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Il condominio delle vedove – Capitolo 4

By 30 Luglio 2024No Comments

Capitolo 4 – Katia

Ad essere sincero stavo pensando di fare i bagagli ed andarmene da questo paese di donne assatanate di sesso, ma poi riflettei, quando cazzo mi ricapita di essere parte di un gioco che coinvolge tutto il paese a quanto sembra, e chissà cosa altro mi aspetta. Lo scoprii presto.
Cominciava anche a darmi fastidio la gabbietta sul cazzo, avevo una gran voglia di liberarlo e finalmente di farmi una bella scopata o una bella sega.
Dovevo solo attendere l’indomani, oggi è Venerdì e quindi mancava poco.
Non avendo ricevuto ordini e non avendo trovato biglietti con istruzioni in giro per casa, mi vestii come cazzo volevo, pantaloni estivi della tuta, t-shirt e scarpe comode. Presi la borsa dove avevo messo tutto l’occorrente per il mio lavoro con l’intenzione di sistemarle nello studio, studio che tra l’altro non avevo ancora visto.
Uscito di casa mi incamminai verso il centro paese per recarmi da Sara e farmi dare chiavi e indicazioni su dove si trovasse lo studio che avevo affittato. Trovai facilmente l’agenzia immobiliare. Entrai convinto di trovare Sara, ma ad attendermi c’era un’altra donna che gli assomigliava ma con una ventina di anni in meno, capelli corti anche lei ma neri, indossava una canotta e sopra una camicetta aperta, pantaloni larghi e sandali. Due grossi orecchini a cerchio ai lobi delle orecchie.
“Tu devi essere Carlo” mi disse venendomi incontro per stringere la mano. “piacere, sono Katia e se non si è notata la somiglianza, sono la figlia di Sara”, “piacere Katia, si sono Carlo” e quasi a scusarsi mi disse “sai come è, il paese è piccolo, le notizie viaggiano veloci” e in cuor mio temetti che “tutte” le notizie viaggiassero veloci. Mi strinse la mano in modo piuttosto vigoroso ed ebbi la sensazione che volesse mandare un messaggio tipo…sono io che comando, non tu. Sicuramente i miei pensieri erano traviati da tutto quello che mi era successo da quando sono arrivato. “Mia mamma mi ha detto che saresti venuto” rallentando la pronuncia dell’ultima parola e alzando di un tono la voce, volutamente. “Ti accompagno allo studio così ti do qualche altra info”, “ok, grazie”. Prese le chiavi ed uscimmo dalla agenzia. “Lo studio è vicino al negozio di Arianna, immagino tu l’abbia già conosciuta, hai già fatto la spesa da lei suppongo?”, “si ieri” ovviamente tralasciai il resto.
Giungemmo allo studio, era al primo e ultimo piano di una bella casetta style liberty proprio fronte al negozio di Arianna. Salimmo le scale, Katia mi precedeva, immaginavo avesse lo stesso bel culetto della mamma anche se i pantaloni larghi nascondevano tutto. Arrivati al piano e aperta la porta mi ritrovai in un ampio locale con due porte sul fondo e due belle e ampie finestre sul lato sinistro che davano sulla strada. Erano già presenti due lettini da massaggi e un separé, una poltrona reclinabile e un divano addossato alla parete, una scrivania con delle sedie. “Come vedi abbiamo pensato di farti trovare l’occorrente per il tuo lavoro, se serve altro non farti problemi a chiedere, in fondo a sinistra il bagno finestrato e a destra un ripostiglio con un frigorifero e un forno a microonde”. “Grazie Katia, mi pare che ci sia tutto ciò che serve”, “Posso farti una domanda Katia?”, “vai”, “è un paese prevalentemente di donne il vostro, ho visto un solo uomo”, “ah, ah, un giorno ti racconterò la storia di questo paese, in effetti si, hai ragione, ci sono pochi uomini, o meglio, vengono da fuori per svolgere delle attività, ma difficilmente si fermano la notte. Tranquillo, non siamo streghe, ah ah”, “Adesso ti lascio, devo tornare alla agenzia, la mamma rientra solo domani e francamente non è che ci sia poi tutto sto via vai di gente, ma comunque devo essere presente”, “ok, grazie ancora”. “ahn Carlo, spero che la mia offerta vinca” e chiudendo la porta, usci. Rimasi ancora una volta basito, porca troia erano tutte coinvolte e ne avevo conosciute solo una parte, quel pensiero mi fece rabbrividire ma al tempo stesso intrigare. Sistemai il borsone sul divano e andai verso il bagno. Era molto spazioso, con arredo moderno, una bella doccia ad angolo e già tutto l’occorrente, asciugamani, sapone, bagnodoccia, spazzolino, dentifricio, insomma tutto. Alzai la tavoletta del wc per fare pipì ma pensai che con la cazzo di gabbietta appunto sul cazzo avrei bagnato in giro e quindi mi sedetti. Ne avevo veramente le palle piene di questa limitazione. Vabbè, mi rilassai e feci una bella pisciata. Notai che l’anta dell’armadietto posizionato a lato del lavabo era leggermente aperta, mi allungai rimanendo sempre seduto sul wc e la aprii. C’era un astuccio da viaggio chiuso con la zip, lo presi, lo aprii. All’interno trovai un biglietto e una mutandina a brasiliana, spontaneamente la annusai e sapeva di umori misto pipì, lessi il biglietto “benvenuto in paese, Katia, il resto arriverà, un bacio”. Te pareva, ma erano tutte ingrifate in questo posto? Forse inizio a capire perché gli uomini che giungono qui per lavoro non restano la notte. Mi asciugai con la carta, misi in tasca le mutandine di Katia e lavato le mani tornai nel salone.
Bussarono, andai ad aprire e mi ritrovai di fronte Katia, “scusa mi sono dimenticata di collegare il frigorifero”, la feci entrare “e forse ti sei dimenticata anche queste” le dissi estraendo le mutandine, “no quelle le ho lasciate apposta, ti piace il mio odore?” mi disse e passandomi di fianco mi sussurrò all’orecchio, “devo fare pipì e..” “si lo so, in questo paese non usate la carta igienica”, “ ah ah si esatto”, “ma devi aiutarmi a fare una cosa, vieni”, la seguii, entrò in bagno, tolse i pantaloni e non aveva mutandine, si girò dandomi la schiena e si chinò, notai un brillantino all’altezza del buchetto, “non riesco a toglierlo, mi aiuti?” ma porca puttana, tutte zoccole sono in questo paese e glielo stavo anche per dire ma lei mi precedette “non farti l’idea che siamo tutte zoccole, è un discorso molto più ampio e profondo, un giorno ti racconterò, ora dai mi aiuti o no?” avevo una gran voglia di scopare quella fighetta morbida e sfondarle il culo, ma la cazzo di gabbietta me lo impediva. “mi sfonderesti vero? Magari se vinco….”, “se tiro il plugin potrebbe farti male, bisogna lubrificarlo”, “ e quindi?, che aspetti, dai forza, dacci di saliva e lingua se serve”, mi inginocchiai e sputai un po di saliva sopra al plugin e non resistendo passai la lingua tra le sue labbra scoprendo la clitoride già gonfia, lei si appoggiò al lavabo e allargò le gambe godendosi di fatto la mia lingua. Intanto con le dita giravo il plug-in e iniziai a estrarlo, ma poi venni preso dalla foga e iniziai un movimento dentro fuori mentre gliela leccavo, andò in estasi, la sentii irrigidirsi, avere degli spasmi e nel momento in cui venne estrassi il plugin, “ooooo cazzoooooo” venne con il prezioso liquido che gocciolava dalla fighetta, lo raccolsi con la lingua, “Maria aveva ragione, sei bravo con la lingua”, “non penserai che tra donne non ci raccontiamo tutto, ah ah, il paese è piccolo”, “si lo immaginavo”, “dai, su non prendertela” e si sedette sul wc per liberarsi dalla pipì, stava per parlare ma la anticipai, “si lo so, non usate la carta” e inginocchiandomi, gliela lavai con la bocca. Poi con mia sorpresa mi prese la testa tra le mani e mi bacio profondamente “mi piace sentire in bocca il mio succo passato dalla tua bocca”, avessi avuto il cazzo libero sarebbe di nuovo duro e rigido. “passami i pantaloni” si rivestì ma prima di andare mi disse “abbassa pantaloni e mutande devo verificare una cosa”, obbedii, tanto ormai…”immaginavo, non vorrai essere alla cerimonia di premiazione domani mattina in queste condizioni” disse indicando tutta la zona pubica “stasera verso le 8-8.30 veniamo a casa tua io e Marta, dobbiamo depilarti per bene”, “scusa, in che senso la cerimonia di premiazione?”, “bhe domani saprai chi ha vinto la chiave per liberarti l’uccello e poi, chissà, avrai anche voglia di usarlo quel cazzo, o sbaglio?”, non aveva tutti i torti in effetti, ma non sapere a chi sarei stato aggiudicato, un po mi inquietava, le chiesi “le donne che ho incontrato finora sono tutte belle e con bei fisici, indipendentemente dall’età, siete tutte così nel paese?”, “vedi Carlo, questa è una delle domande che non devi fare e per rinforzare il concetto, si avvicinò e mi strinse le palle guardandomi negli occhi “ogni cosa a suo tempo caro, però si, siamo tutte belle e con bei fisici, ti dispiace?”, mollò la presa, provai a dire “ma cazzo, era proprio necessario?”, “dai che non ti ho fatto nulla”, si avvicinò di nuovo e mi baciò sulla guancia. “A stasera, ahn, sai cucinare?”, “si non sono un cuoco ma mi riesce piuttosto bene far da mangiare”, “ok, allora oltre a Maria porterò una amica che abita nel punto più alto del paese e scende poco, ha bisogno di svagarsi un po” e facendo l’occhiolino, usci, chiudendosi la porta alle spalle. Mi sistemai mutande e pantaloni e mi sedetti alla scrivana, ormai non mi stupivo più di nulla e anzi la curiosità, se possibile aumentava.

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ANDREA67B

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