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Racconti di Dominazione

IN BALIA DI LUI

By 6 Maggio 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

Indosso soltanto un paio di autoreggenti nere e una benda di raso sugli occhi. Come mi hai ordinato tu. Mi posiziono come piace a te, e rimango ferma immersa nei miei pensieri ad aspettare il tuo arrivo.’

Si apre lentamente la porta e dietro essa si sentono dei passi per me inconfondibili. Io sono inginocchiata poco distante, con le ginocchia aperte, i piedi uniti, il sedere che sfiora i talloni, le mani appoggiate sulle cosce a palmi aperti e rivolti in alto, il capo chino.

Ti avvicini lentamente e poi ti fermi vicino a me, mi sento sotto osservazione, sono esposta e vulnerabile. I tuoi passi ripartono, ora cammini lentamente intorno a me, una volta, due…guardando come mi presento al mio signore. Sento crescere l’ansia e rabbrividisco di anticipazione, tutto &egrave così estenuante e lento, mentre io vorrei sentirti su di me. I passi improvvisamente cessano, ti pieghi e ti avvicini a me, il tuo profumo mi solletica le narici, il tuo respiro mi scalda il collo. La tua voce lenta, ferma, calma e decisa entra nel mio orecchio…”oggi tu non verrai”.

A questa frase il mio corpo reagisce subito eccitandosi, sento pulsare il mio sesso, i capezzoli si induriscono, il respiro si fa affannoso. Te ne accorgi subito e ti immagino sorridere malizioso e sadico ancor prima di sentire che stai sorridendo…”sarà un piacere vederti supplicare per un orgasmo, ma, te lo ripeto, oggi non ti permettero’ di venire, &egrave tutto chiaro?” Sono sempre più eccitata, tra le labbra sono umida, mentre la bocca &egrave secca, in un sussurro dico “Sì, signore”.

Prendi dolcemente le mie mani prima una, poi l’altra e le porti dietro la schiena. Hai una corda e mi blocchi così i polsi. Poi mi aiuti ad alzarmi e mi conduci con te. Ti siedi su una sedia e apri le gambe, io sono al tuo lato destro, mi fai chinare su di te… il mio addome poggia sulle tue cosce, il mio collo &egrave posizionato sulla tua coscia sinistra, il mio bacino sulla destra. Apro subito le gambe perché tu mi vuoi sempre disponibile per te. La mano sinistra percorre lentamente le braccia e la schiena…la destra risale lungo le gambe, le cosce, internamente…poi sfiora le natiche. Io mi abbandono al tuo tocco leggero ed eccitante, quando la tua mano si abbatte sul mio sedere con una serie ravvicinata di colpi, uno dopo l altro, inesorabili, inclementi, nello stesso punto…poi le tue dita scivolano tra l’umido delle labbra per accarezzare.’

“Tutto questo &egrave piacevole, vero?”. La mano sembra consolatoria mentre accerezza la pelle arrossata e calda, e quando le membra sembrano rilassarsi e fidarsi ecco che un nuovo colpo si abbatte. Ogni nuovo colpo genera piacere e dolore, un misto di sensazioni che si tramutano nell’eccitazione che di tanto in tanto vai a controllare tra le mie cosce. Le tue dita allora sfiorano il clitoride, e quando il piacere si manifesta chiaro, qualche colpetto leggero lo va a sedare.

Sento le tue mani che mi sollevano il busto, mi fai alzare in piedi, ” ora rimani in piedi a gambe divaricate” mi ordini con voce decisa allontanandoti da me.’

&egrave passato un tempo indefinito. Silenzio, i miei pensieri e il silenzio. Non percepisco dove ti trovi, cosa stai facendo, ma ho la certezza che i tuoi occhi puntano su di me, sento il tuo sguardo che mi brucia la pelle. Poi sento i tuoi passi lenti, regolari, cadenzati, hai ripreso a camminare intorno a me molto lentamente, ti prendi tutto il tempo che vuoi allo scopo di far aumentare la mia ansia, di farmi innervosire, di rendermi insicura, di farmi sentire in stato di inferiorità. Mi’conduci verso il tavolo, ” sali sul tavolo e mettiti in ginocchio a gambe aperte” mi comandi in maniera perentoria, quindi con mano ferma mi abbassi la schiena finché la guancia non poggia sul nudo legno. Sento che prendi una sedia e ti siedi dietro di me, poi non ti vedo né ti sento più, passano i minuti e rimango in quella posizione scomoda e sospesa nuovamente nel silenzio, in compagnia dei miei pensieri e delle supposizioni di quello che succederà . Dopo un tempo interminabile sento il tuo respiro caldo sul mio sesso, la tua lingua accarezza le labbra molto dolcemente, facendosi strada fino a raggiungere il clitoride e continua a lambirlo molto delicatamente. Si sentono solo i miei gemiti, mentre ti appresti a godere del contenuto del calice che hai scelto. Improvvisamente tutto si ferma, sento solo un dolore sordo provocato dalla mancanza della tua bocca…”ricordi cosa ti ho detto inizialmente? Tu non puoi venire. Ora io continuerò a dissetarmi e tu dovrai mantenere il controllo sul tuo piacere”. Quindi le tue labbra sulle mie, la tua lingua sul clitoride, le tue parole che scivolano via dalla mente e senza quasi accorgermene esplodo come un fiume in piena nella tua bocca. Un orgasmo liberatorio, pienamente goduto, tanto quanto proibito.

Percepisco i tuoi movimenti come se fossi un pesciolino nel suo acquario, lontani, ovattati, confusi. Non posso vedere nulla, ma ti sento armeggiare con qualcosa che appoggi sul tavolo. Sono corde. Una prima la fai passare tra la corda che mi lega i polsi e la fermi alle gambe anteriori del tavolo. Con la seconda mi leghi la caviglia destra e la fissi alla gamba del tavolo. Ripeti l’operazione con la gamba sinistra. Un brivido mi percorre la schiena nel realizzare che sono un tutt’uno con il tavolo quasi completamente immobilizzata. Così mi sento la tua schiava, in totale balia delle tue voglie.

“Sei bella in questa posizione di totale sottomissione con le tue parti più intime aperte alla mia vista, come uno scorcio segreto e privato che nessun altro potrà vedere.”

Alle tue parole segue l’entrata delle tue dita dentro di me, senza aspettare che io sia pronta, mentre l’altra mano mi sfiora il sedere, risale molto lentamente lungo la linea della spina dorsale fino a toccarmi la nuca. Questa scia così lenta e leggera mi provoca brividi di piacere e di strenuante attesa. Il mio corpo si abbandona alla carezza delle tua dita e, mentre sono in questo stato di rilassamento, la mano afferra un seno e stringe forte il capezzolo. L’altra mano &egrave sempre dentro il mio corpo e tu sei chinato su di me, sento il tuo respiro caldo sulla pelle del collo, sento le tue labbra che mi sfiorano il lobo, poi mentre le dita stringono e ruotano dolorosamente il capezzolo, la tua voce penetra nel mio orecchio frammista ai miei lamenti: “Ora ricordi cosa ti ho detto di non fare? Riuscirai a essere ubbidiente e ad anteporre i miei desideri ai tuoi?”‘

La mia voce esce dalle labbra socchiuse quasi in automatico, senza che il cervello ne abbia approvato la logica delle parole, in un soffio: “Sì, signore. Il mio unico desiderio &egrave compiacere te, sono tua, ogni mia parte del corpo e della mente &egrave tua proprietà”.

“Bene, vediamo se saprai esserne in grado” e fai seguire alle tue i movimenti delle dita inserite nel mio sesso, continuando ad eccitarmi. “Ora ti aiuterò io a deconcentrare i tuoi pensieri dal piacere” e prendi due mollette e con mosse repentine le fai scattare sui miei capezzoli. Una smorfia di dolore si si disegna sul mio volto, ma non voglio darti soddisfazione e faccio del mio meglio per sedare i lamenti ricacciandoli nello stomaco.

La mano libera ora si porta dove &egrave l’altra e mentre una continua a penetrarmi, l’altra sfiora il clitoride. Il dolore forte ai capezzoli si tramuta nel tempo in bruciore di sottofondo che getta acqua sul fuoco dell’eccitazione crescente. I gemiti cominciano ad affacciarsi timidamente e il piacere a scavarsi la sua galleria verso l’esterno. La tua mano abbandona il clitoride e si abbatte sul mio sedere, mentre l’altra inesorabile stimola le mie pareti interne vaginali. Le sculacciate di intensità e ritmo variabile, prima forti, poi sopportabili, prima ravvicinate poi inframezzate da pause, sono alternate a carezze sulla parte arrossata. La mia mente &egrave assorbita in un turbinio di emozioni e sensazioni corporee di varia natura, dal dolore, al fastidio, al piacere, so che devo controllarmi, ma desidero abbandonarmi al godimento. Voglio fare quello che mi hai chiesto non tanto per schivare una punizione, ma per renderti orgoglioso di avere scelto me.

Mi porti vicino all’orgasmo e poi ti fermi, poi riprendi e poi sospendi nuovamente allo scopo di far impazzire il mio corpo e la mia mente, allo scopo di far uscire dal mio controllo il mio desiderio. Le tue dita sono dentro di me, anche analmente, mentre l’altra mano accarezza e colpisce e in un crescendo di eccitazione sento un urlo di godimento liberatorio. &egrave una voce femminile…non puoi essere tu…oh mio dio, sono io. Non può essere successo nuovamente.’

La tua mano &egrave ancora dentro di me che assorbe ogni contrazione del mio piacere, mentre l’altra risale nuovamente dal sedere, lentamente e leggera, arrivata alla nuca la stringe forte, il tuo corpo si china sul mio e mi sussurri all’orecchio: “Vedo che parliamo lingue diverse…reputi molto più importante il tuo piacere del mio”…la tua lingua lecca il mio lobo e lascia posto ai denti…

La tua mano sul mio sesso non mi lascia il tempo di riprendermi, e mentre il mio corpo &egrave ancora attraversato dalle vibrazioni dell’orgasmo mi penetri prima con un dito, poi con due, cerchi il clitoride e lo maltratti proprio ora che &egrave così gonfio e sensibile. Non riesco a trattenere mugolii di disappunto, ogni mia fibra muscolare &egrave tesa e coinvolta, il mio corpo ha bisogno di fermarsi. Sai leggere molto bene le mie esigenze fisiche, le tue labbra mi sussurrano direttamente dentro l’orecchio parole sinuose come serpenti: “Ti vuoi fermare?” Con difficoltà riesco ad articolare una risposta di senso compiuto: “Sì, signore, ti prego concedimi una pausa”.

Sento la tua risata appena accennata, che mi sfiora l’orecchio e che non fa presagire nulla di buono: ” Credo proprio che le tue facoltà decisionali abbiano fatto gli straordinari poco fa”. Mentre mi parli la tua bocca mi sfiora la pelle del collo e della spalla, provocandomi un brivido lungo la la schiena. In pochi secondi mi sleghi braccia e gambe separandomi dal tavolo, con cui ero diventata tutt’uno.

Mi capovolgi a pancia all’aria e senza quasi rendermene conto mi ritrovo di nuovo legata al tavolo, con le gambe completamente divaricate, in un modo quasi doloroso, gli arti bloccati, la testa in parte sporgente. Ancora una volta sono nelle tue mani, non posso muovermi e non posso scegliere, posso solo ubbidire ai tuoi voleri. Sei di fianco alla mia testa e mi comandi: “Ruota la testa verso di me”. Anche una frase così banale detta da te, un movimento così usuale fatto per te prendono quel sapore eccitante. La mia bocca incontra il tuo cazzo, in piena erezione, duro, mi esce un accenno di sorriso, sono compiaciuta perché sono stata io ad eccitarti. Tu che non ammetti mai, che sembri sempre così distante e incorruttibile ora dai la prova evidente del tuo coinvolgimento emozionale. “Leccalo” dici soltanto. La mia lingua comincia a lambire la pelle liscia del tuo membro, lentamente, in tutta la sua lunghezza, più volte, fino alla cappella, poi le labbra si aprono e la accolgono. Mi accorgo che questa posizione non mi &egrave di grande aiuto in quello che sto facendo, anzi devo allungare e tirarmi il collo per raggiungerti e per farti entrare il più possibile dentro la bocca. Ti piace infilarlo tutto, fino a toccare il fondo della gola. Le labbra succhiano, mentre la lingua accarezza, in un salire e discendere, roteare e leccare. Non mi lasci nemmeno il tempo per respirare, mi prendi la testa tra le mani e detti tu il ritmo. La saliva mi cola in un rivoletto di lato, e di tanto in tanto la profondità degli affondi mi provoca dei conati. Non voglio interrompere e so che neppure me lo permettesti. Il ritmo continua a crescere, sento il tuo cazzo sempre più duro ed eccitato, e qualche gemito sfugge dalla tua bocca, finché al culmine uno spruzzo dopo l’altro invade la mia bocca e le tue mani mi imprigionano la testa non consentendomi altro se non deglutire.

Senza troppe cerimonie mi trascini per un polso giù dal tavolo e mi strattoni poco più in là. Sento la schiena poggiare contro qualcosa di duro e freddo, mentre porti le mie braccia tese sopra la testa e le leghi unite all’altezza dei polsi ad un sostegno fisso nella parete. Prendi una caviglia e la sposti di lato, sento una corda che la avvolge ripetutamente, stretta, e fissi anch’essa alla parete. &egrave il turno della seconda caviglia, la prendi, mi allarghi le gambe e la immobilizzi. I tuoi passi si allontanano da me, sento aprire e subito richiudere una porta e poi il silenzio. Sono nuda, non vedo, sono esposta e vulnerabile, sono in balia di un uomo. Aspettare &egrave snervante e questo lo sai bene, fa parte della punizione. Nella solitudine, nel buio il tempo si dilata e poche decine di minuti sembrano interminabili. Poi la porta si riapre e sei di nuovo vicino a me.

“Voglio vestirti personalmente, ti voglio vedere in lingerie…una lingerie speciale”. Detto questo una corda mi passa sopra il seno, abbraccia la schiena e ritorna sull’addome sotto il seno, disegnando una specie di reggiseno, che lo lascia accessibile. “Ora ci vuole un perizoma” dici con voce maliziosa. E tendi una grossa corda tra le labbra vaginali e il solco tra le natiche, avendo cura che prema bene sul clitoride. Con un dito tracci una linea partendo dall’interno di una delle mie cosce, e risali ad incontrare le labbra aperte, l’addome, sfiori l’areola di un capezzolo, percorri il collo raggiungendo la bocca. Il tuo dito disegna il contorno delle mie labbra e la mia lingua ne accompagna il percorso, lo insegue, lo sfiora, lo richiama. La mia bocca lo fa entrare e lo succhia, poi lo morde. Percepisco il tuo sorriso e di lì a poco mi togli la benda, così posso vederlo…un sorriso malizioso e due occhi sadici mi stanno difronte. Davanti a me un grande specchio mi permette di vedere il mio reggiseno di corda che mi incornicia il seno, vedo la corda spessa che mi taglia in due il sesso, vedo le gambe spalancate e bloccate alle caviglie, vedo le braccia legate in alto alla parete. L’immagine che vi scorgo riflessa &egrave molto eccitante. Ti avvicini a me con in una mano una candela rossa e nell’altra un bicchiere di whisky con ghiaccio. Pieghi la candela su uno dei miei seni e disegni un cerchio di puntini di cera rossa attorno al capezzolo. Il calore brucia la mia pelle. Intanto il cerchio di goccioline si restringe di diametro ad ogni giro, fino a rimanere come unico bersaglio il capezzolo, eretto e turgido, la cera calda ne marchia la pelle in un misto di fastidio ed eccitazione.

Intanto con l’altra mano hai pescato un cubetto di ghiaccio dal bicchiere, lo passi sulle mie labbra e sento il freddo sapore dell’alcolico, lo fai scivolare lentamente sul collo in direzione dell’altro capezzolo. Il freddo lo inturgidisce più di quanto già non lo sia, sento l’eccitazione che si fa strada nel mio corpo reclamando altre attenzioni, ma non oso certo inoltrare richieste, e mi limito a far uscire un gemito. L’effetto del ghiacciolo &egrave di rendere più sensibile il capezzolo così, quando gli fai colare sopra la cera, il fastidio &egrave molto più accentuato. Non riesco a rimanere ferma, il mio corpo si dimena e la corda ruvida si strofina contro la pelle morbida, il clitoride sensibile viene strapazzato, &egrave dolorante e nello stesso tempo partono dal centro dell’intimità sensazioni di eccitazione che si irradiano al resto del corpo. Sento fastidio, ma mi piace. Poi la tua mano afferra la corda e la tira aumentando la forza di sfregamento sulla mia pelle, ora fa male, ma non riesco a sottrarmi, e man mano che il contatto si fa più violento, nasce una sensazione di eccitazione. Sono incredula e non mi riconosco, dal dolore sono in grado di trarre piacere, te ne accorgi e mi porti vicino all’apice per poi fermarti improvvisamente tra i miei gemiti.
Con il tuo sguardo malizioso ti rivolgi a me: “Ora vediamo di ripulirti dalla cera”. Apri una valigia e ne estrai una frusta, con un manico nero e diverse frange di cuoio nero. Vuoi togliermi la cera dai capezzoli con la frusta, sarà doloroso, ma non voglio darti la soddisfazione di vedermi piangere, non voglio essere piegata al tuo volere, non voglio pregarti di smettere. E mentre sono immersa nelle mie considerazioni arriva il primo colpo, secco, schioccante, rapido e doloroso. Non faccio in tempo a realizzare che arriva il secondo, poi il terzo, poi continui, poi sull’altro seno, poi solo sul capezzolo. I denti stringono forte le labbra per non lasciarmi sfuggire lamenti, e contro la mia volontà le prime lacrime scendono a bagnare il volto. Le vedi e ti brillano gli occhi, e le labbra si piegano in un sorrisetto. E so quanto di più ti ecciterebbero le mie implorazioni. E continui a colpirmi. Con un sorriso sadico e la voce trionfante ti rivolgi a me, provata, esausta e dolorante, umiliata ma testarda nel voler mascherarlo: “Ci sono ancora tracce di cera sui tuoi capezzoli? Non vedo bene da qui.”

Vedi benissimo che c’&egrave ancora qualche pezzetto attaccato alla mia pelle, l’istinto mi consiglia di mentire dicendoti che non c’&egrave più nulla. Tu odi le falsità, se ti raccontassi una bugia rischierei una pena ben più dolorosa, mentre se ti supplicassi di smettere alimenterei la tua eccitazione. La verità equivale ad offrirsi volontariamente allo schiocco della tua frusta, la bugia corrisponde ad un incremento della punizione. Come al solito sono in un vicolo cieco, senza possibilità di scelta, se non scegliere quello che tu desideri che faccia per te.

“C’&egrave ancora qualche pezzetto.” sussurro a denti stretti. Non ho nemmeno terminato la frase che un nuovo colpo mi investe inaspettato: “Non &egrave così che devi rivolgerti a me, o sbaglio?”‘

” C’&egrave ancora qualche pezzetto di cera, mio Padrone.”

“Molto meglio…ora supplicami di toglierteli” aggiungi continuando a sorridere malizioso.

Stai cercando di piegarmi fino a farmi strisciare. “Mio Signore, ti chiedo umilmente di togliere la cera dalla pella della tua umile e devota schiava con la frusta.”

“E dimmi mia devota schiava” ti rivolgi a me scandendo lentamente una ad una queste parole in maniera sarcastica, e l’effetto su di me &egrave un brivido che cerco di mascherare “cosa sei disposta a donarmi di te?”

Mi sento sua anche se non vorrei essere così vulnerabile nelle mani di qualcun altro…mi sembra di ritornare neonata e dipendere in tutto e per tutto da altre mani, che allora erano premurose ed amorevoli, ora sono determinate a ricavare tutto il piacere che la situazione può dare al loro proprietario, indipendentemente dal supplizio che dovrò sopportare io.

Le parole mi escono con la furia di un uragano, senza argini a mediarle né controllarle, come un peso insopportabile, gravato troppo a lungo. “Sono a tua disposizione totale ed incondizionata, mio Signore. Sei il Padrone indiscusso del mio corpo e della mia mente. Puoi disporre di me a tuo completo piacimento, non sono altro che uno strumento fra le tue mani per farti divertire, per darti piacere”. Il mio istinto ha prevaricato sulla mia ragione, esponendomi ancora di più a te.’

Mentre sto ancora parlando, la frusta morde i miei capezzoli bordeaux e sensibili e le lacrime continuano la loro discesa, copiose. Vorrei supplicarti di smetterla, ma dopo l’ammissione appena fatta non ne ho il coraggio. Così ci pensa il mio corpo a risolvere la situazione…il busto si inclina all’indietro facendomi arretrare e cercando di sottrarsi a ulteriori colpi. Ti fermi e pronunci duro: “Solleva il volto e guardami negli occhi”. Ubbidisco, rossa in viso, dispiaciuta come una bimba ripresa dalla maestra, sollevo timidamente lo sguardo incerto, ad incrociare il tuo spavaldo. Mi mordo le labbra e attendo le tue parole, che non arrivano mai, sembra che passi una vita mentre sono studiata dai tuoi occhi penetranti. “Non voglio che ti sottrai, offriti al tuo Padrone!” Mi sento morire perché ho ampiamente superato il mio limite di dolore fisico, il mio unico desiderio &egrave di dare sollievo alle mie carni brucianti, ma non coincide con il tuo. Stoicamente butto il petto in fuori e tra calde lacrime offro i miei seni alla tua impietosa frusta, riabbassando gli occhi colgo il tuo sorriso sadico.

Non ho più dignità, le lacrime non sono più silenziose, i singhiozzi squassano il mio corpo e comincio a supplicarti una tregua. La tregua arriva, ma altro non &egrave che la calma prima della tempesta.

“Vai a farti una doccia, poi ridatti un contegno, torna qui e resta inginocchiata a capo chino fino al mio ritorno.”

L’acqua scroscia fresca e purificatrice sulla mia pelle febbricitante, portando sollievo al dolore e lavando via quella che credo essere la più grande umiliazione mai subita. Un pianto dirotto mi fa scaricare la tensione, complice la solitudine e il dolce massaggio dell’acqua, dopo non molto mi calmo e mi ritrovo a meditare sul mio percorso di sofferenza, ma anche di eccitazione. Realizzo la grandezza delle sensazioni sperimentate, l’inusuale opportunità di non dovermi trattenere, l’equilibrio raggiunto nella sottomissione, la libertà nella prigionia.Le mie membra dopo ore, per la prima volta si rilassano, le avvolgo in un morbido asciugamani, le tampono con delicatezza, poi lenisco il rossore con una crema emolliente. Mi pettino e raccolgo i capelli umidi in una coda e così nuda mi dirigo nella stanza, mi inginocchio e attendo. Poi entri tu, ti avvicini lentamente, i tuoi passi risuonano nel silenzio della stanza.

“Non sei stata granché ubbidiente fin dall’inizio del nostro incontro. Ti avevo vietato orgasmi, ma non solo mi hai disubbidito deludendomi alquanto, mi hai sfidato. Ogni cosa ha un prezzo e tu ora sei arrivata a dover pagare.”

Sono in ginocchio nuda davanti a te, mani dietro la schiena, esposta alla tua vista, capo chino, volto serio e pensieroso, sono esausta e dolorante in ogni centimetro del mio corpo, che porterà segni visibili del tuo trattamento per diversi giorni. Provo un forte senso di vergogna, ma non per la mia nudità, se &egrave per questo conosci molto meglio tu il mio corpo di me, e nemmeno per la mia posizione umiliante, provo vergogna per quello che non sono stata in grado di fare. Ti ho deluso con il mio egocentrismo, ho anteposto me al mio Padrone e solo ora, al termine dei giochi, ne comprendo la gravità. La tua voce prosegue seria e severa, non stai scherzando ed io comincio a preoccuparmi.

“Sono stato fortemente tentato di liberarti, ripensando al tuo modo egoistico di comportarti. Poi dopo lunga meditazione sono giunto alla conclusione che tu esigi una immediata azione disciplinare. Immagino che tu ben comprenda che non posso lasciare correre, ma che &egrave invece mio preciso dovere responsabilizzarti, per renderti degna di continuare ad essere mia schiava.”

Assimilo ad una ad una le tue parole, lente e dure, come schiaffi, lo stomaco mi si chiude, le mani iniziano a tremare, deglutisco immaginari bocconi conditi di timore ed ansia. Non avevo mai pensato di essere liberata, mai mi aveva sfiorato l’idea che tu potessi non volermi più e desiderare di mandarmi via. Spesso ti detesto per quello che mi fai, o mi chiedi, o mi costringi a fare, ma non riesco ad immaginare un futuro senza la tua presenza, senza le tue richieste. In questo preciso istante capisco cosa significa appartenenza: io appartengo a te, mio Padrone, pur odiandoti alle volte, non riesco più a fare senza di te. La mia vita sarebbe vuota e insignificante senza di te. Non posso permettere a me stessa di perderti. All’improvviso sono sgomenta, io che ho sempre voluto mantenere le distanze da te, ora mi trovo coinvolta, capisco che quello che provo per te, sebbene mascherato da sentimenti contrastanti, &egrave una forma di amore. Quanto sono allergica a questa parola!! L’ho sempre rifuggita per tutta la vita, per non dover dipendere da nessuno e ora, come un pugno nello stomaco, questa rivelazione mi lascia senza fiato. A volte la vita &egrave beffarda…ho consapevolezza dei miei sentimenti nel preciso istante in cui tu palesi il tuo desiderio di lasciarmi.

“Pertanto ho deciso che ti porterò da un professionista esperto e fidato, che ti applicherà alcune piccole anelle sulle labbra vaginali. Così le potrò chiudere a mio piacimento con un lucchetto per evitare fisicamente i tuoi orgasmi. Ti ho dato più di una opportunità di autocontrollarti, senza risultati; mi hai sempre deluso, così, non potendomi fidare di te, mi vedo costretto a bloccarti materialmente. E ti anticipo subito che avrò intenzione di servirmi di quei piercing a lungo.”

Il cuore salta un battito, gli occhi sono sbarrati, la bocca spalancata, le mani si stringono nei pugni conficcando le unghie lunghe e curate nella carne. Vorrei replicare e mandarti a quel paese, vorrei dirti che sei un pazzo solo a pensarci, vorrei urlare tutta la mia rabbia, vorrei riderti in faccia dicendoti che mi hai preso per scema se credi che rimanga, vorrei alzarmi, voltarmi indietro e andarmene sbattendoti la porta in faccia, vorrei fare e dire un sacco di cose, ma rimango impietrita lì, in ginocchio davanti al tuo volto imperscrutabile. Le tue ultime parole rimbombano nella mia mente, ripetute una infinita’ di volte.

Intanto la tua voce giunge gelida e distaccata alle mie orecchie: “Puoi pensare che le mie richieste siano inaccettabili, che la punizione sia crudele e ingiusta”. Vedi sempre nel mio animo e nella mia mente, anche senza che io parli. &egrave proprio questo che sto pensando, alla tua crudeltà. Senza curarti di me, continui a parlare: “Può anche essere, ma il metro di valutazione &egrave il mio, e io voglio che sia così. Voglio vederti umiliata. Voglio che tu sia in mio completo potere. Voglio vederti supplicarmi che ti tolga il lucchetto. E voglio negartelo. Desidero che i tuoi futuri orgasmi siano solo anali.”

Gli occhi già gonfi tentano di ricacciare indietro lacrime dolorose, non voglio darti la soddisfazione di vedermi piangere, ma loro scorrono giù, e bruciano sul volto molto più della frusta sulla schiena e sui capezzoli, la gola si &egrave chiusa, fatico a respirare. La mia mente scalpita come un cavallo selvaggio ed imbizzarrito, che sia stato imbrigliato con l’inganno. E pensare che pochi secondi fa ho scoperto che ti amo. Ora provo odio allo stato puro, ti salterei agli occhi e ci affonderei le mie unghie. So bene che posso andarmene in qualsiasi momento, so che se ritengo di oltrepassare il mio limite posso gettare la spugna. Se così facessi tu mi rispettersti e ti fermeresti all’istante. Ma so anche bene che con te ho facoltà di dire no solo una volta, dopodiché per noi sarà finita senza possibilità di recupero, sarà un game over. Se dicessi no ti deluderei e non sarei all’altezza di essere la tua schiava.

Posso benissimo rifiutarmi di usare una cintura di castità per un tempo indeterminato, ma ho la certezza che da lì a pochi minuti tu usciresti dalla porta vicino a me per non farvi rientro mai più.’

Rimango a testa china, cercando di nascondere le mie lacrime e il mio dolore, anche se so benissimo che vedi tutto, e con una voce tremolante, che mi fa apparire fragile quale sono in questo momento, ti chiedo in un sussurro: “Quanto tempo ho per decidere?”

“Se fossi veramente mia non sentiresti nemmeno il bisogno di decidere.”

Questo &egrave veramente troppo, dopo l’umiliazione, il dolore, i sensi di colpa per averti deluso, anche la diffidenza…una rabbia ribelle scorre nelle mie vene, non posso trattenermi oltre dal sollevare da terra uno sguardo carico di tensione elettrica, e con irriverenza pianto i miei occhi nei tuoi. Tutta l’energia repressa in me erutta con la forza di una lava incandescente: ‘”Non puoi chiedermi questo, senza lasciarmi il tempo per riflettere e decidere!” saetto rivolta a te.

Ti avvicini fulmineo a me, mi imprigioni il mento tra le tue dita, mi sollevi il volto brutalmente e continuando a fissarmi negli occhi: “Questo &egrave ciò che voglio. Prendere o lasciare. Ora!”

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