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Racconti di Dominazione

Clara ed il suo patrigno

By 15 Aprile 2009Dicembre 16th, 2019No Comments

I miei sono separati da quando ero bambina, vivo con mio padre, mia madre, medico come me, vive a Torino col suo compagno, un uomo che ho sempre detestato, autoritario e violento.
Presa la laurea, decisi di iniziare la specializzazione a Torino, una scusa per passare del tempo con mia madre, che vedevo solo durante le feste, sempre da sola, senza il suo compagno, Vittorio.
Ero ormai una donna, l’idea di vivere con il mio odiato patrigno non mi terrorizzava più di tanto, non poteva più sculacciarmi come una bambina, o non accontentare i miei capricci.
Era il 10 Settembre, quando mi trasferì in pianta stabile in casa di mia madre e Vittorio. Arrivata all’aereoporto, trovai entrambi ad aspettarmi, mia madre, una donna stupenda, forte, l’unica in grado di tenere testa al suo uomo, Vittorio, 55enne, alto, occhi scuri, capelli brizzolati, e, a dispetto del suo brutto carattere, un gran bell’uomo.
In macchina parlammo del più e del meno, della tesi, della specializzazione, di mio padre, della mia vita sentimentale.
In quel momento non avevo un partner fisso, non avevo tempo per una relazione stabile… prima o poi tutti gli uomini finiscono per mettere i bastoni fra le ruote alla propria donna, quando questa è indipendente ed ambiziosa.
Arrivammo nella loro casa, una meravigliosa villetta in campagna, e mi sistemarono in una deliziosa camera, proprio accanto alla loro. Svuotai la valigia e sistemai le mie cose e mi infilai sotto le lenzuola, a riposare. L’aereo mi ha sempre strancata parecchio. Verso sera sentì mia madre e Vittorio in cucina, parlare tra di loro, circa un suo convegno, questo weekend, che avrebbe tenuto lontana mia madre da Torino dal giorno successivo alla domenica.
Intorno le 8, mia madre mi chiamò dal salotto al piano inferiore “Clara, svegliati, che tra 30 minuti andiamo a mangiare fuori!”
Mi svegliai, mi stiracchiai, e restai qualche minuto in camera mia a godermi la pace di quella villetta in campagna, nuda sotto delle freschissime lenzuola. Mi alzai, e mi diressi verso l’armadio, cercando qualcosa da mettere. Uscì un paio di vestiti, indecisa se mettere dei jeans ed una maglietta, o qualcosa di più elegante. Riflettevo in piedi davanti l’armadio, nuda a causa del caldo afoso. In quel momento Vittorio entrò nella mia camera, senza neanche bussare, come dopotutto, era suo solito fare: “Allora vuoi sbrigar….”.
Si bloccò qualche secondo, con gli occhi fissi sul mio corpo nudo, si schiarì la voce e continuò “Sbrigati, non fare la solita bambina viziata, c’è un orario da rispettare!”
Dal canto mio, non ebbi la preoccupazione di coprirmi, misi solo le mani sui fianchi, e risposi “Vittorio, non sono una bambina, ti dispiacerebbe bussare prima di entrare? In secondo luogo, vedrò di fare più presto che posso! Adesso esci e fammi vestire!”.
“Se esco ci metti un secolo a vestirti, resterò qui, fin quando non ti sarai vestita e truccata!”
Andai su tutte le furie “Adesso lo dico a mia madre!! Non sei nessuno per trattarmi da bambina!”. Presi il lenzuolo, e mi diressi verso la porta. Vittorio mi bloccò, chiuse la porta, mi tirò via il lenzuolo, mi afferrò per un braccio, e mi disse “Adesso sbrigati, non ho tempo da perdere con una troietta viziata!”.
A metà tra la rabbia e lo stupore, non dissi nulla, e mi lasciai condurre verso l’armadio.
“Mettiti questo!” disse prendendo un vestito azzurro, scollato e lungo poco più delle ginocchia. “Vestiti da donna ogni tanto!”
Me lo porse e si sedette sul letto, aspettando che finissi di vestirmi.
Mi misi la biancheria intima, e indossai il vestito, andai in bagno e misi un filo di trucco.
“Hai finito?” domandò.
Lo guardai con rabbia, non gli risposi, mi voltai ed uscìì dalla stanza.
In macchina non parlai, ero visibilmente nervosa.
“Tesoro, qualcosa non va?” chiese mie madre.
“Sono entrato in camera sua senza bussare” rispose Vittorio.
…..”Ero nuda ed ha voluto che mi vestissi davanti a lui”, mi sarebbe piaciuto rispondere, ma evitai. Piuttosto risposi “Già, e gradirei un pò di privacy, non ho più 8 anni, come quando mi ha vista l’ultima volta!”
“Vittorio, Clara ha ragione””
“ok, ci farò più attenzione la prossima volta!” rispose con fastidiosissima indifferenza.
Arrivammo in pochi minuti al risporante, ci sedemmo vicino ad un gruppo di amici, che stava festeggiando un compleanno.
Tra loro c’era un ragazzo, piuttosto carino, moro, alto, occhi profondi, mi accorsi che mi fissava, dal canto mio sorrisi e tornai alla conversazione con i miei.
Mangiammo, continuando a parlare di questo e di quello, alzando spesso gli occhi su quel ragazzo, col quale scambiai diverse occhiate e sorrisi durante la serata. Vittorio sembrava non gradire, mi lanciò uno sguardo di rimprovero. Lo ignorai, e continuai a mangiare. Avevo bisogno di usare la toilette. Mi alzai e mi diressi verso il bagno.
Ritoccai il trucco, e mi lavai le mani. Entrò Vittorio. Ebbi un sussulto, quell’uomo mi faceva paura, mi sentivo come una bambina che ha appena commesso un guaio, e teme lo schiaffo del padre. “Smettila di fare la gatta morta con quel ragazzo!”. Mi girai e gli sorrisi ironicamente “Ahahah, non ci penso proprio, “papino”, faccio quello che mi pare”.
Mi afferrò per un braccio, mi schiacciò contro il muro, occhi fissi su di me, io reggevo con rabbia lo sguardo.. “Va bene, se vuoi fare la troietta, falla fino in fondo!”, alzò la gonna, afferrò le mutandine e le tirò giù. “Ma cosa..?” provai a dire. Vittorio mi afferrò con una mano per la gola “Ti ho accontentato, adesso toglile!”. Lo guardavo impietrita, non potevo muovermi, ma sentivo la mia fighetta diventare sempre più umida. Vittorio avvicinò la bocca al mio orecchio, e mi sussurrò con decisione “Ho detto toglile! Toglile!”. Le sfilai con il movimento delle gambe, e rimasero per terra. Non ci muovemmo, sentivo battere il cuore, lo sentivo fino alle tempie. Con una mano ferma, stringendo la mia gola, con l’altra si intrufolò dentro la gonna, giungendo fino alla mia passera. Carezzò le grandi labbra, ed improvvisamente mi penetrò con un dito. Lo sfilò di colpo, mostrandomelo: “Ti sei eccitata troietta? Vedì di rigare dritto fin quando starai con noi!”. Mi lasciò ed uscì dalla toilette. Restai li, immobile per qualche minuto, incredula. Quando sentì qualcuno entrare in bagno. Raccolsi gli slip da terra, prima che li vedesse, li misi nella borsa, ed uscì dal bagno. Tornai al tavolo, dovevo avere un viso decisamente strano, perchè mia madre mi chiese “Clara, stai bene?”. “No mamma, evidentemente ho mangiato qualcosa che mi ha fatto male, preferirei tornare a casa”. Rimasi in silenzio, per tutto il tragitto, finchè mia madre mi comunicò : “Tesoro, domattina alle 7 ho l’aereo per Berlino, ho un convegno, tornerò domenica sera”. “Va bene” mi limitai a dire, conscia del fatto che ciò avrebbe significato restare sola per 3 giorni con Vittorio. Alzai lo sguardo verso lo specchietto retrovisore, gli occhi di Vittorio puntarono i miei e sorrisero ironicamente.
Arrivammo, mi feci una doccia, mi spogliai, e mi misi velocemente a letto, sperando di prendere subito sonno e dimenticare quella giornata. Mi svegliò l’accensione del motore di una macchina, controllai l’orologio, erano le 5.30, doveva essere mia madre che andava all’aereoporto. Sentì la porta di casa che si chiudeva, e passi pesanti che salivano le scale. Vittorio stava salendo, in camera sua, speravo. Rimasi qualche secondo ascoltando la direzione dei passi, si fermarono dietro la porta della mia stanza, ed infine entrò. Restai immobile, tentando di far finta di dormire, ma il respiro mi tradiva, era veloce e pesante, così come veloce e forte era il battito del mio cuore. “Tua madre è uscita”. “Ho sentito, per favore esci”. Non rispose, ed uscì. Riuscì a riprendere sonno.
Mi alzai alle 8, pensando con terrore al fatto di essere sola con quell’uomo. Ma non potevo farci nulla, mi alzai, ed andai a fare un bagno. Rimasi nella vasca una buona mezzora, tanto da assopirmi. Mi risvegliò di botto il rumore della porta del bagno.
“Hai intenzione di stare li tutta la mattina?” chiese lui.
“Vitttorio, ti prego, va via”
“Esci dalla vasca”
“Ma non mi va, lasciami in pace, cazzo!!”
“Esci!!” mi sgridò.
Ero all’apice del mio nervosismo e della mia rabbia, mi alzai, misi di corsa l’accappatoio. “Ma che uomo sei? Come cazzo fa mia madre a sopportarti? Sei solo uno stronzo, un fottutissimo stronzo!”
Mi pentì ben presto di aver pronunciato quelle parole, mi arrivò un sonoro schiaffo.
“Tu sei pazzo!!!” Dissi.
Tentai di scappare in camera mia, volevo andare via da quella casa, sarei andata in hotel per il weekend, ovunque, ma non li.
Mi afferrò per il braccio, mi portò in camera mia e mi buttò sul letto. Tirò fuori dalla tasca dei pantaloni delle manette. Mi afferrò i polsi, li portò sullo schienale del letto, e mi immobilizzò le braccia.
“No, no, no!!! Lasciami stare!! Cazzo, lasciami!!”, muovevo le gambe, adesso la paura aveva lasciato il posto all’ira più cieca. Gli urlavo contro. “Liberami le braccia, cazzo, stronzo io ti denuncio!! Dovessi aspettare mia madre, te la vedrai col mio avvocato, bastardo!!”
Volò il secondo schiaffo. “Zitta, troietta, zitta!”.
Uscì mi lasciò in camera mia, urlai aiuto, ma la villetta era in aperta campagna, difficile che qualcuno potesse sentirmi. Pochi minuti dopo rientrò Vittorio, aveva in mano un nastro adesivo industriale, di quelli larghi. Lo guardai sconvolta. “No, Vittorio, no, no no, nn–“, Mi sigillò la bocca. La paura era tornata, non sapevo adesso cosa fare… erano solo i miei occhi a pregarlo di lasciarmi. Mi slacciò l’accappatoio, tentai di chiudere le gambe, scostandole di lato, ma mi bloccò, rimanendo fermo sul mio bacino.
Sentivo il cuore pulsarmi nelle tempie, quando cominciò a carezzare il mio corpo, con le sue mani bollenti..
“Ti ricordavo bambina, adesso sei una donna stupenda, una figa paurosa, che merita soltanto di essere chiavata, giorno e notte”
Pregavo che tutto ciò non fosse vero, che era solo un brutto sogno, che mi sarei svegliata presto…
Sentivo le sue mani scorrere su tutto il mio corpo, lo sentì abbassarsi, afferrare il mio bacino, alzarlo, prendere e bloccare le gambe, larghe, e fiondarsi con la bocca sulla mia figa. Quella lingua mi faceva impazzire, tormentava il clitoride, entrava della vagina, baciava il mio piccolo buchetto del culo.. E continuava, mordicchiando e succhiando il mio piccolo bottoncino.. Continuò così per qualche minuto… fin quando mi sentì squassare l’utero da un orgasmo potentissimo. “Mhhhh” chiusi gli occhi, e reclinai il capo.
“La mia bimba ha goduto, vedo..”. Mi vergognavo, avevo goduto grazie alla lingua del compagno di mia madre.
Guardai Vittorio, lo supplicai con gli occhi di fermarsi li, ma non mi accontentò. Si mise in ginocchio, ti slacciò i pantaloni e li tolse: svettò dai boxer un cazzo enorme, nodoso, pulsante e rosso per l’eccitazione. Ne ebbi quasi paura, non volevo mi penetrasse, era pur sempre il mio patrigno.
“Adesso fai godere il tuo papino”, disse Vittorio.
Provai a scostare le gambe, a chiuderle in qualche modo, ma il peso del suo pube me le bloccava.
Sentivo il suo cazzo sulle piccole labbra, lo prese in mano, e lo strofinò lungo la mia fighetta.
Muovevo la testa a destra ed a sinistra, in un “NO!” disperato.
“No? Io invece dico di si.. Voglio sentire affondare il mio cazzo dentro le carni calde e strette della mia figliastra!”
Così disse, e mi penetrò.
“Mhhhhh” mi sentivo aperta in due da quella gigantesca verga, che entrava lentamente, facendomi assaporare a poco a poco l’entità di quella intrusione.
Muovevo le gambe, provavo ad alzare il bacino, a fare uscire in qualche modo quel cazzo.
Volò il terzo schiaffo “Fermati, puttanella!”
Prese le gambe, le portò in alto, sopra le sue spalle, stirando tutti i muscoli in modo che non potessi muoverle,e rendendo più profonda quella dolorosa penetrazione.
Sussultai appena arrivò in fondo, quando sbattè contro il collo dell’utero. “Clara, non puoi muoverti, è inutile provare a divincolarti, goditi il mio cazzo e stà ferma”.
Aveva ragione, era inutile provare a liberarmi da lui, così rilassai i muscoli e provai a godere di quella scopata. Entrava ed usciva lentamente ma con decisione, mi allargava le carni, sprofondava col suo cazzo nel mio ventre.. ritmicamente.. adesso più velocemente… adesso con più calma..
Fui sul punto di venire, più e poi volte, ma Vittorio lo capiva, e rallentava il ritmo.
“Devi impazzire, Clara, devo farti impazzire bimba mia..”
Mugolavo per il piacere, stavo godendo come una puttana. Quando Vittorio mi strappò il nastro adesivo dalla bocca, e mi baciò prodondamente, infilando la sua lingua in fondo alla mia bocca.
Era il momento di vendicarsi, agire in qualche modo.. Presi coraggio ed addentai il suo labbro.
“AAH, puttana!”, mi schiaffeggiò per l’ennesima volta.
“Liberami, stronzo!”
“Non si fa così, non si tratta così il tuo patrigno, hai capito?”
Mi afferrò il collo con la mano destra.. “Hai capito? Eh troietta? Hai capito?”
“Fottiti, maiale!”
“TROIA!”
Mi girò, si buttò su di me, sulla mia schiena, e puntò il suo cazzo direttamente sul mio buchino del culo.
“Oddio, Vittorio, no, li no, scusami, ti prego, scusami, non volevo, ho sbagliato, ma li no, sono vergine li, ti prego!!”
“Non me ne frega un cazzo! Sei una troia e come tale devi essere trattata!”
Spinse il membro sul buco, ma non riusciva ad entrare, viste le dimensioni. Sputò sul culetto, e riprovò, spingendo sempre più forte, fin quando il glande si fece strada nel mio intestino.
“Noooooo!! Dio, ti prego, Vittorio fermati” piangevo, lo supplicavo di fermarsi.. ma non mi ascoltava, spingeva la sua verga sempre più in fondo al mio stretto canale.
Fin quando entrò completamente, i muscoli contratti rendevano quella penetrazione ancora più dolorosa.
Cominciò a pomparmi il culo, con molta fatica, lo entrava ed usciva completamente.. profanando il mio stretto intestino. Cominciavo a sentire il suo respiro pesante, di chi è sul punto di venire.. in quel momento ringraziai il cielo “Vieni Vittorio, ti prego sbrigati, ed esci!”.
“No, non così.. non adesso, mia amata troietta!”.
Portò l’avambraccio destro sotto il mio corpo, giungendo con la mano sulla mia passera ed afferrando il clitoride con le dita.
“Adesso il tuo papà ti fa venire come non hai mai fatto in vita tua”
Cominciò a strizzarmi il clitoride, strofinarlo tra le due dita, mentre con quell’enorme membro continuava a pomparmi con violenza.
Piano piano i muscoli si rilassarono, ed oltre al dolore si fece strada il piacere.
Godevo stranamente di quell’innaturale intrusione, cominciavo ad amare quel movimento d’entrata ed uscita dal culetto, aiutato dalla decisa stimolazione del clitoride..
Cominciai ad ansimare, a godere, a mugolare, quando Vittorio mi afferrò per i capelli, da dietro, li tirò, sussurrandomi all’orecchio “Adesso vieni, cagna! Fammi sentire come vieni di culo!”. Mi pompava con più velocità, il mio culo era ormai completamente sfondato, fin quando arrivò, potente, l’orgasmo… urlai dal piacere, sentivo il mio culo che si contraeva intorno a quel cazzone enorme.
Vittorio uscì improvvisamente da me, mi voltò, a pancia in sù, e cominciò a masturbarsi davanti il mio viso. Me lo sbattè in bocca, costringendomi a succhiarlo, a leccarlo..
“Mmhhh, brava, bambina mia, così, daiii, daiii, fai venire il tuo papino”
Lo leccavo, tormentavo il glande, lo spompinavo come meglio potevo. Non ero più arrabbiata con lui, una sorta di Sindrome di Stoccolma, volevo che godesse, che venisse grazie alla mia bocca. Gratitudine per chi mi aveva fatto venire in quel modo…. E continuavo a lavorare il suo cazzo, sempre più velocemente, lo succhiavo, con vigore, come si succhia un frutto maturo..
“Siiiii, daiiii, troietta di papà… si dai amore….Daiiiiiii daiii Clara….”
Sfilò il cazzone dalla bocca, e schizzò in faccia. Sentivo il suo sperma bollente inondarmi il viso, scendere giù dalla mia fronte, impiastricciarmi gli occhi, le guance.
“Uuuuuuh si amore, brava, bravissima la bambina mia”.
Mi pulì gli occhi dal suo sperma, con la lingua, mi baciò la fronte, togliendo anche da li il frutto della sua eiaculazione, aprì le manette, e mi disse..
“Va a fare una doccia e pulisciti, che con te non ho ancora finito…”

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