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Racconti di Dominazione

Il Mago e la schiava +dialoghi

By 30 Giugno 2019Dicembre 16th, 2019No Comments

Era vestito completamente di nero e portava un grande cilindro in testa come quello dei maghi.
La sua camminata era accompagnata da un bastone lungo e nero con l’impugnatura bianca a forma di teschio, che gli donava un non so che di misterioso. Come nel libro “Margherita e il mago” ne ero completamente affascinata. Non avevo mai compreso quella sua figura enigmatica, nemmeno da dove provenisse il suo accento straniero. Nel contempo, ho spesso creduto di veder uscire un coniglio bianco da quel cappello e una tortora dal taschino. Ma non successe mai. L’unico animale che portava su di se, era un serpente pronto a mordere, le sue spire avvolgevano un grosso anello d’argento. Era luccicante come i suoi occhi di color azzurro ghiaccio. Mi morsi le labbra quando lo vidi entrare nella mia stanza.
Anche questa sera aveva scelto me.
Non mi mossi, ne dissi nulla. Conoscevo molto bene le regole.
Potevo sentire il suo profumo e il suo respiro lento e scandito.
Quando mi fu abbastanza vicino per baciarmi, mi sussurrò:
‘Voltati.’
Non esitai e poi attesi.
‘Spogliati, lentamente.’
Lui fece tre passi all’indietro per godersi il mio spogliarello.
Mi trovavo al centro della stanza e le lampade a parete mi donavano una luce soffusa che accentuava le ombre delle mie linee. Sentivo i suoi occhi fissi su di me, poi quei stessi tre passi che prima avevo sentito allontanarsi si riavvicinarono.
Di nuovo il suo profumo, di nuovo il suo respiro.
‘Destra.’
Alzai la mano destra e me la prese senza usare la forza, con un cinturino di cuoio nero mi chiuse il polso, poi me lo portò dietro alla schiena e non feci alcuna resistenza.
‘Sinistra.’
Anche la seconda mano portai alla mia schiena unendola con la prima, gli permisi di bloccarla.
La calma con cui faceva quei movimenti lenti, mi aveva sempre fatto credere che anche tutta la preparazione facesse parte dei suoi preliminari, del suo piacere.
Non potrei mai negare che già dal suo primo comando i brividi mi scorrevano sotto la pelle.
‘Inginocchiati.’
Piegai prima una gamba e poi l’altra.
Lui mi girò in torno e si posizionò davanti a me. Aveva le mani unite tipo in preghiera, si chinò e io lo osservavo. Poi guardai le sue mani vicino a me, si aprirono mostrandomi i due palmi vuoti e bianchi, si richiusero, e io cercai di nuovo i suoi occhi. Le riaprì una seconda volta e una rosa rossa comparve.
Era screziata di un rosso scuro. Quasi nero. Non era la solita rosa che ricordava la passione, quella eccelleva la Dominazione.
La pose per terra di fronte a me. Lui si rimise dritto e con una mano inizio a sbottonarsi la camicia. Lasciandola aperta potei vedere il suo fisico marmoreo.
‘Prendila.’
Di certo non intendeva con le mani.
Mi chinai e con la bocca presi la rosa dal gambo che fortunatamente non era ne troppo lungo ne troppo corto. Doveva essere una rosa senza spine perché il gambo era perfettamente liscio.
‘Non dovrai farla cadere.’
Con un cenno del viso fece segno di alzarmi da terra e di rimanere li al centro. Lui prese un elastico e mi racchiuse i capelli in un’alta coda in modo da lasciare scoperta la schiena. Fino a quel momento mi cadevano lunghi coprendomi i seni e parte del fondo schiena.
Mi sentii davvero nuda. Tutto il mio corpo era alla sua portata. I cinturini negavano i miei movimenti, la rosa le mie parole.
Si portò nuovamente alle mie spalle dai rumori che emettevano i suoi vestiti compresi che si era tolto la camicia. Poi sentii sfilare la cintura e un suono metallico tintinnò dietro di me. Speravo non si accorgesse che i miei umori avevano già fatto capolino da quelle labbra socchiuse.
Ma le mie speranze si dileguarono appena la sua mano scese lentamente verso il basso. Trovò senza fatica l’ingresso. I miei occhi si chiusero e la mia bocca compresse il gambo per paura di farlo cadere. Fu un attimo che il dolore mi fece riaprire gli occhi e la luce rimpossessarsi dei miei occhi..
Aveva estratto la mano e con l’altra aveva sferrato su di una natica la cinghia.
‘La rosa, non deve cadere o si rovinerà.’ Disse.
“STRONZO” Pensai io “Sai che m’importa della tua rosa!”
Non ne sarei del tutto sicura ma credo che sia anche un perfetto telepatico, dato la forza con cui sferrò la seconda sferzata.
‘Dovrebbe importarti della sua incolumità, ne andrebbe delle tue punizioni.’
Si, di certo mi aveva letto nella mente.
Ora mi dolevano entrambi i lati.
‘Vatti a sdraiare.’
Camminai verso il mio letto e mi misi a pancia in sotto. Sapevo che era quello il lato in cui mettermi quando avevo i polsi legati dietro alla schiena. Lui prese un altro paio di cinturini e mi legò anche le caviglie. Erano uniti da una barra metallica che non mi permetteva di chiudere le gambe. Poi con la stessa magia con cui prima era comparsa la rosa, un cilindro in alluminio freddo e liscio comparve. Mi percorreva il corpo sfiorandomi la pelle, brividi di freddo avevano increspato la cute e la muscolatura della schiena si era contratto con il resto del corpo. Solo un luogo era rimasto caldo e morbido. L’unico che desiderava ardentemente quel contatto.
Non attesi molto, era come lo desideravo e lui lo sapeva.
Ma c’era un ostacolo tra me e il mio piacere, LA ROSA, non potevo aprire la bocca, non potevo gemere ne respirare come i miei polmoni richiedevano.
Dovevo solo trattenermi e trattenerla.
Non era facile, volevo lasciarla andare e affrontare qualsiasi punizione pur di lasciar libera me e la mia mente. Ma sapevo di non poterlo fare, quelle punizioni di cui prima menzionava non comprendevano piacere, ma solo negazione.
Resistetti, dovevo combattere contro quel piacere, anche se il mio corpo mi tradì più di una volta godendosi il piacere in un orgasmo che mi fece tremare vistosamente. Anche lui se ne accorse e la cintura che fino a poco prima avevo dimenticato dell’esistenza, riaccese un dolore che si mescolò subito al piacere facendomi inarcare la schiena e quasi perdere la rosa dalle labbra. La morsi lievemente, per trattenerla. Quella maledetta rosa, era più importante di me.
“Lei non doveva rovinarsi, ma io potevo essere frustata a suo piacere?” Ops,! Probabilmente anche questo aveva intuito perché una seconda cinghiata mi lasciò una lunga riga rossa sulla pelle.
“Stronzo”
…e…Tre…cazzo. Mentalista, ricordi, mentalista.
Continuavo a ripetermi.
Credo di averne contate più di una dozzina, quando finalmente pose la cintura e il cilindro.
Mi osservava, probabilmente orgoglioso del suo capolavoro.
Il mio respiro era ormai regolare, mi erano bastati pochi minuti per recuperare le energie.
‘Spero che la rosa non si sia rovinata?’
Lo speravo pure io, per diversi attimi ho dimenticato della sua esistenza.
La prese con una mano dalla mia bocca, la osservò scrupolosamente.
‘L’hai morsa.’
Sul gambo della rosa erano rimasti dei sottili segni di incisione.
Ero stata attenta, ma non troppo.

…assaporavo già il gusto della mia punizione.

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