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Racconti di Dominazione

IL PADRONCINO 4

By 15 Gennaio 2008Dicembre 16th, 2019No Comments

Si svegliò quando le linguette di Zaira e Bea (sui piedi), di Francesca (sul culetto) e di Claudia (sulla schiena) lo stavano leccando teneramente. Le altre sue schiave dormivano, tranne Ambra che leggeva un libro. Le svegliò e le sistemò tutte in cerchio, in ginocchio attorno al suo letto.
– Aprite le bocche e quando mi avvicino, mi accarezzate dolcemente le palle. Darò a tutte un po’ del mio piscio caldo, che terrete in bocca sino a quando avrò innaffiato tutte le mie roselline- annunciò sorridendo.
Una dopo l’altra, le prese sotto il mento, appoggiando il suo cazzo sulle labbra di quelle belle boccucce spalancate. Guardandole negli occhi, fece un po’ di pipì in bocca a tutte, mentre le mani delle schiavette sfioravano le sue palle. Ruppe il cerchio, facendo mettere su una sola fila tutte le ragazze.
– Vi piace la mia pipì, vero?- Con la bocca piena del suo liquido caldo, tutte risposero positivamente, chi muovendo la testolina, chi mugugnando.
– A me piace vedervi tutte con la bocca piena!- disse mentre si accarezzava il cazzo, già diventato duro. La vista delle sue dodici schiave, nude in ginocchio lì davanti a lui con la sua pipì in bocca, lo eccitava e gli trasmetteva un senso di onnipotenza.
-Ve la lascio gustare ancora un po’- disse sistemandosi a gambe aperte sul lettone.
– Adesso -ordinò- una dopo l’altra, sempre tenendo il mio piscio in bocca, verrete a darmi il buongiorno baciandomi le palle. Verrete qui sulle quattro zampe e poi tornerete al vostro posto, rimettendovi in ginocchio.-
La boccuccia di Luisa fu quella che apprezzò di più, lasciandola baciare le palle molto più a lungo delle altre. Quando tutte furono passate dalle sue cosce e risistemate in ginocchio su una fila di fronte al suo lettone, disse:
– Al ‘tre’ berrete la mia pipì tutte insieme: uno’ due’ e tre! Giù tutto, da brave!-
Si alzò, le passò in rassegna facendo loro aprire la bocca per sincerarsi che tutte avevano bevuto il suo piscio. Ognuna dovette ringraziarlo per averle gratificate con la piì in bocca:
– Grazie, mio padroncino- dissero tutte guardandolo negli occhi.
Giunto in fondo, risalì la fila per far gustare alle schiavette il suo cazzo e per farsi ancora accarezzare dolcemente le sue palline. Prese i capelli di qualcuna tra loro, dirigendo bocca e lingua là dove voleva farsi leccare. La linguetta di Manuela lo massaggiò a lungo sul glande, facendogli vibrare il cazzo.
– Adesso farete colazione!- Le ragazze dovevano presentarsi con un vasetto di marmellata, stenderne un po’ dove volevano sul suo corpo disteso sul letto e poi leccare. Ambra fu la più maliziosa: chiese a William di girarsi e spalmò la sua marmellata sulle chiappe. Un po’ di confittura (al mandarino) scese sul suo buchetto del culo e allora Ambra ripose il vasetto, gli allargò le chiappe con le mani e leccò avidamente sull’orifizio.
– Uh, che buono, eh?- mugugnò William, che poi costrinse tutte le altre schiavette che ancora non avevano mangiato a spalmargli la marmellata sul culo e poi a leccarlo sino a quando non diceva perentorio ‘Cambio’: al che la schiava lasciava il posto a un’altra ragazza.
Le mandò poi a fare la doccia e una dopo l’altra, una volta lavate e preparatesi, andavrono in cucina a finire la colazione (bevendo un buon caff&egrave), passando però prima dal lettone di William per esibirsi in qualche giochetto. Tutte lavorarono di lingua, ma Giacoma e Bea il padroncino se le inchiappettò ben ben, facendosi poi pulire il cazzo con la lingua. ‘Avete un bel culetto stretto e eccitante- disse loro guardandole mentre leccavano quell’uccello che adesso sapeva un po’ di cacca.
Era venuto il momento di usare lo scudiscio. William si sistemò in ginocchio sul letto e rimise in funzione la passerella-carosello. Sempre accarezzandosi il cazzo, fece compiere alle sue schiave due o tre giri, indeciso su chi sarebbe stata la prima ad assaggiare il frustino. Le fece mettere in ginocchio, fece aprir loro la bocca e cacciar fuori la lingua, le fece girare ben rimirare quei dodici splendidi culetti. Infine decise: scelse Ombretta. La fece venire presso di sé sulle quattro zampe, le mise il cazzo davanti la faccia e ordinò:
– Succhialo bene!- Mentre sul carosello le schiave completamente nude mostravano le loro grazie, William prese lo scudiscio e cominciò a frustare il culetto di Ombretta, posto bene in alto. Quando sulla passerella Manuela finì davanti al lettone, col telecomando William fermò il carosello, le ordinò di mettersi sulle quattro e la fece avvicinare al letto. Tutta nuda, Manuela fu invitata a spalancare le gambe e a accarezzarsi la passerina. E mentre la linguetta di Ombretta languiva i suoi coglioni, William si gustava lo spettacolo di Manuela che si masturbava e nel contempo continuava a frustare la schiavetta, costretta poi dal padroncino a scendere più sotto, affinché potesse leccare sotto lo scroto e il buchetto del culo. Congedò Ombretta con un suadente ‘Brava, lecchi proprio bene’ e chiamò la stessa Manuela a continuare il lavoretto di lingua. Riavviò il carosello, ordinando alle sue schiave di toccarsi figa e tette, mentre i colpi di scudiscio si abbattevano forti e regolari sulle natiche di Manuela. Prese una frusta più lunga, si distese a gambe aperte e disse alla schiava di leccargli il culetto: mentre le ragazze giravano tutte belle nude attorno al suo letto, la frusta colpiva il culetto rialzato di Manuela, costretta sulle quattro zampe e con la lingua che andava su e giù sul buco del culo di William.
– Attenta adesso: una frustata significa un bel lecchino e se non ti frusto mi baci dolcemente sotto le palle.- Si deliziava alla vista delle sue schiave che si masturbavano e ogni tanto colpiva Manuela, talvolta con colpi davvero forti. A ogni colpo, la schiava smetteva di baciare le chiappe del suo padroncino e cacciava la lingua nel buchetto. William scelse altre tre o quattro schiavette per continuare a farsi leccare l’orofizio, poi decise che era ora di sborrare. Si rimise in ginocchio sul letto, chiamò Francesca dinnanzi a sé, le fece spalancare la bocca e prese a scopare quella boccuccia come un forsennato. Volle la lingua di Domiziana sul culetto, quelle di Ambra e Bea sui piedi e quelle di Ester e Giacoma sulla schiena. Quando Luisa fu dinnanzi al lettone (sul carosello che continuava a proporgli le grazie delle altre schiavette belle nude), si tirò la testa di Francesca sul pube e gridò:
– Vengoooo!- frustando la schiava con inaudita violenza.
– Tieni la sborra in bocca- disse a Francesca, mentre chiamò Giacoma e Ester a leccare le ultime gocce di sperma. Francesca fu infine costretta a baciare Domiziana, passandole parte della sborra.
– Qui in giocchio, le braccia dietro la testa- ordinò a Domiziana e Francesca, le due schiave gratificate dalla sborrata del padrone. Riprese lo scudiscio e le colpì sulle tette. Poi interruppe la gragnuola di colpi e ordinò:
– Attente adesso, al tre ingoierete la mia sborra: uno’due’e tre! Giù tutto, da brave!
Si accasciò sul letto, stravolto da quell’orgasmo meraviglioso e fece venire tutte le sue dodici schiave a leccarlo. Nives e Bea si accaparrarono le ascelle, Ambra e Domi i suoi piedi e le altre si distribuirono sul suo corpo: tutte cacciarono fuori la lingua come desiderava il loro padrone.
– Adesso ci prepariamo per andare in spiaggia, ma prima devo fare ancora la pipì: chi vuole bermela?- La più lesta ad alzare la mano fu Nives, che il padrone fece venire sopra di sé con la bocca all’altezza del cazzo. William le infilò il cazzo tra le labbra, le accarezzò dolcemente i capelli e guardandola negli occhi le disse:
– Il padroncino ti piscia in bocca, fortunella!- e si liberò di tutto il suo piscio. Nives poté gustarsi la pipì per qualche minuto, mentre William le lasciò anche il cazzo in bocca a deliziarsi di quella bella linguetta e del caldino della pipì che aveva concesso alla sua schiava, finché ordinò: – Bevitela tutta!-
William distribuì alle sue schiave un bikini e un pareo. In piedi sul lettone, le fece venire a una a una in ginocchio davanti a sé, lo mise in bocca a tutte e frustandole mentre queste ciucciavano sceglieva per loro i vari colori di bikini e pareo. Volle che Giacoma gli leccasse per bene le palle, mentre il suo scudiscio accarezzava schiena e culetto della schiava. Stanco di vedersi ciucciato, si infilò un costume da bagno, dei pantaloncini e una maglietta e infine disse:
– Adesso siamo pronti, possiamo andare!-

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