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Racconti di Dominazione

Disposizioni

By 5 Agosto 2016Dicembre 16th, 2019No Comments

L 15:47: Appena rientri a casa prepara una bacinella piccola, dello spago, delle forbici. Voglio anche un vecchio reggiseno e un paio di mutande tue. Io arriverò per le 21 e deve essere tutto pronto.

‘ Rileggo le disposizioni, non so davvero cosa voglia farci. Recupero tutto quello che posso per casa, lo spago prendo quello alimentare, spero vada bene. Un reggiseno vecchio lo trovo in fretta, uno bianco che non uso da un po’ e con i nuovi acquisti posso rinunciarci senza problemi. Sono inquieta, non mi piace non sapere cosa ha in mente. Sicuramente ha a che fare con il testo che gli ho fatto leggere, la conversazione con il Dom che ho incontrato questa mattina in chat. Forse non gli &egrave piaciuto che l’abbia lasciato fare troppo, che gli abbia permesso di chiamarmi schiava’ o forse vuole solo fare qualche esperimento e mi sto facendo un sacco di seghe mentali. ‘

Si mette a preparare la cena, le 21 si avvicinano.
Lui rientra, mangiano e chiacchierano tranquillamente. L’atmosfera &egrave distesa e serena. Non accennano minimamente alle disposizioni.

Finita la cena l’atmosfera cambia.
‘Portami le cose che ti ho chiesto’. Il tono e secco e perentorio.

Prende le forbici e inizia a fare dei buchi al reggiseno, in corrispondenza dei capezzoli.
‘Spogliati e indossalo’. Fa lo stesso con le mutande, aprendo un grande squarcio al centro all’altezza dei due buchi e poi gliele porge. Lei le indossa.
‘Ora siediti nello sgabello basso’ Obbedisce. Prende una sedia e si siede davanti a lei con lo spago in mano, inizia a tirarle piano i capezzoli. ‘Ho letto tutta la conversazione con quel Dom. Quindi ti piace essere chiamata schiava? Vuoi essere trattata come una schiava? &egrave questo che vuoi? Perché mi era parso di capire che non ti sentissi schiava.’ Il loro visi sono a pochissima distanza, lei cerca di non guardarlo negli occhi, non riesce a sostenere il suo sguardo severo e penetrante. Cerca di mettere le parole in ordine e di rispondere ‘No, ho ben chiaro quello che voglio e quello che non voglio, ho cercato di fartelo capire stamattina ma per iscritto non &egrave semplice. Sapevo già che avrei rinunciato, volevo solo tenerti al corrente delle cose’. Ma avevo già le idee chiare, davvero” Le sue parole suonano vuote e poco incisive, non capisce se sta cercando di convincere lui o sé stessa.
Lui cerca di intrappolare uno dei suoi capezzoli in un piccolo laccio, vuole stringerlo, vuole farle male. Il capezzolo sembra aver intuito il destino e non vuole saperne di inturgidirsi. Alla fine si spazientisce e la guarda seccato. Lei ha il viso in fiamme, lo guarda supplichevole i suoi occhi sembrano dirgli ‘ Non mi sono spiegata bene, non sono stata chiara, mi dispiace &egrave davvero colpa mia ‘ Lui la guarda e il suo sguardo cambia, si rasserena quel tanto per fargli dire ‘Volevo davvero che provassi cosa vuol dire essere schiava, non avere possibilità di esprimere il consenso, non avere scelta se non quella di obbedirmi. Ma io non sono un Padrone, perché tu non sei una schiava. ‘ Lei si butta sul suo petto esausta, la tensione l’ha devastata si sente stanca e sofferente
‘Devo comunque punirti, questo lo devi accettare’
‘Certo’ Dimmi. Accetto la punizione qualunque sia’
‘Ho letto e riletto quel testo. Lo hai chiamato Padrone ben dodici volte’
‘Davvero? Le hai contate?’
‘Certo che sì. E adesso ti do una scelta. La punizione saranno 12 sculacciate oppure 6 cinghiate. Scegli tu’
Lei rimane un attimo ferma a pensare, sempre col viso sul suo petto. Conosce le sue mani, sono mani pesanti anche solo quando la stringono appena. Conosce il dolore delle cinghiate e non le piace affatto. Chiude gli occhi e risponde.
‘6 cinghiate’
‘Bene’ Molto bene. Vieni e sistemati sulle mie ginocchia’

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