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Racconti di Dominazione

Grazia

By 8 Febbraio 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

Grazia. La sua vita procedeva tranquilla, il suo lavoro in una piccola società, suo marito, la sua adorata figlia e il loro castello, un piccolo alloggetto in periferia, di 2 stanze bagno e cucinino.
Lei era sempre stata una persona tranquilla. Il retaggio famigliare era di quelli vecchissimo stampo, timorata di Dio, casa, chiesa famiglia. Aveva cominciato a uscire con Gianni quando aveva 14 anni e lui 15, e non si erano più lasciati. Gianni era ed è stato il suo unico amore ed uomo.
Lui lavora in una fabbrica, operaio specializzato, alla linea di produzione. Un uomo sincero e semplice, ma privo di qualsiasi ambizione professionale, interessato solo alla sua partita di calcetto settimanale e a trovare, quando torna a casa, un pasto caldo e una donna che lo coccoli.
Grazia invece è dotata di intelligenza superiore, nel suo lavoro è apprezzatissima e le vengono spesso date mansioni di responsabilità che lei, con grande abnegazione, svolge con successo prodigandosi per la sua azienda. Inoltre è quel che si suol dire una bella donna, attraente e con le curve al punto giusto.
Alta 1,70, mora con i capelli lisci e scalati, neri come la pece, che racchiudono un visino dolce ma anche molto sensuale. Una bella schiena, diritta, fa da anteprima a un bel sedere rotondo, ancora sodo e sostenuto nonostante sia entrata proprio da poco nei 40 anni. Due piccole tettine, una seconda, rendono la figura del suo corpo armonica ed attraente.
Quel fatidico pomeriggio era come sempre seduta alla sua scrivania, sommersa da tonnellate di carta e col telefono che squillava in continuazione e lei che cercava di districarsi tra fatture, preventivi e clienti arrabbiati. Il suo telefonino si mise a squillare e lei penso subito ‘Oddio che cosa sarà successo?’ mentre rovistava nella borsa alla ricerca dell’infernale aggeggio. Sapevano infatti tutti, sua figlia, suo marito i suoi genitori che per quasi nessun motivo al mondo avrebbero dovuto chiamarla in orario di lavoro, perché la correttezza impone che le telefonate personali non siano ammesse. Trovato il telefono, vide subito che la persona che la cercava era la sua mamma.
-Pronto?
-Grazia sono mamma
-Cosa è successo?
La madre restò in silenzio, attimi di terrore lunghi una vita per Grazia, che nel frattempo era diventata di un colore cinereo
-Grazia, papà si è sentito male, abbiamo chiamato l’ambulanza
-Ma come, cosa
balbetto la povera ragazza, il sangue gelato nelle vene
-Sembra sia il cuore, un infarto leggero dicono, ma ci vogliono altri accertamenti. Comunque lo stanno portando all’ospedale.
-Senti mi vesto e arrivo subito.
Grazia in preda ad un’ansia profonda, compose il numero del suo capo mentre con l’altra mano cercava di infilarsi il cappotto.
Il rapporto con l’ingegnere era buono. Lui aveva ereditato l’azienda da suo padre, e se ne occupava praticamente a tempo pieno. Un uomo di 39 anni, bel fisico e sicuro di se, con lei era sempre stato gentile e amichevole, ma il loro rapporto era stato sempre e solo legato al lavoro. Si stimavano reciprocamente, si davano del tu ma alla fine della fiera si conoscevano poco o niente, essendo tutti e due persone molto riservate e a cui non piaceva parlare delle proprie cose.
Sentì la linea libera e si preparò a parlare
-Pronto?
-Ciao Davide sono Grazia
-Ciao dimmi
-Senti devo andare via subito dall’ufficio, mio padre è stato male, credono sia un infarto
Davide, sentita la notizia e la voce rotta della donna, capisce al volo la situazione
-Ma certo vai pure, ci penso io dopo a spegnere tutto e a chiudere.
L’utilitaria di seconda mano viaggiava come un razzo per le vie della città, direzione ospedale.
Arrivata la cominciarono le consultazioni medici/famiglia, presenti lei, sua madre e il suo fratello minore.
Il chirurgo cominciò a spiegare la gravità della situazione, e la necessità di compiere un’operazione delicata, fatta con gli ultimi ritrovati tecnici ecc ecc e a spiegare la situazione a livello tecnico.
I tre ascoltavano allibiti, fino a quando Grazia non fece la fatidica domanda
-E quando è possibile farla questa operazione?
Ci fu un attimo di silenzio, poi il chiururgo cominciò a parlare
-Vede signorina, la lista di attesa per questo tipo di operazione e di circa un anno
-Ma mio padre non ha tempo un anno!!!
-Lo so e mi dispiace, ma questa è la realtà’a meno che voi non siate disposti a farla privatamente
-Ma certo, non c’è problema, anche a costo di vendere quello che abbiamo. C’è in gioco la vita di mio padre
Nel pronunciare queste parole, Grazia notò che sua madre era improvvisamente impallidita, mentre suo fratello abbassava repentinamente lo sguardo a fissarsi la punta delle scarpe.
Si congedarono dal dottore, e quando furono finalmente da soli Grazia cominciò a indagare su quello strano comportamento. Dopo ripetute insistenze e assalti scoprì la purtroppo terribile realtà: i suoi genitori erano ridotti sul lastrico, i risparmi di una vita dilapidati, la casa ipotecata, e tutto questo per salvare dal fallimento quell’idiota di suo fratello. La loro pensione non era quasi sufficiente a coprire il prestito della banca, e tiravano cinghia da ormai quasi 6 mesi.
Si arrabbiò, sbraitò, inveì e insultò, poi la sua mente cominciò a lavorare in cerca di soluzioni. E che cacchio, pensò, ad aggiustare mio fratello ci penserò poi, ora c’è in gioco la vita di mio padre, è necessario trovare i 50000 euro per l’operazione. Il problema grosso era dove.
Parenti non ne avevano, lei e Gianni sul conto avevano si e no 2000 euro, la sua casa era in affitto, dalla vendita della macchina non ci avrebbe ricavato praticamente niente. Fu allora che ebbe l’idea e pensò che l’ingegnere i soldi li aveva, lei lo sapeva bene perché vedeva i suoi conti bancari, e poteva almeno fare un tentativo.
Il giorno dopo andò a lavorare con quel pensiero fisso in testa; era di vitale importanza riuscire a essere convincente con Davide, riuscire a farsi prestare quella somma. Con la sua banca aveva già parlato, ma aveva ottenuto un mutuo di soli 10000 euro, una miseria. Quel giorno fece davvero fatica a concentrarsi e il suo lavoro ne risentì non poco. Aspettava con ansia il ritorno dell’ingegnere, con il suo bel discorsetto preparato in testa.
Finalmente verso sera Davide rientrò in ufficio dal cantiere.
Come faceva sempre salutò la sua segretaria, e si diresse velocemente verso il suo ufficio, si stravaccò sulla sua comodissima poltrona anatomica, ritenuta da lui uno dei migliori acquisti della sua vita, e cominciò a leggere le mail che la sua impiegata le aveva diligentemente preparato in bella vista.
Completamente assorto nella lettura sentì bussare allo stipite della sua porta, e istintivamente alzò gli occhi e si beò della vista di Grazia, con la sua casta camicetta bianca con un solo bottone slacciato, quello più in alto, e i suoi pantaloni neri appena attilati, che facevano intuire le sue fattezze, ma non le scoprivano.
A Davide Grazia era sempre piaciuta, fin da quando l’aveva conosciuta. Non aveva mai voluto provarci, perché riteneva che fosse fondamentale tenere separati il lavoro dalla vita privata, per cui non aveva mai nemmeno accennato a un eventuale pranzo insieme. Questo però non lo tratteneva dal poterla guardare e spogliare con gli occhi, dall’immaginare di poter stringere tra le mani le sue piccole tettine e possederla, farla gridare di piacere come sicuramente, pensava lui, suo marito non era in grado di fare.
-Posso parlarti un secondo?
Quella frase lo riportò istantaneamente alla realtà
-Ma certo siediti
Grazia spostò la sedia, e delicatamente ci si sedette sopra, accavallando le gambe in un gesto tanto sensuale quanto non voluto.
In pochi minuti la donna fece, con un filo di voce, il riassunto della vicenda, parlò della situazione del padre, dei tempi lunghissimi necessari per fare l’operazione in maniera ordinaria, e poi dolorosamente cominciò a parlare della fallimentare situazione finanziaria della famiglia, di come suo fratello aveva rovinato tutti, e alla fine, rossa in volto, disse la fatidica frase che si era preparata a lungo:
-Ho veramente bisogno di quei soldi, mi servono per salvare la vita di mio papà, ed ecco, ehm, mi chiedevo’.se potessi prestarmeli tu e io te li potrei ridare tanto al mese’
La ragazza non aveva ancora finito la frase che la mente allenata ai numeri dell’ingegnere cominciò a fare calcoli, peraltro non complicati da fare:
(dunque 40000 euro, se mi ridà 1000 euro al mese ci vanno 3 anni e mezzo, ma come fa che guadagna 1200 euro a darli praticamente tutti a me’.quindi a 500 euro al mese ci vanno 7 anni, il tutto senza contare il benchè minimo interesse).
La risposta di Davide non si fece allora attendere:
-Io potrei imprestarteli, ma tu come pensi di ridarmeli?
-Non lo so proprio
Rispose la ragazza, rossa in volto e con lo sguardo supplicante, ma un modo lo troverò di sicuro. Ti prego, ne va della vita di mio padre, ti prego.
Fu allora che nella mente di Davide comparì prepotente l’idea, e senza pensarci su due volte le parole gli uscirono di bocca da sole
-Allora ascolta. Io i soldi te li do, ma visto che sono sicuro che non riuscirai a ridarmeli indietro, perlomeno non in tempi ragionevoli, io penso che potrei avere qualcosa in cambio.
-Che cosa?- rispose la ragazza, gli occhi improvvisamente colmi di speranza
-Io in cambio voglio te. Diciamo che per me tu vali’vediamo’.6000 euro all’anno. Ma attenzione, io non voglio il tuo corpo, almeno non voglio solo quello’io voglio la tua vita. Ora se accetti tu diventerai mia, e farai quello che io ti dico di fare. Mi firmerai delle cambiali, che a debito estinto verranno strappate. Se non farai quello che voglio, se mi disobbedirai, le manderò all’incasso. Ora non devi decidere subito, hai tempo fino a domani sera alle 18,00, a fine lavoro. Se accetti ti farò subito un assegno ed economicamente sarai a posto. Se rifiuti, spero che rimarremo amici come prima, anche se credo che sarà molto difficile continuare a collaborare.
La ragazza ascoltava quelle parole, la faccia stralunata di chi non se lo sarebbe mai e poi mai aspettato un discorso del genere. Riuscì a rispondere solo un ‘ok, ti farò sapere’ che nemmeno lei si aspettava di pronunciare, al posto di mandarlo a quel paese.
Grazia si diresse alla sua scrivania, aprì l’armadio al cui interno c’era il cappotto, si sistemò la sciarpa e uscì dall’ufficio.
L’aria era gelida, e la pioggerellina tipica invernale le pizzicava la pelle. Stretta nel suo cappotto, camminava per raggiungere la sua macchina e pensava alle parole pronunciate poco prima dall’ingegnere, che le rimbombavano nel cervello:’Io voglio la tua vita’. Questi pensieri la accompagnarono fino a casa, dove nemmeno il cucinare per suo marito e sua figlia la distolse dai suoi pensieri.
Finita la cena la casa ripiombò nel silenzio, con sua figlia a chattare con chissà chi, e suo marito incollato al televisore, telecomando stretto nella mano e stravaccato sul divano, mentre lei lavava diligentemente i piatti.
Continuava a pensare a quella assurda proposta, e ogni volta che ci pensava la sua opinione cambiava. Ora era nel momento ‘domani vado e lo mando a fare in culo, lui e i suoi soldi’, e un secondo dopo pensava al modo di ottenerli senza dover sottostare a quell’incredibile accordo.
A notte fonda ancora pensava angosciata a come fare, con quel coglione di suo marito che dormiva beato di fianco a lei, e lei che si chiedeva se fosse scemo o se lo facesse per non andare in guerra; come era possibile che lui dormisse così mentre lei era evidentemente ansiosa e preoccupata?
Arrivò alla fine la giornata fatidica e lei ancora non aveva deciso cosa fare. Si fece una doccia sperando che l’acqua cancellasse dai suoi tratti l’effetto di una notte insonne, si vestì di malavoglia e si preparò, come tutte le mattine, ad andare al lavoro.
L’ingegnere, per tutto il giorno, si comportò con lei come se niente fosse, come se quelle strane parole non fossero mai state pronunciate. Arrivarono presto le 18,00, e durante ognuna delle ore in cui era stata in ufficio l’angoscia dentro Grazia era aumentata, e ancora non aveva una risposta da dare.
Bussò ,come il giorno prima, alla porta di Davide. Lui alzò lo sguardo e lei in quel momento decise: la vita di mio padre val bene un pochino della mia.
-Entra pure, accomodati
Lei entrò e come il giorno prima scostò la sedia e si sedette, lo sguardo fisso di Davide su di lei.
Piena di vergogna, pallida in volto, le labbra tirate in una smorfia, mentre con le mani si stropicciava nervosamente le dita, in un sussurro guardando in basso disse quello che Davide aspettava:
-Ho troppo bisogno di quei soldi, quindi sono costretta ad accettare la proposta che mi hai fatto.
Davide sorrise, un sorriso carico di compiacimento per la vittoria appena ottenuta, e con la mano sinistra, sempre guardandola, aprì il cassetto da cui estrasse una cartellina, e poggiatala sulla scrivania verso la sua segretaria, in modo che lei potesse vederla dal lato giusto, la aprì e cominciò a parlare:
-Mi sono permesso di preparare tutto oggi, all’interno della cartella ci sono i tuoi assegni per un totale di 40000 euro
E poi, porgendole la sua stilografica
-e qui ci sono le cambiali da firmare
Grazia prese la penna, la mano tremante, e cominciò a firmare le cambiali ad una ad una. Non appena finito prese gli assegni, li ripiegò con precisione e li infilò nel portafogli, e quindi quest’ultimo nella borsa. Era sembrata una vera e propria trattativa di affari, senza che dal volto di Davide trasparisse la benchè minima emozione.
Alla fine lui parlò:
-Ora per cortesia alzati, e chiudi le tende
Grazia automaticamente si alzò, le gambe tremanti, e fece quei due metri che la separavano dalla finestra. Afferrò la cordicella e cominciò, lentamente a chiudere la tenda, poi afferrata l’altra cordicella fece girare la tenda in modo che la finestra fosse del tutto oscurata.
-Bene, ora voglio proprio vedere quello che mi sono appena comprato. Su, spogliati
Disse Davide, accomodandosi meglio sulla sua poltrona e guardandola. Lei accolse quelle parole come un pugno nello stomaco, sentì il respiro mancarle, la pelle incresparsi mentre ancora teneva la catenella delle tende nelle mani. Lei, che solo suo marito aveva mai visto nuda una volta diventata donna, era costretta a spogliarsi davanti a un uomo che, ora lo capiva, era un perfetto sconosciuto.

Grazia abbassò lo sguardo, pallida, ed ebbe un attimo di esitazione.

 

-su dai cosa aspetti?

 

L a incalzò l’ingegnere. Lei allora cominciò a sfilarsi il maglioncino blu che portava, e successivamente a sbottonare la casta camicetta.

 

-forza dai, mica possiamo stare qua tutta la  notte

 

La camicetta si aprì, scoprendo il reggiseno di pizzo bianco della donna, la quale dopo averla sfilata, la piegò ordinatamente sulla sedia che aveva davanti.

 

Cominciò quindi con mani tremanti a sbottonare i pantaloni, per poi sfilarli e mostrare un paio di mutandine abbinate al reggiseno, da  cui si intravvedeva la pienezza del suo monte di venere.

 

Depose anche quelli sulla sedia

 

-Nuda, voglio vederti nuda

 

La incalzò ancora Davide, e lei, posizionate le mani dietro la schiena, sganciò il reggiseno e lo sfilò.

 

Poi, infilati i pollici nell’elastico delle mutandine, tolse anche quelle. Due lacrimoni cominciarono a riempire i suoi occhi, mentre in un gesto di estremo pudore, le mani andavano a coprire la fighetta che fino a quel momento solo suo marito aveva avuto l’onore di guardare.

 

Davide non  credeva ai suoi occhi. Stava succedendo per davvero, lui stava guardando la donna che più e più volte aveva desiderato, nuda, davanti a lui. Dovette fare uno sforzo enorme per non saltarle subito addosso e scoparsela li, sulla scrivania. Il suo pene era talmente duro che gli faceva male, e il suo olfatto sentiva l’odore della donna, il profumo della sua pelle, la fragranza della sua vulva.

 

Come un abile giocatore di poker, cercò di non far trasparire dal suo volto la più piccola emozione.

 

Raccolse il plico delle e-mail che aveva davanti, e cominciò a leggerle.

 

Grazia era li in piedi, nuda e piena di vergogna, gli occhi gonfi di pianto che guardavano il pavimento. Sentiva sulla pelle l’aria fredda, e le tempie pulsarle per la rabbia che in quel momento stava provando. Nonostante tutto non riusciva a proferire nemmeno una parola, e ormai rassegnata attese.

 

Davide la lasciò li per cinque minuti, ma a Grazia sembrò un tempo infinito, poi alla fine si alzò dalla sua sedia e girò intorno alla scrivania.  L’ingegnere guardò per qualche secondo quel culetto che tanto desiderava, poi appoggiò una mano sulla schiena di lei

 

-Su piegati

 

Grazia come un’automa si piegò verso la scrivania, e un attimo dopo sentì le mani di lui prendere possesso delle sue chiappe e tastarne la consistenza.

 

-Bene, hai proprio un bel culo. Ora aprilo con le mani

 

Grazia non capì la richiesta e indugiò, non sapendo cosa fare. Allora l’ingegnere le afferrò le mani per i polsi, e le portò sulle natiche della donna, ripetendo la richiesta

 

-Apri

 

Lei eseguì, esponendo così allo sguardo del suo capo-padrone i suoi buchetti segreti.

 

Lui, dietro, vide per la prima volta la fica di Grazia, e fu una visione meravigliosa: osservava le grandi labbra, liscie e pronunciate, che contornavano lo scrigno segreto, e la rosellina anale, così scura e così piccola e pensò, con assoluta certezza, fino ad allora inviolata. Infilò di colpo due dita nella vulva della donna, la quale non se lo aspettava e ebbe un moto di soprassalto, e la trovò incredibilmente stretta, calda e accogliente.

 

Grazia sentì le lacrime scorrerle sulle guance. Era lì, piegata e completamente esposta, e sentiva le dita di lui che, dopo averla profanata, rigiravano dentro la sua vagina, come a volerla controllare.

 

Sentì di colpo le dita uscire dal suo corpo, e mentalmente si stava già preparando al momento in cui lui la avrebbe penetrata, quando udì le parole che in quel momento non si sarebbe mai aspettata di sentire:

 

-Ok, puoi rivestirti.

 

La donna cominciò velocemente a ricomporsi, mentre lui era tornato alla sua postazione e aveva ricominciato a scorrere i documenti. Senza dire una parola, si rivestì completamente, infilò il cappotto, prese la borsa che conteneva ciò che poteva salvare la vita di suo padre, pronunciò un timido ciao e chiuse la porta dietro di se, affrettandosi verso casa sua, verso una doccia purificatrice che sperava le avrebbe tolto quel senso di sporcizia e di vergogna che si sentiva addosso.

 

 

Quella notte suo marito Gianni volle fare l’amore; era una cosa che succedeva all’incirca ogni 2 settimane, e si svolgeva sempre allo stesso modo: lui si faceva avanti carezzandola un po’ sopra un po’ sotto, poi la spogliava sotto le coperte e subito dopo le montava sopra.

 

Pochi minuti dopo si addormentavano abbracciati, uno vicino all’altra.

 

Passò quasi un mese senza che in ufficio succedesse niente di rilevante. Nel frattempo l’operazione su suo padre aveva avuto successo, e lentamente si stava ristabilendo.  La vita di Grazia  stava riprendendo il solito regolare tran tran, lavoro, famiglia, la domenica in Chiesa. Restava comunque nella sua mente il pensiero che prima o poi avrebbe dovuto pagare il suo prezzo.

 

E quel momento un pomeriggio arrivò.

-Grazia vieni qui per favore

 

Sentì chiamare il suo capo.

 

Alzatasi dalla sedia, si diresse verso l’ufficio di Davide

 

-Eccomi- disse

 

L’ingegnere la scrutò,  poi il suo sguardo raggiunse dritto gli occhi della donna, la quale non ce la fece a sostenerlo. Cominciò a parlare:

 

-Per tutto questo mese ti ho lasciata tranquilla, avevi giustamente altro a cui pensare. Adesso è ora che io mi occupi di te.

 

La ragazza, immobile, stava a sentire le parole dell’ingegnere, e sentiva le guance avvampare e il suo cuore battere a mille all’ora, lo sguardo sempre basso, a fissare punti invisibili sul pavimento.

 

-Vieni qui vicino

 

Come un robot, Grazia si spostò e fece lentamente, come se dovesse andare al martirio, il giro della scrivania, arrestandosi in piedi davanti al suo capo, che nel frattempo aveva fatto girare la sua sedia anatomica verso di lei.

 

-Inginocchiati, ho voglia che me lo succhi.

 

La ragazza, rassegnata, si chinò e si inginocchiò davanti al suo capo, che nel frattempo si stava abbassando la lampo dei pantaloni, per poi estrarre il suo pene, ancora non in piena erezione.

 

Grazia guardava il pene dell’ingegnere, adesso con uno sguardo stupito. Fino ad adesso, in 40 anni suonati, aveva visto solamente quello di Gianni. Questo era decisamente diverso. Più largo e decisamente più lungo, anche se ancora non in erezione, contornato da vene marcate. La cappella, lucida, occhieggiava dal prepuzio.

 

Sentiva dentro di se l’adrenalina crescere, la gola seccarsi. Raccolse tutte le sue energie mentali chiudendo gli occhi in un gesto di concentrazione, pensando che lo sapeva che sarebbe successo, e che ora che era in ballo doveva ballare, e con tutto il coraggio che aveva a disposizione allungò una mano, sollevò il pene del suo capo, avvicinò la bocca e cominciò il primo pompino della sua vita.

 

Davide, seduto sulla sedia, guardava la testolina della sua segretaria china sul suo cazzo. Il solo pensiero trasformò la voglia in una erezione potente, anche se sentiva che qualcosa non andava. Sentiva la donna maldestra nel toccarlo con la mano, e ancora di più sentiva un pochino troppo i dentini di Grazia, così carini quando sorrideva ma così aguzzi quando succhiava. Inoltre sentiva che lei non affondava più giù della sola cappella, e fatta la somma di tutte queste cose capì…e nel momento in cui capì sorrise guardando la testolina che si muoveva, ma fu un sorriso carico di tenerezza oltre che di stupore.

 

Allora con la mano destra raccolse i capelli di lei tra le sue dita, fino a fermarsi sulla nuca, e mentre con  il pollice le solleticava dolcemente l’orecchio, giocando con il suo orecchino, cercò con la mano di imprimerle il ritmo della pompata, e spingerla ad affondi migliori.

 

Grazia ce la stava mettendo tutta. Quando sentì la mano del suo capo posarsi sulla sua nuca, dolcemente, cercò di assecondare i movimenti che lui le imprimeva, ma non riusciva proprio ad andare più a fondo. L’unica cosa che sentiva era che si stava lentamente rilassando, che la tensione la stava abbandonando, e che stava succedendo una cosa strana nella sua pancia…e pensò non è possibile, non mi può succedere questo. Il pensiero fu interrotto dalla voce di  Davide

 

-Ora voglio che lo lecchi. Tutto.

 

Lei subito obbedì, e cominciò lentamente a leccare quell’asta. Nel mentre lo faceva, cominciò a capire tante cose. Infatti scoprì quali erano i punti più sensibili, perché mentre li leccava sentiva i gemiti dell’ingegnere e il suo pene pulsare.

 

Davide si stava godendo le magnifiche sensazioni che la lingua di Grazia gli stava regalando, ed era soddisfatto di come lei avesse scoperto i suoi punti più sensibili. Era ora adesso che lei lo riprendesse in bocca, che lo portasse alla fine, ma come voleva lui, senza denti possibilmente, e bene a fondo.

 

Così disse:

 

-Ora apri bene la bocca, su

 

Tenendosi il pene con la mano, Davide cominciò a spingerlo nella bocca di lei, in fondo, per poi tenerlo qualche secondo dentro ed estrarlo. Ripetè questo momimento una decina di volte, fino a quando pensò fosse sufficiente.

 

-Ora hai capito? Dai prova da sola

 

Lei diligentemente afferrò il pene, e cominciò a succhiare in maniera decisamente migliore.

 

Davide cominciò a mugolare, e sentì l’orgasmo salire

 

-mmmm così brava, dai che vengo

 

A quelle parole, Grazia fece per scostarsi, ma la mano forte del suo capo si posò nuovamente sulla sua nuca, e spinse la testa di lei verso il suo pube.

 

Il primo fiotto di sperma colpì la donna, che non se lo aspettava, dritto in gola. Ne seguirono diversi altri, e mentre la donna soffocava con il cazzo in gola senza poter fare niente, rivoli di saliva misti a sperma le scendevano dai lati della bocca.

 

Finalmente lui si scostò, e lei potè finalmente respirare. Un attimo dopo lui estrasse dalla tasca un fazzolettino di carta, e le pulì  i lati della bocca e il  mento, impiastricciati di sperma. Poi, presala dolcemente per le braccia, la fece alzare, e fece una cosa che nemmeno lui si aspettava di fare: la baciò.

 

Un bacio veloce, sulle labbra.

 

Un bacio che sapeva di lui. Un bacio che lo sconvolse. Quella donna gli stava maledettamente entrando nel sangue, e la cosa lo rese nervoso. Abbassando lo sguardo, notò che lo sperma caduto dalla bocca di lei era colato sui suoi pantaloni, macchiandoli irreparabilmente.

 

Grazia stava li, immobile, la bocca piena del sapore di lui. Lui che la aveva baciata. Lei, che aveva fatto il primo pompino della sua vita. Lei, con la sua vita sconvolta e nelle mani di un altro. Lei, che per un attimo aveva sentito di provare piacere.

 

La voce di lui la ridestò dai suoi pensieri:

 

-Abbassa pantaloni e mutadine ora, e mettiti coi gomiti poggiati sulla scrivania.

 

Prontamente lei eseguì, e dopo essersi abbassata ciò che le era stato chiesto, si mise in posizione, pronta per essere penetrata.

 

Vide Davide aprire l’anta dell’armadio, e trafficarci dentro. Prenderà i preservativi, pensò. Invece lui estrasse uno strano attrezzo, una specie di paletta piatta di legno.

 

Richiuse l’anta dell’armadio, prese posizione dietro di lei, e carezzandole il sedere, disse:

 

-Non deve mai più succedere che il mio sperma non venga ingoiato, e mai che mai che mi macchi i pantaloni. Per questo verrai punita. Voglio che conti ogni colpo, chiedendo scusa e dicendo che non succederà più.

 

Nel momento in cui finiva la frase partiva il primo colpo deciso. A questo ne seguirono altri nove, tutti della stessa intensità, in cui tra le lacrime la donna chiedeva scusa e contava.

 

Finito il supplizio, lei si rivestì e tornò alla sua postazione, la giornata di lavoro non era ancora terminata. Tornando alla sua sedia di una cosa era certa: la prossima volta non ne avrebbe fatta cadere una goccia, parola sua.

 

Davide rimase solo nel suo ufficio, la mano tremante che ancora teneva ben salda la paletta, e anche lui di una cosa era certo: aveva punito lei per il bacio che LUI le aveva dato.

Grazia faceva fatica a restare seduta. Il sederino le bruciava in maniera terribile, e doveva alternare le posizioni, stando seduta ora su una natica, ora sull’altra. Era persino rimasta 10 minuti in bagno, cercando di guardarselo allo specchio, poi era dovuta tornare alle sue solite cose. Ma la cosa che la faceva pensare di più era che non si sentiva per niente sporca’ dopo quello che aveva fatto, le era sembrata una cosa alla fine naturale. Possibile? Lei che non avrebbe mai nemmeno lontanamente pensato di fare sesso con un altro uomo, ora trovava normale avere fatto un pompino con ingoio al suo capo, e quasi normale che la avesse punita.

Assorta nei suoi pensieri, non si era accorta dell’arrivo dell’ingegnere

-Allora come va?

-Ah sei tu’mi brucia da morire, faccio fatica a restare seduta

Disse con un filo di voce

-Fa vedere

A quella richiesta sapeva ormai come comportarsi, quindi si alzò e con estrema delicatezza cominciò ad abbassarsi pantaloni e mutandine, per poi piegarsi in avanti.

-eh si, ho fatto un bel lavoro’guarda che bei segni rossi che ti ho lasciato.

Disse l’ingegnere carezzandole il sedere dolcemente, le dita che seguivano le forme del suo culetto, da un fianco all’altro, dalla schiena all’attacco con le cosce. Dei brividi cominciarono a correre sulla pelle della donna, la pelle si increspava sotto il tocco del suo capo, e Grazia chiuse gli occhi. Sentì le dita avvicinarsi al solco delle natiche e cominciare a percorrerlo in tutta la sua lunghezza, sfiorando il buchetto del culo fino ad arrivare alla sua patata.

Sentì come la prima volta le dita di lui prendere possesso della sua vulva, ma questa volta lui la trovò umida e cedevole. Cominciò a muovere e dita, e sentì la donna gemere mentre inarcava ‘la schiena.

-ma brava la mia segretaria, allora ti piace eh?

A quelle parole, che ruppero quel silenzio surreale, Grazia si sentì avvampare di vergogna, perché non poteva fare a meno di provare piacere per quella masturbazione un po’ rude che Davide le stava facendo, con due dita nella sua vagina e il pollice che le solleticava il clitoride. Lei non si sarebbe mai e poi mai immaginata lì, i pantaloni e le mutandine abbassate alle ginocchia, le sue nudità esposte alla vista del suo capo, gli occhi chiusi per il piacere che provava e per la vergogna proprio di provarlo.

Sentì le dita uscire da lei, e le stesse dita infilarsi a forza nella sua bocca.

-Di che cosa sanno?

Le chiese l’ingegnere

-Allora? Di che cosa sanno? Rispondi!

-Di me, sanno di me!

Rispose la ragazza con le dita in bocca.

Lui allora la fece alzare, le intimò di togliere del tutto pantaloni e mutandine, poi presala sotto le spalle, la sedette sulla scrivania.

-Visto che non sai dirmi che gusto hai, dovrò assaggiarti io

Le disse Davide, afferrandola per le caviglie e sollevandole in alto le gambe.

Avvicinò la bocca a quel fiore meraviglioso, e cominciò a pennellarlo con la lingua, stuzzicandole il clitoride, leccando le grandi labbra, per poi risalire sulle cosce verso il ginocchio, e quindi affondare di nuovo la lingua dentro di lei.

Grazia sentiva sensazioni che erano secoli che non provava. Stava semisdraiata sulla scrivania, le gambe oscenamente aperte, la testa di lui tra le cosce e lei con il braccio piegato a coprire gli occhi, a renderla cieca davanti a quella scena, e all’evidenza che la cosa le piaceva. Sentiva le contrazioni nella sua pancia, sentiva che stava godendo, e non riusciva a impedirsi di gemere. Proprio mentre sentiva di essere vicinissima a godere, sentì lui staccarsi, e, dopo aver armeggiato con i pantaloni, tirare ‘fuori il pene che poco tempo prima la sua bocca aveva conosciuto.

Lei, da sotto il braccio, non potè fare a meno di guardarlo, di nuovo, prima che la violasse. Sentì la cappella appoggiarsi alle sue grandi labbra, e poi sentì per la prima volta quel palo di carne entrare inesorabilmente, tutto, centimetro dopo centimetro, dentro di lei.

Dopo qualche secondo fermo, lui cominciò a muoversi, a pomparla con movimenti ampi, usciva quasi tutto per poi riinfilarlo in fondo. Lei sentiva quel cazzo riempirla, e’ cosa mai provata fino ad allora con Gianni, la cappella batterle contro la bocca dell’utero, fino in fondo alla sua intimità.

Tutto questo era insopportabile anche per lei, donna con una volontà di ferro, e la portò presto a un orgasmo increbile, fino ad allora solo immaginato e mai provato. Sentì brividi, vide stelline, aveva le gambe molli e un urlo strozzato da un gemito uscì dalla sua bocca semiaperta.

-E ‘brava la mia troietta che ha goduto!

Disse Davide, mentre sentiva la fica di lei contrarsi e mungergli l’uccello

-Ora ti riempio per bene!

A quelle parole lei si riprese, e disse velocemente

-Ti prego dentro no, non prendo niente!

Ma non fece in tempo a finire la frase che lui, con un’ultima spinta possente e grugnendo, cominciò a eruttare sperma dentro la sua fica.

-Ora da brava, ripuliscilo

Le disse mentre usciva da dentro di lei.

Grazia ormai aveva capito, e si iginocchiò davanti a lui, cominciando a lavorare con la sua linguetta, mentre sentiva colare sulle cosce il caldo che lui le aveva messo dentro.

-ok, va bene, ora vestiti e vai pure, il tuo orario di lavoro è finito.

Poco dopo usciva dall’ufficio, e andava verso la sua macchina, sull’asfalto in ticchettio delle sue scarpe, e addosso, dappertutto, l’odore di lui. Quella strana giornata era finita.

I giorni passavano, e la vita sessuale di Grazia era aumentata a dismisura. Lui la prendeva tutti’ i giorni, più volte al giorno, e lei era sempre più disponibile e ricettiva. Ora l’ingegnere glielo metteva in bocca, ora in fica, e ultimamente aveva una predilezione per il suo culetto.

La prima volta che aveva provato questo tipo di penetrazione non le era piaciuta per niente, anzi le aveva fatto un male cane.

Era in ginocchio, sulla sedia, le braccia intorno allo schienale per tenersi, e lui che la penetrava con colpi forti e decisi da dietro.

Di colpo sentì il pene sfilarsi da dentro di lei, e appoggiarsi sul suo piccolo ano vergine.

-No, lì no, ti prego

Aveva sempre considerato la penetrazione anale contro natura, e il suo retaggio culturale-religioso le diceva fortissimamente che quello era un peccato mortale, una deviazione satanica meritevole del’inferno per l’eternità. Proprio per questo non aveva mai nemmeno preso in considerazione la possibilità che una cosa del genere potesse accadere, e nemmeno Gianni si era mai permesso di chiederla.

Nel mentre il pene spingeva contro di lei cercando di violare lo stretto anello muscolare, peraltro asciutto.

Quando riuscì a forzarne la resistenza e la cappella entrò dentro di lei, Grazia sentì un dolore forte e lancinante percorrerle tutto il corpo, fino a conficcarsi come mille chiodi nel cervello, e si lasciò scappare ‘un urlo di dolore che riempì improvvisamente la stanza .

-Buona, sta buona che ormai è dentro. Cerca di rilassarti, altrimenti fa più male

-Rilassarmi? E come faccio a rilassarmi?

Pensò la donna, che oltre al grande dolore che provava aveva avuto la sensazione che li dietro si fosse rotto qualche cosa: ‘le era infatti sembrato di sentire una specie di ‘crac’ provenire dal suo povero ‘sfintere.

Davide si stava godendo immensamente quel momento: quel culetto tondo e sodo, inviolato, stretto da fare impazzire era finalmente suo,’ e dopo poco cominciò a cavalcarlo in modo animalesco, con affondi decisi e possenti,’ scanditi dai lamenti di dolore e le lacrime della sua segretaria.

Nella stanza si udiva il suono degli affondi, dei testicoli di lui’ battere contro chiappette bianche e sode di lei.

Con un grugnito, l’ingegnere eiaculò tutto il suo piacere nell’intestino di Grazia; rimase qualche secondo fermo poi, finalmente, estrasse lentamente il pene da quell’anfratto bollente, e, ‘nel momento in cui il cazzo usciva del tutto, si sentì un suono come del saltare di un tappo di champagne.

La ragazza rimase immobile, le gambe tremanti, senza la forza per reagire. Le braccia ancora aggrappate allo schienale della sedia, e la faccia schiacciata da un lato contro lo stesso, impregnato ormai di lacrime.

Sentiva dentro di se la grande umiliazione per la violenza subita, e ora si che si sentiva veramente sporca.

Le parole che il suo capo disse non l’aiutarono per niente a migliorare il suo stato d’animo:

-Il tuo culo ora è rotto, vedrai che la prossima volta farà meno male e forse ti piacerà

Questo faceva presagire che non si sarebbe accontentato di averglielo deflorato, ma che ci sarebbero state molte altre volte in cui avrebbe voluto rifarle una cosa del genere, e questo pensiero la riempì di sconforto.

Raccolte tutte le sue energie, si tirò su, e ciondolante si incamminò verso il bagno, dove sapeva che avrebbe potuto trovare il conforto del bidet, con dell’acqua fresca per calmare il dolore che ancora sentiva.

Mentre camminava, sentiva uscire qualcosa dal suo ano e colarle lungo le cosce, ma fino a quando non fu sola, nel bagno,’ non ebbe il coraggio di controllare. Solo allora, passandosi le dita nel solco delle chiappe e raccogliendo il liquido che sentiva, vide che era sperma misto a sangue, e allora le venne una crisi di pianto.

Le volte seguenti le cose andarono un po’ meglio, il dolore era diminuito in maniera rilevante e, anche se comunque a lei quel tipo di penetrazione continuava a non dare grandi soddisfazioni, aveva cominciato a donarsi con più disinvoltura e meno fastidio.

Impazziva invece quando lui la prendeva e la montava in maniera tradizionale: in quei casi riusciva a provare orgasmi a ripetizione, e sentiva che si concedeva a lui in maniera assoluta, sentiva di essere sua.

Una cosa che succedeva spesso, durante il lavoro, e che piaceva molto all’ingegnere, era che lei lavorasse seminuda.

Si trovava a parlare al telefono,’ a scrivere e-mail, a compilare moduli spesso e volentieri a seno nudo, con le sue tettine svettanti verso l’alto, e i capezzoli protesi nell’aria. Lui le passava vicino, e gli piaceva potere tastarla così, senza veli. La sentiva sua, anzi, la sentiva sempre più sua. Questo era quello che più lo spaventava, e che più lo eccitava.

Quando vedeva il suo viso, così dolce, con quel trucco discreto e appena accennato, e il magnifico sorriso che lei spesso gli dedicava, non riusciva a controllare le sue emozioni, sentiva sempre più forte questa sensazione di possesso crescergli dentro, per cui o si allontava continuando a lavorare per distrarsi, oppure cedeva alla tentazione, sentiva il pene pulsare a allora la possedeva, godendo nel vederla godere o altre volte soffrire in silenzio, mentre la sodomizzava con violenza.

La vita di Grazia, al di fuori dell’ufficio, procedeva sui binari su cui era sempre scorsa. Suo marito, ignaro di tutto quello che lei aveva accettato per il bene di suo padre, viveva come sempre contento, senza accorgersi di tutto ciò che invece nella vita della sua amata era stato completamente stravolto. Lei pensava sempre più spesso, guardando suo marito, a una frase che suo nonno era solito ripetere: ‘beata ignoranza, si sta bene de core e de panza’. I loro momenti intimi, se possibile, si erano ulteriormente ridotti, e lui non si era nemmeno accorto che lei aveva ricominciato, dopo tanto tempo, a riprendere la pillola.

Sua figlia viveva come sempre nel suo mondo fittizio, fatto di chat e di abbreviazioni stupide e simbolini incomprensibili, e il dialogo tra loro due si era ridotto ai saluti. Valli a capire sti adolescenti, pensava Grazia, basta che non si droghi e va bene così, quando mi vorrà parlare mi parlerà, in fondo sono sempre sua mamma.

Un giorno come altri era seduta alla sua scrivania. Quel giorno l’ingegnere, che in quel momento era nel suo ufficio, aveva voluto che stesse completamente nuda, la fica rasata come le aveva chiesto in precedenza, unico pezzo di vestiario permesso le scarpe, nere, con tacco a spillo.

Il suono del campanello mise subito in allarme la donna. Altre volte era successo che ricevessero visite inaspettate di clienti o rappresentanti, e in quei casi lei, dopo aver risposto al citofono e aver aperto il portoncino d’ingresso, si rivestiva velocissimamente per poi aprire e accogliere sulla porta d’ingresso dell’ufficio l’ospite. Anche quella volta, dopo aver risposto, corse verso i suoi vestiti, ma sentì la voce del suo capo provenire dalla porta del suo ufficio, dalla quale si era affacciato:

-No, resta così e torna seduta!

Una sensazione di panico si impadronì della ragazza, che restò pietrificata con le mutandine appena prese ancora in mano

-Cosa?

-Resta così ti ho detto, e torna a sederti! ‘ ripetè l’ingegnere

Senza la possibilità di controbattere, pallida e tesa come una corda di violino, Grazia si diresse verso la sua sedia, e vi si sedette.

-Oh madonna, questo no, no! Che vergogna, che vergogna

Il pensiero continuava a rimbombare nella sua testa, nei pochi attimi che precedevano l’arrivo di questo ospite, tutt’altro che benvenuto.

Davide si posizionò sulla porta d’ingresso, la mano già pronta per aprire sulla maniglia. Grazia, la cui scrivania si trovava dirimpetto alla porta, attendeva nel panico che trascorressero i secondi.

Quando lui aprì la porta, lei sentì il sangue che le si gelava nelle vene

-Ciao Enrico! Come va?

-Ciao Davide, tutto a posto e tu?

Davide, sulla porta, ostruiva la vista ad Enrico, il suo migliore amico di sempre, dell’interno dell’ufficio. Dopo la classica stretta di mano e i baci e abbracci di rito, disse la frase che le orecchie della donna, nella sua ultima e vana speranza, speravano di non sentire:

-Prego entra. Lei è la mia segretaria, vi presento

Grazia, in preda al terrore non si mosse di un millimetro. Enrico, alla vista della donna nuda, sorrise di gusto, e senza avvicinarsi troppo alla scrivania della malcapitata, porse la mano.

-Allora, non fare la maleducata, alzati e saluta il mio amico!

Disse con tono perentorio Davide, un tono che non ammetteva dinieghi o repliche

Lei, disperata, raccolse le forze e si alzò. Per poter stringere la mano ad Enrico, fu costretta a girare attorno alla scrivania, esponendosi completamente alla vista dei due uomini. Cercò di comportarsi come se nulla fosse, ma la cosa non le riuscì molto bene. Dal canto suo Enrico la guardò ‘senza troppa ostinazione, e dopo averle stretto la mano ed aver effettuato le presentazioni, i due uomini si diressero verso l’ufficio dell’ingegnere, lasciandola li da sola.

Sentiva, attraverso la porta chiusa dell’ufficio, il vociare dei due uomini, ma non riusciva a capire che cosa si stessero dicendo. Cercò, per non pensare alla sua situazione, di continuare il lavoro che stava facendo prima che suonasse quel maledetto campanello, ma non riusciva, nonostante i suoi sforzi, a concentrarsi in maniera adeguata. In compenso se ne stava rannicchiata sulla sedia, come a voler nascondere il fatto che era nuda, le spalle curve e le braccia a coprire il suo seno.

Trascorsero così una quindicina di minuti, fino a quando non sentì la voce del suo capo, forte, che la chiamava:

-Grazia?

-Si?

-Puoi portarci per cortesia due caffè?

Impanicata, rispose:

-Della macchinetta?

-Certo, a meno che tu non voglia andare a prenderli al bar così come sei!

Grazia sentì le risate dei due uomini, e un senso di frustrazione e di rabbia cominciò a impadronirsi di lei, e mentre continuava a pensare ‘Bastardo, sei solo un bastardo, ma prima o poi questa me la pagherai!’ si avviò verso la macchinetta a cialde, nell’angolo opposto dell’ufficio.

Fece i due caffè, prese i due cucchiaini di plastica e le due bustine di zucchero e le posizionò in ordine sul vassoietto che tenevano per quelle evenienze, raccolse il suo coraggio e si avviò, nuda come mamma l’aveva fatta, verso l’ufficio dell’ingegnere, per poi bussare piano sulla porta.

-Vieni pure!

La porta si aprì, e Grazia apparve in tutta la sua nuda bellezza, ipnotizzando lo sguardo dei due uomini, seduti l’uno di fronte all’altro. Davide rimase ammirato dallo sguardo fiero e arrabbiato della sua segretaria, dal modo in cui stava eretta, con la schiena diritta che metteva in risalto il suo piccolo ma delizioso seno, con i capezzoli duri forse dovuti all’aria fresca di quella giornata o forse alla tensione e al nervosismo che la attanagliava, e quel suo fantastico sedere a mandolino. La fichetta depilata poi era l’ottava meraviglia del mondo. Si accorse di guardarla con uno sguardo inebetito e cercò di scuotersi.

Enrico invece sorrideva a 32 denti, alla vista di quel sogno di donna, e non riusciva a togliere gli occhi di dosso alle forme di Grazia.

-Li appoggio sulla scrivania?

-Si brava, grazie

Disse Davide, spostando una parte dei fogli che sempre la occupavano

Per metter giù il vassoio, Grazia dovette mettersi di fianco a dove sedeva Enrico, e piegarsi in avanti,’ facendo pendere le sue piccole mammelle molto vicino al viso dell’uomo.

-Ecco fatto ‘ disse la donna ‘ posso andare?

-No, resta

Disse l’ingegnere, poi rivolgendosi all’amico

-Allora che mi dici, ti piace la mia segretaria?

-Si, proprio bella. Direi che è un bel pezzo di fica

A quelle parole a Grazia vennero brividi da adrenalina e da nervoso, e sembravano uscire fulmini dagli occhi, mentre le sue guance avvampavano di un rosso vergogna.

-Se vuoi la puoi toccare

-Davvero?

-Certo, lei è mia e se ti dico che puoi toccarla lo puoi fare. Vero Grazia?

La donna, con un’espressione assente fece solamente un segno di assenso con la testa, mentre sentiva la mano di Enrico risalirle dal ginocchio lungo la coscia, e percorrere la sua pelle liscia.

La mano arrivò rapidamente in alto, verso il suo scrigno’ segreto.

Essere toccata da Enrico infastidiva molto Grazia, che dentro di se aveva la sensazione di essere trattata da prostituta, e questo per lei era quasi inaccettabile. Restava comunque immobile, con il viso assente e privo di emozioni apparenti, mentre sentiva le dita farsi largo tra le sue grandi labbra asciuttissime, quasi come il deserto del Sahara.

Davide guardava la scena. Aveva concordato tutta questa cosa con Enrico, il quale aveva subito accettato, vedendo l’opportunità di una facile scopata, oltre che alla curiosità per tutta la vicenda che Davide brevemente gli aveva raccontato.

In realtà Davide aveva deciso tutta questa cosa per mettere alla prova soprattutto se stesso, e non la povera Grazia, che in questo momento aveva le dita del suo amico all’interno della vagina. Lui voleva verificare il desiderio di possesso che provava, e ora la scena gli stava dando un fastidio tremendo, non poteva veramente accettare, nemmeno dal suo migliore amico, che Grazia fosse toccata da qualcun altro, che concedesse le sue virtù, e per fortuna che lei non dava nessun apparente segno di provare il benchè minimo piacere. Ormai però, purtroppo, non poteva più tirarsi indietro, aveva promesso a Enrico che avrebbe potuto scopare con lei, e quindi a malincuore assistette quando lui tirò fuori il suo pene, e fatta piegare Grazia sulla scrivania, cominciò, sputandosi sul cazzo per poterne facilitare l’ingresso, a penetrare la ‘sua’ donna.

Lei, piegata sulla scrivania, aveva il volto rivolto verso il suo, e lo fissava con un misto di supplica e disprezzo, mentre il suo amico la montava con bordate potenti.

A un certo punto Enrico pensò bene di infilarglielo nell’ano, e Grazia, quando sentì appoggiare la cappella sul suo buchetto, fece un’espressione spaventata e cercò, per quanto la posizione lo rendesse possibile, di spostarsi in modo da non permettere quel tipo di penetrazione, e fu allora che il suo capo intervenì:

-Enrico, che stai facendo? Non penserai di incularla vero?

-Si, perché?

-No, mi spiace, quella porta è solo mia. Dai muoviti, cerca di venire che dobbiamo anche lavorare qui dentro!

Enrico, sorpreso da quelle parole, tirò corto, e data un’altra serie di affondi decisi dentro la fica della donna, estrasse il pene e le venne sulle chiappe e sulla schiena, nella totale apparente indifferenza della donna, che appena finito si tirò su, e con aria stizzita disse:

-Posso andare ora?

-Si, puoi andare rispose Davide.

Lei uscì nuda, e si diresse verso il bagno, chiudendosi dentro a doppia mandata.

Davide congedò velocemente il suo amico, che lo ringraziò e esaltò la bellezza della donna e dell’esperienza che aveva fatto, parole che a Davide davano un fastidio enorme, per cui lo accompagnò velocemente alla porta,’ e i due uomini si salutarono dandosi appuntamento per una birra in settimana.

Tornò quindi pensieroso verso il suo ufficio, mentre notava che la donna non era ancora uscita dal bagno, e cercò di riconcentrarsi sul suo lavoro. Dopo una decina di minuti, sentì finalmente aprirsi la porta, e i passi taccheggianti di Grazia verso la sua scrivania. Non resistette alla tentazione di alzarsi e di affacciarsi alla porta, e vide la sua segretaria, seduta ancora nuda come lui le aveva detto, che silenziosamente, gli occhi bassi, piangeva, con un fazzoletto tenuto stretto nel pugno chiuso. Fu in quel momento che sentì il dovere di parlarle, di darle delle spiegazioni

-Su dai, non piangere

Esordì, provocando in lei una crisi ancora maggiore

-Mi dispiace per quello che è successo, ma lo dovevo fare.

-Mi sono sentita una puttana ‘ rispose lei ‘ è questo che adesso sono per te? Una puttana?

-No, non sei una puttana. Resta comunque il fatto che tu ora sei mia e posso fare di te cosa voglio,’ e, se vuoi una ammissione, ti dico che farti fare questa cosa non mi è piaciuto per niente.

Grazia alzò lo sguardo, i suoi occhioni neri pieni di lacrime si incollarono a quelli dell’ingegnere

-E ‘allora perché? perché?

-Perché mi andava di fartelo fare, subito, un po’ per gioco e un po’ perché volevo capire delle cose

Fu la risposta lapidaria dell’ingegnere, che proseguì:

-Comunque, per tirarti su il morale, ho deciso che venerdì, visto che ormai le giornate sono belle e calde, essendo giugno, ti porto con me al mare. Quindi quel giorno vieni già con la borsa fatta, torniamo poi domenica sera.

Un’espressione di profondo stupore si dipinse sul volto della donna

-Al mare? Insieme?

-Si certo, io e te. Dai ora, rimettiamoci a lavorare, che abbiamo tanto da fare e oggi di tempo ne abbiamo già perso abbastanza.

Poi guardò ancora una volta la donna, nuda, e non resistette alla tentazione di accarezzarle i capelli, e di chinarsi, per avvicinare le labbra alle sue, e di baciarla,’ e lei, inaspettatamente, chiuse gli occhi, e ricambiò il bacio.

-Ah, ora puoi rivestirti

Disse, mentre con passo veloce tornava sorridente verso il suo ufficio, per poi chiudere la porta.

Grazia era un vortice di emozioni, che in quella giornata si erano alternate alla velocità della luce.

In questo momento sentiva uno strano senso di felicità, per il fatto che lui le aveva confessato che non le era piaciuto farla accoppiare con ‘altro uomo, e per il fatto che le aveva chiesto di andare al mare con lui. Ma il sentimento si tramutò prestissimo in grande ansia e preoccupazione: come avrebbe fatto a dire a suo marito, che era ignaro dell’accordo che lei aveva dovuto sottoscrivere, che avrebbe dormito due notti via, con un altro uomo, nella fattispecie il suo capo? Sapeva benissimo che a Davide non poteva, e forse nemmeno voleva, dire di no, ma a Gianni cosa poteva dire? Meglio inventare una scusa o dire la verità, magari un po’ aggiustata? In ogni caso sarebbe stato un problema che avrebbe dovuto affrontare in tempi brevi, visto che il mercoledì stava già per finire.

Quella sera non ci fu modo per Grazia di trovare l’occasione propizia, né tantomeno il coraggio per poter parlare a Gianni. Il giorno dopo in ufficio, data anche l’assenza del suo capo lontano per lavoro, cercò mille modi e strategie per poter affrontare l’argomento con suo marito, per trovare il modo di offenderlo poco, e per evitare che facesse scenate.

La sera dopo, come al solito, finito di cenare, sua figlia Giulia se ne stava al pc a chattare con i suoi amici veri o virtuali che fossero, le cuffiette dell’i-pod nelle orecchie per evitare di sentire la televisione guardata ad alto volume da suo padre, e a lei toccava, come sempre, lavare i piatti e sistemare. Si armò di tutto il suo coraggio, sembrava che una mano le strizzasse forte lo stomaco da tanta era la tensione che la attanagliava, si affacciò dalla porta della cucina e chiamò suo marito, come al solito stravaccato sul divano a fare zapping:

-Gianni, puoi venire un momento in cucina per favore? Ho bisogno di parlarti.

Il marito, mal volentieri, si tirò su, e sbuffando si diresse verso la cucina, all’interno della quale Grazia era già scomparsa; la trovò seduta al tavolo appena riordinato, con il cestino della frutta in bella mostra al centro, sopra il centrino ricamato tanto tempo prima dalla nonna, il viso pallido e tirato, e lo sguardo fisso, e fu allora che capì che si trattava di una cosa importante, e si sedette davanti a lei, pronto ad ascoltare le sue parole.

Grazia cominciò a raccontare la verità, con tutti i dettagli dello strano accordo che aveva stipulato con il suo capo, e ogni volta che esponeva il problema, cercava, per quel che poteva, di evitare reazioni eccessive da parte di Gianni.

Raccontò delle cambiali firmate, aggiungendo che lo avrebbe fatto per chiunque della sua famiglia, a partire da sua figlia e suo marito, e dicendosi enormemente dispiaciuta per aver trascinato anche lui in questa cosa, ricordandogli che avevano l’unione dei beni (unione di niente, pensò Grazia, di quali beni?) e che la firma della moglie valeva quella del marito, e che in caso di incasso anche lui, purtroppo, era rovinato. Disse per quanti anni avrebbe dovuto sottostare a questa situazione, dicendo che già cercava di risparmiare quello che poteva in modo da rendere prima dei soldi e abbreviare l’accordo, e ovviamente tralasciò apposta il discorso sesso, che non le sembrava proprio il caso di menzionare. A tutto questo Gianni assistette in silenzio, perso nei suoi pensieri, e anche quando lei smise di parlare, lui non riuscì a dire niente.

A questo punto lei disse l’ultima delle cose che ancora doveva dire, mentre suo marito si sorreggeva la testa con entrambe le mani, lo sguardo fisso sul tavolo:

-Domani purtroppo devo partire, starò via tutto il week end. Mi ha ordinato di andare al mare con lui, mi dispiace.

A quelle parole, lo sguardo di Gianni si alzò, per andare a fissarsi sugli occhi di Grazia, alla quale per il nervoso tremavano persino le labbra.

Lei pensò che stesse per piacchiarla, data la crudezza che leggeva sul suo volto. Invece l’uomo, dopo alcuni istanti, si alzò di colpo dalla sedia, facendola cadere rumorosamente a terra dietro di se, si diresse verso l’attaccapanni su cui era appeso il suo giaccone, nervosamente se lo infilò ed uscì, sbattendo forte la porta dietro di se. Grazia rimase seduta, al tavolo della cucina, e si coprì il volto con le mani, mentre pensava che tutto quello che avevano costruito insieme, la loro famiglia, era ormai distrutto, e che probabilmente l’uomo che se ne era appena andato non sarebbe mai più tornato da lei, e che probabilmente ora stava già dirigendosi verso qualche albergo e non avrebbe mai più voluto vederla, e che le sarebbe toccato un disastroso e scandaloso divorzio. Immersa nei suoi pensieri, non si accorse nemmeno dell’arrivo di sua figlia, richiamata dallo sbattere inconsueto della porta di ingresso

-Mamma, che succede? Dov’è andato papà?

-Oddio ‘ pensò Grazia ‘ e ora a lei cosa dico? Come faccio a spiegarle una cosa del genere?

Disse solo

-Giulia, io e tuo padre abbiamo litigato. A tante coppie succede

-E papà dov’è andato? Quando torna?

-Non lo so Giulia, non lo so. Non so nemmeno se torna

Disse alzandosi e abbracciando la figlia, che era sull’orlo di piangere.

-Ora per favore lasciami un pochino da sola, Giulia, ho bisogno di pensare

La figlia, capito che la madre stava per piangere, si ritirò verso la sua stanza.

Grazia rimase ad aspettare sveglia, in cucina, nel completo silenzio, struggendosi per quello che era successo, sapendo che la colpa era sua. Le ore passavano, lei aveva anche provato più volte a chiamare Gianni sul cellulare, il quale suonava libero, ma nessuno dall’altra parte rispondeva. Impossibilitata a dormire, o ad avere anche un minimo accenno di sonno, restava lì, in attesa neanche lei sapeva di cosa, continuando a rigirarsi nei suoi pensieri.

Sentì un rumore forte provenire dalla porta di ingresso; l’occhio corse veloce a guardare l’orologio sulla mensola, che segnava le 4,15 del mattino. Si alzò e si diresse verso l’ingresso, e, avvicinatasi allo spioncino, provò a guardare sul pianerottolo’.niente! Cominciò a pensare di essersi sognata tutto, quando sentì un lamento. Aprire la porta fu questione di un’ secondo,’ e non appena aprì vide Gianni coricato sullo stuoino, completamente ubriaco. La vista di suo marito in quello stato le provocò un immenso sentimento di tenerezza nei suoi confronti, e con tutta la sua forza, rialzò suo marito e sostenendolo ‘lo accompagnò verso il letto, e successivamente verso il bagno, dove lui vomitò anche l’anima.

Ora era li, seduta sul letto, che accarezzava dolcemente la testa di Gianni, praticamente semisvenuto sul letto. Il mattino stava velocemente arrivando, e lei non aveva chiuso occhio per tutta la notte. Decise così di portarsi avanti, e di cominciare a preparare la borsa da viaggio. Cominciò a mettere dentro l’intimo, poi un vestitino nero carino, uno dei due che aveva, stava armeggiando per trovare i costumi da bagno quando si accorse della presenza di Gianni, in piedi dietro di lei.

-Mi dispiace per questa notte

Esordì l’uomo, i segni dell’alcol a segnargli ancora il viso e l’alito

-Mi dispiace per tutto quello che ci è successo. Sarò con te e cercherò di sopportare questa cosa, e cercheremo di risparmiare il possibile perché tutto questo finisca presto

Disse Gianni con la voce roca che solo un uomo fortemente emozionato può avere

-Grazie ‘ rispose la donna ‘ devi soprattutto stare attento a Giulia, mentre io non ci sono. Ci vediamo domenica quando torno, non vedo l’ora di essere di nuovo qui.

Grazia non si aspettava queste parole da parte di suo marito, e il fatto che lui le avesse pronunciate la rincuorò parecchio, si sentiva infinitamente più tranquilla. Cercò di abbreviare il più possibile il momento del commiato, e, presi’ 2 costumi a caso e infilati in valigia, diede un bacio a Gianni e si diresse a svegliare come tutte le mattine sua figlia

-Giulia, svegliati che è ora.

La ragazza, stiracchiandosi, disse la frase che diceva ogni mattina

-mmmm, che ora è?

-E’ ora che ti alzi, forza. Senti, mamma deve andare via per lavoro, starò via fino a domenica. Prenditi cura di papà e non farlo arrabbiare

Disse questo mentre Gianni ascoltava, la spalla appoggiata al battente della porta. Poi velocemente prese la borsa, la mise a tracolla e uscì, scendendo le scale correndo, come per allontanarsi il più presto possibile da quella situazione incredibile.

Il bip bip dell’antifurto le disse che era ormai arrivata alla sua macchina, mise la borsa nel baule, e poi via, come sempre, verso il suo ufficio.

La giornata fu una di quelle che lei definiva infernali. E’ sempre così sul lavoro: quando cominciano i problemi, sembra che tutti li abbiano nello stesso preciso momento e che solo tu su 6.000.000.000 di persone sia in grado di risolverli. Questo valse per lei e anche per l’ingegnere, che entrò e uscì continuamente dall’ufficio per tutto il tempo. L’unico vantaggio di queste giornate è che volano via veloci, e così rapidamente si fece l’ora di chiudere e di partire.

Alle 18, il telefono finalmente aveva smesso di squillare. Cominciarono, ognuno per conto suo, a riordinare.

-Basta ora. Chiudiamo tutto e partiamo

Disse Davide, prendendo da vicino alla scrivania dell’ impiegata, signorilmente, la sua borsa da viaggio.

Pochi minuti dopo erano sull’auto di grande cilindrata di Davide, che correvano verso il mare, la radio a tenergli compagnia, in un surreale silenzio.

Grazia pensierosa guardava gli alberi scorrere dal finestrino, mentre lui guidava nel forte traffico del venerdì in direzione litorali.’

Arrivati oltre metà strada, il solito cantiere aveva creato una coda chilometrica, e si procedeva a passo d’uomo da oramai quindici minuti, senza il miraggio di vedere la fine dei lavori e della conseguente coda.

Lui ne approffittò, e cominciò ad accarezzare la gamba di lei, che quel giorno indossava una gonna da tailleur, gessata, appena sopra il ginocchio.

-Togli le mutandine, forza

Le disse Davide. Lei, che stava continuando a guardare la varietà di persone in coda insieme a loro, si riprese, e cercando di non farsi accorgere dagli occupanti delle altre vetture, alzò il sedere, puntandosi sui piedi, e sfilò via l’indumento. Poco dopo aveva la mano del suo capo che le titillava allegramente il clitoride,mentre lei cominciava finalmente a smettere di pensare alla notte precedente, e cominciava a bagnarsi, come ormai succedeva sempre ogni volta che lui la toccava. Reclinò il collo all’indietro, appoggiando la nuca sul poggiatesta, e chiuse gli occhi, per meglio godersi quel tocco delicato; quando per un secondo li riaprì, vide Davide sorridere, mentre guardava al di fuori del lunotto, leggermente chinato in avanti; seguendo la direzione del suo sguardo, vide che a fianco al suo finestrino non c’era una macchina, ma un grosso tir, il cui autista aveva lo sguardo incollato verso l’attaccatura delle sue cosce, dove la gonna alzata da Davide lasciava in bella vista la sua fichetta, parzialmente coperta dalla mano di lui che con due dita ora la stava penetrando. Il moto, istintivo, fu quello di afferrare la gonna dal fondo e cercare di coprirsi, mentre il suo viso si arrossava istantaneamente per la vergogna provata.

-No, lascia che ti guardi mentre godi!

L’ordine perentorio del suo capo non lasciava spazio alla donna

-Piuttosto, se ti vergogni così tanto, chiudi pure gli occhi

Le disse ridendo Davide, mentre continuava a muvere le dita dentro la sua vulva bollente.

Proprio in quel momento il traffico sembrò sbloccarsi, permettendo l’avanzamento delle auto in fila; l’ultima cosa che potè vedere l’autista del tir, quando qualche minuto dopo riincrociò la macchina che stava tenendo d’occhio, fu una donna con la gonna alzata, piegata verso il sedile di guida, mentre spompinava amabilmente il guidatore.

L’albergo era la cosa più lussuosa ed elegante che Grazia avesse mai visto. La grande hall, piena di divani in vimini con cuscini con decorazioni floreali e tavolini, era semideserta, dato l’orario in cui loro erano arrivati e la ancora bassa stagione, essendo giugno appena cominciato. Consegnarono i documenti al portiere per la registrazione e, accompagnati dal fattorino che portava i bagagli, si avviarono verso l’ascensore, nel cui angolo superiore emetteva radiazioni un televisore al plasma, in cui scorreva la pubblicità di tutti i servizi offerti dalla struttura, come la SPA, la spiaggia privata, il ristorante.

Il fattorino premette il tasto 9, l’ultimo dei piani disponibili. Il silenziosissimo ascensore arrivò al piano in pochi secondi, senza all’apparenza dare nessun contraccolpo. Si affacciarono in un corridoio e si diressero verso la stanza loro assegnata.

Un’espressione meravigliata si dipinse sul volto della donna, appena entrata nella camera. Mentre Davide stava dando la mancia al fattorino, gli occhi di Grazia correvano in giro per la grande camera, verso la balconata di vetro con una vista incredibile del mare. Il letto grande e comodo troneggiava nel mezzo, con i suoi cuscini vaporosi ben ordinati. Di fronte un salottino con divani stile moderno ed essenzialista, bianchi, orientati verso un televisore al plasma da 40 pollici.

La stanza da bagno era completamente realizzata in marmo, e di fianco alla vasca a idromassaggio, c’era ricavata in una nicchia in muratura la doccia, che poteva comodamente contenere quattro persone.

La porta si chiuse, e loro finalmente rimasero soli. Nella mente di Grazia cominciò ad insinuarsi il pensiero di non essere adatta per quel posto, di non avere l’abbigliamento adatto e di non sapere come comportarsi.

I suoi pensieri vennero interrotti dalla voce del suo capo

-Perché, mentre io’ ordino la cena, non ti fai un bel bagno rilassante? Lasciami solo il tempo di una doccia veloce, poi il bagno è tutto tuo!

La donna sorrise, e mentre lui cominciava a spogliarsi per poi infilarsi in bagno, lei ne approffittò per uscire sul terrazzino. La brezza fresca della sera le muoveva i capelli, mentre ammirava il luccichio della luna riflessa sul mare, e le bellissime barche illuminate dentro il porto. Al di sotto si muoveva la vita della cittadina nel venerdì sera.

Davide fu di parola, e in dieci minuti aveva finito, lasciando la stanza da bagno a Grazia. Lei, una volta dentro, cominciò a riempire la vasca idromassaggio, mentre con calma si spogliava osservandosi allo specchio.

-Bè dai, a quarant’anni non sono poi così male!

Pensò, mentre faceva l’occhiolino alla sua immagine riflessa nello specchio.

Tre quarti d’ora più tardi sentì bussare alla porta del bagno, che in quel tipo di alberghi è completamente insonorizzato e non permette in nessuna maniera di sentire i rumori esterni, come non permette all’esterno di sentire cosa succede all’interno.

-Si?

Rispose, ancora immersa nella vasca, mentre si fissava le unghie dei piedi, su cui compariva uno smalto rosa poco marcato. Sentì scattare la maniglia, e un secondo dopo la testa del suo capo faceva capolino dalla porta semiaperta:

-ah, ma allora non sei annegata! Dai muoviti, che la cena è arrivata e si fredda tutto!

Malvolentieri, uscì da quel paradiso, avvolgendosi nell’accappatoio di spugna dell’hotel, l’accappatoio più morbido che avesse mai provato, e si diresse nell’altra stanza. Sul tavolino era posato in bella vista un grande vassoio, con sopra disposti in maniera ordinatissima diversi contieni vivande d’argento. Lui era seduto sul divano, solo i jeans addosso, a petto e piedi nudi, e le sorrideva, mentre la mano si spostava sui coperchi, per scoprire quello che aveva ordinato.

-Mi sono permesso di ordinare un po’ di tutto!

Le disse, mentre lei prendeva posto accanto a lui, e cominciavano a stuzzicare tutte quelle pietanze e a commentarle una per una, divertendosi un mondo.

A un certo punto la mano di lui si spostò verso la pancia di lei, a sciogliere il nodo dell’accappatoio, mentre lei ancora stava mangiando una ciliegia. Il seno fece presto capolino, e un attimo dopo la bocca di Davide era li, a suggere quei capezzoli dritti ed eccitati, mentre lei inarcava la schiena per facilitargli il compito.

Dai capezzoli presto la bocca scese a baciare la pancia, la lingua a giocare con l’ombelico di lei, mentre le mani correvano dolcemente sui suoi fianchi, sulle sue tette, sulle gambe.

La lingua del suo capo raggiunse presto la sua fica, tenuta aperta per le grandi labbra dalle dita di lui, e cominciò a leccarle il clitoride, per poi inserirsi e leccare l’interno della vagina. Il suo capo continuò anche quando lei, mugolando, venne, assaporando tutti i suoi umori.

Quindi la fece coricare a pancia in giù, e salitole dietro, cominciò a penetrarla, con colpi lenti e profondi, fino a quando non la sentì gridare, colta da un altro stupendo orgasmo.

-Voglio venirti in faccia, girati!

Grazia si girò, il viso a pochi centimetri dal cazzo che lui stava agitando forsennatamente con la mano.

Il primo schizzo la centrò in pieno nell’occhio sinistro, costringendola a chiuderlo. Gli altri la colpirono sul naso, sulle guance, ‘perfino nei capelli. La donna sentiva colarle sul viso il liquido denso, e lui che muoveva il pene come a spalmaglierlo meglio. Alla fine glielo rimise in bocca, e lei ripulì avida il cazzo del suo capo, mentre lui gemeva al contatto di quella lingua calda che gli percorreva il pene in lungo e in largo.

Questa cosa le costò un’altra mezz’ora di bagno, per ripulirsi i capelli dallo sperma di Davide. Quando tornò a letto, lui la rivolle, e fecero l’amore in maniera classica, lei supina con lui sopra che la penetrava, le belle gambe di lei ad avvolgere la schiena di lui, come a volerlo trattenere dentro di se, le labbra attaccate in baci passionali, in cui le loro lingue giocherellavano. I loro orgasmi ancora una volta coincisero, e lui le versò dentro ciò che ancora rimaneva del suo seme.

Si addormentarono stanchi per la lunga giornata di lavoro passata e per la notte d’amore appena trascorsa, ma felici e soddisfatti.

La mattina seguente un raggio di sole improvviso colse i loro corpi nudi, la testa di lei poggiata sulla spalla di lui, e la svegliò. Lei studiò la situazione, e vide il corpo nudo di Davide, il suo membro moscio appoggiato sulla sua gamba sinistra. Non resistette alla tentazione e silenziosamente si scostò, fino ad abbassarsi vicino al pene e, aperta la bocca, cominciò, lentamente e dolcemente, a succhiarlo.

Davide si ridestò, e quando aprì gli occhi, vide la testolina di Grazia china su di lui. Sorrise contento, mentre pensava che era la prima volta in cui lei gli faceva qualcosa di sua volontà, senza che lui dovesse obbligarla, e questo lo inorgoglì parecchio. Richiuse gli occhi, godendosi quelle labbra calde intorno alla cappella, il membro che si ingrossava sempre di più, essendo curioso di quello che lei avrebbe fatto in seguito.

Lei lo accontentò subito, perché quando il pene fu abbastanza duro, gli si mise cavalcioni, e guidandolo con la mano, se lo puntò sulla fichetta, poi lentamente si abbassò, facendoselo entrare tutto quanto dentro.

Cominciò a muoversi su e giù, roteando il bacino, in modo che lui potesse sentirla tutta. La cavalcata si fece veloce,’ le mani di lui ora sveglissimo sulle tette di lei, le dita a strizzargli forte i capezzoli. Lui non resistette oltre, e la riempì di liquido bollente.

Nello sfilarsi, le gli si avvicinò, posò le labbra sulle sue e dopo averlo baciato, disse:

-Buongiorno capo

Poi, sorridente, si diresse verso il bagno.

Grazia era felice. Il sole le baciava la pelle e il vento gliela accarezzava, mentre stava sdraiata sul lettino. La spiaggia privata dell’albergo era semideserta, e le poche persone presenti erano lontane metri da lei. Di fianco, Davide leggeva le notizie dai giornali.

Quando erano discesi in spiaggia, dopo aver fatto una ricca colazione al buffet principesco dell’hotel, lei si era tolta il pareo, sfoggiando quello che per lei era il suo miglior costume,” nero e sgambato. Lui, dopo averle sorriso compiaciuto, le aveva chiesto:

-Il sole in topless non lo prendi mai?

Lei, arrossendo, aveva detto di no, che non lo aveva mai fatto perché lo trovava sconveniente, non adatto ad una donna perbene, e lui per tutta risposta le aveva ordinato di toglierlo.

Ora le sue tette svettavano, per la prima volta nella sua vita, libere, cosparse abbondantemente di crema solare da lui, che nel frattempo di era dilettato a torturarle i capezzoli, facendoglieli indurire ed eccitandola.

A Grazia prendere il sole piaceva moltissimo. Riusciva a stare ore ed ore immobile, concedendosi di girarsi ogni tanto per abbrustolire entrambi i lati del suo corpo. In quel momento era girata a pancia sotto, la mutandina del costume raccolta in mezzo al solco delle natiche, per abbronzarsi il più possibile, e la mano del suo capo che le spalmava la crema solare sulla schiena, sulle gambe, indugiando sul culetto, provocando l’incresparsi della sua pelle, e scendendo verso l’attacco delle cosce, proprio vicino alla vulva, dove si affacciava prepotente una piccola chiazza di umido. Un dito impertinente cominciò a solleticare la vagina, dolcemente, da sopra il costume, facendo emettere un sospiro alla donna che se ne stava con gli occhi chiusi a godersi quelle coccole particolari, fino a quando il trillo del cellulare proveniente dalla borsa non interruppe l’estasi di quel momento. Dopo aver rovistato nel marasma, finalmente lo trovò, e vide che sul display c’era il nome di sua figlia Giulia.

-Pronto?

-Mamma, ma dove cacchio sei? Che stai facendo?

La voce irosa della figlia la colpì subito, nel profondo dell’anima. Sperava, in cuor suo, che Davide non sentisse dal di fuori la voce della figlia, e cercò di rispondere con tutta la calma che aveva

-Ciao Giulia, te l’ho detto che dovevo stare via per lavoro. Dimmi che c’è? Va tutto bene?

-No, non va bene niente. Papà è strano, sta sul divano a bere birra, e io non so che fare. Ma tu dove sei? Sento il rumore del mare’ Ma sei al mare?

-Te l’ho detto Giulia che andavo al mare per lavoro’

-Ma con chi cacchio sei? Guarda che hai una famiglia’.che cacchio ci fai al mare!!!

-Giulia, ascolta ‘ disse Grazia, la voce alterata dal nervosismo ‘ ora sono con della gente e non posso parlare, però ti ho già detto e ripetuto cento volte che sono qui per lavoro. Ormai sei grande, non sei più una bambina, vedi di aggiustarti un po’ da sola! Cosa cucini per papà?

-Ah, devo pure cucinare? Ma pensa te!

-Certo che devi cucinare, cosa vuoi che viva d’aria? Muoviti, e cerca di comportarti come si deve. Ora devo andare, ci sentiamo poi stasera con calma d’accordo?

-ok ok ciao

Grazia guardò il suo capo, che nel frattempo aveva smesso di accarezzarla e la guardava con aria interrogativa

-Scusa, era mia figlia!

-L’avevo capito ‘ disse lui, sorridendo ‘ ma a lei non hai detto che venivi con me vero? E a tuo marito, a lui cos’hai detto?

Il volto della donna si rabbuiò poi, con voce tenue, cominciò a raccontare cosa aveva detto a suo marito, confermando che lui sapeva tutto mentre la figlia ignorava tutta la faccenda, e che lei ci teneva molto che non ne venisse a conoscenza, avendo il timore di perdere il poco rispetto che già aveva da parte sua come mamma, e quel poco di dialogo che aveva. Mentre raccontava respirava con affanno, facendo ondeggiare le sue splendide mammelle nude, con la mano di lui ad accarezzarle le gambe incrociate, seduta sul lettino.

Ci mise molto a rilassarsi, dopo quella telefonata. Continuava a pensare a casa, a sua figlia e a suo marito sul divano, al fatto che quello che stava facendo era tutto sbagliato. Ma ora, mentre erano sotto la doccia, insieme, nella stanza d’albergo, mentre lui le possedeva l’ano con movimenti ampi, l’acqua che scorreva sui loro corpi nudi, lei non pensava ad altro che al suo piacere, e a quanto fosse bello donarsi a Davide. Quando lui estrasse il cazzo dal suo buchino ormai dilatato dalla lunga inculata, lei come aveva imparato ormai a fare, si girò velocemente ‘per poter accogliere in bocca il suo sperma, al cui gusto si era abituata ormai da tempo e aveva persino imparato ad apprezzarne il sapore. Sentì come sempre in gola i fiotti lunghi e copiosi del suo capo, e diligentemente ingoiò tutto, per poi ripulire con la lingua ciò che di bianco ancora c’era sul membro.

Furono due giorni di passione intensa,’ lui la prese in tutti i buchi e in tutti i modi, godendo del suo corpo ormai abbronzato. Purtroppo arrivò il momento di ritornare, la domenica pomeriggio, verso casa. Quando giunsero in azienda, dove lei aveva due giorni prima lasciato la macchina, lui la volle ancora, e la scopò a lungo, facendola godere.’

-Ho una cosa per te!

Disse l’ingegnere, carezzando le gambe nude della sua segretaria. Si diresse quindi verso il suo ufficio, e poco dopo tornò con un pacco regalo.

-Aprilo, dai!

Lei, con la faccia sorpresa, cominciò a sciogliere il fiocco e a rompere la carta. Quando finì, le restò in mano uno stano aggeggio nero, una specie di mutanda di neoprene.

-Cos’è?

Disse, con una espressione delusa sul volto, da chi si aspettava tutto un altro tipo di regalo

-Non indovini?

Rispose Davide.

Lei aveva sollevato l’oggetto e lo stava studiando attentamente

-Ti aiuto!. E’ una cintura di castità!

-Cosa????

-E’ una cintura di castità ‘ le ripetè il suo capo ‘ e voglio che tu, già da stasera, la indossi. Voglio che tu sia solo mia.

-Ma stai scherzando? E con mio marito come faccio?

Rispose la donna, il cuore pieno di angoscia

-E’ ovvio che non posso privare tuo marito dei tuoi favori, per cui ho deciso che, un fine settimana al mese, te la toglierò e’ tu potrai, se vorrai, stare con lui. Ma per il resto, te la toglierò quando io vorrò, la mattina magari quando entri qui e te la rimetterò la sera quando esci. Adesso alzati in piedi che la mettiamo.

Grazia, tremante, si mise in piedi, nuda, davanti al suo padrone. Lui armeggiò con il lucchetto, aprendolo, e poi le calzò addosso lo strumento che la rendeva soltanto sua. Lei, immobile, guardò chiudersi il lucchetto, e Davide posizionare la chiave nella sua tasca. Poi lui la baciò, un bacio lungo e passionale, a cui lei rispose: le loro lingue si intrecciarono dolcemente, per interminabili secondi.

-Dai, rivestiti. E’ ora che vai a casa, la tua famiglia ti aspetta’.

Le disse il suo capo, staccandosi da lei.

”..

I primi giorni con la cintura erano stati difficili per lei. Ancora più difficile era stato affrontare questa nuova costrizione con suo marito, che non l’aveva presa affatto bene. Ora si stava lentamente abituando all’idea di non poter avere sua moglie quando voleva, e la cosa gli faceva aumentare il desiderio che una volta si era praticamente assopito. Succedeva quindi che spesso Grazia si trovava a soddisfare con un abile lavoro di mano suo marito, smanettandolo su e giù fino a che non arrivava lo schizzetto di sperma ad imbiancarle le dita. Lei lo faceva senza obiettare, perché si sentiva in difetto verso quell’uomo che con lei si dimostrava così comprensivo e paziente, ma non ne provava alcun piacere. Diverso invece era quando stava con l’ingegnere: lui la faceva sempre godere, e qualche volta veniva punita,anche giustamente pensava lei, per le mancanze che capitavano. Aveva più volte riassaggiato la paletta sul suo sedere delicato, fino a che non era bello rosso e congestionato. Bastavano pochi colpi, data la delicatezza della sua pelle in quei punti, per farglielo irritare e gonfiare. Altre volte stava inginocchiata dolorosamente su dei sassolini appuntiti, per molto tempo, fino a quando questi non le entravano nella carne delle ginocchia, e lei sommessamente piangeva. Allora lui la aiutava a rialzarsi, la accarezzava dolcemente e la baciava, asiugandole le lacrime che scendevano dai suoi occhioni neri.

Grazia aveva ormai realizzato di amare Davide. Sentiva nel profondo della sua anima di appartenergli totalemente, sentiva di essere completamente sua. Sentiva che avrebbe sopportato di tutto per quell’uomo, che la faceva sentire così donna, così desiderata, a volte così puttana, che la faceva godere come nessuno.

La sua vita a casa proseguiva tra alti e bassi, con suo marito ormai abituato alla condizione di comprimario, di seconda scelta. Spesso Gianni usciva la sera da solo, cosa che prima non faceva, e si trovava con nuovi amici a bere, tornando spesso alticcio ‘se non ubriaco. A Grazia non importava granchè, mentre sua figlia le dava ‘chiaramente la colpa per la situazione che si era venuta a creare. Il loro dialogo era ormai praticamente nullo, e anche lei spesso usciva con la sua compagnia, e Grazia la sera rimaneva sola, con tutta la casa a disposizione.

In una di quelle sere stava tranquillamente sotto la doccia, l’acqua fresca che le dava refrigerio dalla temperatura afosa di quella torrida estate. Sola in casa, la porta del bagno era rimasta aperta, contrariamente a come sempre faceva mentre si lavava. L’arrivo di sua figlia prima del tempo non lo aveva per niente previsto né immaginato. Quando la vide affacciarsi sulla porta del bagno le si gelò il sangue nelle vene: Giulia fissava inebetita ciò che lei portava in vita e tra le gambe, il simbolo della sua appartenenza a Davide.

Cercò con un gesto tanto goffo quanto inutile di nascondere la cintura di castità con una mano, mentre con l’altra cercava affannosamente l’accappatoio appeso al gancetto adesivo poco più in là.

-Mamma, cos’è quella???

La voce di sua figlia le squarciò il cervello, gettandola nel panico e nella vergogna più completi. Incapace di proferire parola, si stingeva ora dentro il suo accappatoio, cercando una via di scampo che non riusciva a trovare.

Niente, niente! E’ una cosa mia’

Furono le sole parole che riuscì a dire, dopo trenta secondi di imbarazzatissimo silenzio.’

La figlia, con lo sguardo che era un misto tra il compassionevole e l’adirato, la fissava negli occhi. Quando Grazia li abbassò, Giulia girò le spalle, andando verso la porta d’uscita, scuotendo la testa. Grazia fece ancora in tempo a sentire le parole che la figlia ripeteva come un mantra mentre usciva:

-E’ impazzita, mia madre è completamente impazzita!

Di nuovo sola, si accasciò in ginocchio sulle mattonelle fredde del bagno, portò le mani a coprire il viso, e infine esplose il suo pianto disperato.

Durante  la settimana seguente, le cose sembravano tornate tutte quante al loro posto abituale: sua figlia, che aveva visto la cintura, pareva ignorare del tutto l’accaduto, anzi era diventata perfino più loquace e attenta nei suoi confronti, mentre suo marito proseguiva nell’arrapamento costante, il che la obbligava a lavorare parecchio di mano,facendogli seghe una sera si e l’altra no.

 

Durante la giornata lavorativa, il suo capo la scopava con costanza e bravura, e lei godeva delle sue attenzioni. Ormai non sentiva nemmeno più la necessità di nascondersi, per cui lui la poteva abbracciare e baciare quando e dove voleva, spesso fuori dall’ufficio prima che lei si avviasse verso casa, magari condendo il bacio con una palpatina al suo bel culetto sodo. Fu durante una di quelle occasioni che non si accorse di essere spiata da Giulia, che vide  il bacio, la palpatina, e notò anche il trasporto con cui la madre si affidava a quell’uomo , che lei conosceva solamente per sentito dire, e che non aveva mai visto.

 

Questa visione provocò in Giulia una rabbia profonda nei confronti del capo di sua madre  e con un coraggio degno di una leonessa, dopo aver aspettato che sua madre si allontanasse con la sua auto e cominciasse a dirigersi, come sempre, verso casa, si avviò verso l’ingresso dell’ufficio e con grande determinazione suonò ripetutamente il campanello.

 

-Si? Chi è?

 

La voce metallica dell’ingegnere uscì di colpo dal citofono, cogliendo quasi impreparata la ragazza, la quale prese fiato a pieni polmoni come a raccogliere tutta la sua rabbia e il suo coraggio, e poi quasi urlando rispose:

 

-Sono Giulia, la figlia di Grazia P……i

 

-Ah, tua madre è già uscita mi dispiace

 

-Ma io non cercavo mia mamma, cercavo lei. Le devo parlare un minuto

 

Disse Giulia, con tono aggressivo condito però da una voce tremante e fortemente emozionata.

 

-Mmmmm va bene, salga

 

Dopo qualche istante udì il ronzio elettrico della serratura, segno che il capo di sua madre le aveva aperto; cominciò quindi a salire velocemente le scale che la separavano dalla persona che in quel momento odiava di più al mondo.

 

Davide si alzò dalla sua sedia, si mise le mani sulle reni e si stiracchiò inarcando la schiena. Un grosso punto interrogativo gli occupava la mente, mentre pensava a cosa potesse volere da lui la figlia della sua segretaria. Si diresse a passo lento verso la porta d’ingresso, e dopo averla aperta si mise ad aspettare la strana visita di questa persona, mentre sentiva i suoi passi veloci risalire le scale.

 

L’ingegnere vide la ragazza quando arrivò al pianerottolo prima del suo piano. Vide questa figura snella e atletica data l’età, vide quegli occhi così simili a quelli di sua madre, mentre i capelli erano di un castano chiaro, mossi e lunghi, legati da un elastico a formare una coda di cavallo. Il naso era leggermente all’insù, le dava qualcosa di francese, mentre le labbra erano rosee e sottili. La maglietta beige, di quelle con le scritte pubblicitarie che usano i ragazzi di oggi, lasciava intravvedere il seno, piccolo, e i jeans a vita bassa evidenziavano le gambe slanciate e il sedere sodo.

 

Nel frattempo Giulia era arrivata davanti all’ingresso, e Davide si scostò per farla entrare, tenendo la porta aperta

 

-Prego

 

Lei si infilò dentro, senza aver proferito parola, maleducatamente, senza aver chiesto permesso né tantomeno salutato. Fece due passi all’interno della stanza e poi si fermò,  girandosi e guardandolo con uno sguardo torvo, mentre lui richiudeva la porta.

 

-Accomodati,  vieni nel mio ufficio.

 

Disse Davide, facendo strada verso la sua stanza. Si era autorizzato a passare dal lei al tu, data la differenza di età (passavano tra loro due infatti poco più di una decina d’anni) ma soprattutto per il nervoso che la maleducazione di quella ragazzina viziata, così l’aveva ormai battezzata, gli aveva fatto crescere.

 

Si sedette sulla sua poltrona, facendo segno alla giovane donna di sedersi davanti a lui, e si preparò ad ascoltarla.

 

Lei lo fissò qualche secondo, poi la sua voce esplose

 

-Che cazzo sta facendo a mia madre? Come si permette? Lo sa che lei la sta rovinando e sta rovinando tutta la mia famiglia?

 

Lui continuava a guardarla fissa negli occhi, mentre lei incalzava

 

-Io  gliela faccio pagare!!!! Se le va bene la denuncio, gran pezzo di merda, altrimenti ho degli amici….

 

E lasciò la frase in sospeso, sorridendo beffarda.

 

-Posso parlare io adesso?

 

Le disse l’ingegnere, sorridendole. Quel sorriso le diede un fastidio enorme, e Giulia si trattenne dal  continuare a insultarlo

 

-Tua madre lo sa che sei qui? Perché se non lo sa, prima di venire qui a insultarmi e ricattarmi, avresti dovuto come minimo parlarne con lei!

 

Davide fece una breve pausa, vedendo che aveva colpito nel segno, e continuò:

 

-Ed in ogni caso queste sono domande che tu avresti dovuto fare prima a lei, non credi? Ma possiamo rimediare subito, ora la chiamo al cellulare, così vediamo cosa dice.

 

Giulia a quelle parole impallidì,  capendo in un attimo che forse aveva fatto un grosso errore a venire in quel posto.

 

-Non importa, quello che dovevo dirle gliel’ho detto.

 

Disse queste parole cercando in extremis una via di uscita, e facendo il gesto di alzarsi come per andarsene.

 

-Eh no, bella, ora aspetti qui che io chiami tua madre!!!

 

Disse Davide, la cornetta del telefono già in mano ed il dito che correva veloce sulla tastiera, per comporre il numero privato della sua segretaria.

 

-Non c‘è bisogno di chiamarla, tanto gliene parlo io stasera!

 

Disse Giulia, ormai in preda all’ansia per quello che sarebbe potuto  succedere. Ma il telefono ormai aveva preso la linea, e dopo qualche squillo la dolce voce di Grazia rispose dall’altra parte

 

-Pronto?

 

Disse la donna, che aveva già visto sul suo display la scritta ufficio, e sapeva perfettamente chi in quel momento la stava cercando.

 

­-Ciao Grazia, sono Davide…

 

-E’ successo qualcosa?

 

Rispose lei, ben sapendo che difficilmente il suo capo l’avrebbe cercata dieci minuti dopo che era uscita

 

-Effettivamente qualcosa è successo – rispose Davide, lo sguardo fisso sulla giovane donna che aveva davanti a se, la quale sembrava sull’orlo di una crisi di nervi – qui davanti a me c’è Giulia, tua figlia!

 

-Cooosssaaaa????? E cosa cavolo è venuta a fare li?????

 

-Sarebbe meglio che tu venissi qui a parlarne!

 

Davide non aveva ancora finito la frase che lei aveva già fatto inversione di marcia, con i clacson delle macchine che la seguivano che suonavano uniti in un coro strombazzante ed assordante, mentre tagliava loro la strada.

 

-cinque minuti e arrivo!

 

Fu l’ultima cosa che disse prima di chiudere la comunicazione.

 

Davide ripose la cornetta sul telefono, poi guardando la ragazza che gli era davanti disse:

 

-Bene, non ci resta che aspettare: tua madre a momenti sarà qui, così se vorrà potrà spiegarti tutto quello che vuoi sapere. Ma prego, rilassati, vuoi che ti porti magari un caffè?

 

Disse quest’ultima frase con un tono volutamente ironico

 

-No, grazie

 

Rispose Giulia, agitata all’inverosimile, il colorito cadavarico e le mani tremanti.

 

Attesero che il tempo passasse nel silenzio più totale, con l’uomo che non smetteva di fissare la ragazza e lei con gli occhi a fissarsi le mani, preoccupata per quello che di lì a poco sarebbe potuto succedere.

 

Finalmente arrivò il suono del campanello, a spezzare quel clima surreale.

 

-Si?

 

-Grazia!

 

-Sali!

 

Disse ancora Davide, guardando Giulia che ormai guardava rassegnata verso l’ingresso, in attesa dell’arrivo di sua madre, la quale nel frattempo stava salendo i gradini a due a due. Non appena entrata cercò subito con lo sguardo arrabbiatissimo la figlia

 

-Ma che ti è saltato in testa? Che cavolo ci fai tu qui!?!

 

Rivolgendosi alla figlia, e poi guardando Davide

 

-Che cosa è venuta a fare?

 

L’ingegnere guardò duro la ragazza, poi cominciò a spiegare alla madre

 

-Non lo so, deve averti spiata e averci visto insieme. Ora quello che tu vuoi dire a lei non sono affari miei, ma comunque sappi che mi ha pesantemente insultato e persino minacciato di mandare qualcuno a farmi del male

 

Disse ridendo Davide, l’espressione canzonatoria di chi non aveva per nulla paura, e continuò

 

-Ora gentilmente vorrei che qui, davanti a me, chiariste questa faccenda. Ritengo comunque te responsabile di questa spiacevole situazione, sappilo, per cui sai anche a che cosa andrai incontro!

 

Grazia che sapeva bene quanto potessero essere dure le punizioni del suo capo, impallidì; inoltre aveva paura di perdere l’uomo a cui da un bel po’ di tempo sentiva di appartenere totalmente.

 

Nel frattempo Davide si era riseduto sulla sua sedia, pronto ad assistere al match madre-figlia.

 

Grazia, sedutasi sull’altra sedia disponibile, tentò di cominciare il discorso

 

-Allora Giulia, adesso ti spiego…..

 

-Ma dobbiamo parlare qui??? Davanti a lui???

 

-Si dobbiamo parlare qui!!!

 

Rispose irosa la madre, e cerca di non interrompere che già è difficile!

 

Giulia sbuffando si preparò ad ascoltare il racconto della mamma, la quale come aveva fatto ormai parecchio tempo prima col marito, cominciò dalla malattia del padre, per poi proseguire con il prestito e con il patto stipulato con il suo capo. Giulia guardava allibita la madre, incapace di proferire parola.

 

-Durante questo tempo ho però capito di essere sua – disse rivolgendo lo sguardo verso il suo capo e sorridendo – so che per te è una cosa difficile da comprendere, ma persino papà lo ha accettato, a modo suo. Ora sto chiedendo a te, se non di capirmi, di perdonarmi almeno!

 

-Per questo porti quella strana cintura in vita?

 

Disse Giulia, fissando la madre.

 

Davide vide la difficoltà della “sua” donna e intervenne nella discussione.

 

-Porta quella cintura, che è una cintura di castità, perché mi appartiene. Ed essendo mia, voglio che sia solo mia!

 

A quelle parole Grazia arrossì violentemente. Parlare di sesso, anche con sua figlia, era un argomento praticamente tabù, ed ora lo doveva affrontare davanti ad un uomo, anche se era ormai il suo uomo.

 

-Ora che vi siete chiarite, e che tua figlia è al corrente di tutto, voglio che le dici che cosa ti succederà per colpa del gesto sconsiderato che ha fatto!

 

Grazia abbassò lo sguardo, fissando le sue ginocchia unite che spuntavano dalla gonna, e con la voce rassegnata e flebile rispose:

 

-Verrò punita…

 

-E come verrai punita?

 

-P-p-p-robabilmente con la paletta….

 

Rispose la donna balbettando, la paura che le si leggeva negli occhi.

 

-Considerando gli insulti e le minacce, direi che saranno necessari come minimo quaranta colpi

 

Disse calmo Davide. A quelle parole Grazia se possibile impallidì ulteriormente: una sola volta era successo che ne aveva presi venti ed era quasi svenuta dal dolore, il doppio non avrebbe potuto sopportarlo, non ce l’avrebbe fatta di sicuro!

 

Giulia vide l’espressione attonita e spaventata della mamma, e capì ancora meglio il danno che aveva fatto.

 

-La punizione verrà eseguita immediatamente, e servirà di lezione anche a te, ragazzina viziata! Ora puoi scegliere  di restare qui a guardare, o andare a sederti alla scrivania di mamma e aspettare lì fino a quando noi non avremo finito, a te la scelta.

 

Poi rivolgendosi alla sua segretaria:

 

-Sai già cosa devi fare. Forza, mettiti in posizione!

 

A quelle parole la donna, in maniera automatica, si alzò dalla sedia su cui era seduta, e mandò uno sguardo disperato verso la figlia, incapace come era di proferire parola. Cominciò a slacciare la cintura, poi tirò verso il basso la cerniera laterale della gonna, facendola scivolare a terra. Prese, come la prima volta in cui si era spogliata proprio lì davanti, le mutandine infilando i pollici lateralmente nell’elastico, e cominciò ad abbassarle, per poi sfilarle del tutto. Giulia la guardava esterrefatta, gli occhi fissi sulle nudità della madre, e all’ingegnere che nel frattempo le aveva slacciato la cintura di castità e la aveva riposta sulla scrivania, al fianco di una pila di fogli.

 

Grazia poggiò i gomiti sulla scrivania, la testa racchiusa tra gli avambracci e il sedere ben esposto e proteso:

 

-Sono pronta!

 

Disse quasi in un sussurro. Davide aprì l’armadio e prese la paletta, poi dette ancora uno sguardo alla ragazza seduta poco più in là, che si trovava nell’indecisione più completa tra l’allontarsi e lo stare li; si posizionò quindi dietro la segretaria, e fece partire il primo, durissimo, colpo:

 

-Sciack!!!!!!

 

-ahhh uno, chiedo scusa, non succederà più!!!!!!

 

-Sciack!!!!!!

 

-ahhhh due, chiedo scusa,  non succederà più!!!!!!

 

I colpi arrivarono rapidamente a dieci, mentre la donna continuava a contare con sempre più difficoltà; al quindicesimo balbettava tra le lacrime, e al ventesimo le gambe le cedettero, costringendola ad inginocchiarsi per terra e costringendo il suo capo e padrone a sospendere momentaneamente la punizione.

 

-Forza dai, tirati su che sei solo a metà – le disse Davide, poi guardando Giulia che aveva lo sguardo attonito e fisso sul sedere ormai quasi violaceo della madre, continuò a parlare – e tutto questo è per colpa tua!

 

Nel frattempo Grazia era riuscita faticosamente a rialzarsi sulle gambe, e aveva recuperato la posizione, in attesa della palettata che arrivò un istante dopo, forte e decisa sul suo culetto ormai segnatissimo.

 

Le gambe si piegarono di nuovo, e lei scivolò nuovamente a terra, semincosciente.

 

Giulia intervenì, con gli occhi gonfi di pianto nel vedere sua mamma soffrire così:

 

-Ti prego, basta, non ce la fa più!!!!! Lo so che è stata colpa mia, e mi dispiace tanto, ma ti prego basta non punirla più!!!! Lei non c’entra niente!!!!!

 

E si abbassò ad abbracciare sua madre per terra,  carezzandole i capelli e cercando di coccolarla.

 

-Mi dispiace, ma purtroppo le palettate devono essere quaranta, e ne mancano ancora diciannove. Cosa credi, che mi piaccia rovinare il bellissimo sedere di tua madre?

 

Rispose Davide, la paletta stretta in mano.

 

-Allora finisci su di me, come è giusto che sia, lascia stare lei!!!!

 

-No! Giulia non farlo!

 

Disse Grazia da per terra

 

-Mamma devo, non ce la fai più….

 

– Per me una o l’altra va bene lo stesso – disse l’ingegnere – tanto hai visto come devi fare.

 

Giulia cominciò a slacciarsi i jeans, calandoli alle ginocchia, e poi fece velocemente lo stesso con il perizoma che portava. Assunse quindi rassegnata la posizione che pochi minuti prima era di sua madre.

 

Davide guardava quel culetto appena maggiorenne, liscio e sodo, senza la minima ombra di cellulite o smagliature. Non resistette alla tentazione di carezzarlo e tastarlo, sotto gli occhi rassegnati di Grazia, che si era rannicchiata ai piedi della sedia dove prima era seduta Giulia.

 

-Allora sei pronta? Ricordati di chiedere scusa e contare!

 

E partì il primo di diciannove colpi, durante i quali  Giulia gridava il suo dolore e Grazia, che nel frattempo si era rialzata, che carezzava la testa della figlia, cercando di infonderle con le parole e con i gesti il coraggio necessario per arrivare alla fine di quella terribile punizione.

 

-Sei stata davvero molto brava e coraggiosa, come tua mamma!

 

Disse l’ingegnere alla ragazza, ancora piegata sulla scrivania. Poi si avvicinò a Grazia e la baciò dolcemente sulle labbra, bacio a cui lei rispose.

 

-Dobbiamo andare a casa, Giulia, ce la fai?

 

-Si mamma, ma non so se ce la farò a sedermi in macchina!

 

-Nemmeno io!

 

Madre e figlia, camminando a stento e sorreggendosi l’un l’altra, si avviarono verso la macchina, mai così unite e mai così insieme, mai così complici ed amiche, mai così legate da reciproco rispetto. Erano di nuovo parte l’una dell’altra, erano di nuovo, e finalmente, mamma e figlia.

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