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Racconti di Dominazione

Fulvia I

By 23 Ottobre 2013Dicembre 16th, 2019No Comments


Avevo una compagna di scuola, Fulvia, non ho mai saputo se i genitori avessero scelto quel nome perch&egrave era rossa naturale, il fatto &egrave che aveva dei bellissimi capelli lunghi color tiziano, grandi occhi azzurri, polpacci nervosi sovrastati da due cosce importanti, che mostrava generosamente, date le minigonne che indossava… una cosciona insomma.
Passava per essere una puttanella, la cosa non mi interessava molto, anche se lei cercava spesso di attirare la mia attenzione.
A quel tempo ero innamoratissimo di una dolce, bella, romantica ragazza.
Si chiamava Maria Gabriella, Lella, per me.
La mia dolce ragazza aveva solo un difetto, era all’antica, più in là di lunghi baci, che mi lasciavano sconvolto, e palpazioni delle sue grosse tette, che portava a spasso senza reggiseno, non riuscivo a spingermi.
Avevo bisogno di figa.
Un pomeriggio, terminate le lezioni, incontro Fulvia, mi guarda con aria furba e mi chiede se sono disposto a seguirla, rispondo di si, incuriosito e anche per dimostrare che non ho timori.
Arriviamo ad un corridoio secondario, ad un angolo tranquillo, la scuola &egrave quasi deserta.
Fulvia mi abbraccia furiosamente strofinando il suo corpo contro il mio, spingendo il suo pube contro il mio.
Per un attimo resto disorientato, non avrei immaginato tanta fretta, la metto con le spalle al muro, quasi le strappo la camicetta e mi impadronisco di una sua tettina, piccola come una mela, che mi sta comodamente nel palmo della mano.
Già allora amavo essere io a guidare le danze.
Stringo forte, sempre continuando il bacio rovente che ci stiamo dando, le nostre lingue che si inseguono nelle nostre bocche.
Le faccio male, si lamenta senza mollare la mia bocca.
Hai voglia mi dico, bene allora, coraggio.
Continuo con la sinistra il massaggio alle tette e già la destra &egrave sotto alla gonna, corta come al solito, non porta mutandine, sento benissimo la figa bagnata attraverso il tessuto del collant. (scoprirò in seguito che fa uso delle mutandine solo nei giorni di mestruazione).
Insinuo la mano sotto al collant e inizio l’esplorazione della prima figa della mia vita, palpo, stringo, cerco di infilare un dito, arruffo il pelo che intuisco abbondante.
Fulvia &egrave partita completamente, apre al massimo le gambe facendo scivolare il culo verso il pavimento e puntellandosi bene con la schiena contro il muro.
Contemporaneamente cerca di farmi capire come vuole essere stimolata, guidando la mia mano con la sua.
Capisco al volo e sempre baciandola in modo forsennato incomincio il massaggio del suo sesso.
A causa della carica di passione sfrenata che la’sta possedendo in breve raggiunge un orgasmo che la scuote, abbandona la mia bocca per emettere un lungo mugolio di piacere, a denti stretti.
Appena le scosse del suo corpo si attenuano riprende a baciarmi, la sua lingua si impadronisce nuovamente della mia bocca.
Mi apre i pantaloni e tira fuori il cazzo, lo trova duro, non ho mai avuto problemi di erezione, le mie amanti mi trovano sempre pronto, questo fatto mi ha impedito di conoscere le dolcezze e le malizie che le donne mettono in pratica per eccitare il sesso dei loro uomini.
Lo impugna e con decisione inizia a masturbarmi, violentemente, ma senza farmi male, la sua mano prende un ritmo sicuro, esperto. (mi renderò conto che questa &egrave la sua specialità).
Ancora oggi ho netto il ricordo delle sue piccole manine bianche che si muovono lungo la mia asta tesa.
Sborro.
Sul pavimento, sul muro, sulla sua gonna, non lo so.
Per lunghi attimi perdo coscienza di me stesso.
E’ la prima volta che una ragazza mi fa una sega.
Sempre in fretta rimette a posto il cazzo che si sta ammosciando e dopo essersi asciugata la mano contro i miei slip si ricompone.
Ci diamo appuntamento fuori dalla scuola e, per due vie diverse, ci dirigiamo verso l’uscita.
Si conclude così il primo di una serie infinita di incontri furtivi nei corridoi e nelle aule vuote, una volta addirittura in un armadio a muro.
Ho sparso, in più di un anno, litri di sborra sui pavimenti di quella scuola, non capisco come non se ne siano mai accorti i bidelli.
Eccomi all’aperto, sorpreso del sole luminoso e caldo, dopo la fresca penombra del corridoio.
Ecco Fulvia già al banco del bar che beve un caff&egrave, sempre stata golosa di questa bevanda, alla quale fa spesso seguire una sigaretta accompagnata da una gomma da masticare in bocca.
Ci avviamo verso la fermata del bus che la riporterà a casa, io con le mutande bagnate, con le mani profumate dei suoi umori, gli stessi umori che inumidiscono le sue cosce.
Dopo pochi giorni ho lasciato Lella, la sessualità di Fulvia si era impadronita di me.

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