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Racconti di Dominazione

Il ritorno della maga

By 11 Dicembre 2009Dicembre 16th, 2019No Comments

di tom tom2075@hotmail.it

Da quando sono stata ridotta alle dimensioni di una bambolina dalla mia crudele padrona, la strega Isabella, la mia vita non è più la stessa. Beh, un modo più banale per iniziare la mia storia non potevo certo trovarlo. E’ normale che risvegliarsi un giorno con un’altezza di soli quattro centimetri faccia un brutto effetto. Per di più sono prigioniera di una donna malvagia, profonda conoscitrice di ogni arte magica del mondo occulto. Ma la cosa che più mi procura problemi è la sua propensione ad usarmi come giochino durante i suoi più scellerati divertimenti. Il secondo giorno di permanenza nella casa di padron Isabella mi sono svegliata nelle sue mutande; il mio corpo era schiacciato da un lato dalle chiappe (devo ammettere praticamente perfette) della mia proprietaria e dall’altro dal tessuto in pizzo del suo intimo. Mutandine nere, molto costose. Isabella è anche assai ricca. Durante l’intera permanenza nel solco delle sue natiche mi sono dovuta sorbire una sequela inenarrabile di flatulenze dritte in faccia. La mia tremenda aguzzina aveva mangiato fagioli, aveva detto, ed il loro effetto era stato quello di palle da schioppo. In più di un’occasione mi sono sentita prossima a soffocare. Verso le tre di notte, la padrona s’è anche girata nel letto e lo spazio a mia disposizione è divenuto ancor più angusto. Mi sono sentita schiacciare contro il materasso senza poter opporre resistenza. Il mio corpo è affondato fra le natiche della padrona e la mia faccia s’è indirizzata dritta dritta verso il suo buchino odoroso. Ho visto l’ano contrarsi, dilatarsi, ed infine sparare una bombarda dritta nelle mie narici. Il fatto è che, essendo ridotta alle dimensioni di un insetto, il ‘buchino’ aveva per me le dimensioni di uno scarico fognario, e anche l’effetto è stato quello. Il muro d’aria della sua scurreggia mi ha spettinata tutta, e per un minuto o due non ho più sentito nulla. Fortunatamente Isabella si è girata ancora e sono riuscita, sebbene a fatica, a uscire un poco dalla fessura delle sue chiappe. Non prima, naturalmente, di ricevere un’altra trombetta in pieno volto. Gli occhi mi si sono riempiti di lacrime, perché questa puzzava di merda da fare schifo.
Insomma, non ho chiuso occhio per tutta la notte. Se li chiudevo, era solo per la puzza.
Al mattino, Isabella ha infilato due dita nelle mutandine, mi ha presa per la testa e mi ha tirata fuori dalla mia prigione notturna.
‘Allora, schiavetta mia. Dormito bene?’
‘Fammi tornare come prima!’ ho urlato.
Isabella ha sorriso e mi ha rimesso nelle sue mutande.
‘Eccoti al calduccio. Volevi tornare qui, giusto?’
‘Non tornare qui nel senso nelle tue mutande! Come prima! Grande come prima! Voglio tornare alle mie dimensioni originali!’
‘Ah, piccola mia’ma lo sai che questo non è possibile! Ormai tu mi appartieni!’
‘Sei pazza! Si accorgeranno della mia scomparsa. Verranno a cercarmi!’
‘Sì, poverina! Ci speri ancora, eh?’
Mi tirò fuori e mi lasciò sullo scendiletto. Un attimo dopo vidi uscire le sue lunghissime gambe dalle lenzuola. I suoi piedi, ciascuno dei quali era lungo quanto una piccola imbarcazione, si posarono a qualche metro di distanza.
‘Adesso provvediamo anche a quello, così che nessuno debba venire a cercarti. In effetti sarebbe una bella seccatura, non trovi?’
‘Ah, sì? E come pensi di fare? In città mi conoscono tutti!’
La maga indossava una lunga veste di seta nera. Mi osservò dall’alto in basso non fossi nient’altro che un insetto da schiacciare, poi si avvicinò al comodino, aprì un cassetto e ne estrasse una bambolina di pezza.
‘Sai cos’è questa?’
‘No’
‘Si chiama simulacro. Può diventare tutto ciò che io voglio’
Mi raccolse in una mano e mi avvicinò alla bambolina. Con voce lenta e profonda la udii scandire alcune parole in una lingua arcana e a me sconosciuta, poi, con un movimento veloce, passò la bambolina sulla figa e la impregnò dei suoi succhi.
Un attimo dopo toccò a me venire immersa in quella fessura odorosa e calda. Ne uscii come la prima volta che Isabella mi aveva adoperata come dildo per godere. Ero in un bagno di succhi vaginali profumati e densi. I miei abiti laceri ne erano inzuppati.
Strofinò la bambolina a me e terminò di pronunciare l’incantesimo. Il simulacro fu gettato a terra con noncuranza. Accadde tutto in pochi secondi, quasi il tempo di gonfiare una di quelle bambole di gomma dalle sembianze umane che vendono nei porno shop. La bambolina aumentò di dimensioni fino a raggiungere l’altezza della maga’anzi, no, per essere più precisi assunse le mie dimensioni. Quelle che avevo prima che questa diabolica fattucchiera mi trasformasse in quel che sono adesso. Il simulacro aveva acquistato non solo la mia corporatura, ma anche i miei lineamenti, la mia fisionomia, il mio sguardo. E quando si inginocchiò umilmente ai piedi della padrona per baciare i suoi piedi curati e mostrare la dovuta riconoscenza alla propria creatrice, compresi che quel fantoccio di stoffa e magia aveva anche qualcos’altro di mio’la mia voce, i miei ricordi!
‘Salute a voi, o regina della Tenebre!’ disse la schiava ‘Comandi la sua devota servitrice come più la aggrada’
Isabella sollevò un piede e andò ad appoggiare sulla nuca della donna, schiacciandole la faccia sullo scendiletto.
‘Ecco una perfetta riproduzione di Sara. Naturalmente la sua durata è limitata. Il simulacro ha una vita media di sei mesi’
‘E al termine di esso?’
‘Allo scadere del tempo, tu sarai già mia. Sbaverai per poter restare al mio servizio come schiava sessuale adibita al mio piacere’
‘Questo mai!’
‘Facciamo così, allora. Se al termine dei sei mesi sarai ancora intenzionata ad andartene e riprendere la tua ignobile esistenza di inutile essere umano, ti lascerò andare senza obiezioni. Naturalmente dopo averti restituito le tue dimensioni originarie. Se invece deciderai di restare al mio servizio, farò dire al simulacro che te ne andrai da casa e che nessuno ti dovrà più cercare’
‘Non accetterò mai di divenire la tua serva’ dissi io, più convinta che mai.
‘Bene’ disse Isabella, sollevando il piede dalla testa della copia e mandandola via ‘Staremo a vedere. Tu vestiti e preparati ad uscire. Da oggi prenderai il posto della mia nuova schiava’
‘Sì, mia superba sovrana Isabella. Sono onorata nel poterti servire come”
Isabella le sparò un calcio in faccia.
‘Basta con questa tiritera! Eccheccazzo! Uno trasmette in voi il soffio vitale e voi gli rompete le palle con ‘ste minchiate di formule di cortesia! Ma sapete che voi spiriti demoniaci siete proprio degli ingrati!’ E dicendo questo gli rifilò un pestone violentissimo in pieno viso ‘Se qualcuno ti domanda qualcosa, digli che quel livido te lo sei fatto in macchina, picchiando la testa contro il volante’
‘Sì, mia dea Isabella’sono felicissima di poter essere a lei d’ausilio in questa”
Un altro calcione. Isabella salì con entrambi i piedi sulla copia e la scavalcò letteralmente.
‘Quando esco dal bagno non ti voglio neppure vedere. Se sei ancora in casa ti spacco le ossa a furia di calci.
Mi portò in bagno.
‘Oggi, non so perché ma mi sono svegliata male, cara’ disse ‘Forse è per l’abboffata dell’altra sera. Ho mangiato e bevuto come una scrofa. Dovrò fare un incantesimo per non ingrassare. Capisci, noi donne non possiamo permetterci d’ingrassare’
Mi legò con lo spago per le caviglie e mi lasciò penzolare dal bordo del water.
‘Che cosa hai intenzione di fare?’ strillai.
‘Oh, suvvia! Non ti sarai già dimenticata del giochino di ieri, vero?’
‘Sei una schifosa”
Non ebbi il tempo di terminare la frase che il buio calò su di me, in quell’antro cavernoso che era la tazza del water. Un water per me più grande di una stanza. Fui irrorata da uno schizzo possente e caldo. Era come essere inondati di brodino caldo, se non fosse stato per il fatto che l’orina ha un sapere ben diverso dal brodo. E intanto, sopra di me, udivo la maga che canticchiava felice.
‘Trallallà! La pisciatina cristallina! Trallallà! La pisciatina sulla cretina’! Oh, come sono ganza! Oh, come sono divertente!’
Ed io che gridavo ‘No, no’mi è andata negli occhi! Bruciano!’
Ma mentre lo gridavo la piscia mi entrava pure in bocca e allora mi veniva da gridare ‘No, no’mi è entrata anche in bocca. Soffoco!’
Terminata quella chilometrica pisciata, sono stata sollevata per il cordino. Non prima, naturalmente, di essere stata sottoposta al lancio mortale di due getti gassosi di rara entità e tossicità.
‘Oggi niente cacca, mia sporca schiavetta’ ha annunciato la maga ‘Solo un pochino d’ariuccia’uh, ma come puzzi! Urge subito un bagnetto purificatore’
Mi ha presa e mi ha portata nel box doccia.
‘Ecco, avrai l’onore di vedere la tua padrona che fa la doccia. Dovresti sentirti onorata, per questo’
‘Sono solo schifata da vomitare’
‘Ah ah’sei uno spasso!’
Si è tolta la veste di seta, il reggiseno e gli slip. Era la prima volta che la vedevo integralmente nuda e dovetti ammettere con me stessa che la mia aguzzina era sì, cattiva come una strega, ma anche assolutamente bellissima. Il suo fisico sembrava essere stato concepito da un pittore d’altissimo livello. Per un attimo rimasi incantata ad ammirarla. Dentro di me una vocina sussurrò ‘Rimbambita! Cosa stai facendo? Ti metti a lodare le forme di una strega che ti tiene prigioniera?’
Era vero. Mi svegliai dal torpore con un’imposizione della volontà. Non lo avessi fatto, l’acqua mi avrebbe probabilmente travolta senza che me ne accorgessi e sarei morta affogata. La maga mi aveva lasciata sul pavimento del box ed aveva aperto il flusso dell’acqua, iniziando a lavarsi. Con un balzo, riuscii a raggiungere il bordo del vano doccia, e l’impeto delle onde mi scaraventò contro l’orlo rialzato del piatto al quale mi aggrappai con tutte le mie forze. Isabella, nel frattempo, si stava tranquillamente facendo la doccia. Scrosci alluvionali di acqua tiepida scivolavano sulle sue forme divine, turbinando attorno a me e formando gorghi spaventosi. Per fortuna, il livello dell’acqua più alta di un tanto non poteva giungere, poiché lo scarico la portava via man mano che scendeva, ma quella che restava sul piatto doccia era sufficiente a raggiungermi il petto. Ed era violentissima. Non so come riuscii a resistere per tutto il tempo che la gigantessa impiegò a lavarsi. Naturalmente, Isabella fece il tutto senza fretta, senza preoccuparsi del fatto che mentre lei si faceva la doccia nella più assoluta tranquillità, io rischiavo di morire. Poi fu il turno della schiuma. Un ondata di spuma bianchissima mi seppellì letteralmente. Odorava di pino silvestre e mi pizzicò gli occhi. Non vidi più nulla, le mani si fecero deboli ed infine perdetti la presa. Mi ritrovai a vagare come un tappo di sughero in un mare burrascoso, sbattendo a casaccio contro il bordo del piatto doccia, le caviglie della maga, di nuovo l’orlo della vasca; infine, come destino di ogni scoria, atterrai sopra lo scarico. Era un gorgo spaventoso. Un mulinello degno del più terrificante racconto sui Maelstorm scandinavi. Ma la maga non lasciò che finissi nello scarico delle fogne. Mi prese appena in tempo con due dita e mi appoggiò al centro del piatto.
‘Eh, come siamo debolucce! Povero insettino in forma umana! Adesso stattene un po’ buono e approfittane per lavarti’
Per impedire che la corrente mi trascinasse via, mi schiacciò sul pavimento con l’alluce e continuò a lavarsi. Riuscivo a mettere la testa fuori dall’acqua solo per brevi momenti, annaspavo in un mare di acqua torbida, schiume, riprendevo fiato solo a tratti. Non so dire per quanto tempo durò tutto questo tormento, ma quando finì, e l’acqua cessò di scorrere, la maga sollevò il piede e la doccia si svuotò in pochi secondi.
‘Allora, schiavetta mia, siamo o non siamo un po’ più pulite?’
‘Mavvaffanculoteechitamessoalmondocanediquel”
‘Ehi ehi’piano con le invettive! Non siamo mica in una stalla! Anche tu sei tale e quale a quegli insulsi demoni infernali dei quali mi circondo! Una piccola ingrata guastafeste! E poi guarda come ti sei ridotta il vestito! Sembri uscita da quel film, come si chiama’ah, sì, ‘Il pianeta delle scimmie’. Ma via! Presentiamoci da esseri senzienti! Ti ci vuole proprio un bel vestitino nuovo’vediamo un po’, un bel vestitino da schiavetta’e oplà!’
Schioccò le dita e come per incanto un nuovo vestito apparve attorno a me. Mi ritrovai pure magicamente asciutta. Era una sorta di tunica color sabbia che mi lasciava le gambe scoperte da mezza coscia in giù. Niente di particolarmente elegante, ma fatto apposta per essere funzionale.
‘E’ fatto in un tessuto magico, che se si strappa si ripara da sé. Bene, ed ora a me. Vado in camera a vestirmi’ disse la maga, indossando il soffice e caldo accappatoio ”e tu vieni con me, visto che non hai niente di meglio da fare’
Mi raccolse come si raccoglie un bruscolo di ghiaia dal terreno e mi depositò fra le sue enormi tette (che grandi lo erano già a cosa normali, ma adesso, dalla mia prospettiva, erano addirittura delle basiliche bizantine!).
Mi aggrappai ad un lembo dell’accappatoio e restai lì, sospesa fra quelle bocce enormi che ballonzolavano da una parte e dall’altra. In quella circostanza non mi sarei fatta irretire dalla più sensuale delle visioni e devo ammettere che le tette della strega erano veramente perfette. Mi portò in camera e lì mi lasciò sul letto.
‘Stasera verrà a trovarmi un mio amico. Io sono una lesbica convinta, ma non è per me che lo invito. E’ che sono fermamente convinta che anche le pulci schiave come te meritino una ricompensa, quando lavorano bene. E tu, leccapiedi mia, fino a questo momento hai svolto degnamente il tuo compito. Mi hai fatta divertire. Di solito, quelle che non ce la fanno le lascio cadere nello scarico del water e tiro lo sciacquone’
‘E loro che fine fanno?’
‘Non ha importanza’chi non serve ai miei scopi non è degno di ammirare oltre la mia divina presenza, non sei d’accordo?’
Che domanda sciocca! Se avessi potuto riprendere le mie normali dimensioni, le avrei cavato gli occhi con le unghie.
‘Stasera verrà a trovarmi un mio amico, uno stregone di alta lega con il vizietto dei segoni a due braccia. Spero che riuscirai a soddisfarlo, ridotta alle tue attuali condizioni. Ti servirà tutta te stessa. Sai, è molto dotato”
‘Ma tu sei pazza!’
”e poi di sparerà in faccia la sua brodaglia lattiginosa. Sta attenta a non morire soffocata o perderò il mio trastullo della settimana’
‘Sei una bastarda! Io me ne voglio andare!’
Feci per saltare giù dal letto, ma la strega fu più veloce. Mi afferrò per le gambe e mi lasciò penzolare a testa in giù ad un palmo dalla sua faccia.
‘Ma che ingrata! Io ti concedo l’onore di poter essere il mio giocattolo’il giocattolo della strega Isabella’e tu mi rispondi così?! Adesso ci vuole una severa punizione che ti insegni a stare al tuo posto!’
Detto questo mi condusse nello stanzino delle scarpe, che era ampio e ben illuminato. Aveva riservato alla sua numerosissima collezione di scarpe un’intera stanza. Dalla rastrelliera sulla parete opposta alla porta d’ingresso andò a prelevare un paio di stivali alti al ginocchio (al suo ginocchio, ovviamente, ma per me erano alti come grattacieli’) e mi inserì in uno di essi. Quando mi trovai sul fondo del pozzo le mie narici furono invase dall’odore dei piedi della strega. Era un odore forte, e cercai di coprirmi la bocca con le mani. Fu tutto inutile. Dopo qualche attimo sentii qualcosa di enorme che scendeva giù per il collo dello stivale. Era il piede della gigantessa. La punta del piede mi colpì alla schiena e nell’oscurità non riuscii a raccapezzarmi su cosa stesse accadendo. Mi spinse con irrisoria facilità verso la punta dello stivale e lì mi lasciò, a respirare l’angolo di quel mondo buio in cui il sudore si raccoglieva più forte e intenso. Ero schiacciata dai due lati; da una parte la parete dello stivale, dall’altra la punta delle dita della padrona. Era senza calze.
Non so per quanto tempo rimasi in quello stato. Fu terribile e mi sembrò di soffocare. Infine, quando la vista si fu meglio abituata all’oscurità, mi decisi a tentare una maldestra fuga. Mi accorsi che fra il lato destro del piede e la parete dello stivale era rimasto uno stretto passaggio, talmente piccolo che per attraversarlo io stessa mi dovetti rannicchiare come un verme. Iniziai a strisciare verso il tallone, e riuscii a raggiungere la metà del piede quando all’improvviso udii la padrona che diceva ‘Oh, ma cosa abbiamo qui? Un insettino fastidioso che zampetta sul mio piedino? Eh, no no no! Agli insettini molesti non è permesso andarsene in giro senza permesso!’
E senza aggiungere altro sollevò la gamba e la riabbassò di colpo, causando un vero e proprio sisma dell’ottavo grado della scala Richter nel mio piccolo micro mondo buio e all’odor di piedi sudati. Lo stomaco, già in subbuglio per aver dovuto respirare tanto a lungo quell’aria densa e maleodorante, non riuscì a reggere. Vomitai sul plantare anche il panettone dell’anno precedente. Poi venni sbalzata senza possibilità di appiglio contro la soffice pelle del piede e contro le unghie curate della strega. Mi ritrovai al punto di partenza, dolorante e intontita. Non cercai di ripetere l’impresa, non ce l’avrei fatta comunque. E le mie condizioni erano pessime. Stentavo persino a respirare. Che avessi qualcosa di rotto? Non lo sapevo. Sapevo solo di aver male dovunque.
Qualche minuto più tardi la padrona si sfilò gli stivali.
‘Ecco la mia schiavetta disubbidiente!’ esclamò entusiasta ‘Adesso sei salva, non sei contenta?’
Mi lasciò cadere sul pavimento e mi toccò delicatamente con la punta del piede. D’istinto, annaspando nell’aria pulita della stanza, provai il desiderio di baciarlo. Di baciare quel piede gigantesco la cui proprietaria mi aveva appena strappato alla morte. Dovevo essere veramente esausta per pensare ciò’come potevo provare riconoscenza per la strega dopo che proprio lei mi aveva imprigionato sul fondo dello stivale?
‘Grazie, padrona’ le parole mi uscirono così e non riuscii a trattenermi.
‘Non c’è di che, sguatterina dalle dimensioni di una pulce’però non farmi più arrabbiare sennò sarà mille volte peggio, intesi?’
‘No, padrona’non accadrà più’
‘Bene, adesso” schioccò le dita. Le lacerazioni alla tunica si rimarginarono di colpo e così svanirono la mia nausea e il dolore alle ossa.
Balzai in piedi.
‘Incredibile!’ esclamai.
La padrona mi sbatté nuovamente sul pavimento con un calcetto.
‘Cagna, io sono una strega. Posso fare di te quello che voglio’
‘Sì, padrona’
‘Rendimi omaggio come merito’
Mi inginocchiai ai suoi piedi, mi prostrai con la fronte sul pavimento e supplicai il suo perdono.
La strega rise di gusto.
‘Sì, sei proprio una schiavetta fatta e rifinita’altro che donna in carriera! Sei nata per leccare le suole di gente come me!’
Mi avvicinai di più e le baciai un piede. Era gigantesco e impiegai molto tempo solo per onorare l’alluce.
Ma la padrona si stancò in fretta e mi respinse con una forza inaspettata. Fui scaraventata qualche metro indietro e mi rialzai dolorante.
‘Basta, puttana! Adesso devo vestimi!’
‘Sì, padrona!’
Mi prese con due dita e mi depositò in un paio di decolleté dal tacco altissimo, nere, lucidissime e bellissime. Dovevano essere molto costose.
‘Qui non rischierai di soffocare mentre io sono via, tornerò fra un poco”
Uscì dalla stanza e spense la luce. Il bordo della scarpa era troppo alto per me. Non sarei riuscita a scappare in nessuna maniera. Ma in fondo perché affaticarsi tanto? Non avevo speranze di fuga, la strega me l’aveva fatto capire molto chiaramente. E se per caso fossi stata scoperta mi avrebbe schiacciato sotto i suoi piedi senza alcuna pietà.
Mi sedetti sul plantare della decolleté e attesi il ritorno della padrona. Sapevo che sarebbe tornata solo per divertirsi ancora con me’con me e con il suo amico mago, a quanto avevo capito. Quello a cui avrei dovuto fare un segone gigante. Non potei fare a meno di domandarmi come sarebbe stato masturbare un cazzone di tre o quattro metri di lunghezza.
Oddio, meglio non pensarci’

tom

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