Skip to main content
Racconti di Dominazione

Fantasia su un’amica

By 23 Agosto 2018Dicembre 16th, 2019No Comments

Aveva deciso di puntare tutto sulla sua immagine, del resto aveva ottimi motivi per farlo, una bellezza come la sua non era certo comune e Gaia lo sapeva bene: gambe slanciate, come quelle di una gazzella, messe quasi sempre in risalto da gonne molto corte, ed un sedere così sodo e tondo che sembrava dipinto dallo stesso Giotto. Se questo non fosse stato sufficiente, era vista di fronte che Gaia dava il meglio di sé: il seno, prosperoso, era indubbiamente il suo punto forte e lei non mancava certo di sottolinearlo con scollature provocanti e vestitini aderenti, mentre il suo viso incantava per gli splendidi occhi azzurri ed il raggiante sorriso. Un velo leggero di trucco, per un effetto acqua e sapone, oppure un rossetto di colore scarlatto, che risaltava le sue labbra, era tutto ciò che solitamente utilizzava per accentuare il suo fascino.

Insomma, un gran bella gnocca, come aveva provato a sentire qualche maschio sussurrare.

Forte di questo invidiabile arsenale, abbandonare gli studi per dedicarsi anima e soprattutto corpo alla carriera di hostess e promoter era stata un decisione abbastanza semplice per lei, anche se, la scelta di lasciare l’università, le aveva attirato addosso le ire dei suoi genitori che mal sopportavano il suo abbandono degli studi. In particolare suo padre l’aveva di fatto cacciata di casa, ma lei, orgogliosa qual era, era riuscita ugualmente a cavarsela, usando i soldi dei suoi primi servizi per affittarsi un appartamento. Era richiesta soprattutto in ambito sportivo, come ragazza immagine prima di importanti manifestazioni o durante la presentazione di eventi, ma aveva posato anche per qualche etichetta di moda, in particolare per costumi da bagno. L’unico limite che ancora non aveva voluto infrangere era il nudo; più volte aveva posato in abiti succinti e striminziti bikini, ma oltre quel punto non era mai voluta andare. Lo considerava la sua linea sicura, che mai avrebbe superato; in fondo già così guadagnava abbastanza bene, certo non i milioni ma cifre più che sufficienti per soddisfare i suoi bisogni.

Si sbagliava.

Come una meteora, la sua luce si consumò dopo poco tempo, e nuove ragazze, giovani, fresche ed attraenti, la rimpiazzarono velocemente in quelle occasioni dove, solo qualche mese prima, lei sarebbe stata sicuramente presente.

Rimasta con pochi soldi e tanti debiti da pagare, si abbassò sempre più a partecipare ad eventi che non si sarebbe mai sognata nemmeno di prendere in considerazione. Si era persino ridotta a ballare sul cubo un paio di sere a settimana in discoteca, nulla di veramente indecente per carità, ma certo non poteva fare a meno di notare come i maschi presenti la guardassero in maniera languida, nonostante alcuni fossero pure accompagnati dalla fidanzata. Gaia, fino a poco tempo fa, sarebbe stata orgogliosa di quegli sguardi, abituata com’era a sedurre gli uomini con un semplice sorriso per poi scaricarli, non degnandoli della minima attenzione, ma in quel contesto gli apparivano troppo volgari, la facevano sentire sporca. Il suo carattere orgoglioso le impediva, nonostante tutto, di torna a casa dai sui, e preferiva l’umiliazione di quel lavoro alla vergogna di presentarsi davanti a suo padre con la coda tra le gambe. Il punto più basso comunque lo toccò il giorno in cui decise di partecipare all’inaugurazione di un nuovo sex-shop locale, non tanto per l’oscenità che le trasmetteva quel luogo ed i prodotti in esso venduti, quanto per la lingerie che costituiva il suo unico abbigliamento per quell’occasione. Un paio calze velate, con balza in pizzo rosso, coprivano, se così si può dire, le sue lunghe gambe per fermarsi poco sotto l’attaccatura dei glutei, sostenute da un reggicalze del medesimo colore; quest’ultimo risultava perfettamente coordinato con un bel paio di mutandine a tanga che mettevano scandalosamente in risalto il suo sedere, praticamente nudo se non per un paio di centimetri di stoffa, ed ancora più slanciato da un paio di scarpe dal tacco vertiginoso, ovviamente rosse come tutto il resto. Ma la parte peggiore doveva ancora arrivare: un reggiseno a mezze coppe, sollevava, senza coprire, le sue floride mammelle e, qualche pezzo di volgare nostro adesivo era l’unica concessione che Gaia era riuscita ad ottenere dal suo cliente per coprire i capezzoli. Infine un cerchietto sulla testa, con due piccole corna di stoffa, completavano il suo abbigliamento da diavoletta tentatrice, in esatto contrasto con il bianco purezza che caratterizzava, invece, l’abbigliamento del promoter maschile di quell’inaugurazione. Nonostante quest’ultimo indossasse solo un paio di pantaloni lunghi ed era l’unico uomo a petto nudo nella sala, sembrava a suo agio in quell’occasione.

Gaia!? Si, sei tu. Eravamo insieme al liceo. Ti ricordi di me? Sono Edoardo.

Si certo, Edoardo. Ciao come va? – cercando di dissimulare.

Bene Grazie. &egrave un piacere rivederti – allungando uno sguardo nemmeno troppo velato verso i suoi seni – Sei un schianto’

La paura di Gaia si era dunque avverata. Prima di accettare questo lavoro aveva chiesto al titolare di poter indossare una maschera, per non farsi riconoscere; tuttavia quest’ultimo aveva fermamente rifiutato, asserendo che con una bellezza come la sua non c’era nulla di cui vergognarsi e che di ragazze per quel lavoro poteva trovarne quante voleva, senza che facessero storie come lei. Alla fine la ragazza, disperata, aveva ceduto a tutte le sue richieste, compresa quella specie di reggiseno che, Gaia ipotizzò, l’uomo aveva scelto proprio in virtù del suo petto prosperoso. Durante tutto il colloquio, infatti, lei non pot&egrave fare a meno di notare come il suo sguardo fosse costantemente diretto verso la sua scollatura, alzando a malapena la testa solo quando li porgeva una domanda.

Edoardo, Edoardo – una voce alle sue spalle attirò l’attenzione della persona con cui stava parlano.

Ciao Sofia, guarda chi c’&egrave – indicando verso Gaia.

Gaia!? Ciao, che bello vederti!

Sono in quel momento Gaia la riconobbe. Lei e Sofia avevano frequentato lo stesso liceo, e, con un’altra loro compagna, Ludovica, formavano un trio inseparabile, nonché molto corteggiato dato che erano indubbiamente le tre ragazze più belle dell’istituto. Questo, purtroppo, fino al termine del quinto anno, quando, per motivi di studio, ognuna prese una strada differente.

Non mi aspettavo di trovarti qui – la incalzò subito Sofia.

Beh, neanch’io – rispose Gaia, cercando di nascondere l’imbarazzo per quell’incontro – mi hanno chiamato per l’inaugurazione, sono qui per lavoro – cercò di giustificarsi.

Lo vedo – sottolineò maliziosamente la ragazza, squadrandola dalla testa ai piedi.

Purtroppo la carriera non va benissimo – confessò Gaia con amarezza – devo accontentarmi di quello che riesco a trovare. Te invece, perché sei qui? – cercò anche lei fare qualche domanda.

Per Edoardo ovviamente! Volevo vedere come se la cavava in veste di modello.

Voi due quindi’ – lasciando in sospeso cercando di sottendere una relazione.

No no, cosa ti viene in mente. Siamo solo amici.

Ricordati di ringraziare Patrizia da parte mia per questo lavoro – intervenne Edoardo.

Patrizia!? – disse Gaia a metà strada tra una domanda ed un’affermazione.

No, lei non era una nostra compagna – rispose Edoardo ai dubbi della ragazza.

&egrave una mia amica fotografa – disse Sofia – ed &egrave qui per presentare un lavoro’

‘e ha messo una buona parola per me con il proprietario – completò la frase Edoardo.

Gaia si sentì sollevata. Per un attimo aveva temuto che tutto il liceo si fosse radunato in quel posto per vederla vestita, o meglio svestita, in quel modo. Era già abbastanza a disagio per la presenza di Sofia ed Edoardo, che pure non vedeva da molto tempo, ma non avrebbe mai tollerato che la voce di quel lavoro fosse arrivata alle orecchie dei suoi genitori. Aveva confidato nel fatto che nessun conoscente sarebbe stato presente a quell’inaugurazione o che, nella più malaugurata delle ipotesi, non sarebbe comunque andato in giro a parlarne.

Eccola &egrave arrivata – disse Sofia indicando la persona appena entrata.

Patrizia prese posto al centro della sala, di fianco al proprietario del sex-shop. Dopo una breve introduzione di quest’ultimo, in cui spese parole d’elogio per l’operato di Patrizia, lasciò la parola alla fotografa che, con fare deciso, incominciò subito a parlare. La donna prese ad illustrare una prima serie di stampe: in esse, una modella dall’indubbia sensualità, era ritratta, in vari angoli e pose, con indosso quelli che Patrizia descrisse come abiti da mistress in ambito bondage: body attillati più o meno rivelatori, stivali dal tacco vertiginoso alti fino al ginocchio, calze velate o a rete, e quello che Gaia riconobbe come un frustino da equitazione, tutti elementi che la fotografa indicò appartenenti allo stereotipo diffuso della donna dominante. Il nero lucido della pelle di quegli indumenti risaltava oltremodo sulla pelle chiara della ragazza e, per quanto Gaia non avesse mai avvertito pulsioni omosessuali, si sentì quasi irrimediabilmente attratta da quella donna. Un attimo di silenzio dopo alcune spiegazioni un po’ articolate e Patrizia, dopo aver dato tempo al suo pubblico di assimilare quanto appena detto, ricominciò a parlare. L’obiettivo del suo lavoro era indagare la natura dominatrice della donna; ma erano qui complementi a renderla tale? Patrizia era fermamente convinta che non fosse così. Non erano quei vestiti o quegli accessori a rendere quella donna così dominante, bensì la natura stessa della modella che lei aveva personalmente selezionato a trasmettere un mix di potere e controllo a chiunque la guardasse e, con una seconda serie di foto che aveva scattato voleva dimostrarlo. In esse, ritratta nelle medesime pose e con le stesse inquadrature delle precedenti sequenze, la modella appariva ora completamente nuda, spogliata di ogni accessorio sadomaso avuto in precedenza. Gaia non pot&egrave fare a meno di constatare quanto quelle parole fossero vere. Il solo sguardo di quella donna la metteva in soggezione, e si trattava solo di un’immagine stampata. In particolare una foto dove la donna ritratta allungava un piede nella direzione di chi guardava le fece provare uno strano istinto di abbassarsi a baciarlo, forse leccarlo, per poi vergognarsi molto non appena si rese conto delle pulsioni che aveva avuto. Patrizia continuò ad illustrare il suo lavoro per un tre quarti d’ora circa, prima di congedarsi accompagnata da un scrosciante applauso. Il proprietario, dopo averla personalmente ringraziata, informò i presenti che tutti gli articoli utilizzati nelle foto di Patrizia erano in vendita nel suo negozio e, solo per oggi, a prezzo scontato.

Ciao Sofia, piaciute la presentazione? – disse Patrizia raggiungendo la ragazza che parlava con Gaia.

Un lavoro fenomenale – rispose Sofia – Ti presento Gaia. &egrave una vecchia compagna di scuola, ha bisogno di un lavoro, potresti assumerla per uno dei tuoi prossimi lavori – continuò la ragazza senza peli sulla lingua.

Ma, io veramente non so – cercò di dire Gaia per svincolarsi da quella situazione.

Sarebbe perfetta per il mio prossimo progetto. Hai già lavorato come modella?

Si, ho fatto qualche scatto soprattutto per costumi da bagno – ammise Gaia.

Perché non vieni a trovarmi nel mio studio uno di questi giorni? Potremmo parlare tranquillamente di quello che ho in mente’

Ci penserò – rispose Gaia prendendo in mano il suo biglietto, per poi rendersi conto che, vestita in quel modo, non aveva neppure una tasca dove metterlo.

La giornata proseguì senza altre sorprese. Gaia, lentamente, prese confidenza con quella situazione, abituandosi anche agli sguardi non troppo discreti dei maschi presenti. Le presenze di Sofia ed Edoardo, che in un primo momento l’avevano messa a disagio, si rivelarono per lei un’ottima compagnia, qualcuno di diverso con cui parlare oltre ai normali clienti intenti a cercare lo scaffale dei vibratori oppure a domandarle se potevano fare un selfie con lei.

L’inaugurazione continuò fino a tarda serata.

Rientrata a casa, Gaia si concesse una lunga doccia rilassante, quasi a volersi lavare di dosso quell’esperienza per lei un po’ umiliante. Doveva tuttavia ammettere che non era stata un giornata tutta da buttare: aveva ritrovato Sofia, che era stata una sua cara amica, e c’era anche un’offerta di lavoro avanzata da Patrizia. Seduta sul letto, con solo l’accappatoio addosso, prese tra le mani il biglietto da visita che le aveva dato, indecisa sul da farsi; fece scorrere sullo schermo del computer le email in entrata per vedere se c’era qualche nuova proposta di lavoro, ma, con rammarico, dovette constatare come non ve ne fossero. Non era ancora sicura di essere pronta per lavorare con Patrizia, le avrebbe quasi sicuramente chiesto di posare nuda. Al sex-shop almeno qualche indumento l’aveva conservato, ce l’avrebbe fatta a spogliarsi del tutto? Decise di rimandare quella decisione e di andare a dormire, ne aveva sicuramente bisogno. Prima di addormentarsi si ripromise comunque di chiamare Patrizia: non farsi più sentire le sembrava scortese, si era comportata in maniera gentile, inoltre chiedere non le costava nulla; ci avrebbe riflettuto meglio domani mattina, chiuse gli occhi e si assopì.

Pronto!

Ciao Patrizia, sono Gaia l’amica di Sofia. Ti chiamavo per quel lavoro di cui’

Ah ciao Gaia. Che bello sentirti. Hai deciso di accettare? – chiese a bruciapelo.

Ma, io veramente volevo solo sapere’

Perché non passi da me questo pomeriggio? – disse Patrizia senza nemmeno farla finire – E ricordati di non indossare intimo.

Come!? – disse Gaia non sicura di ciò che aveva sentito.

Si, la biancheria intima. Ed evita anche i vestiti troppo aderenti. Lasciano segni sul corpo e non posso scattare fino a quando non spariscono.

In realtà io ti chiamavo per’

Scusami Gaia ma ora devo andare. Facciamo per le 14.00 nel mio studio. Ti aspetto, ciao ciao ciao ciao – prima di riattaccare senza neppure lasciarla replicare.

Patrizia era partita in quarta e non le aveva lasciato neanche il tempo di formulare una domanda. Aveva chiamato per avere qualche informazione ed ora si ritrovava con un servizio fotografico già prenotato. Provò a richiamare, per chiarirsi, ma rispondeva sempre la segreteria telefonica. Ed ora che fare? Si ritrovava proprio in un bel guaio. Non presentarsi, o farlo per disdire, le sembrava una maleducazione da parte sua; inoltre Patrizia, probabilmente, avrebbe preparato del materiale, non era giusto farla lavora per nulla. Accettare di farsi fotografare quindi? Poteva sempre rifiutare di spogliarsi, poteva essere un buon compromesso per entrambe. Gaia sembrava propendere per quella decisione quando, all’improvviso, si ricordò dell’invito di Patrizia a non indossare l’intimo. Maledizione, pronunciata ad alta voce, con una richiesta del genere voleva sicuramente riprenderla nuda.

Per tutta la mattinata la ragazza rimase indecisa su come comportarsi.

Per ogni evenienza, decise comunque di preparare sul letto i vestiti che avrebbe dovuto indossare, un paio di shirt in jeans, adatti per la calura estiva, ed una semplice camicetta bianca abbinata. Ai piedi comode scarpe da ginnastica. Dal cassetto estrasse anche uno striminzito perizoma: anche se Patrizia le aveva chiesto di non indossare intimo per evitare segni, quell’indumento non poteva certo provocarne, inoltre aveva bisogno di qualcosa per ripararsi dal ruvido tessuto dei jeans. Il vero dilemma era il reggiseno: la sua assenza si sarebbe notata, non solo dalla sagoma delle aureole dei suoi capezzoli sotto il tessuto della maglia, ma anche da continuo sballottamento delle sue grosse mammelle ad ogni passo. Si consolò al pensiero che la strada da percorrere non era poi molta, e, tenendo una posizione leggermente ingobbita, sarebbe riuscita a non farlo notare. Quando infine si decise ad andare, dovette pure sbrigarsi a vestirsi per non perdere l’autobus. Per tutto il tragitto Gaia fissò in continuazione lo schermo del cellulare, un piccolo stratagemma per restare seduta un po’ un curva, così da non rivelare il suo segreto; per maggior attenzione scelse pure un sedile in un angolino isolato, così da avere il minor numero possibile di persone intorno. Scese alla quinta fermata, raggiunse il portone con il numero civico riportato sul biglietto ed entrò nello studio di Patrizia.

Ciao, pensavo non venissi più.

Scusa, il bus era ritardo – disse Gaia per giustificarsi.

Non preoccuparti, non fa niente. Spogliati che cominciamo.

Veramente io’ ecco’ non sono sicura di’

Tranquilla, siamo solo noi due qui. Non ti vergognerai mica di una donna?

No, &egrave solo che non voglio che poi altri mi vedano così – riuscendo finalmente a completare un frase.

Ma questo &egrave solo un shooting di prova mia cara ragazza, queste foto non saranno mai pubblicate – disse Patrizia riuscendo a calmarla – e poi non credere che ti riconosceranno tanto facilmente.

Ne sei sicura? – chiese Gaia dubbiosa sul crederle.

Perché non verifichi tu stessa, eri presenta all’inaugurazione. Chi &egrave la modella nelle foto?

Non so, come faccio a saperlo, non la conosco.

Sicura. E si che era in piedi accanto a te’ – lasciandole un attimo per riflettere.

Sofia? – disse Gaia quasi sottovoce.

Esatto – rispose Patrizia – era proprio lei.

Ma com’&egrave possibile?

Il giusto trucco ed un nuovo taglio – indicando i suoi capelli – e nessuno ti riconoscerà. Inoltre questo servizio &egrave per una mostra a New York; non credo che lì ti conosca qualcuno’

Gaia decise di fidarsi delle parole di Patrizia e si levò i vestiti che aveva addosso. Patrizia non pot&egrave trattenere una battutina sul colore del suo perizoma, che per una strana coincidenza era rosso come il colore degli abiti durante l’inaugurazione del sex-shop. Per quanto non conoscesse molto quella donna, il fatto di realizzare un’esposizione a New York le faceva presumere una certa notorietà nel suo ambiente, e questo poteva essere un ottimo boomerang per il suo ritorno agli eventi più importanti. Magari poteva addirittura ambire a qualcosa di più importante di quello che aveva già fatto! Mentre Gaia era intenta in tali pensieri, Patrizia, con al collo una macchina fotografica dall’aria professionale, iniziò a sistemare le luci per gli scatti. Per la verità le lampade non avevano bisogno di nessun accorgimento, era solo un piccolo stratagemma per fingere indifferenza ed osservare invece, con la coda dell’occhio, il florido seno di Gaia, per il quale provava una buona dose d’invidia. La ragazza mostrava un certo impaccio nel togliersi i vestiti, evidentemente non era molto a suo agio, e con una lusinga Patrizia cercò di trasmetterle un po’ di coraggio.

Sono proprio belle – indicando il seno di Gaia – non come le mie che sono piatte’

Gaia sorrise a quel complimento, come lo aveva interpretato, ma non riuscì a risponderle nulla, ancora troppo in imbarazzo per riuscire a biascicare qualche parola. Patrizia dal canto suo fece tutto ciò che le era possibile per metterla a sua agio: compreso lo stato d’animo di Gaia, propose di iniziare a scattare lasciandole tenere il perizoma che, per quanto poco coprente, rappresentava comunque una piccola sicurezza per lei. Alla fine, quando decise di levarlo, l’impaccio era ormai del tutto svanito, complice le maniere gentili e spigliate di Patrizia, che non perdeva occasione di conversare, tra l’indicazione di una posa d’assumere, o solo qualche chiacchiera tanto per parlare. Gaia si sentiva a suo agio in quel modo assumendo spontaneamente pose che solo al mattino non si sarebbe neanche sognata di fare, come con il seno proteso in avanti, oppure le gambe leggermente dischiuse, ma sempre con classe e non volgarità.

Ottimo abbiamo finito – disse Patrizia posando la macchina fotografica – il tempo di dargli un’occhiata ma sei stata bravissima.

Grazie – rispose Gaia sentendosi orgogliosa.

Comunque se sei interessata il posto &egrave tuo’

Mi piacerebbe, ma non so ancora di cosa si tratta – rispose mentre si rivestiva.

La mia ultima mostra ha riguardato la donna dominante; questa invece indagherà l’esatto contrario: la femmina sottomessa.

Sottomessa!? – Gaia sembrava non capire.

Non preoccuparti, sei perfetta per quel ruolo – cercando di convincerla

E che cosa dovrei fare?

Quello che hai fatto oggi, spogliarti e metterti in posa come ti dico – dandogli un piccolo bacio di fianco alla bocca.

Ve bene, ci sto! – Gaia sembrava molto decisa.

Un ultima cosa, anzi due – quelle parole parvero smorzarle ogni entusiasmo – Tranquilla, nulla di che – accorgendosi dell’effetto che aveva avuto. Per prima cosa ecco il contratto, se accetti ho bisogno che lo firmi, questioni burocratiche; la seconda cosa &egrave che dovresti depilare anche quella piccola striscia di peli sopra la vagina. Ti voglio tutta glabra per il servizio – mettendosi a ridere.

Ah tutto qui – pensando come non fosse poi così arduo ciò che le era stato chiesto.

Già, tutto qui – confermò Patrizia.

E quando dobbiamo scattare?

Il prima possibile temo. Ho un’areo da prendere a fine settimana e non so quando tornerò, per quel giorno vorrei aver finito. Sei disponibile in questi giorni?

Certo, nessun problema – scarabocchiando una firma sul contratto.

Gaia rientrò a casa con una luce nuova negli occhi: era speranza. Tre giorni di lavoro, un compenso niente male e possibilità di farsi conoscere anche in America e, pazienza se ciò sarebbe successo perché lei sarebbe stata nuda, nessuno l’avrebbe riconosciuta; su questo Patrizia era stata molto chiara, e del resto l’aveva sperimentato lei stessa non riconoscendo Sofia che pure ce l’aveva accanto. Fu solo in quel momento che realizzò come, gli istinti che aveva provato il giorno dell’inaugurazione, erano rivolti verso la sua ex compagna di scuola. Il giorno seguente Gaia era talmente euforica da presentarsi addirittura in anticipo all’appuntamento, quasi non vedesse l’ora di spogliarsi e farsi fotografare.

Ciao sono qui – disse Sofia entrando nella studio.

Ciao Gaia, una attimo e sono da te – rispose Patrizia intenta a preparare la sua attrezzatura – Intanto puoi iniziare a spogliarti’

Gaia non se lo lascia ripetere due volte, e nel giro di un istante fu completamente svestita; l’imbarazzo era svanito tutto il giorno precedente ed ora completamente a suo agio senza nulla indosso. Del resto ha un corpo magnifico, non c’&egrave motivo di vergognarsi a mostrarlo, pensò tra se, accarezzando con una mano il suo pube ora completamente depilato.

Ciao a tutte – una voce alle spalle rovinò la sua idilliaca pace.

Ah, ciao Edoardo – ricambiò Patrizia – siamo giusti pronte per iniziare’

Edoardo? – chiese stizzita Gaia portandosi una mano sull’inguine e l’altra sul petto – Perché sei venuto qui? Non vedi che sono senza vestiti? Esci subito! – alzando sempre più il tono della voce.

Calma – intervenne Patrizia a sedare la situazione – Edoardo &egrave qui perché l’ho chiamato io. Ieri non te l’ho forse accennato?

No – rispose laconica Gaia, continuando, per quanto le era possibile, a coprirsi.

Mi sarà sfuggito di mente – provò a giustificarsi – Non possiamo fare queste foto senza di lui, ho bisogno di un paio di braccia di forti per pose di oggi. E poi &egrave per sempre un tuo ex compagno, non c’&egrave motivo di vergognarsi così tanto’

Ex compagno appunto – precisò Gaia – non il mio dottore!

Gaia era molto a disagio; da quando Edoardo era entrato non aveva smesso un attimo di urlare, e Patrizia &egrave ben conscia che quello non &egrave lo stato d’animo adatto per scattare. Si avvicinò a Gaia, le accarezzò il viso sussurrandole parole all’orecchio. Edoardo era troppo distante per sentire, ma, qualunque cosa fosse, sembrava fare effetto. Ben presto il respiro di Gaia si fece più calmo, i battiti del suo cuore rallentarono e le braccia scivolarono lentamente verso i fianchi, scoprendo quelle parti che aveva tentato di celare.

Cosa devo fare? – chiese la ragazza convintasi a continuare.

Il tema di oggi &egrave lo shibari – rispose la fotografa.

Shiba’ che!? – Gaia non capisce.

Shibari; &egrave l’arte giapponese che consiste nel legare una persona in un contesto erotico. Non preoccuparti – aggiunse Patrizia notando un velo di preoccupazione sul volto di Gaia – non &egrave pericoloso né doloroso, anzi potrebbe persino rivelarsi eccitante – continuò a spiegarle dandole un buffetto sul sedere – Sarò io personalmente a legarti; Edoardo &egrave qui solo per darmi una mano nelle scene di sospensione, non ho la forza per sollevarti da sola’

Va bene, iniziamo.

La prima fu una posa molto semplice, probabilmente per metterla a suo agio. Patrizia chiese a Gaia di alzare le braccia e allargare le gambe restando in piedi, assumendo una posa simile a quella dell’uomo vitruviano; quindi, presa una corda rossa spessa all’incirca un centimetro, iniziò a passarla attorno al corpo di Gaia, attorno ai fianchi ed in mezzo alle gambe, incrociandola ed annodandola in punti prestabiliti. Patrizia dimostrava indubbia bravura e malizia, e la ragazza si sentì sicura in mano ad una professionista. Ci volle qualche minuto affinché il tutto fosse completo: quella che prima era una semplice corda, ora, sul corpo di Gaia, assumeva l’aspetto di un raffinatissimo body, di quelli perfetti se si vuole sorprendere il fidanzato. La tensione delle funi era abilmente calibrata, sufficientemente tese da aderire al suo corpo ma non così tanto da arrecarle fastidio; persino quella che si insinuava tra le sue gambe, penetrando delicatamente tra le labbra del suo sesso, non le era di disturbo, anzi, quel leggero sfregare, le procurava un’insolita sensazione di piacere, anche se si vergognava ad ammetterlo. Gaia si passò una mano sul ventre ed osservò i nodi tra i seni, sulla pancia, e vicino il pube: sembravano un elaborato pizzo. Patrizia impugnò la sua fidata macchina fotografica ed iniziò a scattare, immortalando, di sorpresa, quell’aria innocente che, nonostante la corda, la ragazza emanava. Gaia si sciolse celermente sotto i flash dello strumento, assumendo pose ammiccanti e decisamente sensuali come Patrizia le aveva mostrato il giorno precedente. In fondo, a parte le funi, non stava facendo nulla di diverso rispetto al giorno prima. Già, le corde erano l’unica differenza, quelle e’ Edoardo; per un po’ si era anche dimenticata della sua presenza. Il ragazzo se ne stava seduto in un angolo, in attesa del momento in cui Patrizia l’avrebbe chiamato. Aveva osservato con attenzione ogni movimento della fotografa, ma soprattutto aveva ammirato Gaia, la ragazza sulla quale, fin dal liceo, tante volte aveva fantasticato. Ora il sogno veniva appagato.

Riscaldamento finito, ora facciamo sul serio – ridacchiò Patrizia.

Liberarla dalle corde fu un processo molto più rapido. Per la seconda serie di scatti, la fotografa legò diverse corde attorno al corpo della ragazza, all’attaccatura dei glutei, in vita, sopra e sotto i seni, ed anche una in mezzo alla bocca, compiendo per ognuna un paio di giri ed annodando nella parte anteriore. Patrizia, da dietro la schiena, collegò la corda nella bocca di Gaia a quella che aveva in vita, mettendola in tensione, e costringendo la ragazza ad alzare la testa guardando in alto; infine tirò le corde che le cingevano i glutei, lasciate di proposito molto lunghe, facendole scorrere lungo una carrucola che pendeva dal soffitto. Edoardo, su richiesta di Patrizia, dette a quest’ultime un piccolo strappo, costringendo Gaia in punta di piedi. Il risultato finale appariva fenomenale: il seno, complice la posizione in cui era costretta la tasta, spingeva preponderante in avanti, mentre il sedere, così sollevato, appariva tanto sodo da poterlo scambiare per marmo. Questa volta la posa era decisamente più ardua, ma fortunatamente Patrizia fece in fretta a scattare; Gaia, legata in quel modo, non poteva certo muoversi poi molto, per cui fu Patrizia a spostarsi, girando intorno alla ragazza alla ricerca delle inquadrature che desiderava, prima ovviamente di liberarla.

Ottimo, quindici minuti di pausa’

Gaia ne approfittò per sgranchirsi un po’ i muscoli. Patrizia era intenta a preparare le funi con le quali l’avrebbe da lì a poco ancora legata, quindi Edoardo, che fino a quel momento non aveva pronunciato che qualche parola, le si avvicinò per scambiare quattro chiacchiere. Istintivamente la ragazza portò ancora le mani al corpo per coprirsi, ma poi, pensando a quanto fosse sciocco quel gesto dato che era stata nuda per tutto quel tempo, le fece ricadere ai lati. Fu una conversazione abbastanza banale, fatta per lo più di vecchi ricordi di scuola, ma per Edoardo era solo una scusa per avvicinarsi per poter ammirare Gaia più da vicino.

Bene, io sono pronta, se i segni sono spariti riprendiamo – disse Patrizia – Questa &egrave la posa più difficile, sei pronta? – rivolta a Gaia.

Edoardo non aspettava altro: questo era il pretesto che stava cercando per poterla scrutare senza apparire un maiale, ufficialmente per controllare che non ci fossero più i segni della corda, in pratica solo per soddisfare la propria lussuria. Gaia non ci fece nemmeno caso, distanziando le gambe e sollevando il seno davanti agli occhi sbalorditi del ragazzo, intenta davvero a controllare che ogni traccia di fune fosse svanita.

Per questa scena Patrizia fece portare a Gaia le braccia dietro la schiena, legandole insieme a metà degli avambracci. Per impedire qualsiasi movimento, le bloccò anche una seconda volta un po’ più in alto, vicino alle spalle, dando qualche giro di fune sopra il suo seno; non intorno, come fatto precedentemente, ma proprio in mezzo, passando direttamente sopra i capezzoli; le sue mammelle, già voluminose, apparirono in questo modo ancora più gonfie mentre la corda sprofondava, letteralmente, in quel morbido tessuto, quasi a scomparire. Patrizia chiese quindi a Gaia di stendersi in posizione prona, sostenendola per aiutarla a sdraiarsi. Con gli arti bloccati in quel modo, gran parte del peso grava sul petto, procurandole un leggero dolore che, Patrizia la rassicurò, non sarebbe durato molto. La fotografa incrociò diversi giri di corda attorno ai suoi piedi, poi, piegate le ginocchia, sovrappose la punta del piede destro al collo di quello sinistro, unendoli insieme. Infine, legò l’estremità dei suoi piedi agli stessi capelli della ragazza, raccolti per l’occasione in una semplice coda, attraverso una corda lunga non più di una ventina di centimetri. Patrizia fece inarcare a Gaia la schiena indietro il più possibile, poi strinse il nodo. La fotografa si allontanò quel poco sufficiente ed ammirare il suo capolavoro: la ragazza era bloccata in una forma ad O, con gli estremi del suo corpo vicini a toccarsi. La posizione era decisamente impegnativa, con il rischio concreto di tirarsi i capelli se solo avesse rilassato la schiena. Provò a chiedere a Patrizia di allentare quella stretta, ma la fotografa rispose chiedendo ancora un attimo di pazienza, il tempo di sospenderla e fotografarla, poi sarebbe stata libera; Gaia strinse i denti ed attese. Per sollevarla, legò stretta una corda attorno alle cosce, quindi collegò quest’ultima alla stessa carrucola usata in precedenza. Questa volta la sola forza di Edoardo non fu sufficiente, e la stessa Patrizia dovette dargli una mano: il processo fu lento e faticoso, ma alla fine la ragazza venne completamente sollevata, sorretta dalle sole corde che le cingevano le gambe. La testa pendeva verso il basso, ed il sangue vi affluì velocemente rendendo il suo volto un po’ rosso. La fotografa doveva sbrigarsi a scattare, non potevano certo lasciarla troppo tempo in quel modo! Non appena Patrizia ebbe terminato, Edoardo sciolse la fune che sosteneva Gaia, calandola a terra con molta attenzione, mentre la donna le reggeva il viso perché non sbattesse; poi procedette a liberarla, prima i capelli, poi i piedi, il petto ed infine le braccia, ripercorrendo all’inverso l’intero processo con cui l’aveva precedentemente legata.
Sei stata fantastica, complimenti – disse Patrizia iniziando un piccolo applauso a cui si aggiunge presto anche Edoardo – Ora un’ultima posa e poi per oggi abbiamo finito, ma non preoccuparti – notando un’aria di rammarico sul viso di Gaia che credeva i aver già terminato, questa &egrave molto più semplice di quella che hai appena affrontato’

Ancora una volta, prima di proseguire, Patrizia concesse a Gaia il tempo necessario a riprendersi, dovendo comunque aspettare che i segni della precedente legatura svanissero. In particolare quelli sulle gambe sembravano dolerli, visto che la ragazza cercava di alleviare il male sfregando la pelle con le mani. L’ultima posa non richiedeva sforzi particolari, e nemmeno l’intervento di Edoardo, che si rimise seduto a guardare. La fotografa era stata conquistata, e probabilmente non solo lei, dal petto di Gaia e con gli ultimi scatti voleva esaltare proprio quello. Bloccò nuovamente dietro la schiena le sue braccia, ma ormai a quella costrizione si era abituata; avvolse quindi ogni mammella in un stretto giro di corda, incrociando ogni tanto la fune e passando da un seno all’altro. La ragazza emise un piccolo sospiro nel sentire la forza con cui Patrizia stringeva, ed alla fine il suo petto appariva gonfio e leggermente paonazzo. La fotografa iniziò ad immortalare immagini con la sua fidata macchina, ma dopo solo qualche scatto arrestò la sua opera.

Mi sembra manchi qualcosa – proferì Patrizia fregandosi il mento – ma non riesco a capire cosa’

Per me due belle mollette – disse Edoardo nemmeno troppo a bassa voce.

Gaia, presa coscienza di ciò che aveva udito, guardò il ragazzo con occhi cagneschi, pronta sbraitargli addosso il suo risentimento. Tuttavia non ebbe di dire nulla, perché Patrizia, dopo una attimo di riflessione, esclamò’

Perfette!

La ragazza non osò ribattere nei suoi confronti, per cui preferì rimanere in silenzio, poi rotto da due piccoli mugolii quando le mollette di legno andarono a mordere, lì dove aveva immaginato, i suoi capezzoli. La fotografa riprese ad immortalare la sua musa completamente soddisfatta, alternando diversi primi piani a figure intere ed a mezzo busto, in piedi, in ginocchio, oppure seduta appoggiata sui talloni. Edoardo ebbe anche l’opportunità di toccarla quando, per colpa di un brusco movimento, una molletta lasciò la presa provocandole una fitta al capezzolo ed un piccolo urletto, ed il ragazzo si offrì di ‘rimetterla al proprio posto’ per non distrarre Patrizia dal suo operato: raccolto da terra il piccolo oggetto, Edoardo, afferrato tra le dita della mano libera il capezzolo galeotto, vi richiuse sopra la molletta con un radioso sorriso sulle labbra, mentre a Gaia sfuggì l’ennesimo lamento.

Per oggi abbiamo finito, buona serata ci vediamo domani – disse Patrizia quando Gaia ebbe finito di rivestirsi.

Buona serata, a domani – risposero entrambi.

Fuori dalla studio Edoardo salutò di nuovo Gaia, ma la ragazza rispose in maniera piccata, avendo mal digerito il suggerimento del ragazzo; già mal sopportava la sua presenza, ma quello che aveva fatto era per lei davvero imperdonabile. Quest’ultimo, per tutta risposta invece, non la degnò dalla minima attenzione per il suo atteggiamento, limitandosi a bofonchiare che si sarebbero visti anche domani, prima di incamminarsi verso casa.

Di rientro nella sua abitazione, Gaia scrisse un messaggio a Patrizia; si era dimenticata di chiedere informazioni riguardo il servizio di domani e, complici le parole di Edoardo, voleva evitare sgradite sorprese come quelle avute oggi. La fotografa rispose poco dopo con una sola parola: spanking.

Ciao – disse Gaia entrando per il terzo giorno consecutivo nello studio di Patrizia.

La fotografa era intenta a sistemare la sua attrezzatura come al solito aiuta a breve distanza da Edoardo, evidentemente già arrivato, per cui si sedette ad aspettare. Non conosceva il mondo erotico in cui la fotografa la stava spingendo, ma sapeva la lingua inglese, ed aveva capito il significato di quella parola: sculacciata. Aveva capito che oggi il suo dolce fondoschiena sarebbe stato percosso, ma ormai era in ballo e non poteva certo più tirarsi indietro, sperando solo che non facesse troppo male.

Bene, spogliati pure che iniziamo – distogliendo Gaia dai suoi ragionamenti.

La ragazza ormai non mostra più sorpresa o imbarazzo a quella richiesta, ed in un attimo si privò di ogni indumento. Patrizia l’accompagnò al centro della scena, dove si trovava una semplice sedia di legno, e la fece chinare facendole appoggiare le mani alla seduta, ed in questo modo il suo sedere risulta bello in alto, completamente esposto allo strumento fotografico della donna. Solo qualche scatto, per lo più di prova, poi con cenno invitò Edoardo ad avvicinarsi.

Un colpo solo, molto forte, con la mano aperta – disse la donna indicandogli il sedere di Gaia.

No perché lui – provò a ribellarsi staccando le mani per rialzarsi.

Io devo scattare – rispose Patrizia facendola di nuovo inclinare – e poi serve molta forza, come quella di un uomo’

Gaia era entrata nello studio disposta a farsi colpire, solo non pensava sarebbe stato Edoardo a farlo; ripensò anche al diverbio avuto con lui la sera precedente, ora aveva l’occasione perfetta per fargliela pagare molto cara. Patrizia, nel frattempo, non si &egrave ancora staccata da Gaia, continuando ad accarezzarla in attesa di una conferma.

E va bene, però non esagerare – lanciando un’occhiataccia nei confronti di Edoardo.

Non preoccuparti, sa come fare – risponde Patrizia mentre si allontana da Gaia – E poi mi sono esercitata con lui tutta mattina, guarda – abbassando di poco i pantaloni e mostrando una chiappa color rosso scarlatto.

La ragazza non riesce ancora a credere che Patrizia si sia fatta sculacciare in quel modo solo per prepararlo a come comportarsi con lei, sperava però che alla fine il suo sedere non risultasse dello stesso colore. &egrave molto tentata dal rialzarsi ed abbracciarla, ringraziandola per come si &egrave ‘immolata’, ma si trattiene; non vuole che Patrizia si distragga un’altra volta per sistemare nuovamente la posa di lei. Cercò di concentrarsi, ma era difficile, soprattutto quando, con la coda dell’occhio, vide Edoardo avvicinarsi sogghignando di gusto. Afferra saldamente il bordo della sedia, sfogherà su di lei il dolore dell’impatto, tende le gambe ed inarca la schiena, in modo spingere il più possibile in fuori il fondoschiena; ancora non sa che così farà ancora più male’

Ciaf!

Un colpo forte, secco e preciso, si abbatte come un fulmine sulla sua povera natica destra. Gaia pensava ci sarebbe stato un conteggio, un segnale per prepararla all’impatto; invece, il male era stato improvviso, come un lampo, ma fortunatamente la ragazza era riuscita a non perdere la posizione più di tanto. Le mani avevano stretto forte il legno della sedia, tanto che a Gaia parve di aver premuto così tanto da averci lasciato l’impronta. Non riuscì a trattenere invece un urlo, forse però più di sorpresa che di dolore, ma almeno quello non poteva essere immortalato. Peccato, pensò tra se e se: almeno quella soddisfazione non voleva darla ad Edoardo che, in quel colpo, aveva messo tutta la sua forza pur di farla gridare.

Perfetto, colpo magnifico – disse Patrizia quando smise di scattare – guarda che orma!

Gaia cercò goffamente di voltarsi, come un cane quando vuole mordere la sua stessa coda, ma tutto ciò che riuscì a vedere fu un piccolo segno rosso dalla forma non identificabile. Patrizia allora le si avvicinò nuovamente, mostrandole qualcuna delle foto appena scattate: in effetti l’impronta della mano di Edoardo risaltava in maniera limpida sulla pelle del suo sedere, talmente perfetta da sembrare quasi dipinta. Solo in quel momento si accorse che avrebbero potuto usare delle cipria, anziché sculacciarla, per ottenere il medesimo effetto, ma ormai era troppo tardi per farlo notare, inoltre Patrizia voleva che le riprese fossero reali. Mentre Gaia era ancora intenta a massaggiarsi la chiappa malandata, Edoardo si sfilò la maglietta, sedendosi a petto nudo sulla sedia che poco prima la ragazza aveva afferrato.

Forza vieni qui – disse Edoardo con tono borioso battendosi con la mano un ginocchio.

La ragazza guardò meglio occhi Patrizia con fare interrogativo.

Non preoccuparti – rispose la donna – &egrave solo per le prossime riprese’

Gaia si convinse e si accomodò sopra Edoardo come le era stato richiesto, con la pancia appoggiate sopra le gambe dell’uomo. La ragazza toccava il pavimento solo con le punte dei piedi e l’estremità delle mani, contatto necessario per non perdere l’equilibrio e cadere, anche se Edoardo, magnanimo, le appoggiò sopra la schiena una mano, così da impedirle qualsiasi movimento, fuga compresa. I suoi seni erano in parte compressi ed in parte pendenti, perché non del tutto poggiavano sulla gamba, mentre il sedere oscenamente esposto ed alto, pronto per una razione di sculacciate. I colpi non si fecero attendere, cadenzati tra una chiappa e l’altra, anche se la forza impiegata era moderata, affinché il suo fondoschiena non diventasse rosso troppo velocemente, dando a Patrizia il tempo di fotografare. La donna si mosse tutta intorno all’impazzata, scattando a raffica, tanto che Gaia pensò volesse addirittura farci uno step motion. Cercava di concentrarsi per non scomporsi o urlare, ma dovettero cedere quando, dopo un bel po’, il dolore iniziò decisamente a farsi sentire, tanto che involontariamente una lacrima le rigò il viso. Patrizia sembrava molto apprezzare, e per tutto il tempo Gaia aveva cercato di seguire l’obiettivo con lo sguardo, un po’ perché così le aveva richiesto, un po’ perché cercava, anche se non voleva chiederlo, un attimo di tregua. La sosta sperata comunque arrivò poco dopo, anche se solo per un cambio di posa; Edoardo la sculacciò ancora quasi ininterrottamente per oltre un’ora, ed alla fine il suo sedere aveva assunto il colore di un pomodoro maturo. Patrizia, quando ebbe terminato, le spalmò un po’ di crema sul fondoschiena arrossato, e la ragazza apprezzò molto la delicatezza di un tocco femminile dopo tanto penare.

Vedrai che con questo per domani sarà come immacolato – le aveva detto la donna continuando a massaggiare, e Gaia si sentiva distrutta ma anche molto soddisfatta che questa giornata fosse terminata.

Di rientro a casa, per prima cosa, la ragazza si levò ogni indumento. Anche solo il viaggio, per quanto veloce, era stato per lei un gran patire, e Gaia non ne poteva più di sentire qualcosa a contatto con il suo sedere malconcio. Preparò anche un catino, con acqua fredda e qualche cubetto di ghiaccio, come le aveva consigliato Patrizia prima di salutarla, in modo da rinfrescarlo ed alleviare il dolore. Ormai non mancava che l’ultimo giorno; un giorno ancora e poi sarebbe diventata’ famosa.

Il giorno seguente Gaia, come ormai di consueto, si presentò nello studio di Patrizia per quelli che sarebbero stati i suoi ultimi scatti. Era soddisfatta di essere arrivata fino a questo punto, di aver superato i suoi pudori ed affronta le ‘sfide’ di quelle scene, sicura che ogni suo sacrificio sarebbe stato ripagato, ma sapeva anche che quella di oggi sarebbe stata la prova più dura, sicuramente la donna aveva pensato di qualcosa di particolare per il gran finale. Edoardo era anche oggi già arrivato, per cui Gaia, senza che nessuno glielo chiedesse, si levò tutto quello che aveva indosso, tanto, si diceva ridendo, sicuramente non ne avrebbe avuto bisogno. Patrizia era ancora presa con i preparativi, per cui la ragazza abbe ancora qualche momento per ripensare a quello che finora aveva vissuto; si passò le mani su seno e sulle cosce, sfiorandosi il pube, ripensando a come le corde l’avevano stretta e legata, poi si toccò il sedere, in memoria delle sculacciate che sopra si erano abbattute. Anche se era trascorso a malapena un giorno, alla ragazza qui colpi sembravano ormai un ricordo lontano: i segni, così visibili solo ieri, erano ormai svaniti, e la pelle era tornata al suo colore naturale. Persino del dolore non vi era più traccia, i consigli di Patrizia erano stati appropriati, anche se aveva dormito tutta notte prona col sedere scoperto, come mai aveva fatto.

Bene, vedo che sei già pronta – le disse la fotografa – Tieni, oggi metti questi’

Patrizia le aveva dato un bel paio si scarpe décolleté tacco 12 color nero laccato, che Gaia calzò velocemente ai piedi. Il numero era azzeccato e la ragazza non aveva alcuna difficoltà a muoversi sui quei rialzi, avendoli già indossati abilmente in altre occasioni.

Bellissima, sei uno schianto! Girati un attimo, manca ancora un ultimo tocco’

La ragazza di fidava ciecamente delle parole di Patrizia, per cui si voltò come le era stato richiesto. La donna spostò un attimo i capelli dal collo, poi vi allacciò intorno qualcosa, che Gaia comprese subito di cosa si trattava: un collare, come quelli che si usano per cani, composto di semplice cuoio e fibbia in metallo, per fissarlo e regolarlo. Aveva anche dei piccoli anelli intorno, dal diametro di una moneta, e la ragazza un po’ rabbrividì al pensiero di come sarebbe stato usato. Il giorno prima, dopo le sculacciate, non aveva voluto chiedere alcun dettaglio a Patrizia sul tema di oggi, preferendo non pensarci e dormire serenamente, ma adesso se ne stava pentendo. Intanto Edoardo, che fino a quel momento era rimasto in disparte, si era tolto la maglia e si era avvicinato, segno evidente che, come il giorno precedente, anche questa volta avrebbe attivamente partecipato. Gaia non osava domandare, ma la tensione per le si faceva via via più palpabile’

Forza, mettiti a quattro zampe a va da lui che iniziamo, fai tutto quello che ti dice, intesi?

Si – fu tutto quello che riuscì a rispondere

Non c’era dolcezza il quello parole e Gaia un po’ se ne sorprese; Patrizia era sempre stata cortese e mai autoritaria, quell’atteggiamento la spaventava e, quasi come un’automa, si inginocchiò sul pavimento per poi gattonare in direzione di Edoardo. Orami era chiaro il tema di oggi, non servivano più parole per spiegarlo: sarebbe stata trattata come un animale, un cane in particolare, e, per quanto umiliata, doveva ammettere almeno a se stessa che un pochino la cosa la eccitava. Era da quando aveva visto una foto alla presentazione al sex-shop che ci pensava, ed in fondo aveva accettato anche per comprendere se quel sentimento, che covava profondo, era vero, oppure non era altro che un fuoco di paglia. Aveva sentito parlare di certe pratiche da alcuni blog della rete, e negli ultimi giorni aveva fatto qualche ricerca e si era informata: la sua vera natura, sopita ma presente, era davvero quella di una sottomessa? Forse finora non aveva soltanto finto, come una brava attrice, a lei piacevano veramente quelle cose ed oggi sarebbe stato il giorno giusto per comprenderlo. Giunta ai piedi di Edoardo, quest’ultimo aggancio ad un anello del collare un corto guinzaglio.

Adesso andiamo a spasso, capito? – chiese Edoardo quasi gentile.

Ok – rispose Gaia.

Ok? Ti sembra forse che i cani dicano ok? I cani fanno ‘bau’ riprova’

Ok, cio&egrave va be’ volevo dire BAU, BAU!

Gaia si chiese che senso aveva tutto questo, dato che l’audio non veniva immortalato nelle foto, tuttavia preferì non pronunciare ad alta voce la domanda. Patrizia del resto sembrava molto soddisfatta, ed aveva preso come suo solito a scattare. Edoardo portò in giro la ragazza come un animale da compagnia costringendola anche a comportarsi come tale, come dargli una zampa, cio&egrave una mano, in cambio di qualche carezza sopra la testa, annusargli i piedi, o fingere di fare pipi alzando una gamba. La cosa che però più la umiliò in assoluto fu quando Edoardo, senza alcun preavviso, le infilò qualcosa nell’ano. Si trattava di un piccolo plug munito di coda, ma non fu tanto la sorpresa per quell’intrusione o il fastidio da essa provocata, quanto il fatto che il ragazzo l’avesse toccata e per di più penetrata, e senza nemmeno chiederle il permesso. Ormai era trattata proprio come un animale, ma Gaia ingoiò il rospo e si mise d’impegno, soprattutto quando Edoardo, continuamente insoddisfatto dal suo operato, utilizzò un frustino sul suo delizioso fondoschiena inerme procurandole non pochi BAU di dolore. Già BAU non ahia, perché il ragazzo era stato tassativo e, se proprio voleva lamentarsi, almeno doveva farlo come un cagnolino. Al male al sedere si aggiunse ben presto anche quello alle ginocchia dovuto alla posizione a gattoni in cui doveva restare, ma fortunatamente la passeggiata non durò ancora a lungo perché Edoardo la riaccompagnò al centro della scena dove, sul pavimento, era stato appoggiato uno strano manufatto.

Forza inizia a leccare! – furono gli ordini del ragazzo.

Gaia guardò per un attimo l’oggetto che aveva davanti: da vicino la forma divenne inequivocabile e si trattava sicuramente di un fallo, di quelli che si comprano al sex-shop e si vedono spesso nei film porno. Di materiale gommoso e lungo una trentina di centimetri, presentava colore e forma molto simili a quelli di un pene reale, con tanto di riproduzione dei testicoli. Era fissato al pavimento mediante una ventosa. Gaia lo fissò un attimo ancora, poi aprì la bocca e cercò di ingoiarne il più possibile. Era la prima volta che praticava un fellatio, e la ragazza non aveva la minima idea di come farlo.

No così, che stai facendo!? – Edoardo la stava ammonendo – Devi leccarlo prima, come un gelato, e poi lo prendi lo prendi tra le labbra e ci fai scorrere la bocca, avanti e indietro, avanti e indietro’ hai capito?

BAU! – fu la sua risposta di conferma.

Per rispondere ad Edoardo la ragazza aveva staccato la bocca da fallo. Prima di riprendere era opportuno per lei cercare di fare mente locale e compiere ogni operazione come le era stato ordinato. Gaia tirò fuori la lingua: la prima operazione era quello di leccarlo e bagnarlo, e la ragazza cercò di coprire tutta la superficie dell’oggetto, senza saltarne neppure un punto. Le venne naturale però concentrarsi principalmente sul glande, che passò e ripassò più volte. Patrizia sembrava gradire, infatti si era spostata in posizione frontale per meglio inquadrarle la faccia, e la ragazza cercava di ricompensarla esibendosi nelle sue espressioni più porche. Gaia si interruppe per un attimo ripensando all’ultimo termine che aveva usato, ma quest’ultimo tentennamento le costò caro: Edoardo, che fino a quel momento non si era mai allontanato, non doveva aver gradito e pensò bene di farglielo capire tornando ad utilizzare il frustino, non solo sul suo sedere che, così immobile, era sicuramente un facile bersaglio, ma anche sul suo sesso. Già, la colpiva anche tra le gambe ed ogni volta Gaia non riusciva a trattenere il gemito di dolore, perché, per raggiungere con la bocca il fallo che era fissato a terra, la ragazza aveva dovuto inarcarsi, quasi schiacciando il suo seno sul pavimento e distanziando al contempo le gambe, in cerca di una posizione comoda e, per quanto possibile, stabile. Solo in quel momento si accorse che, se Edoardo riusciva a colpire il suo sesso, sicuramente poteva anche vederlo e ciò la faceva sentire maggiormente a disagio; non era ormai la prima volta che la vedeva completamente nuda, ma fino a quel momento aveva conservato una posizione più composta, con le gambe serrate, mentre ora offriva quasi spudoratamente le sue parti più delicate all’uomo che la stava frustando. Un nuovo colpo sulla vagina, questa volta più forte del solito, ed un altro urlo, di paragonabile intensità, quindi Gaia chiuse gli occhi e prese in bocca il fallo, non voracemente come aveva fatto prima, ma con delicatezza, quasi si trattasse di un pene vero. Fece scorrere dolcemente le sua labbra sull’asta, all’inizio solo sul glande, poi gradualmente inghiottendo gran parte dell’asta. Le dimensioni erano veramente notevoli e la ragazza non era in grado di accoglierlo in bocca nella sua interezza, in parte perché non era abituata, in parte perché fisicamente non ci stava, tuttavia, ogni volta che succhiava, cercava di guadagnare anche solo qualche millimetro in più, continuando a scorrere come Edoardo le aveva ordinato. L’uomo sembrava infine soddisfatto, infatti smise di batterla con il frustino, ma purtroppo per lei, era solo una calma apparente. Afferrò senza alcuna premura la coda che sporgeva dal suo sedere e, con un colpo secco, la estrasse, poi iniziò ad armeggiare con la cintura dei pantaloni: slacciò la fibbia e poi la patta, quindi si tolse del tutto ogni indumento estraendo il suo pene. Puntò l’arnese contro il suo ano ormai non più occupato e, con pochi colpi cercò di farglielo entrare tutto quanto. Non aveva utilizzato né premura né lubrificante, e tutto ciò che la ragazza avvertiva era una sensazione di fastidiosa e sofferente pienezza alla quale voleva in ogni modo sottrarsi, tanto da spingerla a ribellarsi.

No aspetta, questo non voglio – uscendo per la prima volta dalla parte.

Zitta cagna! – fu la risposta stizzita di Edoardo – Tu fai quello che dico io! – le disse mentre, dopo averla afferrata per i capelli, spinse il pene le suo ano.

Noooo’

Edoardo la penetrò con violenza, incurante del sue suppliche. Gaia non stava più recitando, le sue la lacrime le sue richieste di fermarsi ma soprattutto il suo dolore erano veri. L’uomo non l’ascoltava, o se lo faceva sicuramente non gli interessava quello che diceva. Era concentrato solo ed unicamente su un unico obiettivo: possederla. Afferrò saldamente con le mani i fianchi con le mani, ed usò il nuovo punto d’appoggio per spingere ancora, ancora, ancora’ sempre con più forza. Gaia, che a parole non era riuscita ad ottenere nulla, tentò allora disperatamente, come ultima risorsa, addirittura di alzarsi, sfilarsi da quella persona, fuggire da quella situazione in cui si trovava. Il piacere e l’eccitazione che aveva desiderato, addirittura sperato, di provare dopo essersi sottomessa, era orami solo un lontano ricordo. Tutto ciò che le piaceva era sparito, se n’era andata Patrizia, la macchina fotografica e persino la voglia di diventare famosa; tutto ciò che voleva ora, in quel preciso istante, era che Edoardo non la possedesse, come se in realtà non lo stesse già facendo. Con le ultime forze rimaste cercò di divincolarsi, ma l’uomo che la teneva era troppo forte e forse preparato per quel misero tentativo di fuga, e fu un nulla di fatto. Allora provò almeno a far forza sulle ginocchia, alzarsi, se scappare in avanti le era impossibile; Edoardo, per tutta risposta, l’afferrò per i capelli con la mano destra, quasi sdraiandosi sopra la sua schiena per bloccarle anche quest’ultima via d’uscita. Il suo volto era ora vicino al suo, e Gaia poteva vedere lo sguardo compiaciuto ed eccitato della persona che la stava così intimamente violando. Edoardo fino a quello momento non si era mai bloccato, nemmeno quando aveva cercato di sottrarsi, ma ora era fermo, quasi immobile, ma sempre dentro di lei. Sentiva il suo respiro caldo e affannoso sul viso, poi, dopo averla strattonato ancora per i capelli, avvicinò la bocca al suo orecchio. La ragazza aveva creduto che per un attimo il suo cuore si fosse fermato, qualche battito doveva sicuramente essere saltato; pensava, ma aveva torto, che Edoardo volesse baciarla, e questo lei non voleva che in alcun modo accadesse, più ancora di quanto non le stava già facendo. Era un gesto d’amore quello, ma non vi era traccia di tale sentimento in ciò che le stava succedendo!

Piantala di fare la verginella! – le sussurrò con cinica chiarezza all’orecchio.

Gaia non era certo più vergine da ormai un bel pezzo; aveva sicuramente conosciuto i ragazzi ed il sesso, e al suo primo vero e grande amore aveva donato la parte più intima e profonda di ogni donna, permettendogli di rompere quel sottile strato chiamato imene che comunemente identifica una persona illibata. L’aveva fatto spontaneamente, come fosse un regalo, ed anche dopo che si erano lasciati non aveva rimpianto nulla di quanto accaduto. Dopo di lui c’erano state altre storie, e con qualcuno ci era anche stata, donandosi spontaneamente a coloro che credeva meritarlo. Era sempre rapporti normali e privi di eccessi, sicuramente la fama di femme fatale che si era guadagnata non era certamente dovuta ad essi tuttalpiù essa dipendeva dalla natura un po’ esuberante e dal suo fisico accattivante, si divertiva non poco a stuzzicare ogni maschietto che su di lei metteva occhio, ma non lo faceva certamente per finirci a letto, era un modo innocente per divertirsi, ed anche con coloro che avevano avuto il piacere di scoprirla fino in fondo, non &egrave che avesse osato più di tanto, forse intimoriti dalla sua bellezza, forse perché era lei a non volere andare oltre, fatto sta che i suoi incontri intimi erano ricchi di coccole e baci, nulla che anche solo lontanamente potesse assumere contorni vagamente trasgressivi, niente anale, niente fellatio’ niente insomma che non rientrasse nel concetto di tradizionale. Sotto questo aspetto sembrava più una suora di clausura che una lussuriosa tentatrice, ed ora tutto questo veniva rotto da una persona che non amava, con cui non aveva mai parlato e che avrebbe fatto volentieri a meno di rincontrare.

Vengooo!

Edoardo urlò quella parola mentre, dopo un ulteriore e poderoso affondo, scaricò il liquido seminale nel suo ano. Non aveva mai permesso a nessuno dei suoi fidanzati di venirle dentro, e anche se così non correva certo il rischio di rimanere incinta, dentro di se provava un senso di profonda repulsione per come quella persona si stesse prendendo, pezzo dopo pezzo, ogni più piccolo anfratto privato di lei. Edoardo estrasse finalmente il suo organo genitale da lei, e per un attimo Gaia credette che quel supplizio avesse raggiunto un termine.

Perfetta così – disse la donna tra un flash e l’altro – allarga le chiappe con le mani!

Solo ora si ricordava di Patrizia, del fatto che stava fotografando, non era una violenza quella, solo un servizio fotografico. Gaia, quasi istintivamente ubbidì all’ordine impartito, del resto era qui per questo, farsi fotografare ed ammirare. Edoardo si era allontanato ed ogni cosa sembrava rientrata all’interno dei contorni della normalità, sempre che mai ne fosse uscita. Forse quell’uomo stava solo recitando, non era uno stupro quello ma semplice spettacolo, una messa scena a favor di camera; ormai non sapeva più nemmeno lei cosa pensare.

Guarda che bella cremina che vieni fuori – come davanti ad uno spettalo.

Era Edoardo che aveva parlato, indicando con l’indice il suo ano. Gaia era se possibile ancora più accucciata di quando l’uomo l’aveva accompagnata col collare: il suo viso toccava ormai il pavimento mentre il suo sedere, come per contrappasso, spingeva in alto. In più c’era l’indicazione sulla posa da prendere di Patrizia: la ragazza aveva quindi portato le sue mani sui glutei e, dopo averli saldamente afferrati, li aveva il più possibile scostati rivelando maggiormente le sue grazie. Proprio in quel momento, come se non aspettasse altro, lo sperma presente nel suo ano aveva iniziato a fuoriuscire, e qualche goccia aveva persino toccato a terra. Fu in quel momento che Edoardo aveva parlato: la persona che l’aveva riempita in quel modo rideva indicandola. A Gaia quel commento suonava assai sadico; pensava ormai di averci fatto il callo, invece le parole riuscivano ancora a farle male.

Forza, il gran finale! – tornò alla carica l’uomo con tono sferzante.

Che’ che cosa devo fare? – chiese Gaia tutto in fiato.

Non preoccuparti, segui solo Edoardo – le rispose Patrizia.

Il fallo dal pavimento era sparito ed al suo posto vi era la stessa sedia su cui era stata sculacciata il giorno precedente. La ragazza non si era nemmeno accorta di quegli spostamenti, tanto era assorta nei sui pensieri. Edoardo era in piedi, nudo come lei. Con un gesto gentile la prese per il braccio facendola accomodare sulla seduta, poi la invitò a sollevare le gambe, portandosi le ginocchia al petto, e spalancarle. Era una posizione audace e molto rivelatrice, ed il ragazzo si fermò per un attimo a guardarle la vagina, quasi imbambolato. Si riprese in fretta, toccò i segni del frustino sul sedere facendola sussultare, poi, preso in mano il mano il suo membro, iniziò lentamente a menarselo, non per venire, ma solo per riprendere in fretta il suo vigore. Del resto Edoardo era una persona giovane, non aveva indubbiamente problemi di impotenza, ed in poco tempo la sua spada svettava prominente come quando l’aveva inculata. Solo in quel momento Gaia capì cosa aveva in mente, e cercò subito di chiudere le gambe. L’uomo non le lasciò il tempo di reagire: con un gesto del braccio le riaprì le gambe e fu subito dentro di lei.

Nooo fermo, non voglio! – cercando ancora di sfuggirgli.

Edoardo, senza prestare il minimo ascolto alle sue parole, continuò incurante a penetrarla, un ritmo lento e costante, ma ogni volta che spingeva lo faceva molto in profondità. Gaia, per la prima volta da quando avevano iniziato, si mise a piangere disperatamente, come una bambina che vuole le caramelle, ma non suscitò nessuna reazione, né in lui né in Patrizia. La ragazza era ormai fermamente convinta che quell’uomo fosse un mostro, come aveva potuto anche solo provare qualche dubbio. Per maggior dileggio, i suoi tentavi di supplica provocarono un ulteriore inasprimento nei movimenti del ragazzo che, aumentando la velocità dei movimenti del bacino, le afferrò con violenza i seni, schiacciandoli e premendoli. Le sputò in faccia, aggiungendo parole di sola offesa: zoccola, puttana, mignotta ora me la paghi’

Ti piace vero? – le chiedeva ogni tanto con tono canzonatorio.

Il respiro dell’uomo si fece affannoso, era evidente che era vicino all’orgasmo, ma, poco prima di venire, si sfilò da lei, puntandole in pene in faccia: venne abbondantemente, schizzandole sulle guance, negli occhi, persino sui capelli ed ovviamente sui seni. Gaia era tutta imbratta dello sperma di Edoardo.

Eeeeh finito – sentenziò Patrizia dopo aver scattato ancora qualche foto.

Gaia, umiliata, si rannicchiò ad uovo, continuando inesorabilmente a piangere. Ora era palese a tutti che non stava fingendo, se mai ci fosse qualche dubbio. Edoardo le si avvicinò come per consolarla, ma lei lo allontanò bruscamente col braccio. Che avesse una personalità bipolare? No, ormai era certa che quella fosse solo una maschera, non poteva essere altrimenti dopo tutto quello che le aveva fatto. Era stata trattata in ogni modo degradabile umanamente pensabile. Patrizia fece cenno all’uomo di andare, poi si avvicinò alla ragazza in lacrime e cominciò ad accarezzarla, venendo accettata. Quando Edoardo, dopo essersi rivestito, fu uscito, la donna si fece più audace, baciandola sulle guance, nonostante il liquido seminale, e poi sulla bocca. Gaia si sciolse, l’abbracciò forte e riprese a piangere, ma questa volta fu liberatorio.

Fai un doccia prima di andare, c’&egrave un bagnetto di là – le disse Patrizia mentre l’accarezzava.

Gaia accettò subito. Passò sotto l’acqua una mezzora abbondante, voleva lavarsi di dosso ogni possibile traccia. Patrizia intanto le preparò qualche asciugamano, aiutandola come una bambina. La ragazza era contenta di quella gentilezza. Quando anche lei si fu rivestita, uscì dallo studio per prendere l’autobus e fare ritorno a casa. Il viaggio fu come al solito rapido e si sentì sollevata quando vide che il mezzo era semi-deserto: pensava che, se qualcuno l’avesse anche solo guardata, sarebbe stato in grado di capire tutto ciò che le era capitato. Scese alla sua fermata e si avviò verso l’uscio di casa, solo per scoprire che le brutte sorprese per oggi non era ancora terminate: Edoardo l’aspettava davanti alla porta.

Che sosa ci fai qui? – chiese Gaia con fare adirato

&egrave questo il modo di trattare gli amici – rispose il ragazzo sarcastico.

Tu non sei mio amico! – guardandolo con occhi carichi di disprezzo.

Infatti, hai ragione, non sono tuo amico. Sono il tuo signore e padrone lurida schiava’

Ma come ti permetti brut’ – cercando di mollarli uno schiaffo prontamente stoppato come il resto della frase.

Cos’&egrave che non hai gradito: lurida’ o schiava? – mettendosi a ridere.

Gaia fece per imboccare la porta di casa ma Edoardo la fermò, afferrandogli un braccio, quindi buttò a terra una serie di foto che aveva in mano. Il soggetto delle immagini era lei, un assortimento di tutte le cose più sconce che in questi giorni aveva fatto, compresa qualcuna del primo giorno di prova dove lui non era presente.

Ma come fai ad averle? – chiese la ragazza affrettandosi a raccoglierle.

Semplice. Me le ha date Patrizia’

Patrizia? Ma perché? Erano il suo lavoro, per quale motivo te le ha date?

Ma quale lavoro! Patrizia non &egrave mai stata una fotografa professionista – deridendola per la sua ingenuità – &egrave da quando andavamo al liceo insieme che desideravo farti tutto quello che hai passato’

Perché? – scoppiando in pianto.

Ti sei mai accorta di me a scuola? No vero’ Troppo impegnata a fare la fica’

New York, la presentazione, la mostra’ tutto un falso quindi? – quasi non capendo il significato di quella punizione.

Beh, quasi tutto. La presentazione era vera; ma solo perché Patrizia l’ha data al proprietario di quel posto’

Ed il contratto, quello l’ho firmato! Io vi denuncio brutti stronzi!

Provaci pure. Intanto io distribuisco quelle foto in tutto il vicinato, primi fra tutti i tuoi genitori’

No! – al solo pensiero di come l’avrebbero vista.

Bene, vedo che inizi a ragionare. Ora tu sei la mia schiava, ed io il tuo padrone. Farai tutto quello che voglio, e quelle foto non le vedrà nessuno. Intesi?

Si

Si cosa? – mollandogli un ceffone sul viso.

Si, padrone – ricominciando a piangere più per l’umiliazione che per lo schiaffo.

Ecco quanto pattuito – gettandogli o soldi a terra – non si dica che non pago la mia troia. Ora vai pure dormire, ci sentiamo presto – sottolineando l’ultima parte della frase mentre si allontanava.

Gaia rientrò in casa senza smettere di piangere; si raccolse sul letto, poggiando la fronte contro le ginocchia, come se quella posizione potesse salvarla da quello che Edoardo le avrebbe sicuramente fatto. Legata, sculacciata ed anche violentata, per diventare famosa si era detta lei, era stata trattata come la peggiore puttana. Con questo termine Edoardo l’aveva chiamata, e ne aveva usato anche un altro: schiava. Doveva ubbidienza a quell’uomo? La ragazza temeva di si. Fatiche e sofferenze gettate alle ortiche, ed ora era la sua troia personale; del resto non poteva fare altrimenti, era stata anche pagata’

Leave a Reply