinare. Carmela iniziò subito a strusciarlo tra le tette, la cappella la sbatteva sui capezzoli e la muoveva tra il seni. Divina.

Quando capì che stavo per venire infilò tutto in gola e senza aiutarsi con le mani si fece eruttare il carico di sborra direttamente sulle tonsille. Poi fece la solita pulita alla mazza e ingoiò tutto.

Mi guardò, forse contenta della punizione perché scherzosa disse in dialetto: “comme e’ bravo o’ padrone mio, me fa fare pure l’aperitivo e me fa imparà l’educazione da mammà”

Ci alzammo e uscimmo dall’ufficio dirigendoci verso la stanza della mensa.

 

In fondo al corridoio, oltre i cessi dove Salvatore stava mangiando un panino, c’era la stanza della mensa. Cinque tavoli e una trentina di sedie, microonde e un fornello elettrico, beverino con l’acqua e televisore.

Passando davanti ai cessi mi fermai e chiamai Salvatore, ora era il suo momento.

“Salvatore vieni con me”

lasciò il panino sulla tavoletta di un water e mi seguì, più dietro c’era Carmela.

“tirati sto’ cazzetto dentro e aggiustati il cartellino che ti devo presentare ai tuoi colleghi”

Salvatore eseguì sotto lo sguardo mio e della moglie: scostò le mutande e infilò il cazzo dentro con tutto il nastro e la fede, poi sistemò il cartellino dal lato della foto umiliante.

Entrai nella mensa e feci segno a loro due di aspettare fuori.

I dipendenti mi accolsero con un saluto in coro, qualcuno mi offrì il suo pranzo, altri si chiesero che ci facessi a quell’ora lì.

“state, state ragazzi, vi rubo poco tempo. Qualcuno di voi già se ne sarà accorto, qualcuno altro forse no, sicuramente chi ha usato i bagni in officina non ha visto niente. Ebbene oggi c’è un nuovo collega, nuovo per modo di dire perché già e stato da noi e non ha lasciato un buon ricordo, tutti lo conoscete. Questa persona e’ il nuovo addetto alla pulizia dei cessi, il posto migliore per tenere una merda di persona di quella portata. Quindi, senza perdere tempo, vi chiederei di chiamarlo, tutti insieme, facciamo un bel coro…CORNUTONE…CORNUTONE…CORNUTONE. ” man mano si unirono tutti al coro capendoci poco; servirono un altro paio di CORNUTONE, alla maniera coro da stadio e Salvatore comparve sull’uscio.

Applauso e giubilo generale. “ma e’ Salvatore” “Salvato’ quanto tempo, ma che fine hai fatto? Ancora non ti sei ucciso” “ue’ Salvatore, la buon anima, come fai schifo. Schifo facevi e schifo fai” “olè e’ tornato Salvatore, Salvatore o’ cornutone. Monnezza!” e risa collettive, pacche sulle spalle e schiaffi dietro alla nuca. Salvatore percorreva la stanza assecondando l’ilarità dei colleghi con qualche sorriso e cercando le strette di mano; ricevette sberleffi e offese e gesti di corna con le dita.

“ragazzi, ragazzi, calmatevi che c’è dell’altro.” attesi l’attenzione e proseguì: “insieme a Salvatore, diciamo per…per tirare un pò su il morale e non solo quello, ho deciso di assumere anche la signora di Salvatore. Quindi, comportandovi come sapete di certo fare perché vi presento la signora Carmela”

Carmela entrò subito, senza farsi acclamare e percorse grosso modo lo stesso tragitto del marito nella stanza. Per lei ci furono applausi e da subito parole di apprezzamento: “azz Carmela comme si bona” “mamma mia che puttana” “Salvatò tu non tieni una moglie, tu tieni una ditta di succhia cazzi per mogliera” “dotto’ con Carmela in fabbrica ci pagate a bocchini?” “Carmela, io avanzo 50 euro, vedi quello che devi fare” Carmela si trovò in poco tempo accerchiata dai 20 suoi nuovi colleghi; partirono le prime mani, soprattutto in mezzo alle cosce dove la microgonna lasciava parecchia libertà. Il tesserino cadde e Carmela gridò per il dolore, poi fu raccolto e me lo feci consegnare. Molti colsero l’occasione di strusciarsi il pacco sul suo culo e qualcuno passò in rivista le tettone, stringendole a piene mani e dicendole “quanto sei bona”.

Salvatore fu praticamente esiliato dal gruppo che, chiuso a cerchio intorno alla moglie, lo escludeva tenendolo da parte; così fu che lo raggiunsi e mettendogli un braccio intorno al collo lo trascinai verso la moglie.

“aspettate aspettate, che ci pensa Salvatore a mostrarvi la signora”, poi mi rivolsi a Carmela: “sali su quel tavolo e fatti ammirare tutta; Salvato’, aiutala a salire”

Salvatore ingenuo le porse la mano e si fece largo tra i colleghi raggiungendo il tavolo. Qui Carmela si fermò:”tengo la gonna, aiutami” e Salvatore provò a prenderla in braccio.

“idiota, vedi che non ci riesci, devi metterti a quattro zampe e lei ti sale sulla schiena” urlai. Salvatore con lo sguardo basso si chinò e presa posizione consenti a Carmela di usarlo come pedana. Vidi chiaramente i tacchi appuntiti entrargli nelle costole e la sua faccia assumere un’espressione di sofferenza.

Pietro, uno dei ragazzi più vivaci aiutò Carmela tenendola per le chiappe e quando questa fu al sicuro sul tavolo diede un calcio nel culo al marito che intanto si rialzava. Salvatore perse l’equilibrio e andò a sbattere con la faccia a terra.

Intanto erano partiti i coro: “ollellè ollallà faccela vede’, faccela tocca'” e Carmela come su un cubo da discoteca iniziò ad ancheggiare e ballare, applaudendo e facendo più casino dei colleghi. Alla fine Salvatore riuscì a salire sul tavolo e si mise di fronte alla platea. Scese il silenzio.

“vai Salvatore, facci vedere la puttana, facci vedere come è fatta quella zoccola di tua moglie”

Salvatore sudava freddo e iniziò a balbettare qualcosa: “carissimi” fu l’esordio e seguirono risa e una sonoro pernacchia. Uno, non capii chi, gli sputò addosso. Salvatore aggiustò il tiro: “colleghi, questa e’ mia moglie Carmela” e la prese per mano facendola girare di un giro completo. “44 anni, moglie e madre”

“facci vedere, che cazzo me ne frega di quanti anni tiene”

“un attimo, un attimo…queste sono le tette di mia moglie” e l’aiutò a sfilarsi il top. Le tette balzarono fuori e fecero un paio di rimbalzi per poi fermarsi. La platea era eccitatissima. “questo e’ il culo di mia moglie” e girandola di spalle le sollevò quei pochi centimetri di gonna.

“salvato’ e quelle 5 dita sono la mano mia” urlò un ragazzo riferendosi ai segni rossi sulle chiappe della moglie. Le risate seguirono forti. Poi Salvatore voltò ancora Carmela e alzandole la gonna dal davanti spostò il perizoma mostrandole la figa” e questa e’ la sua passera”. “Salvato’ e quel buco largo e’ opera di don Antonio, di’ la verità”. Salvatore imbarazzato richiuse il sipario.

Carmela lo guardo e a denti stretti gli disse: “Toto’ quanto sei stronzo, fai schifo pure a mostrare tua moglie” e da sola si sfilò gonna e slip rimanendo a ballare sul tavolo solo con gli stivali.

A quel punto intervenni: “ragazzi vi piace Carmela?” “siiii” in coro e cavalcai l’onda di consenso “che dite, facciamo vedere a Carmela quanto vi piace? Forza, fuori i cazzi e fate vedere il vostro gradimento” i ragazzi restarono attoniti, poi capirono che facevo sul serio e uno ad uno tirarono fuori i loro cazzi iniziando a smanettarsi lentamente.

Ci fu qualche secondo di silenzio e ripresi il controllo della situazione, ora iniziavo il gioco che più mi piaceva: schiacciare, annullare Salvatore.

Feci segno a Carmela di scendere: “vieni, vieni a conoscerli tutti” Carmela scese con l’aiuto del marito e quando fu a terra si trovò i colleghi messi a semicerchio con i cazzi fuori dalle mutande a smanettarsi.

“avanti Salvatore, fai tu le presentazioni che li conosci tutti e voi ragazzi, quando vi presentate, dite pure la cifra dei soldi che avete prestato a sto’ coglione, così Carmela si organizza” dissi e gli indicai un lato da dove partire.

Salvatore si spostò verso il primo e Carmela lo seguì.

“Lui è Giacomo, fa il confezionamento”

“piacere Carmela” e istintivamente, cercando la mano da stringere per il saluto, lo afferrò per il cazzo e lo scappellò un paio di volte. Giacomo trasalì e disse: “e nu’ bacetto non me lo dai? Io devo avere 20 euro” Carmela spostò una ciocca di capelli si chinò prendendo la cappella in bocca; seguì una bella limonata con tanto di smack finale e lasciato il cazzo si spostò oltre. Giacomo tirò fuori una penna dalle tasche e bloccata Carmela le scrisse sul culo “GIACOMO 20 EURO”

Arrivarono al secondo e Salvatore fece la presentazione: “lui e’ Filippo, sta in produzione” Carmela stavolta non si fece chiedere nessun bacio e subito china limonò il secondo cazzo. Anche Filippo disse che doveva avere dei soldi dal marito e le scrisse sul culo “FILIPPO 35 EURO”.  Di seguito Carmela  assaggiò tutte le cappelle mentre i suoi colleghi continuavano a segarsi e a scriverle le cifre dei debiti sulle chiappe.

Notai Vittorio che era tra quelli col debito più alto: scrisse “VITTORIO 110 EURO” facendo capitare lo zero di 110 giusto nel buco del culo dove spinse forte la penna. Carmela urlò forte e lui le rispose: “così te lo ricordi meglio chi sono e quanto devo avere, che sono 4 anni che aspetto, puttana”. Carmela si rimise il cazzo di Vittorioin bocca e gli disse “sto qua apposta…dammi tempo…che ti ripago”

 

Quando i primi diedero segno di essere vicini all’orgasmo mi venne un’idea: “Salvatore prendi quella scodella, Carmela inginocchiati.”

poi mi rivolsi ai ragazzi: “oggi e’ una giornata particolare, e non sarà sempre così, intesi? Ora, man mano che state venendo, andate da Carmela, ci pensa lei, chiaro?” poi di nuovo verso di lei: “tu non ingoiare, sputa tutto nella ciotola”

il primo a farsi avanti fu Mario che appoggiando una mano sulle spalle di Salvatore e fissandolo negli occhi riversò il succo delle palle nella bocca di Carmela. Ricordai che tra i due c’erano stati degli screzi piuttosto violenti e quel fissare Salvatore mentre sborrava nella gola della moglie dava tanto l’impressione di una vendetta.

Carmela sputò e invitò un altro: “prego, chi è il prossimo, ho sete..” si fece avanti Filippo, il secondo ad essere presentato; pretese un paio di stantuffate in bocca e venne senza neanche toccarselo più dicendole “bevi, bevi puttana che è fresca di giornata”.

Salvatore, quando la moglie si girò verso di lui, le porse la ciotola e lei, guardandolo fisso con le guance gonfie di sborra, sputò il contenuto. Poi si passò la lingua sulle labbra e disse: “alla faccia tua. Ricchione puliscimi la bocca con la tua maglietta e pulisci pure a loro, che sborra saporita che tengono, è un peccato a buttarla così”. Fu così che Salvatore fu costretto dalla stessa moglie ad asciugargli i rivoli di sborra che le colavano dalla bocca e a nettare i cazzi dei suoi colleghi quando avevano finito di godere.

Il tutto durò fino alle 2 meno dieci, quando tutti ebbero sborrato.

I ragazzi presero a rassettare le loro cose commentando e complimentandosi a vicenda, da lì a pochi minuti sarebbero tornati a lavorare.

Salvatore lo misi con carta e penna in mano a trascrivere gli importi leggendoli dal culo della moglie che stava a pecora per lo scopo. Ebbi modo di abbassarmi e fissarle il tesserino sulle labbra della figa; stavolta non si lamentò.

Poi dissi: “Salvatore e tu non sborri?” tutti si voltarono e lo fissarono.

“io non posso” disse sommesso.

“e perché?”

“perché tengo…tengo…”

“che hai che non puoi sborrare? Facci vedere”

Salvatore si calò i pantaloni e le mutande. Uscì un cazzo dritto e duro con il fiocco e la fede.

Ci fu una risata generale. Gli feci segno di riprendersi la ciotola e dissi: “stai bello arrapato, vero porco? Bravo, che bravo maritino che sei, la tua signora succhia 20 cazzi e tu col fiocchetto rosa ti ecciti. Bravo, sei proprio un bravo maritino frocetto, non e’ vero ragazzi?” consenso generale. “hai visto quanta sborra fa produrre Carmela? Hai visto? E hai visto pure quanti debiti tieni? Si? stammi a sentire frocetto: è meglio che ti ammazzi che la vedo dura per te” lui annuì e, mentre lo fece, con un colpo improvviso sotto alla ciotola gli versai il contenuto sulla maglia. Subito fu imbrattato e bagnato del seme raccolto.

La colatura di sborra partiva dal petto e arrivava sui pantaloni e sulle scarpe. Salvatore in silenzio si sedette a terra rannicchiandosi con le gambe al petto. L’avevo vinto, l’avevo dominato, ma era solo l’inizio.

Il pomeriggio passò senza troppi intoppi: i ragazzi lavorarono in officina tranquillamente, Salvatore sparì dietro alla porta dei cessi senza farsi vedere e Carmela restò tutto il tempo nel mio ufficio. Le diedi un armadietto, di quelli a due ante in metallo, e le consegnai le chiavi del lucchetto: “Carme’ qui ci metti le tue cose per cambiarti. L’intimo, i vestiti e le scarpe, tutto deve stare qui dentro in ordine e pronto all’uso. Portati pure dei cosmetici e dei profumi; devi stare sempre in ordine, intesi?”

Carmela capì al volo e iniziò a sistemare le poche cose che al momento aveva, poi prese un foglio e trascrisse tutti i debiti che aveva con i colleghi; mise in colonna i nomi e in corrispondenza gli importi da restituire. Attaccò il foglio all’interno dell’anta e mi disse: “così ogni mattina mi ricordo anche del debito”

“fai bene a tenere il conto, quelli in officina potrebbero imbrogliarti”

“già!” e attaccò l’ultimo angolo del foglio di carta.

 

Alle 17 esatte la sirena avvisò la fine della giornata di lavoro e i ragazzi andarono via.

Quando l’ultima auto partì dal parcheggio dissi a Carmela di andare a chiamare il marito e andare via, ci saremmo rivisti il giorno dopo puntuali alle 8.

Carmela salutò, forse incredula, forse pensava di doversi concedere ancora una volta, poi notò la mia indifferenza e andò via.

 

Il mattino dopo alle 8 ero puntuale in ufficio, Carmela era ad aspettarmi nella saletta d’attesa, evitai di guardarla e proseguii; di Salvatore non c’era traccia. Entrai e salutai la segretaria: “buongiorno Pina”

“giorno”

“dove sta?”

“se n’è andato diritto ai cessi”

“perfetto, mi porti un caffè? Anzi, fammelo portare da quella baldracca, da oggi è lei l’addetta al mio caffè” e mi avviai verso l’ufficio.

 

Tempo 5 minuti e bussarono alla porta:

“avanti”

La porta si aprì ed entrò Carmela radiosa come non mai. Aveva indossato una gonna grigia a righe strette e nere, cortissima, che andava oltre le mie più rosee aspettative: praticamente la figa era un centimetro sopra l’orlo della gonna. Le calze con la fascia autoreggente in totale bella mostra, avevano la riga nera nella parte posteriore. Ai piedi aveva delle decolté che non erano quelle del giorno prima perché coperte di strass sul tacco. Sopra aveva una maglia con lo scollo a V, bella vaporosa e ampia, con i capezzoli turgidi che gonfiavano il tessuto e marcavano la loro presenza. Il cartellino l’aveva sul capezzolo di destra e l’aveva appuntato da sopra alla maglia. Il trucco era molto più marcato del giorno prima, soprattutto sugli occhi, e le tonalità erano quelle dei grigi e dei blu. Gli orecchini a cerchio di diametro immenso e oggi non aveva gli occhiali a fare da frontino, ma aveva lasciato i capelli sciolti sulle spalle. Vestita da zoccola, zoccola e volgare, ecco la sintesi.

 

“don Antò buongiorno, vi ho portato il caffè”

e avanzò mal ferma sui suoi tacchi troppo alti e troppo sottili. Ancheggiava goffamente ma l’impegno era da premiare.

Le andai incontro:

“buongiorno, tutto bene?”

e presi la tazza dalle sue mani, lei si sistemò i capelli dietro l’orecchio liberando una scia di pessimo profumo femminile, si abbassò in ginocchio e rispose:

“tutto bene don Antò. Permettete che inizio a lavorare?”

feci un segno col capo e risposi mentre già tirava fuori il cazzo: “brava, così devi comportarti. Succhia troia, succhia.”

Avida ed energica prese a pomparsi il cazzo in gola, poi mi guardò e sapendo che avrei apprezzato cominciò a parlare:

“come e’ buono…il cazzo vostro don Antò… E’ gustoso…tiene un sapore buono” e si lasciò andare in una serie di pompate molto veloci ricoprendo l’intera nerchia di tanta saliva, evidentemente era in apnea e per quei lunghi secondi di rapide pompate tacque. Poi rallentò, prese aria e disse: “vi piace quando faccio…lo yo-yo?…Sono brava?…A me…quando faccio così…mi sembra di essere uno yo-yo…che sale e scende veloce…veloce” e riprese, ad occhi chiusi con quella pazzesca serie di poco prima. Non mi feci sfuggire l’occasione e le piantai una mano aperta sulla nuca e le diedi un ritmo ancor più veloce. Non durò molto e si staccò per prendere fiato.

Iniziò a lavorare di mano e a guardarmi mentre se lo passava sul viso:

“don Antò, la volete sapere una cosa?”

disse mentre io posai la tazza sulla scrivania, attesi qualche altra smanettata e mi staccai facendole segno di mettersi a pecora sulla scrivania.

“che e’ successo?…Salvatore ci ha provato ieri sera? Voleva fotterti?”

“no, no, anzi…”

“anzi che?…” e scostandole il perizoma iniziai ad ispezionarle la figa con 2 dita. Era già fradicia la troia e forse l’averla girata a pecora era stata per lei un’ottima scelta.

Continuai la mia ispezione standole alle spalle e, lasciando i suoi umori a colarmi sulla mano, attesi che mi rispondesse:

 “don Antò…ieri mio marito…si e’ fatto infilare da me…di tutto..nel culo” io ispezionavo e dilatavo e lei  parlava, poi riprese: “diceva…meglio che mi abituo…don Antonio prima o poi…pure me lo mette…in culo. Meglio che mi abituo” e le dita nella figa diventarono 3, poi non mi trattenni e afferrai il cazzo dirigendolo verso la figa.

Senza intoppi entrai in un sol colpo, lento e profondo che le smorzò le parole in gola.

“e che gli hai messo?” riuscii a chiedere mentre la pompavo piano. Lei si mordeva le labbra e prese una mia mano, quella che l’aveva ispezionata e, ancora sporca di umori, la portò alla bocca. Mezza  voltata iniziò a leccarla.

Con le miei dita in bocca disse: “prima…una spazzola…il manico di una spazzola…ma non entrava…poi una carota…doppia…doppia…ci vorrebbe il…cazzo vostro don Antò…in culo a Salvatore” e si lasciò andare venendo con parecchi mugugni e gridolini. Si puntellò su entrambe le braccia e, completamente presa dal suo piacere, si lasciò andare.

Anche io non mi trattenni, quella troia di Carmela aveva la capacità di mandarmi fuori di testa; l’afferrai per i fianchi e in pochi colpi la riempii di seme. Lei assecondò i miei colpi finali con un meraviglioso movimento del bacino, in pratica roteava i fianchi facendosi arrivare la cappella alla cervice e le palle a sbattere contro l’esterno della figa. Venni e le versai parecchia sborra nel profondo del suo ventre mentre le mie mani le lasciavano dei segni rossi sui fianchi.

Mi venne un’idea: lesto le sfilai il cazzo e le chiusi il perizoma sul buchetto, le spostai una mano sulla figa alla maniera di tappo e le dissi: “vai a farti pulire, corri che la perdi tutta”

Carmela chiese il permesso per uscire e si incamminò rapida camminando sulle punte a piccoli passetti, come chi si trattiene dal pisciarsi addosso. La seguii e la vidi correre in questa maniera goffa e ridicola mentre attraversava l’officina con una mano in mezzo alle cosce e l’andatura saltellante sulle punte.

La sentii anche chiedere: “dove sta quel cornuto?” e l’officina chiedergli: “che c’è Carmè? Ti serve una mano?” e lei rispondere” mi serve o’ cornuto, mi deve fare il bidet” e tutti a ridere. Sparì dietro la porta dei cessi e io tornai in ufficio.

 

Dopo una quarantina di minuti Carmela tornò in ufficio, bussò, attese ed entrò.

Durante la sua assenza avevo ispezionato l’armadietto e avevo notato parecchi capi interessanti: c’erano delle microgonne ma anche degli hot pants, un bel pò di intimo e 4 paia di scarpe. Colsi l’occasione per sistemare in un cassetto interno alcune cose che avevo portato da casa: misi all’interno del cassetto un collare di pelle nera con un grosso anello che univa le 2 metà da una parte e la classica fibbia dall’altra, completai il corredo con un guinzaglio abbinato. Più dietro, nel cassetto, sistemai una scatoletta di cartone con all’interno un costrittore fallico che si chiamava Jail. Il costrittore l’avevo preso il pomeriggio prima in un sexy-shop, mentre rincasavo, mentre il collare era un accessorio molto gradito di una mia ex.

Carmela mi vide con le mani tra le sue cose, notò il guinzaglio e il collare e mi guardò interrogativa. Feci finta di niente e stemperai la tensione.

“ti ha pulita?”

“tutta don Antò, gli ho fatto leccare tutto, anche il perizoma mi sono fatta pulire”

“ha gradito?”

“don Antò sembrava un pazzo. Gli ho detto tiè don Antonio ti manda il caffè e gli ho messo la figa in faccia, lui ha chiuso gli occhi e per poco non mi faceva venire. Io lo chiamavo ricchione e frocio e lui…e lui…si è segato”

“ah! Si è segato?!?”

“si, mi ha detto di non dirvelo. Mò sta fottuto dalla paura…”

“lo teneva il nastrino con la fede?”

“si!”

Tirai le mie conclusioni e dissi a Carmela sparire, avrebbe aiutato Pina fino all’ora di pranzo.

 

Alle 13 esatte Carmela mi portò il pranzo e mangiammo insieme in silenzio, io alla mia scrivania e lei su una sedia. Passarono neanche 10 minuti e Pina mi annunciò che c’erano dei dipendenti che volevano parlarmi. Li feci passare.

Entrarono in 3 chiedendo permesso e salutando.

“don Anto’ permettete il disturbo per 5 minuti, teniamo una cosa da dirvi”

Posai il panino:

“e’ successo qualcosa?”

“no, no, tranquillo capo. Volevamo parlare di Carmela e di…quel pezzo di merda nel cesso”

“ah, allora e’ una cosa importante. Sedetevi ragazzi e ditemi”

Mi alzai e feci loro segno di prendere posto sulle sedie, dissi a Carmela di alzarsi e lasciare libera la sua sedia: “vai a chiamare il tuo maritino, digli che deve correre subito in ufficio”

Quando Carmela uscì andai ad aprire il suo armadietto, aprii il cassetto, mentre i 3 mi guadavano interrogativi,  e tirai fuori il collare col guinzaglio e la scatola col costrittore. Guardai i ragazzi e mostrai gli oggetti, sghignazzarono e presi posto davanti alla scrivania aspettando l’arrivo di quei due.

 

Tempo 5 minuti e Carmela bussò alla porta: “don Antò sono tornata…e ci sta pure mio marito”

“brava, entrate. Tu in piedi e la merda a quattro zampe, come un cane” ordinai subito.

Carmela e Salvatore entarono, la porta si chiuse, Salvatore salutò.

“venite avanti, che i ragazzi voglio parlare di voi”

avanzarono e si fermarono praticamente al centro di un cerchio fatto dalle 3 sedie e dalla mia scrivania. Salvatore era ad occhi bassi, come a voler evitare qualsiasi contatto con noi, mentre Carmela a testa alta si mostrava ai presenti, ancheggiando come una troia sui suoi tacchi malfermi.

 

“allora, chi inizia a parlare?”

“don Antò, parlo io a nome di tutti” disse Pietro e continuò: “questi 2 tengono un grosso debito con noi e noi…per farla breve…ci siamo rotti le palle di aspettare i comodi di questo ricchione” e nel dirlo indicò Salvatore, poi continuò: “sono 4 anni che questo frocio non si fa acchiappare per pagarci, mo’ che sta a lavorare con noi vogliamo risolvere tutto rapidamente. Ne abbiamo parlato tra di noi e tranne Vittorio siamo tutti d’accordo”

“di che si tratta?”

mi spostai dalla scrivania avanzando verso Carmela e aspettando la descrizione della loro idea, il fatto stesso che mi fossi mosso fece calare il silenzio e tutti si misero a guardare cosa stessi facendo.

Mi avvicinai a lei e fissandola dissi: “giù” e lei prese posto in ginocchio.

Non le diedi il tempo di toccare il mio cazzo che le passai dietro e mi misi alle sue spalle. Le sollevai i capelli dal collo e le feci scorrere il collare lentamente sulla pelle, lei sentì la pelle sfregare e fece per voltarsi ma con una mano le feci capire che non era il caso.

Strinsi la fibbia e girai il collare per avere l’anello a mio favore, le fissai il guinzaglio e diedi un colpo leggero a tirare e vidi il suo collo cedere e seguire la tensione.

Tirai ancora e lei seguì docile ma perplessa, quindi la feci alzare guidandola delicatamente davanti al marito, mi avvicinai all’orecchio e le sussurrai: “cagna…sfilagli il nastrino”

Carmela si chinò e posta dietro al culo di Salvatore, in pochi istanti sfilò nastrino e fede.

“mettiglieli in bocca” e si spostò verso il viso, poi guardando Salvatore aspettò che aprisse le labbra e gli posò il nastrino sulla lingua.

Le passai la Jail: “sai cos’e’ questa?”

lei la guardò per qualche istante e disse: “mai vista”

“e tu? Sai cos’e’?” rivolgendomi al marito

“no, don Antò”

mi voltai verso i ragazzi mostrando il costrittore: “questa è una pratica gabbietta per uccellini piccini piccini. Tutti ci siamo accorti che l’uccellino di Salvatore si mette in allegria quando vede la sua signora a chiavare…appena Carmela sta con un cazzo in bocca, l’uccellino si elettrizza…e noi non vogliamo questo. Noi non vogliamo che l’uccellino di Salvatore diventi duro duro quando Carmela chiava. Vero? Sapete ragazzi, oggi questo frocio si è sparato una sega mentre leccava la mia sborra dalla figa della moglie e questa non è una bella cosa. Quindi…lo chiudiamo nella gabbietta, così sta buono buono e ci evita il vomito. E sarà così tutte le volte, chiaro coglione?” e con la punta della scarpa gli feci pressione sul mento per fargli alzare la testa. Il contatto visivo duro pochi secondi, poi Salvatore abbassò gli occhi.

Porsi il costrittore a Carmela: ” Prego Carmela, metti in gabbia l’uccellino e mi raccomando…toccalo poco che quello subito alza la testolina”, nel parlare le mostrai rapidamente come aprirlo e chiuderlo. Lei eseguì rapida e quando fece scattare il lucchetto lo guardò per un attimo negli occhi con un ghigno.

“ora legagli la fede in punta, così, giusto per fargli tenere un accessorio rosa e per ricordagli quello che vale come marito” e Carmela recuperò il nastrino dalla bocca del marito e china lo fissò mentree tra lo stupore generale disse: “fattela ora una sega, ricchione”.

 

Salvatore si guardava tra le gambe mentre veniva imprigionato; ebbe un solo sussulto quando il metallo freddo tocco il cazzetto, poi apatia totale e tornò nella sua posizione con gli occhi fissi al pavimento.

Rivolgendomi a Salvatore dissi: “stai bene, lo sai? Il rosa ti dona”

Presi il guinzaglio e tirai Carmela verso di me, la voltai verso i ragazzi e presi posto sulla schiena di Salvatore facendo sedere Carmela al mio fianco dal lato della testa del marito, poi legai il guinzaglio al braccio di Salvatore, come a bloccare un cane ad un paletto e dissi:”dicevamo, di che si tratta?”

 

Pietro che stava parlando riprese: “beh, la nostra idea è di farci pagare con un po’ di straordinario in mezzo alle cosce della signora: a fine turno, chi deve avere i soldi si intrattiene con Carmela per un’ora senza che voi ci rimettete, don Antò. Si stabiliscono i turni e si dividono i soldi per le ore per sapere ad ognuno quante ne spettano; marchiamo il cartellino e per un’ora ci facciamo fare lo straordinario”

Mentre Pietro parlava io tenevo le mani in mezzo alle cosce di Carmela, 2 dita erano a giocare sulla figa e una mano a strusciare i capezzoli. Carmela teneva le cosce aperte dal lato della nuca del marito e quasi subito vidi i suoi umori inumidirgli il collo.

Poi dissi: “bell’idea, mi sembra ben organizzata e valida. Sentiamo, quanto verrebbe ad ora stà puttana?” e ripresi a sgrillettare.

“don Antò gli stessi euro di un’ora qua dentro che prende quel pezzo di merda”

“quindi, considerando lo straordinario, diciamo 7 euro all’ora”

“esatto don Antò. Io che devo avere 30 euro sarebbero, arrotondando, 4 ore, Giacomo 3 ore e così via. Solo Vittorio non lo vuole fare perche avanza più di 100 euro e vuole i soldi”

Acconsentii: “va bene, per me si può fare, così la chiudiamo in un paio di mesi questa storia” Carmela si stava scaldando e con il bacino faceva pressione sulla mia mano e, ovviamente, sulle spalle del marito.

“Totò tu che dici? Il debito lo paga in natura quella puttana di tua moglie?”

Chiesi colpendolo con uno schiaffo sul costrittore.

 

…continua…

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