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Racconti di Dominazione

il mio padrone…per caso, in chat

By 5 Gennaio 2007Dicembre 16th, 2019No Comments

Gia da un pò faccio spettacoli in cam a pagamento. Lavoro per un sito, un sito erotico.Una specie di vetrina dove i maschietti possono guardare noi ragazze e decidere con quale divertirsi cam to cam in privato. La mia natura esibizionista mi permette di mostrarmi senza troppi pudori mentre mi spoglio e mi masturbo col mio fedelissimo vibratore.Il mio carattere espansivo fa in modo di attirare gli uomini che ci navigano, curiosi di vedere se riesco a farli eccitare oltre che farli ridere.Molti convinti ho incontrato…molte persone che mi giudicano in base a ciò che faccio e mi etichettano puttana solo perch&egrave mi spoglio in cam e godo nel farlo.Si, &egrave vero.Mi piace farmi ammirare, mi piace farmi guardare mentre mi spoglio e mi piace che qualcuno si ecciti mentre mi tocco.Sono egocentrica, lo so, ma non sono una puttana…Mi vendo solo virtualmente ma ci sono cose di me che non si possono e non si potranno mai comprare: la mia anima non &egrave in vendita e il modo migliore per conquistarla non &egrave certo definirmi una “troietta da fottere”.
Mi chiedevo spesso se sarei stata in grado di conoscere attraverso quel mondo di pornografia virtuale, qualcuno diverso, qualcuno che non si fermasse alla sola apparenza, qualcuno che sapesse guardare oltre il mio babydoll rosa, oltre il mio perizoma nero, oltre i miei stivali di pelle col tacco a spillo.Qualcuno che mi sfidasse e che non si limitasse ai soliti banali complimenti di circostanza o alle frasi spinte.
Poi, un giorno, mi misi a chattare con uno degli iscritti su un tema a me molto caro e familiare:la dominazione.
Anche se ho 23 anni, di esperienze sessuali ne ho fatte parecchie con mio marito, compresa la dominazione ma sempre dalla parte dalla dominatrice, della padrona.Mi &egrave sempre piaciuto avere qualcuno ai miei ordini, qualcuno da sottomettere e umiliare, qualcuno che con le sue urla mi facesse godere.
Raccontavo all’utente di ciò che mi piaceva nella chat pubblica dove tutti possono scrivere o leggere.
Raccontavo di quanto amo essere padrona fin quando lui mi chiamo in privato.
Vidi comparire l’icona della chiamata sul mio monitor e lessi il suo nick name: Jack1971.
Doveva essere nuovo del sito, non lo avevo mai visto prima ed ero sicura che non avesse scritto nulla nella chat generale.
Entrai con lui in privato e lo salutai come faccio con tutti, amichevolmente e fingendomi la loro migliore amica.Gli chiesi se voleva vedere altro di me, se voleva che mi spogliassi.
Scrisse solo:-“Così tu cerchi uno schiavetto…e se diventassi tu una serva?La mia serva!”-
Rimasi sconcertata da quelle parole:nessuno mi aveva mai sottomesso, tanto piu in cam.
Gli scrissi che nn ero nata per fare la serva ma per dominare.Non lo vedevo, non aveva acceso la sua cam, eppure riuscivo a sentire i suoi occhi da dietro il monitor che mi fissavano freddi e curiosi. Curiosi di vedere fino a che punto mi sarei spinta, curiosi di sapere qual’era il mio limite di sopportazione.
Accettai la sfida, perch&egrave di questo si trattava, di una sfida fra me e lui, iniziata quando gli scrissi che prima o poi lo avrei convinto a non sottomettermi più, che non ero la persona giusta per farlo e che, se sperava che sarei stata una serva docile e accondiscendente si sbagliava di grosso.
Rispose solo con un secco”Vedremo” e cminciò la mia lenta e inesorabile scoperta dell’universo slave.
Cominciò con cose molto leggere.Quando lo conobbi nn avevo a disposizione il vibratore ma solo una candela, di quelle che si usano per farsi luce durante i black out.Mi ordinò di rivolgermi a lui chiamandolo padrone, mentre lui decise per me il nomignolo di Laika perch&egrave mi vedeva come una cagna.
“Lasciamo sfogare questa povera anima repressa”, pensavo fra me.”Facile atteggiarsi a Master da dietro un monitor”.
Mi ordinò di infilare la candela nel sedere e fu abbastanza difficoltoso perch&egrave praticamente dietro ero vergine e la candela di certo non &egrave la cosa più morbida in circolazione.Dopo qualche tentativo entrò.Riuscìì ad infilarla quasi tutta, almeno 13 cm buoni.
Mi chiese di farla uscire, ma senza aiutarmi con le mani…dovevo spingerla fuori contraendo e dilatando i muscoli anali, come se dovessi andare in bagno.
Avevo imparato che spesso le persone hanno fantasie strane, godono nel vedere le cose più particolari.Ovviamente lo feci e ovviamente nn fu semplicissimo.Me lo fece ripetere più volte…era sempre lui a decidere quando il gioco cominciava e quando finiva…era lui il padrone.Per quanto riguardava me, mi ero stancata di stare in cam con lui.E’ ver che più restava connesso e più io guadagnavo, ma i suoi modi bruschi e quel suo chiamarmi Laika mi facevano arrivare il sangue in testa.Io nn ero una cagna e, soprattutto, non ero la sua cagna e presto o tardi glielo avrei dimostrato…prima o poi gli avrei fatto capire che potevo tenergli testa e che non era forte come credeva di essere perch&egrave se solo avessi voluto sarei potuta diventare più forte di lui.In fin dei conti ero stata IO ad accettare il mio ruolo di serva, lui nn me lo aveva imposto, ed ero sempre IO a poter decidere liberamente quando farlo finire. Ma non volevo finirlo, volevo arrivare fino in fondo, anche se non sapevo nemmeno io quale fosse il mio fondo.Ero li per sperimentare e sarei andata avanti.Nei giorni successivi le sedute divennero sempre più dolorose.Il padrone Jack mi umiliava continuamente chiamandomi troia, cagna, puttana, ciuccacazzi, ma l’umiliazione vera arrivò con il dolore.
In una delle sessioni di sottomissione, utilizzò mio marito come suo braccio destro per infliggermi le punizioni.Io mi ribellavo al suo volere e lo insultavo, spesso deridendo il suo ruolo di Controllore.Mi fece legare polsi e piedi e mi fece cospargere il corpo di mollette.Ne avevo circa una ventina: 5 su un capezzolo, 5 sull’altro e le restanti attaccate al clitoride e alle labbra della fica.
Ogni volta che la morsa della molletta stringeva la carne mi veniva da lacrime per il dolre acuto mai provato prima, ma resistevo e cercavo di non far passare nulla attraverso il mio volt perch&egrave lui mi vedeva e mai avrei voluto dargli questa soddisfazione.A volte, però, non potevo fare a meno di lamentarmi, sopratutto quando rdinò a Sergio di staccare le mollette dal mio corpo con la cinta.
Ad ogni colpo serravo gli occhi e stringevo i denti.Le mollette eran state attaccate bene perciò ci vollero almeno un paio di colpi prima che si staccassero definitivamente dalla pelle.2 colpi per ognuna di loro.I capezzoli, li sentivo, erano in fiamme, ma ciò che mi preoccupava di più erano quelle sulla fica.La carne lì era decisamente più morbida e solo la stretta della morsa bastava per farmi gemere di dolore.
Toglierle da li fu tremendo. Ad occhi chiusi aspettavo a gambe larche il colpo della cinta e ogni volta la molletta si allentava ma nn si decideva a staccarsi e la carne mi bruciava sempre di più.Tenni le mollette per circa un’ora, ora durante la quale il padrone JAck mi fece frustare, mi fece scopare, mi fece fare un pompino a mio marito e mi fece bere tutta lo sperma.
Ciò che facevo nn mi creava troppo disturbo perch&egrave il mio solito modo di comportarmi era cosi…non avevo problemi a succhiarlo o a bere, anzi, mi &egrave sempre piaciuto farlo.Ciò che nn mi andava bene, quello che non digerivo era che un’altra persona, uno sconosciuto, un represso, mi ordinasse di farlo.Io faccio ciò che voglio e quando lo voglio, ma era il gioco, quelle erano le regole e dovevo obbedire e se nn lo avessi fatto sarei stata punita.
Dal dolore immenso procurato dalle mollette, dal sangue che era leggermente uscito dai capezzoli, dal cuore che pulsava ogni volta che lo vedevo scrivere”Laika tieni gli occhi bassi…Laika avanti succhia…Laika pensi davero di essere in grado di eccitarmi?”, capii che lui era più forte di me, capii che lui riusciva a piegarmi e questo mi faceva più male di tutte le mollette del mondo, di tutte le fruste, di tutto il peperoncino che mi fece provare rdinandomi di metterlo con il dito nel sedere. Dio, come bruciava!!! Bruciava come le fiamme dell’inferno, tutto il mio corpo bruciava e i segni della sua sottomissione erano evidenti. Avevo lividi, leggere escoreazioni, ma, soprattutto, avevo l’orgoglio in frantumi.
Quel giorno, finita la seduta, quando spensi la cam, scoppiai in lacrime, fra le braccia di mio marito che capì immediatamente che le mie lacrime non avevano nulla a che fare con il dolore provato, almeno non con quello fisico.
Mi chiedevo come riusciva, Jack, a rimanere così freddo.Non mi sottometteva perch&egrave questo lo faceva eccitare.Lui, guardandomi, non si toccava.La sua era pura voglia di competizione.
Cominciavo ad odiarlo. Quella sera venne fuori dalla mia anima, tutta la frustrazione che avevo.Continuavo a piangere lacrime amare e ad urlare che non avrei mai più risposto ad una sua chiamata, che non avrei mai più fatto privati con lui, che non avrei mai più assecondato i suoi capricci.
Mi rendevo conto che c’era qualcosa di stonato in tutto questo, qualcosa che non comprendevo.
In fin dei conti, Jack stava solo facendo ciò che di solito faccio io: sottomettere.Io mi ero offerta di farlo perciò non potevo prendermela con lui.
Ma perch&egrave la mia natura &egrave quella di dominare? Perch&egrave mi piace che ci sia qualcuno che rispetti i miei ordini e che faccia sempre e solo ciò che dico? Perch&egrave mi piace umiliare le persone e rispondere con autorità ai miei servi?
Semplicemente perch&egrave sono insicura e perch&egrave in tutta la mia vita ho cercato di costruire un muro intorno a me in modo che nessuno potesse entrarmi dentro, in modo che coloro che non avevo autorizzato a penetrare la mia anima, mi odiassero, mi stessero distanti.
Era così anche per Jack?Anche lui aveva costruit un muro?Se lo aveva fatto di certo era più solido del mio che stava crollando pian piano.
“No Jack…nn mi avrai…nn riuscirai a spezzarmi. Riuscirò ad addolcire il tuo cuore di pietra, fosse anche l’ultima cosa che faccio”.
Continuai a farmi sottomettere, ma ad ogni seduta diventavo più forte e il mio corpo si abituava pian piano al dolore. Il mio animo si induriva e la mia voglia di prevalere su di lui aumentava ogni minuto di più.
La tortura andò avanti per circa un mese. Un giorno, non so perch&egrave, Jack smise di scrivere con il carattere maiuscolo e cambiò il suo nick name col suo vero nome, Antonio.
Fu il suo modo per dirmi che avevo vinto,mi fece capire che mi apprezzava e che gli avevo dimostrato di essere forte.
Ma la mia forza, o meglio, gran parte di essa, viene da lui, dal mio padrone, dal mio torturatore, dal mio controllore, da colui che mi ha insegnato a tenere sempre la testa alta in ogni situazione e a lottare fino alla fine.

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