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Racconti di Dominazione

Il Padrone

By 13 Settembre 2007Dicembre 16th, 2019No Comments

Il Padrone.

Era il periodo della raccolta delle olive quando sono venuti a prendermi, la nostra casa era piccola e buia, fatta coi mattoni crudi di fango e un tetto di quattro assi e tegole raccattate, fredda d’inverno e calda in estate, la mamma era sempre malata e quando non era ammalata era stanca, il babbo sempre fuori a cercar qualcosa da fare e a bere le poche lire che guadagnava’ ma in quella casa ci ho passato 15 anni insieme alle mie sorelline e ai miei fratelli.
Mi caricarono su quel carro trainato da due buoi vecchi e bavosi, mi ci caricarono come fossi legna da ardere o come fossi stata una giara di granaglie muffite, non sapevo ne dove stavo andando ne perché, ne per quanto tempo sarei stata via.
Il vecchio che venne a prendermi se stava seduto con le funi del legate al giogo fra le mani, mi guardava placido e sorrideva, sputava sorrisi fuori dalle labbra unte come sputava la saliva densa e ingiallita dal sigaro , mi fissava con sguardo ebete, era ripugnante con quei baffi giallognoli e ispidi che scoprivano, di tanto in tanto, una dentatura formata da pezzi di smalto anneriti e nere alternanze di vuoti’
‘Quattro ore abbiamo viaggiato.
Ho visto quella casa arrivarmi addosso da lontano come un miraggio che sorge dalla campagna piatta del Campidano, sembrava appoggiata sul fianco delle alte colline sovrastate da un imponente Nuraghe. Era una grande casa a due piani e circondata da un altissimo muro intonacato e dipinto a calce, era immersa in campi di fiori gialli di Acetoselle che sembravano aprirsi rispettosamente a far spazio alla strada di terra ocra, diritta e ben curata, bordata da due file di antichi e maestosi cipressi, sulla destra un secolare bosco di olivi brulicava di servi che le battevano e le raccoglievano nei cesti di giunco, tutto il fianco della collina era un’immensa vigna appena vendemmiate, si perdevano alla vista dietro il pendio. Dietro la casa, tutto il resto del monte, senza lasciare posto a coltura alcuna, era costellato dalle macchie bianche delle pecore che potevo contare a migliaia, e poi diventava ripida fino a divenire pascolo da capre.

Il vecchio prima di varcare l’immenso portale ha riso per l’ultima volta, poi &egrave diventato serio e mi ha detto:
‘Tutto quello che vedi &egrave del Signor Padrone, se non ti avesse mandato a chiamare lui in persona ci saremo fermati a sa mizza, alla fonte, per più tempo! Uhhh, se ci saremo divertiti un po’! io e te’ pitzinna mea.’
Mi domandai cosa avesse voluto dire con quella frase ma mi parve una minaccia’
Certo che il signore che &egrave padrone di tutta questa roba, se ne &egrave veramente padrone, deve essere davvero molto ricco pensai.
Una serva vecchia viene a prendermi al carro, insieme a una serva più giovane. La vecchia &egrave curva sotto lo scialle e sembra triste, non dice una parola, aspetta che scenda e mi fa solo cenno col capo di seguirla. L’altra serva &egrave più giovane, molto più giovane, ha l’aria di chi &egrave stizzita per qualcosa, sembra lei la padrona dalle arie che si da…
‘Il mio alloggio &egrave pulito. Ho un letto vero, un tavolino e una cassapanca, c’&egrave pure una finestrella che guarda verso il sorgere del sole, tutto mi sembra così bello’ quasi dimentico il dolore d’essere lontana da casa e la paura per questo nuovo e sconosciuto mondo.
La serva giovane entra con me, mi mostra le cose, sembra indispettita, non risponde ai miei sorrisi ed esce senza neppure un cenno di saluto.
Subito arriva una donna, non &egrave vestita in costume, non &egrave giovane ne vecchia, ne bella ne brutta, mi informa sbrigativamente perché sono li:
‘Tu da adesso sei a servizio della casa, il compenso sarà il vitto e l’alloggio, e dieci lire mensili dalle quali detrarremo quel che rovini, il cibo e i vestiti! ‘
Mi parve una cifra enorme.
‘Quali saranno i miei compiti? Io non ho paura mica di lavorare! ‘
Lei mi afferra le mani e le guarda. Il suo sguardo mi rattrista! Guarda le mie mani; &egrave vero, sono mani che hanno sempre lavorato, ma’ la vecchia parla svelta e interrompe seccamente i miei pensieri.
‘Il tuo compito &egrave quello di fare quello che ti si dice di fare! Non dovrai mai commentare, mai disubbidire, mai chiedere perché o contestare quel che ti si chiede di fare, non dovrai mai essere sgarbata! Mai! Intesu m’azzi?! ‘
Arriva un’altra serva, mi accompagna in una cucina tanto grande che valuto a passi sia molto più vasta della mia casa considerata per intiero, mi da un secchio.
‘Va al pozzo e prendi acqua e poi mettila a scaldare! ‘
Mi devo lavare, mi informano! Mi fa spogliare, ho vergogna ma non oso fiatare, entro nella tinozza cercando di coprirmi, si avvicina mi lava con una striggiula di crine e il sapone per la biancheria, e io ho sempre più vergogna’ ma poi passa, mi rivesto, mi da un vestito quasi nuovo e mi sento una regina.

Ho visto il padrone solo molti giorni dopo la mia venuta, &egrave un bell’uomo, non &egrave troppo vecchio, si vede che &egrave ancora molto forte, elegante veste giacca e corpetto, pantaloni e stivali da cavallo, tiene un frustino in mano &egrave il cappello in testa lo fa sembrare ancora più alto. Quando &egrave arrivato io ero nel centro del patio accanto al pozzo. Lui &egrave smontato da cavallo mentre tutti gli correvano attorno creando molta confusione. E poi lui ha fatto un cenno con il frustino e tutti si sono allontanati. So che mi ha guardata, lentamente si &egrave avvicinato. &egrave un uomo che incute rispetto, anzi, più che rispetto quello che ho provato &egrave stato terrore. Sentivo che era vicino a me, mi ha girato lentamente attorno due volte e poi si &egrave allontanato.
Il giorno appresso, nonostante la festa della Madonna delle Acque fosse già passata da due domeniche, sembrava una di quelle belle giornate d’agosto.
Dopo il pranzo la donna che comandava le serve mi ha fatto chiamare. Nella stanza c’era una tinozza piena di acqua calda.
‘Spogliati e lavati bene! ‘ disse e io senza capire mi sono lavata, ‘sbrigati mi diceva’ e io mi sono sbrigata e rivestita!
‘Prendi questo rosolio e portalo al signor padrone! ‘ ha detto senza guardarmi.
Mi sono sentita sprofondare. Avevo paura ma non sapevo perché.
“Perché proprio io con tutte le serve che ci sono”‘ ho pensato, ma mai avrei avuto il coraggio di chiederlo.
Sono salita nella grande casa con le gambe tremanti, la donna mi accompagnava impettita precedendomi. Il terrore di rovesciare il vassoio era forse più grande di quello di dover servire il signor padrone.
Una casa più grande di qualsiasi casa grande che potessi immaginare era quella. Di fronte a una porta, all’altro capo di un lunghissimo corridoio, la donna si ferma, bussa leggerissima e aspetta da un lato. Io ancora non sapevo che la signora padrona a quell’ora stava da un’altra parte della casa, lei mi sembrava buona, lei mi era apparsa come una donna giusta, ma era nell’altra ala a riposare, quando il padrone stava in quello studio non voleva essere disturbato! Da nessuno! Mai e per nessun motivo.
La donna mi fa cenno di entrare, e chiude la porta alle mie spalle. Io entro tremante e con gli occhi bassi a terra,.
‘Poggialo sul tavolo! ‘ mi dice una voce profonda.
La camera era grandissima, due finestre sembravano assorbire la luce dell’intiera piana, e da quelle si poteva controllare tutto il cortile e gran parte delle proprietà. Grandi armadi di buon legno scolpito, un altissimo ed enorme letto, un tavolo massiccio, una scrivania di legno lucido e scuro ingombra di carte, una monumentale cassapanca coperta di intarsi di cinghiali e uccelli, e poi tappeti, tende, scaffali di libri la rendevano ai miei occhi increduli davvero grandiosa.
‘Come ti chiami? ‘ ‘
‘Mi chiamo Rosa, signor Padrone, Per servirla! ‘ così dovevo rispondere e cercai di non sbagliare.
‘Rosa’ sei un bocciolo o una rosa aperta? ‘ rise che sembrava un cervo.
Non capii subito, ma quella frase comunque ebbe l’effetto di mettermi in imbarazzo e in agitazione. Arrossii, sentivo le guance avvampare ma il padrone ancora non mi dava il permesso di andare.
‘Credo che sei ancora un bocciolo’ Quanti anni hai? ‘ ‘
‘Quindici signor padrone, per servirla, quasi sedici! ‘ e lui mi gira lentissimo intorno, scrutandomi come fossi una Saccaia * alla fiera e lui un compratore.
Resto immobile guardando il pavimento. Vedo i suoi stivali, sento la punta del frustino che mi si appoggia sul mento, lo solleva lentamente e mi obbliga a guardarlo. Ha enormi baffi grigi ingialliti dal tabacco’ il cappello a tese larghe in testa. Riabbasso lo sguardo.
‘Quindici anni e sei ancora un bocciolo! ‘ mi prende una spalla con la mano, vicino al collo, e la palpa, l’altra, mi tasta i fianchi’ come stesse valutando se comprare una cavalla, o una giumenta o davvero una saccaia. Mi aspetto che mi faccia aprire la bocca per vedere i denti, invece mi appoggia le mani sui seni. Mi irrigidisco, mi sento svenire’ io non sono una mucca da latte.
Vedo sempre gli stivali, vedo che infila una mano nell’asola del frustino, mi annusa i capelli, il collo, come fanno i cani’ poi mi poggia entrambe le mani sulle spalle e mi spinge in basso ad inginocchiarmi.
Da quella posizione vedo le sue mani che slacciano la cintura, chino il capo aspettando d’essere battuta.
‘Non aver paura piccolina, non voglio batteri! Non oggi! ‘ poi le mani aprono lentamente i bottoni dei pantaloni, uno dopo l’altro.
Io cerco di non guardare, ma lui di nuovo mi obbliga con la punta dello scudiscio. Non capisco proprio cosa stia facendo, so solo che vorrei fuggire, vorrei urlare, vorrei essere nella mia casa.
Si &egrave aperto completamente i pantaloni, forse porta le bretelle dato che non cadono a terra. Porta le mutande’ meno male! Afferra un bottone e lo apre, e poi il secondo. Cerco di voltare il capo per non vedere ma la frusta lo impedisce.
Infila una mano sotto il tessuto, la muove come a modellare un pezzo di creta’ ma io purtroppo so che non &egrave creta’ va avanti per qualche minuto che mi sembrano ore, poi estrae la mano. Per un attimo ho sperato che tutto sia finito, ma nella mano, insieme alla mano, nella mano ha il suo, il suo’ &egrave quasi nero, piegato da una parte, lo muove davanti ai miei occhi, lo stringe e se lo strofina, ha l’aria soddisfatta di un porco appena sfamato.
Mi sento afferrare per i capelli, si avvicina e lo appoggia alla mia faccia, cerca di farmelo prendere nella bocca’ ecco quello che sta cercando di fare! Mi sollevo di scatto.

Il pugno mi toglie il respiro, arriva dall’alto verso il basso sulla spalla, mi ha fatto così male che pensavo avesse rotto l’osso. Ricado sulle ginocchia e lui mi riappoggia il suo’ quella cosa sul viso. Sposto il viso di lato cercando di non guardare e di non respirare. Il secondo pugno mi coglie sullo zigomo, non era uno schiaffo, gli schiaffi non sono tanto dolorosi, neppure il babbo quando era molto ubriaco mi ha fatto mai tanto male’ e poi i capelli, all’inizio non sentivo il dolore alla testa, poi cominciai a sentirlo, era come se li stessero strappando arrotolandoci un ferro rovente.
‘Hai capito? Su’ non voglio essere cattivo, non farmi arrabbiare! ‘ sibila lui.
Ho sentito sulla faccia la carne della sua mincia, il suo’ sesso appoggiarsi alle mie labbra, ha stretto ancora i capelli, poi mi ha chiuso il naso con due dita e stringe, stringe’
L’ho fatto per non soffocare. Tutto mi girava attorno, tutto &egrave diventato scuro, tutto sembrava come all’arrivo di uno di quei treni che sbuffano fumo, soffiano vapore e fanno scappare perfino i cani, e quel rumore, quel rumore &egrave nella mia testa, quel fumo mi ha avvolto, quel fischio mi ha stordita, il rumore assordante delle ruote mi ha tramortita.
Poi, quando s’&egrave soddisfatto, mi ha mandata via. Come si cacciano i cani con la rogna.
La donna stava aspettando fuori dalla porta, dunque sapeva tutto. E io che pensavo di chiedere aiuto’ Sciocca!
Sono corsa a lavarmi, ma più mi lavavo e più mi pareva di essere sporca, sputavo cercando di scacciare quell’orrendo sapore che, allora non sapevo, mi avrebbe accompagnata per molti anni. Vomitai liquidi amari senza aver cenato. E più rigettavo più mi pareva di scorgere quella sostanza bianca e densa e vomitavo nuovamente.
Quella notte, e le notti successive, ho seguitato a provare quelle sensazioni come a riviverle senza soste. L’ossessione, arrivata alla fine dell’incubo, invece di scomparire, ricominciava’ la sensazione di quel la mincia moddi dentro la bocca, la stretta dolorosa delle sue dita che spingevano e tiravano, la nausea, il ricordo del dolore alla spalla e al viso, quella orribile sensazione quando quella cosa ha cominciato a crescere dentro di me, quando si &egrave indurito come il membro del demonio, sa mincia de Satana’ ecco, il demonio in persona guida le mani del padrone! Suggerisce le sue turpi azioni, detta i suoi atti osceni. Ho capito d’un tratto le parole di don Pasqualino.
Col tempo ho imparato che non sono ne la prima, ne la sola, ne l’ultima a subire quelle attenzioni Padrone.
I maiali sono creature di Dio, &egrave peccato paragonare uno come lui a una creatura di Dio, per questo non lo paragonai ad un maiale’ solo il desiderio di aprirlo non s’arresolza mi dava forza e vergogna. Pregavo e chiedevo perdono a Santa Maria des’Aquas, ma lei non mi conosceva, non si curava di me, mai un solo segno, mai un solo consiglio.
Col tempo ho imparato che non ho alleate in questa casa come non ne ho in paradiso, non ho amiche, nessuna che dica o faccia qualcosa. Qualcuna delle serve addirittura quando il Padrone le manda a chiamare per portargli il rosolio si mostra felice. Si lavano per bene velocemente e corrono col vassoio. Ma dico: &egrave mai possibile che la signora Padrona non sappia?

Mi ha richiamata dopo tre settimane. Lui non sopporta vedere le serve con i lividi che lui stesso provoca’ Maria una sera &egrave tornata con un occhio completamente chiuso, non l’ha più chiamata per mesi, e lei ha pianto, e io questo non lo capisco. Io non reagisco più, mi sono fatta picchiare per mesi, ma adesso ubbidisco! E, zitta!, Muda.
Ho tutto il tempo che voglio per pregare e chiedere scusa al Signore e piangere.continuo a pregare anche se nessun santo mi da ascolto.
Ho compiuto sedici anni che lui era via, &egrave stato via quasi due mesi. &egrave stato un periodo meraviglioso, io lavoravo e pregavo che non ritornasse, ma poi &egrave tornato.
La stessa sera che &egrave tornato la serva più anziana mi ha detto che dovevo portarle il rosolio, sono andata nel retro per lavarmi, ma c’era anche Filomena quella sera che doveva lavarsi.
Filomena &egrave una nuova, una poverina di Galtellì’ &egrave arrivata tre settimane prima che il padrone partisse, l’ha subito chiamata, prima che potessi metterla in guardia, spiegarle’ ma lei &egrave tornata senza un graffio, e ha detto, dopo, che il padrone &egrave un bell’uomo.
‘M’ha fatto un regalino!’ mi ha detto mostrandomi un anellino di rame lucido con una perlina di corallo.
Proprio non riesco a capire, Filomena si &egrave arrabbiata nel sapere che stavo per salire dal Padrone, mi ha detto di andarmene, ma la Signora l’ha zittita.
‘Silenzio, sembrate due galline in amore, il Padrone ha chiesto di tutt’&egrave due! ‘
Quando siamo entrate era già buio da un pezzo, il grande camino illuminava la stanza più dei due lumi a petrolio. E il padrone ha chiuso la porta.
‘Tu sei Filomena! E tu? ‘ ‘
‘Rosa! ‘ ‘
‘Ah già’ Rosa ‘ rise.
‘Non sei più chiusa però! ‘ e rise nuovamente.
Si avvicina a Filomena, quella sorride e sembra a suo agio. La accarezza e lei pare contentissima, tanto che: svergognata e malaytta, le afferra le mani e le bacia mentre lui la tocca, le slaccia i nastri del corpetto scoprendole i seni. Filomena ha seni enormi, ha solo un anno più di me ma sembra una donna grande. Lui comincia a stringerli, lei soffre, lo capisco che le sta facendo male, ma finge che le piaccia, e allora il padrone le solleva la fardetta e la sottogonna e le mette una mano fra le gambe e serra il pugno. Filomena sussulta, urla soffocata ma sorride’ sorride sempre. Io mi volto, questa scena &egrave disgustosa e non capisco perché mi abbia voluta li. Il padrona senza voltarsi mi sibila di guardare’
‘Rosa’ Rosa, non ti piace? Se ti giri m’offendi, e se m’offendo divento cattivo, e se divento cattivo poi te ne penti! ‘ ridacchia.
Fa un solo gesto e Filomena si inginocchia, slaccia la cintura, sbottona i pantaloni, apre i bottoni delle mutande, infila la mano e fruga come ha sempre fatto lui stesso con me davanti. Lui allarga un poco le gambe, inarca la schiena e pare felice. La afferra per i capelli e stringe. E lei estrae quella mincia e comincia a succhiarla, la lecca, la mordicchia, la succhia tenendola fra le labbra. Va avanti per molto tempo.
La prima volta, con me, ha impiegato più di venti minuti a diventare quasi dura’ poi, le altre volte ci mise sempre più tempo’ hoi, oramai gia ho imparato a conoscerlo.
Le serve mormorano, certe cose si vengono a sapere’ Lucia, che &egrave stata sposata, racconta che suo marito non impiegava più di un minuto per essere duro’ alle volte nel letto la toccava e si girava, e quando che s’era girato era già duro. Ma il padrone non ci riesce diceva.
Quando s’indurisce dura pochissimo, pochi secondi e schizza e ridiventa molle in un’amen. Lucia dice che a suo marito la mincia rimaneva tosta e soda un sacco di tempo, e che spesso anche lei godeva, ma lui non doveva saperlo perché era fatto all’antica, e si sa non sta mica bene che le femmine provino piacere in quelle cose di letto. Solo le bagasse pare sappiano godere se il cliente &egrave uno che vale’ dicono.
&egrave per quello che nella casa del padrone ci sono sempre molte serve, e che molte stanno pochi mesi e poi vengono cacciate, &egrave per quello che se qualche serva non riesce a farlo indurire viene percossa. Marica, la serva più vecchia ha detto a Lucia che anni fa una serva &egrave morta per le bastonate, e che hanno raccontato alla famiglia e ai carabinieri che era caduta dalla scala del granaio grande sulla quale era salita a prendere delle cose. E si dice che nessuno ha fatto altre domande.
Filomena continua a lavorare con la mincia del padrone, e lui parla’ non lo aveva mai fatto se non per insultare e bestemmiare i santi e la Madonna.
Parla ansimando con una voce distorta.
‘A Roma, ho visto delle cose’ Ho conosciuto donne’ mica come voi miserabili serve! Donne vestite di seta pura, sopra e sotto. Una donna voleva che io lo facessi a lei” sghignazzava.
Intuisco che intenda che quella donna gli abbia chiesto che lui baciasse lei’ li’ in mezzo alle gambe. Arrossisco e lui s’accorge.
‘Vero? Che razza di schifezza! Dove s’&egrave visto un uomo che bacia il pinnacciu della donna? &egrave la donna che deve’ succhiare la mincia del maschio’ &egrave il maschio che deve godere della bocca della femmina! Il sesso della donna &egrave del diavolo, &egrave sporco, serve solo a far figli. E su cunnu di quella cagna di mia moglie neanche a quello &egrave servito!’
Aumenta il ritmo Filomena, sembra disperatamente impegnata nel tentativo di soddisfarlo’
‘Ma ho visto anche un’altra cosa! ‘ spinge Filomena così forte che lei rotola e sbatte la testa e finisce sotto il tavolo. Lui ride forte, se ne sta col suo sesso molliccio penzoloni fra le gambe ma sembra di buon umore.
‘Non volete sapere cosa ho visto che tanto mi &egrave piaciuto? Che mi ha fatto arrettare così tanto che non ci credevo neppure?’
Annuiamo energicamente simulando un interesse vivissimo ma del tutto falso’
‘Una sera care mie bambine’ in una casa’ una signora, mi ha consigliato due ragazze’ mi ha detto che erano sorelle, io non ci ho mica creduto’ non si rassomigliavano per nulla’ ma le ho provate lo stesso!’ mentre dice questo ci ordina di salire sul letto.
‘Toglietevi le scarpe bambine, state comode! ‘ e noi ubbidiamo.
‘Voi, non ci crederete. No! Non ci volevo credere neanche io in fondo figuriamoci voi ignoranti e cieche. Ma poi le ho viste e ci ho creduto! Perché non vi mettete comode? Su Rosa, slacciati anche tu il corsetto da brava! ‘
Non me lo aveva mai chiesto, s’era sempre limitato a torturarmi le tettine da sopra la veste, precipito in un torrente di imbarazzo e vergogna.
‘Quelle due’ signorine’ si sono spogliate a vicenda’ su da brave, fatemi vedere che non siete da meno di quelle puttane d’alto mercato! E quando si sono spogliate si sono abbracciate, e dopo una ha preso il viso dell’altra e l’ha baciata! Fattemi vedere, fate vedere allo zio che ne ha tanta voglia! ‘
Rimango paralizzata, non sono certa di aver sentito bene, ma Filomena si spoglia tutta, si toglie perfino l’ultima veste e fa cenni perché lo faccia anche io. So che non posso rifiutarmi, so che mi potrebbe uccidere se non lo faccio, ha gli occhi di un demonio, sembra avere uno spirito malvagio dentro l’anima’ Questo &egrave Satana che lo consiglia, la sua voce &egrave quella di Lucifero, i suoi gesti quelli di Belzebù!
Mi spoglio con un dolore fortissimo allo stomaco, la testa mi gira ma mi spoglio. Serro le gambe e cerco di coprirmi i seni con le braccia’
‘Su brava bambina dai un bacio alla tua sorellina! ‘ mi giro e bacio Filomena sulla guancia. ‘Ma noooo, quella signorina l’ha baciata sulle labbra. Su brava, su! ‘ mi giro e bacio velocissima Filomena.
‘No carissima, noooo! ‘ quasi urla, poi ritorna pacato e riprende:
‘Con più dolcezza bambina, immagina che sia il tuo moroso, immagina che sia il coglioncello dei tuoi sogni, quello con il quale ti strofineresti rotolandoti nel fienile’ su da brava! ‘
Mentre lo dice afferra la grossa cinghia, la sfila dai pantaloni, la gira nel pugno e s’avvicina. Io m’accosto a Filomena. Anche lei &egrave letteralmente paralizzata, anche lei non vuole farlo, ma anche lei non ha scelta, la fibbia ci farebbe a pezzi, anche se non &egrave periodo di raccolta troverebbe una scusa’ “erano nella stalla e il cavallo s’&egrave imbizzarrito’ oppure il toro, lo sapevano tutti che quel toro &egrave pericoloso! O magari, non dovevano andare a prendere i funghi fra quei dirupi'”
Appoggio le labbra su quelle della ragazza, rimaniamo inerti, ma lui adesso &egrave vicinissimo e ci guarda attento,
‘Su, non &egrave un bacio questo! ‘
Io non ho mai baciato nessuno, cosa vuole di più?
‘Ho detto baciatevi! ‘ sibila sputandomi saliva e alito fetido addosso.
Filomena non &egrave come me, lei &egrave stata con qualche ragazzo, nel suo paese la consideravano una svergognata, lei si che aveva provato a baciare, solo che &egrave paralizzata dal terrore. Anche lei sa che stiamo facendo una cosa immorale, contro la natura e contro i sacramenti.
La scudisciata ci arriva sulla schiena senza averla vista partire’ brucia.
‘Il primo avvertimento solo col cuoio, il prossimo col ferro! ‘
Filomena mi afferra stretta, sento la sua disperazione e quel contatto mi da forza, la stringo anche io come l’unica roccia nel vorticoso torrente gonfio di pioggia che ti porta via, poi s’accosta e mi bacia.
Sento le sue labbra fredde, vedo, dietro un velo, che piange. Le lacrime sgorgano anche a me senza che riesca a frenarle. Guardiamo lui che ci guarda da pochi centimetri, ne sentiamo il nauseabondo alito fatto d’aglio, di decomposizione e di sigaro rancido su di noi.
Filomena incomincia a muovere le labbra, sento le sue labbra sfregare sulle mie, ma sento che non &egrave peggiore d’essere toccata da quel mostro, non peggio d’avere nella bocca quel suo pezzo di carne pudescio, Filomena mi pizzica il labbro superiore stringendolo con le sue labbra, si sposta e le sfrega, e poi le riprende fra le sue. In fondo non &egrave disgustoso’ cerco di pensare a qualcosa che mi distolga, penso alla mia sorellina più piccola, chissà come stanno a casa? Continuiamo a baciarci meccanicamente, cerco di imitarla, cerco di fare come fa lei dato che il padrone sembra essersi calmato, se &egrave questo che lo ammansisce’ mi muovo come Filomena, ma le labbra secche per la paura fanno un po’ male, ci mordiamo a vicenda sfregandoci le labbra. Io vorrei trattenere la saliva, non voglio schifare Filomena, purtroppo ogni tanto qualche goccia scappa. Ma dopo un poco ci accorgiamo che serve ad aiutarci, se sono asciutte fanno male, se le inumidiamo scorrono senza graffiare. Ringrazio la sua saliva e la lascio impiastricciarmi con sollievo.
Nel far questo sento la punta della lingua di Filomena toccare la punta della mia. Per un attimo sussultiamo tutte e due, ci guardiamo bene dallo smettere ma sentiamo, credo entrambe, come un calore strano. Arrossisco, la guardo e anche lei &egrave arrossita.
‘Bene bambine, state andando bene, forse non vi punisco oggi ‘
Incomincio a recitare il Rosario mentalmente, ma qualcosa mi confonde, non ricordo le litanie, non ricordo neppure il Paternoster, non riesco a concentrarmi’ perché quella sensazione mi confonde così profondamente? Perché provo quel sentimento che definirei rilassatezza? Perché il terrore &egrave quasi svanito? Perché non provo disgusto? &egrave forse naturale tutto questo, o &egrave opera del demonio?
Filomena adesso mi stringe più forte, e da quella stretta traggo coraggio, &egrave come se per la prima volta non fossi più sola, adesso &egrave come se avessi qualcuno di cui fidarmi.
La stringo anche io più forte, e quando lo faccio lei mi passa la lingua sulle labbra, e io tremo, ma sento che anche lei trema. E schiudiamo le labbra assieme, e assieme ci tocchiamo la lingua. Non fa così tanto orrore! Ma lo sgomento mi assale nuovamente: perché provo quella sensazione? Perché sento il desiderio di rifarlo?
&egrave un turbine, &egrave come se la tempesta mi sollevasse e mi scaraventasse nell’aria senza poter reagire, ma io dovrei avere terrore della tempesta’ invece le spingo la lingua fra le labbra e mi sento svenire sentendo che lei la succhia piano. La ritraggo spaventata, cerco solo di muovere le labbra e sfregarle sulle sue. Ma &egrave lei che adesso le dischiude penetrandomi, e io non voglio ma succhio, e la sua lingua viene dentro di me. Lascio che rimanga, ho quasi paura che la tolga, &egrave calda, buona, amica mia, mia protettrice.
Ma la ritrae e io la seguo senza staccarmene.
La muovo, e lei la muove. Esploro la sua bocca senza vergogna, senza pensare a cosa ha mangiato, senza pensare alle malattie, allo sporco, a quello che direbbe la gente, ne a quello che direbbe il Curato, ne al castigo di Dio’ Penso solo a quel piacere infinito che mi sta stordendo’ Forse &egrave questo, si, sicuramente se ascoltiamo queste sensazioni non pensiamo all’alito del padrone ai suoi occhi cattivi che ci guardano. Il padrone’
‘E poi, una delle signorine ha rovesciato l’altra e le ha baciato le tette e poi l’altra lo ha fatto a lei’ ‘
No, non voglio che si adiri, &egrave cos’ eccitato che ci batterebbe davvero con la fibbia. Sto proprio per rovesciare Filomena quando lei mi spinge indietro, si china e mi da un bacio sul seno. Sento le sue labbra baciarmi proprio vicino al petto, quasi sul bottoncino, mi sollevo un pochino perché voglio vederla. Bacia prima uno e poi l’altro, non &egrave bello come sulle labbra, ma &egrave comunque piacevole. &egrave tenera e delicata, la sua bocca non &egrave certo come le manacce del padrone, non provo dolore, non mi fa male, ma neanche provo il piacere di quando ci baciavamo. Continua a muovere le labbra come facevamo prima, man mano diventa più bello, “In fondo”, penso “quando eravamo piccole, anche noi abbiamo bevuto il latte dal seno, solo che adesso’ speriamo che non la costringa a baciarmi nelle punte, dove uscirebbe certamente il latte”. Filomena si concentra, mi bacia con molta accuratezza, pian piano avvicina le labbra proprio li, ai capezzoli, sembra che le piaccia, mordicchia con la punta delle labbra ma senza stringere, ci mette davvero molto impegno. Sento il respiro diventare pesante, devo respirare sempre più velocemente, il cuore sembra che mi scoppi, ha sfiorato una punta, la sento ingrossarsi, sembra che Filomena abbia la bocca caldissima, cerco ancora di pregare per scacciare anche questa sensazione indegna, ma riesco solo a pregare che Filomena lo faccia nuovamente, e ogni volta che sento le sue labbra sui capezzoli ho voglia di urlare, ho voglia di prenderle il viso e costringerla a succhiare solo li. Li sento esplodere, mi bruciano, pizzicano come avessi l’ortica sulle tette, me se le bacia, se lecca i capezzoli passa, e se li succhia diventa un paradiso, e se li prende fra le labbra’
Quando li pizzica leggermente fra i denti sento un movimento incredibile nelle viscere, come un lago di calore che parte dal centro delle gambe, arriva ad onde, mi culla e mi da la sensazione che un fiume scorra tiepido fra le mie cosce, li’ dove non si può dire.
Provo vergogna, so che il padrone ci guarda, so che &egrave vicinissimo, so e spero che gli diventi duro, so che lo dovrò prendere in bocca e succhiarlo finché non mi riempie di quella schifezza, ma so anche che penserò alle labbra di Filomena mentre lo faccio, a quei suoi baci, alle sue carezze, a questa sensazione di assoluto piacere nei capezzoli e fra le gambe. Mi scosto senza sapere come, senza sapere perché senza capire se davvero sono io ad averlo fatto, rovescio Filomena sul cuscino, le afferro i fianchi e le bacio i seni.
Non ho tempo e non voglio perderne, poggio le labbra sulle punte e strizzo. Ha seni grossi, ovali, bianchi e sodi, sono enormi rispetto ai miei, ha capezzoli scuri e prominenti, gonfi e duri, li afferro con le labbra e succhio leggermente, li sento che inturgidiscono ancora appena li sfioro, e sento anche che quando li bacio lei trema’ anche lei sta provando quello che ho provato io, questo sapere mi scaraventa dentro una felicità incomprensibile, e continuo godendo nel sentirla tremare, fremere di quello stesso piacere che io ho provato, e che, sto provando adesso.
Il padrone mi prende una mano, prende anche una mano di Filomena, le accompagna rudemente sul suo sesso, lo afferriamo entrambe, &egrave molliccio e questo mi spaventa. Incominciamo ad accarezzarlo, ma continuo a succhiare Filomena come se lui non esistesse sulla terra, sento soltanto il contatto della mano di Filomena sulla mia mano, intrecciamo le dita l’un dentro l’altra e accarezziamo insieme il pene del padrone, e sembra che funzioni, mi accorgo vagamente che incomincia a diventare duro, ma la delicatezza delle dita di Filomena mi ripaga e mi distrae, e sono sicura che per lei &egrave lo stesso, man mano che diventa duro riusciamo a massaggiarlo meglio, e il pericolo s’allontana. Forse &egrave distratto, risalgo ad incontrare le labbra di Filomena, io non lo vedo, ma Filomena lo vede, capisco dai suoi occhi che va tutto bene. Riprendiamo a baciarci in maniera languida, disperata, come assetate che bevono a fine agosto da una fonte insperata.
Adesso &egrave duro il membro del Padrone, forse come non lo aveva mai avuto prima, certo vederci fare l’amore lo ha eccitato, forse non si arrabbia.
Il padrone mi afferra un fianco facendomi male, mi costringe a sollevarmi carponi e io mi afferro ancor più tenacemente alle labbra di Filomena. Filomena &egrave distesa con le gambe unite poggiata sul guanciale,
‘E adesso ricomincia a baciarla! ‘ Mi ordina il padrone.
Mi sollevo un attimo. Non s’era dunque accorto che lo stavamo già rifacendo?’. &egrave come se mi avesse fatto un regalo.
Mi sporgo in avanti, sono dritta su di lei, con le ginocchia divaricate ai lati delle sue gambe, non m’importa più se il padrone ci sta guardando così spogliate, basta non pensarci, isolarsi’ mi chino e incontro la sua bocca, riprendiamo a baciarci con tutta l’esperienza che ci ha fatto felici poc’anzi.
Il padrone continua a farsi massaggiare il pene, &egrave strano’ &egrave duro da qualche minuto e lui non chiede di succhiarlo’ si stacca, s’allontana, rimango con la mano di Filomena stretta alla mia. E travolgente come ci stiamo baciando, non m’accorgo che il padrone sale sul letto dietro di me, mi viene vicino stando ritto sulle ginocchia, sento afferrarmi i fianchi, Filomena lo vede, mi stringe forte la mano, mi passa il braccio attorno al capo e mi stringe, aumenta l’intensità muovendo veloce la lingua, poi stringe ancora più forte’
Sento qualcosa che si appoggia dietro me, mi paralizzo, Filomena mi stringe ancora più forte, sento quel qualcosa entrare dentro di me! Sento dolore, sento un forte dolore e un senso terribile di disgusto. Comincio a piangere, in silenzio. Guardo con gli occhi appannati il viso di Filomena, piange anche lei, la stringo forte, ci mordiamo le labbra, il sapore del sangue si mescola a quello dolce del nostro bacio.
Sento i colpi della sua verga nel mio sesso, li conto. Sono stati soltanto sei prima di sentire il liquido scorrere dentro di me, prima ancora che il sangue della mia verginità arrivasse a toccare il lenzuolo lui era già sdraiato a bearsi della sua eroica impresa.

So che quel lenzuolo lo ha conservato, vile trofeo in memoria di uno stupro, so che in un cassettone ne ha altri due di quei lenzuoli, uno &egrave quello di sua moglie, uno di una sua cugina, tutti e due antichi ed ingialliti, unici e tristi documenti delle sue due uniche e squallide prestazioni prima di me, imprese per lui però memorabili.
So però per certo che si rendeva conto di quanto poco sia stato uomo! So, adesso, quanto la moglie sia disgraziata, ma so anche che quella notte Filomena mi &egrave stata vicina, so che la delicatezza delle sue mani nel cercare di lenire la mia ferita &egrave stata ciò che l’ha fatta rimarginare’ e so, adesso, che tutte le notti che &egrave venuta nella mia stanza non &egrave venuta invano, e che tutte le volte che mi ha fatto godere accudendo la mia ferita ha cancellato un pezzetto della mia e della sua sofferenza’

E so, con assoluta certezza, che la Signora ha fatto una cosa saggia e giusta quando quella notte di vigilia lo ha aperto in due come un capretto da latte. Non avrebbe detto nessuno che ne avesse avuto la forza, nessuno lo avrebbe detto ma l’ha fatto e nessuno ha pensato di tradire quel segreto, mai!
Si, &egrave stata saggia la decisione di tutti: serve, servi, fattori, pastori’ di sostenere davanti ai carabinieri che di tragico ed imprevedibile incidente di abigeatari forestieri si e trattato!

* ( giovane pecora che non ha ancora figliato, per questo molto ricercata dai buongustai )

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