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Racconti CuckoldRacconti di Dominazione

Diventare servi

By 22 Agosto 2018Dicembre 16th, 2019No Comments

Nella cameretta d’albergo dove viveva con suo marito Dario Licia preparava la cena. Non poteva cucinare perché non c’era nemmeno un fornello, erano sempre pasti freddi. Questa sera tonno in scatola, quello più economico, e un po’ di pane.

Certo, era una vita dura, ma stava con Dario e ora gli voleva bene. Lui un lavoro ce l’aveva, anche se sgobbava come un matto per quattro soldi, quelli che permettevano appena di pagare la stanza d’albergo e di sopravvivere. Lei invece era disoccupata. “Possibile che non trovi niente?” In realtà non era così semplice. Non aveva neppure un diploma, anche se andava bene quando era a scuola, ma la sua matrigna l’aveva fatta ritirare “per non farti montare la testa” le aveva detto. Così adesso non sapeva cosa fare, ogni tanto faceva la cameriera ad ore, ma non durava tanto. Il fatto era che Licia era davvero bella, un bel corpo, due bei seni, un sedere stupendo e quando si presentava al lavoro con i suoi abitucci miseri che facevano risaltare le sue forme suscitava la gelosia delle signore e la voglia dei signori. Così dopo poco rimaneva a casa. “Troverò anch’io un lavoro, in un modo o nell’altro.” Sentì aprirsi la porta. Era Dario. Stanco, sudato, la salutò con uno sguardo triste. Lei lo baciò. strusciandosi sul suo corpo. Voleva che Dario la sentisse con il corpo. Il loro era stato un matrimonio combinato, non avevano scelto ma ora gli voleva bene e provava piacere a farlo godere. “Trattami come una troia” Gliel’aveva detto più volte anche se lui quasi si vergognava, però si eccitava quando lei gli sussurrava: ” Adesso ti scarichi i coglioni dentro di me. Cosa ti va: bocca, culo o figa? Mentre ci pensi io ti succhio” E Glielo prendeva in bocca. Non indossava mai biancheria intima, era anche un modo per risparmiare, e le piaceva offrirsi a lui senza riserve. Quando lui era venuto gli faceva il bidè. Cazzo, coglioni e buco del culo lavati con la lingua, sempre. Poi si stendeva al suo fianco. “sono tua, completamente tua”. Quella sera però Dario pareva triste, come se qualcosa l’avesse colpito. Licia non insistette per chiedergli qualcosa, lasciò che fosse lui a parlare. Gli mise davanti il piatto e gli disse solo:

– Mangia questo che sei stanco.

dopo un po’ Dario iniziò a parlare.

-Oggi ho visto una scena che non mi è piaciuta. O meglio ho solo sentito, ma mi è bastato. Il padrone mi aveva mandato a pulire lo sgabuzzino vicino al suo ufficio, da lì senti proprio tutto quello che succede di là. Ad un certo punto mi sono arrivate delle delle voci: era il capo che parlava con Eleonora, la moglie di Osvaldo. Sai quello che lavora con me come tuttofare, noi facciamo i lavori più pesanti e più sporchi. Eleonora stava chiedendo al padrone di far fare un po’ di straordinari ad Osvaldo. “la prego, ne abbiamo un disperato bisogno, gli faccia fare di tutto ma lo faccia lavorare!” A questo punto ho sentito la sua voce cambiare. “Tocchi pure, faccia con comodo. Sì Osvaldo me le palpa poco, faccia pure, aspetti che mi levo il reggiseno. No’ preferisce che le tiri fuori? come vuole lei!” A questo punto mi sono fermato per sentire meglio. Mi vergogno a dirlo ma ero curiosissimo. “come vuole che mi metta, a pecorina? sì, mi allargo con le mani così può scegliere se il culo o la figa. ” Capisci, stavano scopando e io sentivo tutto! Quando hanno finito lei gli ha detto: “Grazie! ” e lui ha risposto: “Adesso chiamo Osvaldo tu però quando ti chiamo devi venire vestita da troia” “quando vuole mi chiama, però lo faccia lavorare, così potrò dirle sempre grazie!” Dopo dieci minuti il padrone ha chiamato Osvaldo. Gli ha detto che avrebbe fatto tutti i giorni due ore di straordinario e di ringraziare la moglie per il favore che faceva . lui ha detto grazie ed è uscito. Quando sono rimasti soli ll padrone ha ripreso a parlare ad Eleonora. ‘ Vedi che se sei docile troviamo la soluzione. Come vedi lo faccio lavorare. tu quando ti chiamo però devi venire di corsa’. “grazie, sarà fatto!” E l’ho sentita uscire.

Dario pareva davvero scosso.

– Cosa ti ha colpito?

-Tutto, davvero, non capisco cosa ma tutto mi ha colpito.

Licia si alzò e si tolse il vestitino che aveva, rimanendo nuda.

-Forse sei anche eccitato, se ti va ti puoi svuotare i coglioni. come mi vuoi usare?

Licia usava questo linguaggio esplicito perché sapeva che a Dario non dispiaceva ed in fondo non dispiaceva nemmeno a lei essere usata.

-Culo

-Si padrone

Si mise a pecorina allargandosi con le mani le chiappe. Prima però, davanti a lui prese dell’olio si unse un dito e con quello si penetrò nel posteriore.

– Così farai meno fatica.

Dario impiegò poco a venire: in realtà la storia cui aveva assistito lo aveva eccitato. Licia gli fece il bidè con la lingua, lentamente, pulendo con attenzione tutto l’uccello poi gli leccò il buco del culo. Sapeva che questo lo eccitava ed era disposta a fare tutto quelo che lui le avrebbe chiesto, Ma a Dario bastava così. Poi gli chiese:

– sei tranquillo?

– Sì però Eleonora è una troia e una vacca. Ha tradito Osvaldo con il padrone e si meriterebbe di essere frustata a sangue.

– Ascolta Dario, non credo si a così. Eleonora sapeva che Osvaldo doveva lavorare e per aiutarlo ha messo il suo corpo. Ha dimostrato che lei è la vacca di Osvaldo e che è pronta a tuto per aiutarlo.

-Certo, ha fatto la troia.

– Una donna se occorre deve fare anche la troia per il suo uomo. Te lo dico, se fosse necessario e tu lo volessi sarei pronta a vendermi per farti star bene.

Queste parole le erano uscite di getto e se ne era quasi pentita. Temeva di irritare Dario, anche se pensava che, se fosse stato necessario, lo avrebbe fatto.

– Davvero tu lo faresti per me?

-Se vuoi fare anche tu gli straordinari sono pronta, se vuoi mandare a lavorare in un bordello sono qui.

Dario si stava eccitando.

– ripetimelo

-sono la tua troia, la tua vacca da monta, puoi vendermi affittarmi prestarmi, come credi.

– non so se lo farò però mi piace quello che dici.

-non lo fai perché sei timido, ma sappi che io mi sento davvero la tua serva, la tua cagna, la tua vacca.

Finirono il pasto e Licia lo face completamente nuda, chiamando Dario “padrone” tutta questa vicenda aveva eccitato anche lei. Così riprese a provocarlo.

‘Immagina per tirar su due soldi devo andare a casa di un vecchio bavoso che tutte le volte mi fa scopare dai suoi nipoti. Devo andare a casa sua e fare tutti i lavori pesanti, ammazzarmi dalla fatica a pulire per terra in ginocchio. Il padrne vuole che tiri fuori le tette e le faccia ballare,così si eccita, però è vecchio. Ti piace?’

‘Sei matta!’

Lei però gli aveva toccato il cazzo e si stava indurendo.

‘Quando suona il campanello devo andare ad aprire la porta con le tette in fuori. Sono i suoi nipoti che senza dirmi niente me le palpano. Non perdiamo tempo perché sono venuti a scoparmi’

La mano di Licia accarezzava un cazzo bello duro, Dario era eccitato.

‘Mettimelo dentro tu adesso il cazzo, io devo solo soddisfarti con il mio corpo come fa una serva quando i padroni si svuotano i coglioni’

Dario era entrato e lei gli sussurrava alle orecchie: ‘Sborrami dentro senza pensare a me, stai usando una vacca!’ Dario venne e quando fu fuori di lui Licia gli disse:

‘Adesso ti pulisco, tu riposa che domani devi lavorare, io sono solo la tua vacca da monta’.

La notte fece degli strani sogni. lavorava in un bordello e si faceva tanti clienti, che la trattavano come una vacca, questo le piaceva.

La mattina pensò che doveva darsi una mossa. anche le umiliazioni più pesanti erano meglio di passare la vita in quella stanzetta mangiando scarti e consumando tutto il salario di Dario. non voleva poi che Lui facesse gli straordinari. non era perché non voleva farsi scopare dal padrone.. Doveva esser un tipo molto deciso e lei, lo sapeva, subiva il fascino delle persone decise, ma non voleva che tutto pesasse su Dario. Così, buono, così gentile, tirava fuori le unghie solo a letto quando lei lo eccitava. Però sentiva che qualcosa andava fatto. “Vediamo” pensò ‘ a volte il caso ci aiuta’.

Dopo aver fatto colazione (una mela che è buona, fa bene e costa poco) Licia si preparò per andare a pagare l’affitto. Le altre volte ci era andata con Dario ma era il momento di cambiare. “Magari mi faccio scalare l’affitto” Sorrideva tra sé. “Cosa devo dargli per non pagare l’affitto? Forse la figa, forse basta eccitarlo e farlo sognare”. Così pensava Licia mentre andava da Gabriele, i padrone della locanda dove alloggiavano. Gabriele era padrone delle stanze e della bettola dove servivano da mangiare e da bere. Povera e trasandata come la stanza dove vivevano Licia e Dario. Lui non era da meno. Lavorava in cucina e per questo era sempre trasandato e sudato, ed grasso, calvo, un grosso naso e con due occhi porcini. La pancia enorme confermava la sua passione per il mangiare, i vestiti trascurati la sua rozzezza. In sala serviva Francesca. Era una bella donna, anche se aveva passato i quarant’anni, che lavorava veloce e non rispondeva ai complimenti pesanti e alle palpate sul fondoschiena che le arrivavano dagli avventori. Licia entrò con Gabriele nell’ufficio, uno stanzino con due sedie ed una scrivania, vicino alla cucina.
-Dunque sei venuta per l’affitto. Bene sono seicento euro per il mese scorso. Dal mese prossimo ti devo aumentare a trenta euro al giorno perché entriamo nella stagione buona e la stanza mi serve.
Lucia rimase basita. Come li trovavano trecento euro in più al mese? Era venuta per risparmiare qualcosa da metter via rischiava di essere buttata su una strada, con il suo Dario. Le parole le uscirono spontanee mentre la paura si dipingeva sul volto.
– Non possiamo permettercelo, lavora solo Dario! Ci lasci lì ancora per qualche mese che troviamo una soluzione!
Le erano uscite di bocca solo quelle parole. Negli occhi di Gabriele si accese come una luce. Casualmente le mise la mano su una coscia e la carezzò in modo ruvido.
– A me quella stanza serve, non approfittare di me perché sono buono con tutti e non penso mai ai miei affari. Devo affittarla, non darla via per carità!
La mano era risalita. A Licia venne da piangere. Sperava di combinare un buon affare con tanti sorrisi e promesse e forse qualcos’altro e si trovava a dover fare quello che lui voleva, in cambio di niente di sicuro! Non aveva scelta. Quando la mano risalì ancora allargò le gambe perché lui potesse divertirsi di più.
– non porti mutande! Mi piace questo!
Licia non portava mutande da anni. Aveva iniziato dietro ordine della matrigna poi quando si era sposata aveva scoperto che poteva risparmiare sulla sua biancheria intima, tanto s’era abituata. Se le infilava solo durante le mestruazioni, quelli erano solo dei mutandoni ruvidi da poco prezzo che non le piacevano per niente. Adesso poteva solo rispondere come una scema.
– Non le porto sempre, è vero!
Lasciò che con le dita le esplorasse la vagina, lentamente, con comodo. Gabriele la stava profanando con calma, per farle capire che non aveva fretta e che decideva lui. Non rubava niente, faceva i suoi comodi. Quando ebbe finito estrasse le dita e gliele porse per farsele succhiare. Licia lo fece fino a quando lui non le tirò via.
– Posso aiutarti perché son buono. Adesso vai via dalla stanza, subito, e Francesca ti dà le chiavi della soffitta. C’è una stanza con un bagno, lì, e anche i fornelli e un vecchio frigo. Ve la lascio però dovrai venire ad aiutarmi in cucina, la sera, per i momento.
A Licia si riaccesero gli occhi. Questa proposta era davvero inaspettata. Era davvero troppo! Il risparmio delle spese d’affitto cambiava davvero la loro vita!
-Grazie!
Disse con un sorriso enorme. in fondo aveva pagato poco, meno di quanto avesse fatto assunta per un po’ di straordinari, e poi, le piaceva lavorare! Certo, qualche concessione a Gabriele era da fare, ma poi forse non era così tanto come aveva temuto.
– una cosa sia chiara. Se lavori con me ubbidisci a tutti i miei ordini. Io non ho collaboratrici, ho serve. Ci siamo capiti?
-Sì
– E chiamami padrone
-Sì padrone!
Licia trovò normale a questo punto che Gabriele le tirasse fuori le tette e le palpasse come se fossero di sua proprietà. Aveva capito che quello sarebbe stato normale, la sera, però oramai se l’aspettava.
-Quando comincio padrone? anche stasera!
-Cominci domani. Prima parlane con il cornuto.
L’espressione non piaceva a Licia ma annuì.
-Si gliene parlerò
-non nascondergli niente. E dato che ci siamo come si chiama tuo marito?
– Dario padrone
Le arrivò una sberla in pieno viso.
-si chiama cornuto. Adesso ripeti. Come si chiama tuo marito?
– si chiama cornuto, padrone
– Brava, adesso dai un bacio a questa mano che ti ha dato una sberla per farti capire quanto sei scema.
Senza dire nulla Licia diede un bacio alla mano, ci mise devozione, come sapeva fare. Gabriele apprezzò il gesto.
– Vai da Francesca che ti fa vedere la soffitta. Entro stasera devi ave traslocato. E lascia la stanza pulita.
Prese i soldi che Licia aveva messo sul tavolo ed uscì.
Licia non sapeva cosa pensare. Da un lato era contenta per la stanza nuova, dall’altra capiva che era entrata in una situazione nuova. Come avrebbe fatto a spiegarlo a Dario, poi? Scossele spalle. Intanto doveva trovare Francesca. La trovò in una stanzetta dietro la sala da pranzo che stava preparando della frutta. Prima che potesse dire qualcosa le si era già rivolta con uno sguardo deciso.
-Gabriele mi ha detto tutto. Andiamo che ti faccio vedere la soffitta.
All’ultimo piano il corridoio era tetro, in fondo però c’era una porta che Francesca aprì. La stanza non era brutta. Certo era sporca e trasandata, però aveva un piccolo letto, un tavolo, quattro sedie, un frigo, un fornello e una semplice credenza. Il bagno era piccolo però c’era tutto: cesso, bidet, lavandino, una piccola doccia.
– Questo è tutto. Adesso lavora per sistemarla e quando arriva il cornuto dovete essere già fuori dalla stanza che avete adesso quindi datti da fare.
Licia fu sorpresa di come Francesca aveva chiamato Dario ma non disse niente. Il modo di fare di Francesca le faceva capire che stava stabilendo delle gerarchie e non voleva ribellarsi, era il primo giorno.
– A proposito, tanto per intenderci, il padrone è Gabriele, poi comando io, capito troia?
– Certo.
-allora, stenditi sul letto subito, braccia dietro la testa.
Licia obbedì. Quegli ordini non le risultavano nuovi. Si stese sul letto con le braccia dietro la testa, le gambe un po’ allargate, lasciando che la gonna risalisse. I suoi seni premevano contro la stoffa ma non ci fece caso.
Soddisfatta Francesca le si avvicinò e le mise due dita nella vagina, esplorandola con decisione. Sapeva che non era vergine, ma voleva vedere la sua espressione. Licia lasciò fare, come se fosse abituata, e in effetti lo era. Quando Francesca le disse di tirar su le ginocchia le mise in posizione più alta per consentirle di esplorare anche il buco del culo, cosa che Francesca fece. Fu un lavoro lungo, minuzioso, che Francesca eseguì con uno, due, tre dita, aspettando che Licia dicesse qualcosa ma lei rimase zitta. Quando decise di aver finito porse le dita alla bocca di Licia e lei succhiò diligentemente. A questo punto Francesca lanciò un ordine:
-tette in fuori
Licia tolse le mani dalla testa e abbassò la parte alta del vestito per mostrare i suoi seni. Lasciò che venissero palpati con forza, in modo volgare, ascoltando in silenzio i commenti pesanti sul suo corpo. A questo punto Francesca le chiese:
-lecchi bene la figa?
-sì signora
– Bene, lo vedremo presto. Ricordati, dopo Gabriele ci sono io. Adesso comincia a lavorare.
E uscì dalla stanza. Quando Dario tornò a casa Licia era alla porta della locanda ad aspettarlo, raggiante.
Fin dalla mattina aveva lavorato per effettuare da sola il trasloco delle loro carabattole poi aveva lavorato duramente per dare un aspetto meno triste al monolocale. Aveva lavorato duramente, attenta a pulire tutte le macchie di polvere e di sporco. Nel bagno poi, come presa da ispirazione, aveva fatto una stupidaggine. si era messa nuda e con la lingua aveva pulito per terra lo sporco attorno al water. Aveva pulito con la lingua anche il bidet poi aveva strusciato i seni sulla parte superiore della tazza del water, sollevando prima la tazza del cesso. “Queste cose le ho fatte tante volte quando mi costringevano con la forza, adesso che ho un monolocale mio non voglio fare la schizzinosa, il bagno deve avere un trattamento speciale.” Certo, tutte queste cose l’avevano profondamente umiliata, però voleva dare alla sua nuova casa tutte le attenzioni che aveva dato alle case in cui aveva dovuto lavorare. “Non so se lo rifarò, però la prima volta ci andava”. Quando ebbe finito stava per rimettersi l’abitino ma si fermò. “Proviamo la doccia! ” L’acqua era fredda ma non importava. Lasciò andar via la prima poi andò sotto la doccia. Mentre l’acqua scendeva le tornavano alla mente le grida che Ulna le rivolgeva sempre quando si lavava. “Lavati bene la figa e il buco del culo perché se il tuo fidanzato vede che non sei perfetta ti riempie di botte e ti rimanda subito indietro!” A quelle parole Licia si metteva le dita nella vagina prima e nel buco del culo poi per pulire bene le cavità interne. Poi lasciava che Ulna la ispezionasse. Le mani di Ulna percorrevano velocemente il corpo, dava due sberle alle tette per farle ballare bene. A volte poi le diceva “Mi sembri un po’ fredda stasera. Sditalinati un po’ sennò il fidanzato troverà una statua di marmo.” Quando sentiva queste parole Licia doveva subito masturbarsi, in piedi, tenendo le gambe ben larghe per far vedere quello che faceva. Ad un certo punto Ulna le diceva “basta.” Lei metteva le mani lungo i fianchi e Ulna, con le dita, controllava che lei fosse bagnata. Una volta che non era stata trovata bagnata era stata presa a sberle, una raffica, fino a quando non aveva supplicato Ulna di potersi masturbare ancora “perché sono una vacca e se non sento l’odore del cazzo non mi eccito” a queste parole Ulna l’aveva lasciata riprendere e Licia, pensando intensamente alle ultime uscite con i fidanzati, si era bagnata davvero. Da quel giorno aveva imparato come inumidirsi in poco tempo. Si toccò la vagina: sì si era bagnata al ricordo del passato. Si sentì umiliata. “Oramai sono una vacca”. Solo il rapporto con Dario poteva salvarla ma sapeva quanto era difficile per tutti e due. Decise però di lavarsi in fretta. “sono una vacca ma il mio corpo è tutto suo, sono la sua schiava e se vuole mi può vendere”. Si rivestì. Oramai era tutto a posto, sapeva però una cosa: doveva spiegare a Dario come aveva fatto ad avere quella casa.
“Per lui posso fare tutto ma non voglio che ne abbia a male”. Decise come al solito. Avrebbe cercato di sedurlo con il suo corpo, quando l’aveva scopata Dario accettava molte cose.
– Ho una sorpresa per te amore mio!
Senza dirgli altro lo condusse all’ultimo piano e lo fece entrare nel monolocale. Gli mostrò il frigo, il fornello, il lavello, il tavolo con le sedie il letto.
-Il letto è per una persona così stiamo stretti e mi monti quando vuoi, non hai bisogno di chiedere.
Gli strizzò l’occhio. Dario era colpito dalla novità ma un’ombra era suoi occhi.
– Cosa ti è costato tutto?
– L’affitto lo pago con il lavoro che farò la sera da Gabriele. Risparmiamo sull’affitto e forse mi dà qualcosa.
– E tu cosa gli hai dato?
-Meno di quello che Assunta ha dato per far fare gli straordinari a suo marito. Qui sono io che lavoro, tu non devi faticare di più
Gli raccontò a grandi linee di Gabriele e anche di Francesca: non voleva nascondergli nulla, se non la parola cornuto che lei non aveva ancora digerito.
Dario non era contento per niente.
-finirai a letto finito il lavoro, lo sai benissimo, e io speravo che tutto fosse finito.
A Licia vennero le lacrime agli occhi e decise di parlargli senza troppa diplomazia.
-Ascolta Dario. Quando Gabriele mi ha dato una sberla mi sono venute in mente tutte quelle che ho preso in collegio. Ricordi che te l’ho detto? Per educarmi suor Priscilla mi faceva pulire tutti i pavimenti in ginocchio con lo straccio bagnato. Se trovava tracce di polvere ripassavo con la lingua. Finito con la lingua mi puniva perché non avevo fatto bene. Mi diceva: sono dieci sberle. Io prendevo una sberla in faccia che mi spaccava poi dovevo contare. Uno! dicevo, poi dovevo baciare la mano, fino a dieci. L’ho fatto tante volte, sai? Non è stato niente di nuovo. Quando Francesca mi ha messo le dita nella figa di ricordi di Ulna? Prima che ci facesse sposare mi faceva uscire con i fidanzati, come diceva lei. La serata era così. Arrivava il fidanzato di turno e io lo salutavo. Ulna poi diceva sempre le stesse cose. “Mettiamo le cose in chiaro. Lei è vergine davanti e dietro. Se me la rompi paghi tutto. Per evitare discussioni controlliamo. Mi portava nella mia camera da letto. Mi stendevo sul letto e aprivo le gambe, ero senza mutande, le ginocchia sollevate le mani dietro la testa. Senza mutande, Ulna mi metteva un dito nella figa poi uno nel buco del culo. “E’ vergine, controlla anche tu”. Il fidanzato di turno mi metteva un dito nella figa poi nel culo. Di solito ci metteva molto più tempo. Ulna commentava divertita, sempre le stesse battute: “se non ti fidi controlla bene, ti lascio tutto il tempo che vuoi”. Quando lui aveva finito mi portava in macchina. Non sono mai andata in un bar a bere qualcosa. Salivamo in macchina e mi metteva subito la mano in mezzo alle gambe, poi di solito finivamo in un parcheggio. Mi mettevo nuda e lavoravo di bocca, sempre con l’ingoio per non sporcare. Poi se il fidanzato lo voleva uscivamo in parcheggio a pisciare. Se c’era qualche guardone dovevo pisciare davanti a tutti, a qualche fidanzato piaceva questo, faceva vedere a tutti che scopava con una vacca ai suoi ordini. Finito tutto si tornava a casa. Il rituale era sempre lo stesso. Tornavo in camera da letto aprivo le gambe e Ulna con le dita verificava che fossi ancora intatta. Il fidanzato doveva guardare,” per correttezza” diceva lei, “così non dirà che imbroglio, se c’è qualcosa che non va non voglio contestazioni”. Naturalmente se l fidanzato ne aveva foglia mi rimetteva le dita nella fica, ma questo non capitava sempre. Quando andava via dovevo raccontare ad Ulna nei minimi dettagli la serata e usare termini precisi. “Gli ho leccato il buco del culo e puzzava” “Mentre mi palpava le tette dovevo dirgli ancora, strizzamele più forte anche se sentivo un male atroce. Mentre lo pompavo mi teneva le dita nel culo e le ha tolte solo quando è venuto, allora ho dovuto leccargliele bene per pulirlo”. Ulna si eccitava a volte e dovevo leccarla in mezzo alle gambe.
Mentre parlava Licia accarezzava Dario e quasi per caso gli sfiorava il pene. Fino a quando non lo sentì un po’ più duro. Cominciò allora ad accarezzarlo, prima, poi a masturbarlo decisamente.
-ti sei eccitato a sentire queste cose? Hai voglia di scopare?
– Mi vergogno della mia eccitazione
– Lascia che ti masturbi. Sono contenta che tu ti ecciti quando ti racconto quello che ho dovuto fare. Scopami adesso, Montami e sfogati, io sono la tua vacca.
Le mani di Dario esploravano l corpo nudo di Licia.
-Certe cose le dovrò fare ancora, se vogliamo sopravvivere, sai? Però ti dico che sono la tua schiava e sono felice di vendere il mio corpo per te.
Dario le era salito sopra, alla missionaria, lei prese l’uccello e se lo infilò dentro.
– Sfogati, con me puoi fare tutto quello che vuoi
-Tutto?
– Tutto. vuoi vendermi ad un amico? Portami a casa sua, mi fai toccare come faceva Ulna poi se trovate l’accordo sul prezzo mi scopa, prima però mi infila le dita dove vuole per vedere se vado bene.
A quelle parole Dario esplose. Licia lasciò che il seme entrasse tutto nella sua vagina poi, con calma, si tolse e prese in bocca l’uccello del marito per cominciare un accurato bidè. Sapeva che leccarlo dietro era fonte di piacere per lui e gli piaceva sussurrargli: come puzzi dietro, lascia che ti pulisca io che tu non sei capace. Poi passava con la lingua. Quando lo sentì addormentato Licia era più calma. Domani avrebbe iniziato a lavorare per loro due e alleviare un poco la fatica di il suo Dario e tutto si sarebbe risolto.
La mattina seguente Licia si alzò presto, preparò il caffè per Dario e glielo portò a letto. Quando lui entrò nel bagno aspettò che si preparasse e prima che uscisse gli diede un bel bacio sulla bocca.
-Oggi comincio a lavorare anch’io, vedrai, ti racconterò tutto.
Aveva capito che Dario si eccitava a sentire le sue avventure e si preparava a raccontare tutti i dettagli della giornata per poi accogliere il suo sperma dentro di lei, in una delle sue cavità. Le piaceva che si scaricasse in lei, dava un senso a tutto quello che faceva. Dopo che ebbe riordinato la casetta si preparò per andare al lavoro. Non sapeva a che ora presentarsi, era meglio perciò fare presto. Si fece una doccia e si mise uno dei due abitini che possedeva, quello meno liso, di colore azzurro pallido. Era vecchio e le segnava tutte le forme, però era meno rovinato dell’altro ed il primo giorno era meglio presentarsi bene. Si pettinò accuratamente, mise le scarpette da ginnastica e scese nella locanda. Francesca stava preparando la sala da pranzo. Appena la vide le fece una smorfia e le disse di aspettare in un angolo. Quando ebbe finito andò da lei la prese per un braccio e la trascinò in cucina.
-Gabriele, c’è la serva!
Gabriele stava lavorando, non si voltò nemmeno.
– Dalle tu le istruzioni che dopo la prendo io.
Francesca sorrise. Le indicò una vestaglia scura che era appoggiata su una sedia.
– Togli quegli stracci e metti su l’abito da lavoro.
-dove mi cambio?
Una sberla in piena faccia le fece capire che aveva sbagliato. Baciò devotamente la mano e tenne gli occhi bassi.
-Posso cambiarmi?
-La serva non ha lo spogliatoio, ti cambi qui. Tanto quelle tette e quella figa saranno sempre bene esposte, scema.
Senza dire una parola Licia si spogliò dell’abito e indossò la vestaglia. si guardò bene dal chiudere la fila di bottone che aveva sul davanti, in attesa di istruzioni.
Chiudi solo due bottoni. Le tette devi tirarle fuori senza perder tempo e se Gabriele ti vuole toccare culo e figa non deve aver fastidi. Capito?
-Grazie. E per andare in bagno?
Le arrivò in faccia un’altra sberla, forte. Baciò la mano e tenne gli occhi bassi per scusarsi e capire l’errore.
-La serva non va in bagno. Va a pisciare o a cagare. Ricordatelo sempre. E devi chiedere il permesso. Non vogliamo che tu passi il tempo al cesso a sditalinarti. A proposito ti faccio vedere dov’è il tuo cesso. Fosse per me ti avrei fatto pisciare in cortile, come i cani, ma non si può più nemmeno con loro.
La prese e la portò nel cortile esterno. In fondo c’era un gabinetto puzzolente, una turca da cui uscivano miasmi. Per entrare bisognava spostare delle cassette di birra.
-Quello è il tuo cesso. Quando vai a pisciare lascia la porta spalancata. Una serva non ha intimità. I padroni controllano che da sola non faccia porcate e non perda tempo.
Il bugigattolo era proprio stretto brutto sporco puzzolente. Con un cenno deciso Francesca ordinò a Licia di entrare.
– Fammi vedere se ti trovi comoda!
Le parole erano ironiche e sprezzanti. Licia mise i piedi sulla turca e si accucciò, poi guardò Francesca con aria interrogativa.
-Pisci con la vestaglia giù, scema? Tirala su bene!
Licia sollevò la vestaglietta, mettendo bene in mostra la vagina aperta.
-Piscia troia, che aspetti?
Licia, a gambe larghe, con davanti Francesca si sforzava di obbedire. Sentì improvviso un rumore che la fece trasalire. Era un vecchio che era sbucato da dietro Francesca. Di sicuro lei l’aveva sentito ma aveva fatto finta di niente.
– allora pisci, troia? Oppure lo costringi fartela adosso perchè a lui scappa e non aspetta i tuoi tempi.
A Licia a queste parole scese un getto d’urina, forte, come rispondesse all’ordine. Guardò Francesca, per vedere se era soddisfatta, poi guardò l’uomo poi tenne gli occhi bassi.
– Che pisciata, sei proprio una troia! Fagli vedere che hai pure le poppe da vacca!
Cercando di non perdere l’equilibrio si tirò fuori dalla vestaglia le tette e capì perché doveva tenere allacciati solo due bottoni: così era molto facile a farsi.
Con le tette in fuori e la figa spalancata ad occhi bassi si lasciava osservare dal vecchio che chiese a Francesca:
-Posso palparla?
– Facciamo qualcosa di diverso, adesso ti viene vicino ti sbottona i pantaloni e ti aiuta a pisciare, d’accordo?
Il vecchio sorrise divertito. Lici eseguì obbediente le indicazioni di Francesca, si avvicinò all’uomo che aveva iniziato a palparle le tette, gli sbottonò la patta, tirò fuori l’uccello e diresse il getto verso la turca.
– Adesso scrollalo bene, poi puliscilo, sai, qualche goccia rimane sempre.
Licia scrollò il pene e senza farselo dire due volte, prese in bocca l’uccello. Lo pulì e lo succhiò per farglielo diventare duro. Francesca non aveva detto niente ma aveva capito che doveva fare così. Lo sperma sgorgò caldo e lo ingoiò bene, pulendo sempre con la bocca l’uccello dell’uomo, poi glielo rimise nelle mutande. Senza dire una parola l’uomo si allontanò. Rientrarono n cucina dove Francesca informò subito Gabriele delle prodezze della serva. Lui rise e subito le mise una mano sulla figa per vedere se era bagnata. Non lo era
– La vacca non si è eccitata, fa la santarellina!
– chissà se lo racconta al cornuto. Glielo racconti al cornuto le porcate che fai quando lui è al lavoro?
-Si gli racconto tutto. Lui sa tutto di me e di quello che faccio
-Bene, fece Gabriele. Adesso gli racconti anche questa.
Si sedette su una sedia, accavallò le gambe lasciandone dondolare una
-Adesso ti masturbi davanti a me sulla mia scarpa fino a venire, capito? Così vediamo chi comanda.
Licia non disse nulla. si appoggiò alla scarpa e iniziò a strusciarsi.
– posso usare le mani per muovere il piede contro la figa?
-Adesso no, ti strusci con la figa fino a venire e stai attenta, conosco le frottole.
Cominciò a fregarsi sulla scarpa. Per cercare di venire prima cercò di pensare a qualcosa di umiliante che aveva fatto nel passato. Le venne in mente. Una volta che Ulna credeva di aver trovato un buon partito cui venderla, un vedovo con tre figli, aveva fatto accomodare tutti e quattro nel salotto e aveva detto:
– E’ docile, viene a comando, la fate lavorare come una cagna in cascina e la sera ve la fottete tutti. Se siete stanchi e poco in forma le ordinate di scaldarsi davanti a voi. Lei lo fa così vi eccitate.
A riprova di questo le aveva dato l’ordine di masturbarsi seduta stante. Davanti ai quattro che la guardavano con disprezzo aveva tirato su la gonna e aveva iniziato a masturbarsi. Ad un cero punto si era avvicinata a turno a tutti e quattro che l’avevano palpata in tuti i modi mentre lei si offriva e continuava a sgrillettarsi. Era finita con quattro pompini. Quattro pompini con ingoio, però dopo di ognuno aveva dovuto sciacquarsi la bocca con un collutorio perché, dicevano, avevano schifo a farsi spompinare da una con la bocca piena di sperma. Mentre faceva tutti quei lavori di bocca continuava a sgrillettarsi con la vagina bene aperta, in mostra per loro.
Quel ricordo la fece venire. Si sentiva umiliata, sporca degradata e venne. Come adesso, che si masturbava con la scarpa di Gabriele. Lasciò che vedessero bene che stava venendo e che ridessero di lei. Poi iniziò a lavorare. Doveva lavare le pentole e fare i lavori più pesanti e più sporchi che le venivano affidati con disprezzo. All’ora di pranzo Francesca riportò un piatto di pasta mezzo avanzato misto a pezzi di carne masticati e sputati. Ci sputò dentro pure lei e disse che quello era il suo pranzo e di mangiarlo con le mani. Lo fece senza dire una parola. Finito il pranzo Gabriele andò in bagno e lei lo accompagnò, tirò fuori l’uccello, lo fece pisciare, scrollò l’uccello e lo pulì con la lingua, prendendosi in bocca anche l’ultima pisciata. Riprese a lavorare. Stava frugando per terra quando sentì da dietro le mani di Gabriele che la palpavano. Lasciò fare. Sentì sollevare la vestaglia e allargò le gambe per collaborare, Sentì entrare l’uccello in modo deciso. Sperò solo che facesse in fretta ma mentre le mani le brancicavano le tette si chiese se avesse dovuto muoversi o fare qualcosa. Aspettò.
-Godi troia!
Non era una richiesta era un ordine. Le venne in mente che da quel momento era solo una schiava a disposizione del padrone e che sarebbe stato sempre così e che le umiliazioni oramai la eccitavano e venne. Ansimò, gridò si accasciò a terra mentre sentiva nella vagina lo sperma inondarla. Quando Gabriele uscì prese subito in bocca i suo uccello per pulirlo, poi i coglioni e leccò il buco del culo. Rivoli di sperma uscivano dalla sua vagina e scendevano sul pavimento. Un’occhiata di Francesca le fece capire cosa doveva fare: leccò tutto fino a quando il pavimento non tornò lucido. Prese poi dal cestino della carta straccia dei tovaglioli di carta usati dai clienti e se li mise nella vagina, per non sporcare con altre perdite. Poi riprese a lavorare. Erano le undici quando Gabriele le disse che poteva andarsene. Lo ringraziò.
La sua risposta la fece gelare:
-dopo vengo su a casa tua a bere un goccio, dillo anche al cornuto.
Licia era preoccupatissima per quello che le aveva detto Gabriele. “Vengo a casa tua” a far cosa? a deriderla che non aveva niente da offrire, a deriderla della povertà della sua casa, a umiliarla davanti a Dario. Poi come li avrebbe trattati? “Gabriele è volgare e prepotente”, pensava, “ma Dario cosa può fare? Se risponde alle umiliazioni che Gabriele vorrà infliggermi saremo cacciati, come posso fare?”
Salì le scale preoccupatissima. Dario l’aspettava con il sorriso sulle labbra. Non aveva mangiato, l’aspettava. Si vedeva che era stanco. Non si era nemmeno cambiato, aveva cercato di riordinare casa e si era trscurato. A Licia veniva da piangere. Lui la baciò con la lingua, l’accarezzò con vigore, con intensità, per renderla complice della sua voglia. Lei si lasciò toccare, sperando che le carezze divenissero subito forti, decise, per poterlo ricambiare e fargli capire quanto lo amasse ma qualcosa in lei glielo impediva: l’ansia.
-Gabriele viene qui stasera!
Le parole le erano uscite di getto e a sentirle Dario si fermò.
– Me l’ha detto prima di uscire dal lavoro. Non so perché ma ho paura. Non abbiamo niente da offrirgli e ho paura che venga solo per umiliarci ma non so come fare. Se ci caccia da qui siamo rovinati.
Poi si inginocchiò di fronte a Dario.
-ti prego, non reagire alle sue volgarità! Di sicuro ti dirà che sono una troia ma tu non reagire! Lascia che me la sbrighi da sola!
Dario non sapeva cosa rispondere. Rimase un poco pensieroso poi fece:
-Posso dirgli che devo uscire perché ho un impegno. Me ne vado. Però non so se faccio bene a lasciarti sola con lui.
-E’ un’idea. Preferisco che mi umili quando non ci sei.
Poi si fermò.
-Vai a bere qualcosa, quando torni ti racconto tutto. Voglio che tu sappia tutto di me, perché sono tua.
Si fermò poi riprese.
– non ti mentirò mai, ti prego solo di non lasciarmi. Poi puoi fare quello che vuoi perché vedi bene che mi lascio prender dagli altri uomini e sono poco seria, anzi, sono una vacca.
Dario la guardò e le diede un bacio.
– Non ti lascerò mai, tu hai questa e ne vado pazzo
e le mise una mano in mezzo alle gambe. Licia si sentiva felice che il suo uomo la toccasse, la trattasse come una troia. Non era Gabriele e le piaceva sentirsi voluta da lui. Temeva che la gelosia di Dario prima o poi uscisse e lei era disposta a concedergli qualunque divertimento purché non la lasciasse. Lui era libero di divertirsi se lei era quella che dava via il suo corpo per tirar su quattro soldi.
Suonò il campanello, Licia corse ad aprire. Era Gabriele, solo. Era contenta non ci fosse Francesca, le pesava meno. Fece le presentazioni.
– Buonasera signor Gabriele, questo è il mio fidanzato Dario. Dario, questo è il signor Gabriele il padrone dove lavoro…
Dario si era avvicinato con un sorriso forzato sulle labbra, tendendo la mano al nuovo arrivato. Quello che accadde fu improvviso e rapido. Gabriele lo afferrò per il braccio, lo fece ruotare fino a farlo cadere in ginocchio e gridò con una voce dura:
-In ginocchio cornuto!
La cosa accadde in un attimo. Licia era basita. Dario inginocchiato con il braccio torto che non sapeva cosa fare. Gabriele duro che lo guardava con disprezzo. Rimasero così per una quindicina di secondi, Gabriele alto sopra Dario e Dario che poco alla volta faceva meno opposizione, prigioniero com’era in quella posizione.
– e adesso baciami il cazzo!
Dario era inginocchiato e si carezzava il braccio dolorante. Gabriele si era messo davanti al lui, vicino al suo viso la patta dei pantaloni che quasi lo toccava. Gabriele avrebbe potuto reagire, fare qualcosa, non fece niente. Rimase lì fermo per qualche secondo poi baciò la patta che aveva davanti una, due, tre volte. Era vinto. Gabriele sorrise soddisfatto. Lasciò che le labbra di Dario baciassero la patta poi riprese a parlare.
– bravo cornuto. Adesso mi tiri fuori l’uccello e lo prendi in bocca.
Dario obbedì. Sbottonò la patta, tirò fuori l’uccello dalle mutande e lo prese in bocca, Licia guardava senza dire nulla.
-Vedo che sai stare al tuo posto cornuto. Prima di andare avanti voglio farti vedere una cosa. Licia, fagli vedere la figa.
Licia sollevò il vestito e allargò le gambe per mostrarsi tutta. In quella situazione non poteva far altro. Per essere certa di obbedire bene si allargò la vagina con le mani per mostrala ai due.
-La vedi la figa della tua donna? c’è dentro della carta, bagnata. Sai perché?
Dario fece di no con la testa, senza smettere però di succhiare.
-Perché l’ho chiavata prima e lei si è dovuta mettere dei tovagliolini sporchi nella figa perché quella non smetteva di colare. Sai di cosa?
Dario non sapeva cosa fare e continuava a leccare l’uccello che cominciava a diventare più duro.
-A colare della mia sborra! Perciò ora tu fai il bravo fidanzatino, cornuto. Ti stacchi da questo uccello che ti piace tanto e corri da lei per pulirle bene la fica dalla mia sborra. Non vorrai lasciarla sporca, vero?
Dario aveva capito l’ordine. Smise di leccare e sempre in ginocchio andò alla vagina di Licia. Lei, dietro ordine di Gabriele, si sedette su una sedia. Le tolse con le mani i fazzolettini di carta, Gabriele gli ordinò di metterseli per un po’ in bocca ed eseguì l’ordine, poi cominciò a leccare la vagina di Licia, mentre Gabriele li osservava ridendo.
-Ti piace il sapore della mia sborra nella figa della tua donna? Rispondi!
Dario annuì con la testa.
– Bravo. Lecca poi quando dico basta appoggiati con le braccia alla sedia mentre Licia viene qui da me.
Licia si alzò mentre Dario assunse la posizione: Le braccia appoggiate alla sedia, la fronte sul sedile, quasi fosse in castigo.
-Adesso prendilo tu in bocca e ascoltatemi.
Licia prese il posto di Dario e sentì in bocca la sua saliva mista allo sperma di Gabriele. Era umiliante ma le dava una sensazione strana, quasi eccitante. Si disse tra sé che doveva punirsi per questo e avrebbe supplicato Dario di farle del male, di picchiarla con la cinghia mentre con la lingua puliva la tazza del cesso dopo che lui aveva pisciato. Sì, doveva fare in modo che lui prendesse le redini e la degradasse sempre di più quando lei si accorgeva di sentirsi eccitata in certe situazioni. Gliel’avrebbe detto.
– sono venuto su per mettere le cose in chiaro. Ho capito chi siete. Se la vacca si lascia fare tutto e tu non dici niente siete due servi nati, vi occorre qualcuno che vi comandi. Quello sono io. Lei lavora per me il giorno e fa quello che le ordino. Anche tu però sei un servo. Per essere chiari il tuo nome è cornuto. Dovrai obbedire alle mie regole o sono cazzotti, di quelli veri, capito cornuto?
-Si
-Si cosa, pezzo di merda?
-si padrone.
– Da questo momento dovrai sempre avere addosso delle mutande da donna. Ci ho già pensato. Licia porterà a casa le mutande sporche di Francesca, tu le userai sporche per una settimana poi lei le lava, a mano. Capito vacca?
Licia annuì mentre succhiava l’uccello.
– Poi una cosa nuova. La puoi scopare solo se il buco che vuoi usare è già stato riempito di sborra. Sennò niente, solo seghe. Capito?
-Si padrone.
-Un’ultima cosa. Un cornuto non obbedisce se prima non l’ha preso nel culo dal padrone. Ti devo marchiare. Succhia bene Licia perché deve diventarmi duro duro.
Lici si era quasi fermata ma una sberla forte alle tette la fece ricominciare.
– Se ce l’ho molle in pieghiamo un’ora, se l’ho duro facciamo in un attimo, vedi tu Licia, vacca schifosa.
Aveva ragione. Licia si mise a leccare con energia e per eccitarlo di più gli mise una mano sui suoi seni, perché li palpasse.
-Brava, così facciamo prima, tu intanto allargati le chiappe cornuto.
Gabriele calcava con forza sulla parola cornuto, che oramai era diventato il nome di Dario e che doveva continuare ad essere umiliante per lui . Intanto lui si era allargato bene, mostrando il buco a Gabriele che fermò per un attimo Licia, le voltò la testa e le disse:
-guarda!
Lei osservò la scena senza dire niente.
-ti piace il tuo fidanzatino?
-si padrone
E riprese a succhiare. L’uccello di Gabriele era diventato abbastanza duro era oramai pronto per la violenza su Dario. Gabriele disse a Licia di spostarsi poi si diresse verso Dario ma prima di cominciare le disse:
-Stasera mi sento buono. Leccagli bene il buco del culo cosicché gli sarà più facile prenderlo tutto.
Licia cominciò a leccare. Lo fece bene, più di quello che faceva sempre. Leccare dietro Dario le piaceva, la faceva sentire sottomessa a lui, costretta a fare cose che le fidanzate per bene di solito si vergognano a mentre per lei era un’abitudine. Quella volta però era diverso. Leccava perché doveva aiutarlo, perché non poteva impedirlo, perché voleva fargli capire che le era vicino. La cosa però era per lui tremendamente umiliante e ancora una volta Licia si accorse che vivere quel ruolo degradante per tutti e due cominciava a sembrarle giusto. Ad un secco ordine di Gabriele smise di leccare. Gabriele adesso con tono ironico si rivolse a tutti e due.
-adesso Licia prende mio cazzo e lo appoggia sul buco del culo del fidanzatino, poi lo tiene perché entri bene, tutto, e che poi non esca mente lo muovo su e giù. Lo tiene fino a quando non sente che gli sborro nel culo. Tu intanto cornuto segati mentre te lo ficco dentro.
Detto fatto cominciò l’azione. Licia fece come le era stato ordinato. A Dario era stato ordinato di non gridare e fu quello che fece. Poco alla volta l’uccello entrò, stantuffò e Gabriele godette nel culo di Dario, mentre quello si masturbava, come ordinatogli. Licia con le mani aveva tenuto l’asta di Gabriele, attenta che non uscisse. Quando vide che pulsava perché stava eiaculando lo tenne fermo nel culo di Dario, affinché tutto rimanesse dentro. Poi lo tolse piano piano, delicatamente. Uno sguardo di Gabriele le fece capire che doveva fare. Pulì l’uccello di Gabriele, attenta a togliere anche la sporcizia del culo di Dario rimasta attaccata. Questo le fece schifo ma fece finta di niente. Capiva che Dario era sporco dietro ma non voleva farlo notare in nessun modo, sperando che Gabriele non se ne fosse accorto.
-Brava, hai leccato via bene anche la merda del tuo cornuto. L’uccello sporco mi fa schifo, l’avrei fatto pulire a lui per fargli capire cosa si prova ad avere tutta quella merda. Adesso vai da lui e gli pulisci bene il buco del culo, che sei abituata a leccare la mia sborra.
Licia corse dal suo amore per cercare con la lingua di calmare il dolore che certamente provava. A quel punto Gabriele si alzò, si ricompose e usci.
-domani ti dirò alcune cose che devi fare, perché tornerò ancora e voglio maggiore ospitalità da voi due, servi.
La porta era chiusa e Licia continuava a leccare il buco rosso di Dario, fino a quando non uscì più sperma e lui sembrò più calmo. Poi lo sollevò da terra e lo accompagnò a letto. Lo svestì e gli mise il pigiama, baciandolo dappertutto.
Poi si stese vicino a lui.
-E’ colpa mia, sono una vacca e lo sanno tutti oramai. Potrai mai perdonarmi? andiamocene via di qui, domani. troveremo un altro posto. Io andrò a fare la puttana e con i soldi ci pagheremo una casa. Potrai mai perdonarmi? Puoi fare di me tutto quello che vuoi. Sono la tua schiava. Umiliami, deridimi, vendimi ai tuoi amici. Trovi una donna che ti piace e vuoi andarci assieme? Fallo, ti aiuterò. Se per averla Il suo uomo vuole fottermi può scopare con me quanto vuole, oppure posso venire io a umiliarmi davanti a voi, se vorrà che io sia lo zimbello su cui sputare. Ma ti prego, non lasciarmi.
Alla fine sentì Dario dire qualcosa.
-tu non hai colpa, lo sai bene che siamo due servi, tu e io. Non abbiamo scelta. L’ho capito quando mi ha ordinato di baciargli l’uccello. E’ quello il mio ruolo. Del cornuto che obbedisce al signore. Qui almeno abbiamo un padrone che sa il fatto suo. Rimaniamo qua, è più sicuro.
Rimasero abbracciati a lungo. Fino a quando Licia sentì che il pisello di Dario sembrava indurirsi.
-Se hai voglia mettimelo nel culo. Voglio sentirti mentre mi prendi da dietro, voglio sentire il tuo sperma e dopo voglio pulirti bene l’uccello come ho fatto con Gabriele.
Lo guardava con occhi supplicanti.
No. Gli ordini sono chiari. Posso scoparti solo dove oggi sei già stata riempita. Da adesso facciamo così.
L’uccello era diventato più duro. Licia aprì le gambe, lo guardò e gli disse:
-Vienimi dentro e scopami. Sono ancora piena della sborra di Gabriele. Quando mi ha chiavato ne è uscita un sacco e l’h leccata per terra ma dentro sono ancora farcita. Lo senti come è facile chiavarmi’ Sono ancora piena dentro, tutta bagnata, e tu sai perché. Sono una serva e le serve hanno i buchi sempre a disposizione dei padroni. Adesso puoi svuotarti anche tu perché il padrone l’ha già fatto.
A queste parole Dario venne, copioso. Licia lasciò che si scaricasse, lo pulì bene con la lingua, poi lo abbracciò ancora e si addormentarono. Non era stata una serata qualunque.
Il giorno dopo Licia puliva per terra, inginocchiata, come le era stato ordinato. “Tu usi lo straccio con le mani, per terra, perché sei la serva, capito?” Le aveva detto Francesca appena arrivata. Adesso mentre lavorava sentiva Gabriele parlare a Francesca e le risate sempre più forti che lei faceva. Poi i suoi commenti.
-Davvero hai inculato il cornuto? Mi sarebbe piaciuto esserci! La prossima volta ci sono di sicuro: o mi inviti o ci vengo da sola!
Poi i due avevano continuato a palare e ogni tanto Francesca alzava la voce per farsi sentire da lei.
-Hanno bisogno della pompetta per il clistere o della sacca, sennò ogni volta che li scopi è uno schifo! Poi è meglio se fare il clistere diventa un’abitudine per loro perché devono così gli entra nella testa che devono essere sempre disponibili per il padrone!
-Giusto. Sempre disponibili, non voglio più certe schifezze. Poi lei ha pulito tutto con la lingua, però voglio essere sicuro che chi è sotto di me è sempre pronto: non solo aperto, anche preparato a prenderlo.
Licia puliva il pavimento ma le veniva un po’ da piangere. Aveva leccato l’uccello alla perfezione, l’avrebbe rifatto tutte le volte, per Dario però era un’umiliazione, di sicuro. Per lei no, era pronta a pulirsi l’intestino tutti i giorni, se Gabriele lo voleva.
-Oggi la porto io da una mia amica che le spiega come fare e le dà anche gli attrezzi.
-Lo fa gratis?
-Nessuno fa più niente gratis al giorno d’oggi.
Avevano riso. Licia continuava a pulire per terra e si sentiva guardata. Fregava bene e teneva le gambe larghe, per offrirsi a Gabriele se solo ne avesse avuto voglia. Non ne aveva, però la guardava e lei capiva che la semplice azione di fregare per terra in ginocchio a gambe larghe per essere pronta a farsi usare dal padrone se lui ne avesse avuta voglia gli dava soddisfazione perché lo faceva sentire padrone. ‘La serva deve stare sempre a disposizione’ pensava mentre continuava a lavorare con la testa china sul pavimento
-Frega bene troia che dopo ti porto da una mia amica che ti spiega qualcosa.
E’ Francesca che parla
-Certo!
Una pedata la colpisce sul sedere, dura.
– Più educata quando parli con me, vacca!
-Mi scusi signora!
– Solleva la gonna e a culo nudo!
Licia esegue subito. Solleva la vestaglia, mostra il sedere e con la mano si allarga le chiappe per mostrare bene aperti i due buchi a Francesca. Ha capito che umiliandosi per prima può risparmiare qualcosa della punizione che le spetta. La mano di Francesca la penetra con durezza. E’ diverso il suo modo di toccarla da quello di Gabriele. Lui la palpa per eccitarsi, per far venir duro l’uccello e poi chiavarla, è un suo diritto, pensa Licia. Francesca invece la fruga per far sentire chi comanda e che lei deve rimanere lì sotto a farsi toccare, per ripeterle senza dover parlare che lei è solo una sporca serva buona solo a far sfogare i signori. Le dita la frugano senza delicatezza, è solo un gesto di potere. Licia lo ha capito e per questo si allarga con le mani: per far capire che sa stare al suo posto. Le dita la penetrano davanti e dietro, a lungo. Poi sente il comando di Francesca
-pulisci le tue schifezze vacca.
Si volta. Con la bocca succhia le dita offerte. Mentre lo fa tira fuori dalla vestaglia i seni: forse la signora vorrò asciugarsi le mani sulle sue tette. Invece quella le schiaffeggia, a lungo, ripetutamente. Licia in ginocchio, le braccia incrociate dietro la schiena, lascia che la signora si diverta. Alla fine smette.
– Pulisci la tazza del cesso del gabinetto del bar con la lingua che quando hai finito usciamo.
Licia si alza, lascia a metà il lavoro. Sa già che per questo la pagherà per questo ma non può farci niente. Va nel bagno pubblico della locanda. E’ un cesso piccolo, per uomini e donne. In pratica c’è solo un lavandino e la tazza del cesso. Si toglie la vestaglia e con quella pulisce il lavandino. E’ nuda ma sa che deve lasciare la porta aperta. Per fortuna nessuno viene lì, tira un sospiro di sollievo e si rinfila la vestaglia, bagnata. Adesso deve pulire la tazza del water. Sa che Francesca arriverà prima o poi, in silenzio, e la punirà duramente se non farà come ha detto. Alza le spalle: l’ha già fatto più di una volta. Però quel cesso è davvero sporco. Sembra che tutti abbiano lasciato tracce della loro piscia sul water. La lingua di Licia pulisce mentre lei sente nella bocca i diversi sapori dell’urina. Ha quasi finito e si ferma. Francesca ha detto la tazza del cesso ma gli schizzi per terra? E’ pieno, sembra che tutti si siano divertiti a pisciare fuori prima di centrare la tazza del water. Ecco il perché di quella puzza disgustosa. Lecca il pavimento e con la lingua porta via l’urina fresca e quelle vecchie macchie gialle che non se ne vogliono andare via e fanno proprio schifo a vedersi. Le lecca bene fino a farle scomparire. Mentre fa questo lavoro sente una mano che da sotto la vestaglia le sta risalendo dalle cosce fino alla vagina. Allargale gambe per facilitarla. Quando si sente frugare la figa capisce però che non è Francesca, è un tocco volgare ma diverso. Non osa però chiudere le gambe e nemmeno voltarsi. Continua a leccare il pavimento mentre la mano la esplora con calma, senza fretta, poi le solleva la vestaglia dietro e lei sente un uccello che sta per penetrarla. Non si sogna nemmeno di opporsi ma ha paura. Gabriele ha dato il consenso? Se non è così come sarà punita? L’uccello le entra dentro fino in fondo, sente l’uomo ansimare mentre va e viene.
– Ferma!
E’ la voce di Francesca
– E’ di proprietà di Gabriele, se le sborri dentro si incazza.
– Io ero venuto qui solo a pisciare e mi trovo nel cesso questa vacca viziosa che lecca la piscia!
– Non la puoi scopare. E tu voltati troia!
L’uccello adesso è tutto fuori dalla vagina e Licia si può voltare. Chi l’ha appena usata è un uomo alto e grosso, con un’enorme pancia, il viso cattivo.
-Fagli vedere le tette!
Licia obbedisce prontamente, tirandole fuori dalla vestaglia. Questo gesto pare gradito all’energumeno che senza dire nulla comincia a palparle. Lo fa con forza, senza alcuna delicatezza, mentre il suo uccello non accenna a rimpicciolirsi e a scendere.
– E adesso come faccio? Non ho più l’età per farmi seghe!
Il tono è deciso e guarda Francesca perché vuole finire in bellezza la sua avventura.
– La bocca, usa la bocca.
Lui prende Licia per la testa e la dirige verso il suo uccello, lei apre subito la bocca e si fa chiavare, usare la bocca come un buco dove svuotarsi. E una cosa veloce. Lui dopo poco ansima e le viene copioso nella sua bocca. E’ durata poco, per fortuna. Poi esclama, rivolto a Francesca:
-Adesso devo pisciare!
E sorride beffardo. Lei strizza l’occhio e dice:
-Vi lascio soli, una signora non guarda certi spettacoli.
La porta però rimane aperta. L’uomo piscia copioso nel water, un po’ centra la tazza, un po’ il bordo un po’ vola fuori. Quando ha finito Licia prende in bocca l’uccello e lo pulisce, ricevendo anche gli ultimi schizzi che erano rimasti apposta per lei. Poi pulisce con la lingua un’altra volta il pavimento e il bordo della tazza. Soddisfatto l’uomo esce, non prima di averle schiacciato con forza le tette, fino a farle male. Adesso Francesca con un cenno le dice di uscire. Controlla che il lavoro sia stato ben fatto poi aggiunge ironica:
– Guarda che quello di oggi è solo un anteprima, se ti ha dato fastidio ti ci abituerai, presto.
Licia non dice niente. Sperava di fare solo la serva di Gabriele ed ecco che si aprono nuovi scenari.
Francesca la fa pulire sommariamente e la porta fuori, dopo aver detto a Gabriele che staranno via per un po’.
Nell’auto Licia deve stare a gambe larghe perché Francesca vuole sentirla sempre disponibile e quando sono ad un semaforo o ad uno stop le mette la mano sulla vagina, con comodo. Se qualcuno nota la scena ride, lei abbassa il finestrino e dice: – E’ una troia, la sto portando a farla chiavare.
Un uomo con una bella macchina che le ha affiancate ha subito risposto:
-Falla chiavare a me!
Francesca sta allo scherzo e risponde:
– Non adesso, però ti faccio vedere la mercanzia.
Entrano con le macchine in un parcheggio vicino, Licia riceve l’ordine di salire sulla macchina dello sconosciuto, obbedisce. E’ una cosa rapida. Lui le tira fuori le tette, in un attimo che tanto i bottoni sono slacciati, poi le mette le mani in mezzo alle gambe, le dita nei due buchi. Licia tiene gli occhi bassi e le mani dietro la schiena. La cosa piace a lui che per vedere se reagisce le sputa in faccia. Poi si rivolge a Francesca, che si era affiancata con l’auto.
-in che bordello lavora? o lo fa in strada?
– La sto ancora addestrando, quando è pronta ti faccio sapere.
Licia è tornata sull’auto di Francesca, dopo aver dato il suo numero di telefono all’uomo perché il numero di telefono di una troia non crea problemi a nessuno. ‘Lo chiami tra un po’ e lei ti dice dove lavora’.
Finito l’intermezzo ripartono. Il posto dove arrivano è un centro massaggi. Licia capisce. Suonano ed entrano. Ad aspettarli c’è una donna formosa, mora, capelli lunghi due bei seni, quarantenne, poco vestita.
Abbraccia Francesca poi le chiede cosa vogliono.
-Ascolta. Lei e il suo uomo devono farsi tutti i giorni il clistere per essere pronti a prenderlo in culo. Tu cosa consigli?
La donna ride fragorosamente, facendo ballare la pancia.
– Sapevo che c’era qualcosa di strano perché tu non vieni mai qui per niente. Guarda, io consiglio la peretta, di quelle professionali però. Non sono troppo invasive e se fatte con regolarità danno un ottimo risultato. Sono veloci ma ti fanno sentire quello che sei. Queste perette che ho io sono speciali, le usano gli schiavi perché ricordano loro cosa sono. Sai, solo il fatto di doversi tenere il buco del culo netto tutti i giorni gli fa capire che devono essere sempre pronti, che il padrone abbia voglia o no. Adesso ti faccio vedere.
Licia viene fatta spogliare e distendere sul lettino a pancia in giù. La donna poi con il dito incremato le unge il buco del culo e le mette dentro la peretta. Ci mette poco. Finito questo prende la peretta e mette la cannula davanti alla bocca di Licia perché la pulisca bene. Poi la fa scendere dal lettino.
– Ti do anche l’enteroclisma. E’ più lungo da fare però ogni tanto rimanere con la cannula ficcata nel sedere per due ore mentre l’acqua scende ti fa passare i grilli dalla testa e lo prendi in culo con più umiltà
Licia dopo venti minuti ottiene il permesso e può andare in bagno, lasciando la porta aperta. Per gentile concessione delle due può tirare l’acqua e non deve pulire con la lingua.
– Grazie, come posso sdebitarmi?
Fa Francesca con un bel sorriso, anche se forse ha già dentro di sé la risposta. La donna la guarda e sorride
-sono buona me la presti per un’ora mentre vai al bar a berti qualcosa.
L’ora successiva di Licia si suddivide in due parti. Nella prima lecca la vagina della dona fino a farla venire. Mentre lecca la donna le racconta quanto è dura e difficile la sua vita. Quella mattina ha dovuto soddisfare due vigili che erano venuti a farle contestazioni.
– Due porci, tutti e due nella figa che stai pulendo tu con la lingua.
Poiché le sembra che Licia non abbia e capito abbastanza cosa ha patito tira fuori dalla cesta della roba sporca le mutande piene di sperma e un asciugamano da bidet, lercio. Glieli fa pulire bene con la bocca per togliere tutto quello che c’era rimasto.
Nella seconda parte Licia deve masturbare un uomo che era venuto per un massaggio. Lui è disteso, è una cosa veloce. Licia sempre vestita con la sua vestaglia semiaperta lo accarezza come sa fare, tutta buona volontà e niente stile, lui capisce l’andazzo e la palpa per bene dappertutto: culo, seno, vagina mentre lei lascia fare anche per cercare di mascherare la sua inesperienza. Quando con la mano prende a menare l’uccello lui sibila:
-Usa la bocca troia, che è l’unica cosa che sai fare
Licia obbedisce prontamente
Finito il lavoro aspetta per un attimo in uno stanzino. Sente che Francesca e l’amica confabulano.
Poi entrano con un pacco.
-Questi regali sono per te ed il cornuto, ringrazia la signora.
Licia inizia a dire grazie ma la donna si siede e allarga le gambe, è ancora senza mutande.
– Datti da fare, così mi ringrazi.
Licia si inginocchia e la lecca bene. La vagina stavolta sa di urina, ha appena pisciato. Con la lingua la pulisce bene poi le bacia i piedi. In auto Francesca le dice:
-Mi ha dato tanti consigli per te, stasera ne parlo a Gabriele
La vita di Licia proseguiva ordinata. Si alzava la mattina presto, andava in bagno, si lavava, si faceva il clistere, di corsa preparaza la colazione a Dario poi correva in bagno per evacuare e controllare di essere ben pulita, sennò avrebbe ripetuto l’operazione. Fatto questo tornava da Dario lo svegliava delicatamente, controllava che le mutande sporche di Francesca non presentassero troppe macchie, che lei avrebbe sennò ripulite con la lingua. Oramai anche a casa rispettavano scrupolosamente tutti gli ordini. Dario andava a lavorare con addosso le mutande sporche da donna di Francesca, che regolarmente gli venivano date sporche di sperma secco. Licia le puliva con la lingua perché non doveva lavarle e le pareva che quello stratagemma potesse passare, leccava le mutande anche dello sporco di Dario, tutte le mattine. La notte scopavano solo nel buco di Licia che Gabriele aveva usato e se non l’aveva riempita Dario si accontentava di seghe. Licia aveva scoperto mentre lo masturbava, che se lei gli raccontava le umiliazioni patite lui si eccitava. Per questo usava tutti i particolari umilianti e il vocabolario sconcio e anche quando scopavano gli ricordava che lei era la troia del padrone e anche lui doveva usarla come sborratoio. In fondo anche a Licia piaceva questo e sapere che a Dario piacevano le storie in cui veniva umiliata la faceva sentire ancora più sottomessa. Anche per questo correva sotto quando Dario se n’era appena andato. Nell’osteria Francesca godeva ad umiliarla e ogni giorno ne trovava una nuova. Appena la vedeva Licia doveva tirar fuori dalla vestaglia i seni e mettersi davanti a lei con lo sguardo fisso e le mani lungo i fianchi. Francesca schiaffeggiava le tette a lungo e le chiedeva se il cornuto l’aveva scopata. alla risposta affermativa si faceva raccontare cosa aveva fatto per eccitarlo e Licia le raccontava i suoi piccoli stratagemmi, di come avesse aperto le gambe dicendogli che era piena di sperma ma pronta a ricevere la sua sborra, di come gli avesse detto che il suo buco fosse adatto per far divertire i maschi, di come avesse sussurrato: “svuotati nel mio buco senza problemi”. La domanda era sempre la stessa: come hai fatto godere il cornuto? Licia doveva ogni volta trovare le risposte più umilianti per soddisfare Francesca, sennò erano botte. Sulle sue tette, sulla sua vagina, sulla sua faccia. Aveva imparato che più si umiliava più Francesca sembrava soddisfatta. Stava però bene attenta a non mentire perché non ne era capace.

“L’ho fatto sborrare nella mia figa, signora, ero già piena che mi colava tutto e dovevo raccogliere con le mani e leccarlo! Oramai quando salgo dall’osteria mi metto dei tovaglioli in mezzo alle gambe, poi li tiro fuori davanti al cornuto per fargli vedere quanto sono piena, li lecco bene davanti a lui poi mi metto a gambe larghe perché le troie si fottono così, senza perdere tempo in smancerie.”

“L’ho fatto venire nel culo che padron Gabriele aveva voluto che mi inculassi davanti a lui con una zucchina poi si è deciso a mettermi dentro il suo uccello ma mi ha detto che oramai il mio buco del culo è un cratere. Però si è degnato di godere dentro, anche se ha detto che gli faccio schifo. Il cornuto quando ho allargato le chiappe e gli ho fatto vedere quanto sono larga dietro ha capito e a preso a montarmi. Oramai sono bene aperta e non mi ha fatto niente, però ho pulito il suo uccello bene bene e quando ha cominciato a pisciarmi addosso sono rimasta lì.”

“Il padrone non mi aveva degnato così al cornuto ho fatto una bella sega mentre gli raccontavo che lei mi fa palpare da chi ne ha voglia e per me è normale farmi toccare perché tutti i giorni mi mettono le mani addosso e io devo lasciar fare “.

Se Francesca rimaneva soddisfatta dal racconto la giornata scorreva tranquilla. Licia puliva il pavimento dell’osteria, prima il bar, poi la sala da pranzo. Lo faceva prima con la scopa poi con lo straccio, inginocchiata. La porta della sala da pranzo in quei momenti era chiusa. Qualche volta però si apriva. Licia, nel suo lavorare dava sempre di spalle alla porta e continuava a fregare per terra senza sapere chi fosse entrato. Se era Francesca erano pedate nel sedere che la facevano cadere a terra e che subiva senza dire una parola. Più spesso però erano dei passi che si avvicinavano a lei senza fretta e sentiva una mano che da dietro le sollevava la vestaglia. Mentre le veniva scoperto il sedere si metteva gambe larghe per facilitare quello che sarebbe successo dopo. Le dita la frugavano nelle sue intimità con prepotenza e lei lasciava fare, continuando a pulire. Se una mano poi veniva davanti tirava lei per prima fuori le tette dalla vestaglia . Tutto questo continuava per un quarto d’ora, poi sentiva dietro ansimare. Vedeva lo schizzo di sperma al suo fianco e puliva il pavimento con la lingua, per non sporcare lo straccio. Era stata Francesca a dirle che se qualcuno entrava nella stanza quando lei lavorava doveva continuare a fare quello che faceva e restare zitta e lei aveva capito cosa intendeva la sua signora. Quando si era verificato per la prima volta l’episodio dello sperma per terra Francesca le aveva detto di non usare lo straccio nuovo per pulire e lei per non usare la vestaglia aveva leccato, ricevendo una sorte di complimenti. Non era più stata penetrata però mentre faceva quei lavori anche se non si sarebbe certo sognata di opporsi. Era Gabriele che aveva detto che lei era la sua serva e la chiavava solo lui. Francesca non si sera opposta ma la cosa era cominciata a divenire oggetto di discussione.

Per questa ragione Francesca si autoinvitava spesso le sere che Gabriele andava su da loro per scopare senza fretta. Quelle volte Licia correva su di corsa e preparava la tavola per due. Lei e Dario erano i due servi che dovevano stare a disposizione . Quando veniva solo Gabriele la serata era tutto sommato tranquilla. Lui mangiava, poi guardava la televisione che Licia aveva comperato, ad un cenno lei correva a sbottonargli i pantaloni e in ginocchio lo succhiava fino a quando non era ben duro. A Gabriele piaceva scoparla e guardare la televisione per farla sentire ancora di più un oggetto e lei si allargava bene e se lui voleva metteva l’uccello nel buco desiderato. A volte veniva subito, altre volte no. Era Dario che entrava in gioco a quel punto. Leccava l’uccello del padrone fino a farlo tornare duro poi lo metteva nel buco che Gabriele indicava con noncuranza. Quando Gabriele veniva subito gli leccava l’uccello e prendeva in bocca lo sperma che usciva, poi leccava bene Licia per ripulirla. Se Gabriele era di buonumore scherzava: stasera te la scopi la vacca, vero! Certo signore, adesso che ha il buco farcito le sborro dentro in quattro e quattr’otto. Gabriele non li guardava fottere. L’aveva ordinato una volta, e subito Dario si era precipitato a montarla, era venuto solo quando Gabriele gli aveva detto “sborra cornuto che più di tanto non resisti! “ Licia aveva poi guardato Gabriele e lo aveva ringraziato di cuore per il permesso mentre Dario la ripuliva anche della sua sborra per far divertire un po’ Gabriele ma la cosa non aveva avuto seguito. Con Francesca era più dura.

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