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Racconti di Dominazione

Cena e dopo cena

By 9 Ottobre 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

 

Erano passati diversi mesi da quando si erano conosciuti su un sito a tema ed avevano cominciato a chattare. La chat piano piano era diventata più erotica, lei si era masturbata diverse volte mentre aspettava che le parole di lui si affacciassero sul video ed aveva anche cominciato ad eseguire piccole cose che lui le chiedeva di fare. In realtà, proprio per l’imbarazzo che queste iniziative le avevano provocato, era un po’ restia ad un incontro dal vivo. Ma non aveva senso continuare ad eccitarsi e desiderarsi protetti da uno schermo.

Non lo aveva mai visto in volto e temeva che non le sarebbe piaciuto il suo aspetto, né tanto meno il suo modo di fare reale. Ma era un periodo che aveva bisogno di sentirsi voluta, desiderata e non le bastava più incontrarlo di notte in chat, voleva il contatto. Dopo tanto tempo speso ad organizzare un incontro e svariati disguidi che lo avevano ritardato, il momento, quello vero, era arrivato in fretta ed anche molto spontaneamente. Per un puro caso il giorno dell’appuntamento aveva lavorato moltissimo e non si era potuta concedere neanche un briciolo di ansia per l’imminente incontro. In auto, nel traffico del centro, si era sistemata il trucco ed i capelli, non ce l’aveva fatta a tornare a casa e cambiarsi per lui. Arrivata sotto il suo albergo lo aveva fatto chiamare dalla reception. Durante l’attesa i minuti che passavano erano stati di fuoco. Seduta su un divanetto, non sapeva come mettere le gambe, dove poggiare le mani, dove guardare. Eccolo arriva, non lo guarda per non aver il dispiacere che non le piaccia. Si incamminano a prendere un aperitivo, la serata scorre veloce e piacevole. Lui è impeccabile e anche un po’ freddo, lei si rilassa. Si studiano. Dopo cena si fermano a prendere un altro drink, in una piazza, ormai rimasta quasi deserta. Lei si allunga sulla sedia con le gambe leggermente dischiuse e la gonna sollevata, le braccia dietro la testa ad accarezzarsi i capelli. Lo vuole, vuole che lui faccia qualcosa ma ancora non lo sa, il corpo la tradisce. A lui non sfugge: le discosta le gambe, le chiede di sfilarsi gli slip, prende del ghiaccio e comincia a sfiorarla e a stuzzicarla tra le cosce, sui seni ormai irti. Vuole che si tocchi tra le gambe, è bagnata, lei fa di più: si infila dentro il manico della borsa. Entra subito. È inebriata. Ha cominciato a scoparle la testa. Bevono e chiacchierano disinvoltamente, da quel punto in poi lei non avrà più la fica nè la testa libere. I capezzoli appuntiti escono fuori dalla maglietta, coperti dal cardigan di filo. Il locale ha chiuso, è ora di andare. Lo accompagna in albergo, lui la invita a salire, lei è indecisa. Eccitata, bagnata, sa che non la scoperà.

Sale. La stanza è accogliente, dalla finestra la vista sulla città è meravigliosa. Rimane là vicino, con la finestra aperta a fumare una sigaretta. L’aria fresca le passa sotto la gonna, tra i peli arricciati ed umidi, a ricordarle il motivo per cui è là. Le chiede di togliersi la gonna, tentenna, non sa come fare, se rendersi attraente ondeggiando e spogliarsi lentamente, o liberarsi subito dal disagio che la situazione le provoca e riappropriarsi del suo carattere da tigre aggressiva ed indomabile. Sceglie per una volta di assecondarlo, di andare fino in fondo e rappresentare il suo ruolo di schiava. Ma le resistenze si sentono ancora e seminuda, sfacciatamente si adagia sul letto di fianco a lui. Lui apre una bottiglina di whisky, gliene versa un po’ sulla clitoride, brucia, le infila la bottiglia nella ciucia. Le resistenze sono vinte. La maglietta scollata è completamente aperta sui seni. Mentre muove la bottiglia tra le gambe, prende una molletta per capelli, di quelle a pinza e le arpiona un capezzolo. Il dolore è atroce ma l’eccitazione è alle stelle. Dalla fica cominciano a colare liquidi vischiosi. Ogni tanto le dà un bacio fugace e le parla. La chiama troia e lei è contenta di esserlo, vuole esserlo di più. Gli dà tutta la sua disponibilità. Lui prende una bottiglia più grande e la sostituisce comincia a muoverla velocemente per farla entrare. La fica è stretta e la bottiglia fatica a farsi strada. Le fa male, ma non vuole deluderlo. Contemporaneamente inizia la tortura al buchetto più in fondo. Si sfila la cinta dei pantaloni e le frusta la fica, ripetutamente. Lei non aveva mai pensato che realmente si potesse godere a farsi frustare tra le gambe.

La lascia vuole che lei si masturbi da sola, si tira fuori il cazzo e comincia a toccarselo. Lei è sola, umiliata e usata, come voleva, e non riesce a godere, quella bottiglia troppo larga le fa malissimo. Rimane con un desiderio enorme di sentire il suo cazzo tra le gambe. Non lo avrà, lui le concederà solo un pompino, mentre lei cerca di darsi piacere strusciando la bottiglia, che ancora tiene dentro, sul materasso. Lui gode, le spruzza il suo seme in faccia, sui capelli, sui seni doloranti. Libera anche la vescica, pisciandole in faccia, si gira su un fianco e si addormenta.

L’aveva posseduta così mentre lei era rimasta sporca, con la fica dolorante, che ancora palpitava.

 

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