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Racconti di Dominazione

LA BELLA ESTATE QUANDO DIVENNI UOMO

By 12 Marzo 2013Dicembre 16th, 2019No Comments

In ordine di età: La signora Angela. Le professoresse Beatrice ( Storia), Carla (Matematica). Le gemelle Daniela ed Enza. IO. Pietro, quasi 19 anni.

Finalmente qualcosa si chiarisce. Finalmente capisco per certo che le due str…di prof, hanno voluto fregarmi e perchè. Mamma è negli States fino a metà settembre almeno e non saprà di quel che è successo fino al ritorno. Le ho telefonato, come sempre di notte dato il fuso orario, dicendole che va tutto bene, esami compresi. Ci mancherebbe altro, non era questo a preoccuparmi, Pietro, sei sempre stato bravo a scuola. Mi spiace che i nostri amici non possano ospitarti, un bel pasticcio. Ma no mamma, sono al mare come il solito, a casa nostra. Se servono soldi ho il libretto di assegni, ma vedrò di restare nei limiti. Ne sono certa, scivimi però e telefona. Poi, dopo un attimo: non ci sono neppure le tue amiche, le nostre vicine, ma già, timido non sei e di amici ne trovi quanti ne vuoi. Mamma è capace di passare ore al telefono ma solo per lavoro. Altre raccomandazioni poi chiude. E’ notte qui in Italia, da lei è giorno, un casino comunicare. Meglio comunque che comunicare sia così difficile e debba andare nel solito albergo per chiamarla. A quest’ora il posto pubblico è chiuso e le telefonate dalla cabina a gettone impossibili. Quelle intercontinentali almeno. Si, è una scocciatura ma almeno son sicuro che non venga a sapere quel che mi è successo prima di fine settembre. Pago e torno a dormire. Tra la rabbia e la telefonata mi sveglio tardi. Chiamano ville queste due case, la nostra è la più piccola, ma è esagerato anche per l’altra e vanno bene sia a noi che alle vicine perchè sono su una piccola altura a dieci minuti a piedi dal paese e dalla spiaggia ed al tempo stesso sono fuori dal casino. Casa loro è circondata da un vero parco con una piccola piscina. Anche attorno a casa mia c’è un poco di verde ed il fresco la sera è lo stesso, ma niente piscina. Con la nostra vicina e le due figlie, siamo coinquilini anche a casa in città, ma non c’è feeling, le due gemelle si danno un frego di arie, pensano solo ai vestiti. Non ci frequenteremmo per niente se non fossimo nello stesso liceo. Spesso andiamo a scuola o ne torniamo insieme. Questo è tutto. A scuola sono piuttosto asine, di certo lo è Daniela che è nella mia stessa classe, ma con lei qualche parola la scambio, la aiuto, quando lo chiede, con i compiti. Enza, la gemella invece, non mi rivolge la parola. Cavoli suoi. Però averle qui sarebbe stato meglio che niente, ma sono in Inghilterra a studiare la lingua. Qualche volta mi invita, Daniela, non Enza, a fare il bagno in piscina. In cambio scatto alcune foto alle sue beneamate piante tropicali che tiene in serra, E’ per i fiori che adesso salto il muro. Fare il giro è molto più lungo.

Sono quasi al gazebo quando le vedo. Quattro donne nella piscina, ed io sono in piena vista, a meno di cento metri. Stanno giocando, si schizzano e non hanno indosso la parte superiore del costume, sguazzano a petto nudo. Accucciandomi percorro i pochi passi fino ad un cespuglio e tiro un sospiro di sollievo, poi seguo la siepe. Sorprendere quatto donne a petto nudo a casa loro. Mia madre mi avrebbe riempito per una settimana di male parole e preso in giro per un anno, oltre a costringermi a scuse e spiegazioni formali. Se vengono da questa parte posso comunque nascondermi sdraiandomi nel canaletto ma il gazebo è in pieno sole, non ci si va che alla sera. Si, sono le gemelle con due ospiti o amiche. Non le vedo bene, ho il sole negli occhi. Poi il dubbio, possibile? Dalla tracolla tolgo la mia macchna fotografica, monto un teleobiettivo a caso e non ci sono più dubbi. Sono le due professoresse bastarde. Una, la più alta, mi ha interrogato e fatto il culo in storia, l’altra, più giovane e cicciona, in matematica, agli esami di maturità. Sono le due donne, commissari d’esame. Le regole, l’etica, forse la legge stessa, vietano la loro presenza qui. Poi ho altro cui pensare, perchè escono dall’acqua. Pensavo fossero a tette nude e passi, tra donne, ma non hanno niente addosso e questo mi sconcerta ancora di più. E’ quello che succede dopo, quando cominciano ad asciugarsi a vicenda, e non solo ad asciugarsi a lasciarmi senza fiato. Ad aprire le danze è la Prof di matematica che abbraccia, bacia e tocca in tutti i modi Daniela. All’altra, Enza ,ci pensa la prof di Storia. Non so più cosa pensare, sono allibito, non ci credo. So cosa sia l’amore saffico, ma non te lo aspetti da una, anzi due liceali vicine di pianerottolo e compagne di scuola con la puzza sotto al naso. Non te lo aspetti lo facciano con quelle due vacche.
Exakta della Zeiss Ikon, obiettivo 1, 3, 5, velocità esposizione fino a 1/3.500^ di secondo, Reflex e traguardo di mira sportivo. Predisposta per diversi tipi di obiettivi e teleobiettivi. Un regalo a mamma quando è andata a tenere delle conferenze nella Germania Orientale in varie fabbriche tra cui la Zeiss appunto.
Monto il teleobiettivo adatto, lentamente. Inserisco un rotolo di pellicola in bianco e nero, pochi asa bastano con questa luce e loro quasi ferme. Avevo già al collo il telemetro che mi fornisce i dati e sempre lentamente, per non far cader tutto per l’agitazione, regolo fuoco, tempi, distanza ed il resto. No, con il reflex non va, sollevo lo sportellino del mirino sportivo, torno al reflex. Guardo di nuovo ad occhio nudo. Penso che mai scatterò foto di questo genere. La troia più vecchia attira la faccia di una delle gemelle tra le sue gambe, non fa fatica a convincerla, per niente. Quando finisco il primo rullino decido di smettere. Sono nauseato ma anche eccitato. Cosa me ne faccio di quelle foto che ho scattato. Mica posso portare il rullino a sviluppare e stampare nel solito negozio qui in paese. Ma cosa c’è sotto? Se sono solo porcherie, sono fatti loro. Io, qualche mese fa sono pur andato, e per parecchie volte, con una puttana. E questi sono fatti miei e della puttana. Ma nessuna di loro lo fa di mestiere, o no? Puttane? Tutte e quattro? Puttane, si danno tutte un mucchio di arie, e le due troie più vecchie sono professoresse, mie professoresse. Ci vado, no, non ci vado, si, ci vado. Il mio fratellone genio, quello che progetta macchinari da fantascienza in California, tutte le volte che viene mi porta qualche ‘campione’. Roba, dice, già superata, niente di segreto. A casa ne ho un armadio pieno, qui però ho portato qualcosa che mi potrebbe servire. Quando è sufficientemente scuro scavalco. C’è già sotto il muro la scala ed il tappeto di questa mattina. Corro il rischio di rovinare il mio splendido completo nuovo, pantaloni e maglietta neri, per una cazzata, ma se gioco alla spia, se voglio sapere cosa ci sia sotto…e poi quattro donne nude che fanno le porcellone…Nella tracolla ho la macchina, il registratore a filo ed i due microfoni. Quello a vetro e quello direzionale, roba ingombrante, ne fanno già di molto più piccoli, oltre ad altre diavolerie del fratellone genio, sinora usate solo per sbalodire qualche amico. Mi muovo con prudenza, la luna ancora non c’è, difficile che mi vedano se mi muovo senza rumore.
Comunque a quello stronzetto di cane sapiente gli abbiamo fatto il culo. Ma se ti dico che non mi ha mai fatto la corte. E’ Daniela. Va la, vi abbiamo visti, prima degli orali. E quando dovrà riparare faremo il bis. Ripeterà l’anno. Le bobine a filo hanno solo quindici minuti di durata. Nel cambiarle però perdo ben poco. Un altro rullino ad alta sensibilità. Uno scatto ogni tanto con la polaroid ma smetto, non si vede niente. Sono inferocito con le due prof. ma anche con Daniela che dopo un attimo smette di difendermi mentre Enza le aizza, le eccita fino a farle ricominciare con i loro giochini, si muovono verso la camera da letto. Un altro rullino. In un paese poco distante ho un buon addentellato. Fa foto della natura ed ha un ottimo piccolo laboratorio. Si mantiene scattando foto sceme in spiaggia e la sera nei ristoranti e nei locali del dopo cena. Mi sviluppa le foto, di lui mi fido, mentre lui non si fida di lasciarmi usare il suo laboratorio da solo. Ho altre cosette da fare prima che chiudano i negozi. Le ragazze non vanno, così sembra, in Inghilterra per un mese e passa di corso di lingua, ma solo per una decina di giorni, due settimane. La sera dopo, sempre vestito di nero torno da loro. Sento ben poco di quello che dicono, tutte compunte in sala da pranzo. A capotavola siede la signora Angela. Pontifica, come sempre. Una bella donna ma sussiegosa peggio delle figlie. Non so quanti anni abbia, almeno una quarantina considerando due figlie della mia età, ma ne dimostra parecchi di meno. Tra loro abbondano i ‘signora’ ed i ‘professoressa’. Verso le dieci, le gemelle, dopo aver sbarazzato salutano. Domattina partono presto. Un bacetto alla madre ed un saluto molto formale alle prof. Sto per andarmene pure io, mi trattengo solo perchè mi pare di aver visto uno sguardo di intesa tra la signora e le due ospiti. Temo di non riuscire a precederle sotto il patio, ma ce la faccio, anzi loro tardano. Indossano una vestaglia, sento che si sono preparate per la notte. Dormono? No, ma ho detto di spegnere. Tra poco vado a vedere. E’ andato tutto bene, ha visto, ne eravamo certe. E’ stato difficile? Ma no, non troppo signora. Per fortuna che non ha altre figlie. Ridono. Ma cos’è la storia del ragazzo, chi è? Uno che ha provato a prendersi qualche libertà con sua figlia, Daniela. Lei dice di no, ma lo abbiamo visto e lui ha visto i sorci verdi. Ancora un poco e riuscivamo a farlo bocciare. Ma non è stata una imprudenza? Far promuovere le mie bambine era più importante che dargli una lezione, comunque come avete fatto? Infatti, prima di tutto abbiamo passato loro tutti gli scritti, hanno dovuto solo copiarli, diversi, ovviamente, per l’una e per l’altra, ottimi ma non oltre un certo limite. Per gli orali… Qualche minuto soltanto di chiacchiere, ma non di poca importanza, tutto registrato. Le lascio andare avanti, poi le seguo fino al casotto. Spero che i vetri non del tutto puliti non rovinino la qualità degli scatti del baccanale, è la replica del mattino con la madre al posto delle figlie…Faccio il giro dei locali chiedendo del fotografo e alla fine lo trovo. Potevi venire domani mattina, ma è ben contento del fascio di banconote che riceve in cambio del suo lavoro. E’ quasi l’alba quando mi addormento. Vendetta, tremenda vendetta vorrei cantare ma conosco le parole senza ricordare l’aria. Non è solo questione di vendicarmi, devo anche far sapere alle due stronze che le rovino se non mi danno due otto, anzi due nove. Capisco solo adesso che la vicepreside abbia subdorato qualcosa. Ha detto che durante le prove di riparazione avrò a fianco sempre qualcuno. Di nuovo al paese vicino a ritirare le foto stampate e qualche altra cosetta. In libreria chiedo la seconda parte del libricino comprato ieri, me ne aveva parlato l’anno scorso il figlio del padrone di roba del genere, venduta sottobanco. Per le dieci sono a casa, mi preparo e scavalco avvicinandomi con circospezione. Non c’è nessuno ma la casa è aperta. Ispezionata rapidamente la casa mi metto all’ombra vicino alla piscina. Le due saranno a fare la spesa, credo di ricordare qualcosa del genere detta la sera prima. Mi leggo la seconda parte del libricino, una cinquantina di pagine ciclostilate che mi è costato uno sproposito: Sottomessa e fatta succube è il titolo. Ci sono anche dei disegni. Come la prima parte letta ieri sera non vale molto ma qualche ideuzza forse me la sta dando anche lui.
Mi mancano da leggere solo due o tre pagine quando le sento arrivare. Sono loro e sono sole. Si immobilizzano al vedere un tizio seduto sotto l’ombrellone. Grazie anche al cappellino non mi riconoscono subito. Reagiscono con una certa sorpresa ma senza paura. Matematica me la ricordavo più cicciona e storia, più segaligna. Non importa. Solo ora che alzo il capo mi riconoscono. Ma lei…tu, chi ti ha autorizzato ad entrare? Sono sicure della loro autorità, del loro potere, e mi intimidiscono, devo farmi forza per rispondere a tono. La padrona di casa, la signora Angela, sa che vi fate anche le sue figlie? Ma che cazzo dici stronzo? A me non piace essere chiamato in quel modo, due passi e sono loro addosso, le sovrasto di venti centimetri ma in pratica mi aggrediscono, uno spintone, per difendermi più che altro, ed una si sbilancia sull’orlo della piscina e si aggrappa alla collega, entrambe finiscono in acqua. Vederle risalire fradice la scaletta mi rinfranca ma solo un poco. Ho qualcosa da mostrarvi, una raccolta di vostre foto e…indico con la mano il tavolino. Qui voi due che fate le porcelline tra di voi. Poi fate le porcelline con Daniela ed Enza, separate ed insieme, in tutte le combinazioni e pose. Dite di voler chiamare la Polizia? Io chiamo il provveditorato ed i giornali. Ne verranno fuori delle belle e…pensavo di aver loro tagliati gli artigli ed invece letteralmente mi aggrediscono di nuovo, pensando forse che prendersi queste fotografie serva a qualcosa. Non so quale delle due, nel parapiglia, mi graffi. Sono un mulino di mani ed unghie protese malignamente ed in uno strano silenzio. E’ la prima volta che colpisco un donna ed è involontario, nel girarmi assesto più forte del voluto una gomitatata al fianco di storia che va a terra piegata in due. E’ più facile ora e mi ero preparato, idee del primo libricino. Un giro di spago grosso col cappio già pronto per i polsi ed un altro al collo della prof di matematica. Altrettanto con storia ancora rintontita. Le mie prof, cazzo, sto alzando le mani sulle mie Commissarie di Esame della maturità. Il mio esame di maturità è andato a puttane ormai; colpa di queste due troie lesbiche, dovrò ripetere l’anno e spiegarlo a mia madre. Provano ancora a reagire, forse cercano di liberarsi, di scappare soltanto. E no, andrebbero dai carabinieri. E’ istinto di sopravvivenza il mio. Uno spintone a storia che finisce di nuovo a terra, un ceffone alla professoressa di matematica e fisica, dottoressa Carla. Va a terra anche lei. Nella attesa, leggendo, ho intrecciato lo spago avazato, ricavandone una cosa, una specie di corta frusta e grossa quanto e più forse del mio pollice che neppure per scherzo pensavo di usare su di loro, su nessuno a dirla tutta. Buona parte di quelle cose suggerite nel libricino, le ho preparate per passare il tempo, per pura fantasia. Storia è su un ginocchio, cerca di alzarsi, è tutta protesa in avanti. Colpisco, frusto le natiche magre, con forza e con forza colpisco le natiche opime dell’altra. Si inarcano e cacciano un urlo, devono averle sentite fino in paese…Poi gridano ancora ai nuovi colpi, sono quasi impazzito di rabbia e di paura, colpisco e colpisco di nuovo. Anche a questo, alle grida mi sono preparato anche se mi sembrava ridicolo. Uno straccio pulito ed un cerotto ciascuna. Ora non parlate più, stronze? Il mio programma di una discussione, accesa forse ma civile, è svanito. A questo punto avrei dovuto proporre loro di slegarle e di garantirmi la promozione. Pensavo anzi che non sarebbe stato necessario neppure legarle. Avrei mostrato loro una serie ancora più numerosa di fotografie, avrei fatto ascoltare le conversazioni registrate. Niente da fare, il piano A è fallito ed il piano B…mi ripugna dirlo, non è molto preciso, in pratica non esiste se non come fantasia frutto della lettura. Non era, nelle ipotesi fatte, un piano, ma una stronzata soltanto, giusto per pensare a qualcosa. Era solo il frutto delle fantasie di chi ha compilato il libricino porno. Cosa posso fare a desso? Devo però impedire che scappino mentre ci penso su. A spintoni, strattonando la corda, solo un grosso spago che però si stringe attorno al collo, le porto in casa. E poi? Le devo legare ai loro letti. Una per volta però. Lego al termosifone la più vicina, storia, in modo non possa arrivare al nodo a ciocca. Se tira il nodo si stringe e per me invece liberarla sarà un attimo. Infatti, nonostante gli strattoni non ottiene nulla. Trascino l’altra, matematica dal culo grosso, nella camera delle ragazze. Una camera stretta e lunga con i due letti singoli appoggiati alle due pareti lunghe. C’è un armadio e poco altro. Sei fradicia, ora ti tolgo i pantaloni e la camicia. Capisco che ha paura, ho paura pure io. E’ sequestro di persona. Il libricino tutto sommato serve a qualcosa, mi suggerisce come fare per limitare le sue possibili reazioni. Lego insieme le caviglie che unisco alle sbarre in ottone di piedi. Slaccio la camicia e ne faccio scendere le maniche al disotto dei gomiti che stringo con uno dei pezzi di spago che ho in tasca. Libero i polsi e sfilo la camicia. Slaccio i gomiti, ed è il momento in cui potrebbe…no.non può fare nulla. A cavalcioni sopra di lei, di nuovo lego alla testata i polsi, separati questa volta. Nello stesso modo la libero dei pantaloncini, rilego le caviglie. Ricontrollo la legatura, compiaciuto del risultato. Non è stato però proprio una cosa facile e veloce, tutt’altro. Adesso l’altra, la prof di storia. Sul limitare della stanzetta esito, ci penso un attimo e la porto, nonostante cerchi di opporsi, fino alla camera della signora Angela. Voglio far loro parecchie domande ed essere certo che non mi rifilino un mucchio di balle, interrogarle separatamente insomma. Questa qua si dibatte peggio della collega, ma ho fatta ormai esperienza con l’altra ed in meno tempo è sistemata anche lei. Il suggerimento per farle stare ferme erano schiaffoni sulle orecchie, per non lasciare troppi segni, e torsioni dei capezzoli, ma non ho proprio potuto. Ora che la foga è passata neppure oso guardala con troppa insistenza, non si fissa una signora. Neppure la si lega, ed è una profesoressa. Mi dovrà esaminare tra poche settimane. Ha un bel corpo, peccato lo mortifichi sbagliando con i vestiti. E’ magrolina, longilinea anzi, ma una bella donna. Spalanca di botto gli occhi che da qualche tempo teneva serrati e si accorge che la sto osservando, sa benissimo di essere coperta solo dalle mutande e dal reggiseno, mugola qualcosa. Devi andare in bagno? E’ la unica cosa, ed anche cretina, che sappia inventare al momento. Fa segno di si. Anche la tua amica? Altro segno di si con la testa, molto più accentuato. Slaccio i nodi delle caviglie che restano però legate con tanto gioco da permetterle di camminare solo a piccoli passi. L’altra è frenetica. Ho tolto il bavaglio a storia e so che hanno anticipato il ritorno perchè a matematica scappava, e non solo la pipì. Di certo scappa anche alla ‘lunga’ che zampetta veloce, siede sull’assetta, ed orina rumorosamente. Se non le avessi liberate le mani se la sarebbe fatta nelle mutande. L’amica invece, legata ed imbavagliata sta quasi per dare i numeri. Quando storia, con un mezzo sospiro di sollievo si alza, sollecitata anche da me, la aiuta. Un rumore sconveniente, ripetuto. Apro la finestra e guardo fuori. Sono signore, l’educazione di una vita mi inibisce, nonostante tutto…Deve aver finito. Puliscila, ordino. Falle il bidet e lavati anche tu. Fatico ad impormi di girarmi e restare a guardarle, ma se si liberano entrambe potrebbe essere un casino. Le porto in cucina, altro posto pericoloso e le faccio bere. Mangiare no, non c’è quasi niente in frigo ed ho fame io. Un poco di digiuno le ammorbidirà forse. Dopo poco sono nei due letti ben legate e solo allora vado a vedere che non ci siano vicino alla piscina…si avevano fatto la spesa e le sacche sono ancora all’ombra Sazio, curioso per casa, guardo nei cassetti ma sopratutto cerco di immaginare le prossime ore ed i prossimi giorni. Questa estate, per la prima volta, la mia ed altre scuole in Italia hanno fatto gli esami di maturità in due tempi diversi rispetto a tutte le altre. La mia scuola per lavori di ripristino statico irrinunciabili e lunghi, altre per ragioni suppongo simili. E’ ancora giugno, ho tempo per convincerle. Sono quasi certo ormai che ragionare con le due sarebbe impossibile. Sul libretto ho letto che per sottometterle dovrei ricorrere al dolore ed alla umiliazione. Come cazzo si fa? Non posso certo ammazzale di botte o frustarle a sangue. In lavanderia vedo le mollette per stendere i panni. Ne provo una, poi un’altra sui capezzoli. Non fa minimamente male., però, però ho visto una bustina di elastici. Faccio qualche prova. Avvolgendo un elastico alla estremità della molletta due volte non stringe abbastanza, resta tutto quasi come prima, avvolgendolo tre volte fa un gran male. Gli elastici sono tutti uguali. Per adesso userò questi, ne troverò di certo di più adatti in cartoleria. Storia si è assopita. Le ho separate perchè voglio sapere altro di loro, anzi tutto…Sarà più lungo, ma le devo interrogare separatamente ed ottenere così che le bugie e le omissioni saltino fuori più facilmente. Mi chiudo la porta alle spalle, Mate mi guarda con….paura? Non so. Non ho fatto rimettere loro le mutande e guardo il sesso creputo di peli neri… Le carezzerei le tette facendola impazzire di rabbia. Ma non so decidermi, non oso. Liberarle il petto tagliando il reggiseni? Accetti di ubbidirmi in tutto, senza fare storie? Lo chiedo parlando con falsa naturalezza. Le tolgo il bavaglio e quando può infine parlare mi da dello stronzo, dice che mi denuncia ed altre cosette sgradevoli. Un attimo e non può più parlare. Se vuole il gioco duro lo avrà. Dolore ed umiliazione hanno scritto nel libretto, si ma come? Cosa vuol dire nei fatti? Ho deciso. Esco a procurarmi alcune cose necessarie. Le ho legate e chiuse nella cantinetta, prima però ho messo il microfono e collegato il registratore grande. Non durerà per tutto il tempo della mia assenza però. In città vado dal sellaio. Non ci sono più da anni i traballero, le carrozze che portavano la gente su, verso i piccoli paesi abbarbicati in collina. Ne restano ben poche di queste carrozze, per le gite dei turisti. Ci si montava da dietro, con una scaletta di due o tre gradini, erano lente, sporche molto spesso, traballati, cioè tutto uno scossone…lo dice il nome stesso. Sono state sostituite dalle autocorriere. Più comode e veloci ma meno affascinanti. I villeggianti pagano molto più del biglietto della corriera per fare le loro gite in collina. Due maneggi nei dintorni fan lavorare il sellaio che è diventato anche fabbro. Non ha molto da fare oggi. Collari, bracciali e cavigliere saranno pronte più tardi. Spero non capisca a cosa servano, mentre mi taglia metri di sottile catenella con i relativi lucchetti e moschettoni. Vado a ritirare l’ultimo gruppo di rullini, sviluppati e stampati. Due salassi. Due ore più tardi, fatta la spesa al mercato torno verso casa. Dalla cantinetta tutto tace e la registrazione è finita. Ascolto attento. Per la metà del tempo mi hanno stramaledetto in tutti i modi, poi discutono su come scappare e come fare; non sono daccordo. Storia propone di offrirmi la promozione, dicendomi che domande mi faranno, aiutandomi a preparare le risposte. Non è però molto convinta, ed ha paura che io diventi più violento con il passare del tempo, che persino le violenti o peggio. Matematica sostiene che non oserò far loro del male. Tenerle legate, questo si. Non può sapere che nessuno le aspetta, possono farmi credere che amici o parenti siano già in loro attesa. In ogni caso tra qualche sattimana arrivano le gemelle. E’ un ragazzino, non ha il coraggio di andare oltre il punto cui è arrivato. Non ha avuto il coraggio di toccarci e le mutande ce le siamo tolte noi, lui ci ha solo impedito di indossarle di nuovo. Si ferma qui, ne sono certa. Ha usato quella specie di frusta e ci ha picchiate lottando. Non è che un ragazzino, non ci farà niente e lo aspetteremo al varco agli esami di riparazione. Piuttosto, ho fame e con tutta quell’acqua mi scappa di nuovo la pipì. Se non arriva la faccio in un angolo. Una idea. Una splendida idea. Impiego un poco a sbrogliare le catene ed unirle con i moschettoni nelle misure che servono. Poco dopo le due sono con il collo ed i polsi cinti da cinghie. Alla porta di casa, uscendo in giardino, impugno la lunga verga di legno e le guido scalze verso il prato ed oltre. I polsi stretti dai bracciali di cuoio come i collari ed uniti a quelli da pochi anelli di catena. Dai collari invece pendono le due catene di cui impugno i capi. Di proposito le porto attraverso tratti sui quali è doloroso camminare a piedi nudi ma… sculettano in modo meraviglioso, fantastico. Protestano. Qualche colpo di verga ciascuno sul popò e smettono. Smettono anche perchè a questo punto le imbavaglio. Faccio percorrere di buon passo tutto il perimetro del parco, quasi cinquecento metri, più volte. Il percorso non è agevole, fa caldo, sono stanco pure io e loro col bavaglio respirano male. Rallentano troppo e le sollecito con la verga, ma senza esagerare. Non permetto loro di fermarsi e si orinano sulle gambe. Sento la eccitazione crescere e non rieco ad arrestarla come di consueto. Quando rientriamo sono esauste, ma non le porto in bagno. Le lavo all’aperto con la pompa. Sono bagnate fradice, anche i capelli colano e lo ho fatto di proposito. Le asciugo alla meno peggio ed entriamo. Lego, anzi incateno mate al solito termosifone e porto storia nel mio letto, il letto della signora Carla a dire la verità. Adesso mia cara prof ovviamo alla incongruità del reggipetto. E’ una questione di principio, non voglio tagliare le spalline, quindi ti libero le braccia e te lo tolgo. Se non collabori…Voglio colpirla, ma non fa nulla che meriti la frusta, le slaccio per poi sfilare il reggiseno e lei non si oppone neppure quando le sfioro i seni nudi. Non importa, più tardi. Le passo le mani brevemente sul corpo e l’unica reazione che ottengo è di farla irrigidire. Poco male anche questo. Man mano che crescerà la pressione, avranno più paura, mi crederanno quando dirò loro che le voglio scopare ed inculare, che dovranno farmi bei pompini, prenderlo in gola…bere il mio seme. Ciao Prof Beatrice, anzi solo storia. Sarà il tuo nome, per sempre forse, e voi due mi chiamerete Padrone, con rispettosa reverenza altrimenti farete a gara a chi delle due ne prende di più. Sono eccitato, vorrei carezzala ancora, i seni che già ho sfiorato ma solo sfiorato e tra le cosce spalancate. Lo capisce, si spaventa ancora di più. Una via di mezzo. Poso la mano sul ginocchio salendo lentamente, mi fermerò prima di arrivare troppo in alto, ma non mi fermo. Poso la mano sul sesso ancora bagnato d’acqua o di sudore, ne percorro le pieghe riposte. Non fa una piega. Volto le spalle ed esco accorgendomi che piange. Peggio per te troia. A scoparmele non arriverò ma devo impaurirle e ci sto arrivando alla grande, almeno con questa. Forse non le convincerò, ma certo mi sto vendicando non male.

Pensavo che con mate sarebbe stato altrettanto facile. Sbagliavo. Può fare ben poco impastoiata come è, ma fa tutto quello che può. Alla fine però è incatenata con braccia e gambe spalancate a croce. La colpisco con Spago, il nome che do al momento alla prima frusta, di spago intrecciato appunto. Colpisco i seni, il ventre e le cosce. Per la rabbia fatico a trattenermi dopo i pochi colpi che avevo deciso di infliggerle. Mi sento fiero per aver colpito con forza misurata. Hai bellisimi segni rossi che diventeranno viola o neri, ma non ti basta, non è vero troia? Non credevo di arrivare a tanto ma ci sono arrivato, ho anzi superato il punto di non ritorno. Sono maggiorenne, verrei procesato in Corte di Assise. Tra questi pensieri cupi vado a prendere le mollette e torno. Sono pressato dall’angoscia di dover riuscire, in fretta e cmpletamente. Prima di applicarla le mostro lo strumento e le spiego cosa farò. Adesso ha paura, veramente paura. Un attimo di pausa, di riflessione, di umanità. Cede? Mi basterebbe un barlume di incertezza, basterebbe che…No, non cede per niente. Se la sono andata a cercare loro, fermarmi sarebbe ancora più pericoloso e devono arrendersi entrambe. Storia almeno è sulla strada giusta, spero, ma ne devo essere sicuro. Con questa sarò ancora più duro. Per prima cosa la tocco ben bene, ovunque, le parlo in termini insultanti, inusitati per me. Spero ceda, forse manca poco alla disperazione. E’ livida, sussulta cercando scioccamente di sottrarsi ma gli occhi mandano lampi d’odio, è ancora determinata a resistere. Rido, quasi soddisfatto ora di sfogare la mia di rabbia e, perchè no, la mia di paura. Rido meno, mi spavento, quando sobbalza quasi percorsa da una carica elettrica, senza arrestarsi, spingendo verso l’alto, come volesse separarsene, il capezzolo sinistro stretto dalla molletta. La tocco ancora, trovo il clitoride che stringo tra i polpastrelli. Strano, è già estroverso. Le infilo nella fica un dito, non oso infilarne un secondo, mi sembra troppo stretta. Lentamente si quieta. Metterle una seconda moletta, magari una anche sul clitoride? Chiavarla ora, subito? Devo trattenermi dal farlo. Non è voglia ma rabbia la mia. No, per gradi, deve capire di essere su una strada con un solo sbocco, deve, devono capire che la nostra complicità è la loro unica via di salvezza da tutto questo, ma non posso proporglielo, devono proporlo loro ed insieme, daccordo. Le faccio il discorsetto che ho fatto a storia, si chiamerà mate e mi chiamerà Padrone. Quando le dico che la lascio a meditare scuote il capo, con gli occhi indica la tetta torturata. Peggio per te troia, le dico. Raggiungo storia e ripeto la operazione. Quasi mi dispiace per lei quando si inarca tutta e si torce. Le terrò la molletta meno a lungo. In cucina bevo il fondo della bottiglia di coca, troppo dolce e sgasata. Fa caldo, sono tutto sudato. E’ anche la eccitazione. Controllo l’orologio. C’è tempo. Non sono orgoglioso di quello che ho fatto, ma dovevo farlo e farò anche di peggio se necessario. Penso, alla mia puttana di questo inverno. Ho usato i soldi che il nonno mi aveva lasciato di nascosto. Monete d’oro da venti franchi svizzeri. Ne ho ancora alcune. Dopo due o tre volte mi ha suggerito di andare da lei in certi giorni ed ore, quando non batteva. Dopo una settimana mi baciava in bocca e mi faceva scuola. Dopo due mi ha dato il culo e mi è piaciuto molto. Piaceva anche a lei. Mi ha poi spiegato che avevo qualcosa di diverso tra le gambe. Di non parlarne con nessuno se non volevo passare per un fenomeno da baraccone. Mi sono presa cazzi più grandi ed altri che duravano almeno altrettanto. Nessuno però riusciva a cominciare a sborare per poi fermarsi a metà restando in tiro e subito dopo ricominciare, nessuno riusciva a decidere di non farselo diventare duro, nessuna decideva se e fino a che punto farselo diventare più grosso a volontà. Con lei ho cominciato a conoscere, controllare ed usare meglio queste caratteristiche. Più tardi, non molto prima degli esami, mamma mi ha mandato dal ‘dottore di papa’, un urologo. Non sono l’unico con queste caratteristiche anche se ne sa poco e le due uniche pubblicazioni risalgono a settanta anni prima.
Questione di ereditarietà, papà e mio fratello, in modo maggiore o minore, non so, avevano la stessa anomalia. E’ il cervello che controlla la cosa quando viene stimolato. Per il resto ho i testicoli un poco più grandi della media e nell’apparato genitale, sfinteri, muscoli che fan da valvole per il sangue, più sviluppati e che controllo in parte volontariamente. Lei è scomparsa senza lasciare traccia ed è un bene, mi stavo prendendo una cotta, pensavo come trovare altri soldi quando avessi finite le monete. Sarebbe stato un disastro. I dieci minuti sono passati e vado a togliere la molletta a storia. Mi spavento, ansima, sembra stia soffocando nel bavaglio intriso di saliva. Te lo tolgo, non gridare però e stai ferma, ti farò meno male alle tette, ma il dolore deve essere notevole, ansima e geme ancora di più, si lamenta, le carezzo un poco il capo ed lei forse sorride grata. Devo andare dalla tua amica, non vorrei soffocasse. Grazie mormora ad occhi bassi, poi quando sono sulla porta credo di udirle mormorare: padrone…Nn ne sono sicuro, per niente, forse una pia illusione. Carla è paonazza. Tolgo anche a lei il bavaglio e la molletta. Vorrebbe gridare ma si trattiene, forse è più forte della amica oppure più decisa, certo più cattiva. Se gridi, le avevo detto, ti rimetto il bavaglio ed un altra molletta E’ passato poco da quando le ho riportate a casa anche se per loro sarà sembrata una eternità. Non protesta quando, solo per offenderla le controllo il capezzolo spellato e gonfio. La faccio bere, dice di aver sete. Riposati un poco, poi ti sveglio io. Mi guarda impaurita, china il capo. Non sa cosa la aspetti. A storia, le dico, metterò un po’ di crema. Sono privilegi che dovete conquistarvi un poco per volta e ciascuna per sè. Le allungo un poco la catena dei polsi e raggiungo storia. Anche lei ha sete e beve dopo che le catene le sono state allentate. Poi inizio la mia inchiesta e sono estasiato nel vederle cedere col passare delle ore mentre le interrogo. Pretendo risposte sincere ed esaurienti che controllo con l’altra donna. Ogni menzogna od omissione comporta una punizione. Ore faticose all’inizio. Mate è ancora la più dura, resiste, mente, omette. Pure storia si difende ma le ho minacciate di rimettere loro le mollette, più a lungo, non ad un capezzolo solo ma anche all’altro ed al clitoride. Alla fine succede, anche se per poco tempo ciascuna. Sono oscene con la molletta che spunta dalla fessura, protesa in alto, mentre si torcono, gridano di dolore e mi maledicono Sono prostrate al punto che ho preparato io da mangiare. Credo abbiano detto se non tutto quello che le concerne, almeno tutto quello che volevo sapere e mi serve. Ne sono quasi certo. Ho dovuto strappare loro ogni singola parola. Come? Schiaffi, seni e capezzoli stretti e torti, spago e le mollette. Ore di fatica per me e di dolore per loro. Passo da una stanza all’altra, freddamente confronto le versioni, le contradizioni. Fa caldo in casa con le finestre chiuse, per un momento temo le possano sentire persino così. Poi, soddisfatto, le porto a fare pipì in giardino. Starete incatenate tutta la notte, le ho avvertite. Si accoccolano, orinano, le lavo con la pompa e le asciugo con uno straccio visibilmente…non pulitissimo. Le incateno ai loro due letti, nella cameretta delle gemelle insomma. Voglio ascoltare dall’altra camera le loro considerazioni. Ognuna accusa l’altra di averla tradita. Piangono, si disperano. Torno quando sembra che mate stia per addormentarsi. Ho deciso di liberar loro gli arti. Resteranno alla catena tramite il collare. Indosso solo la vestaglia e vedere i loro corpi, pensare alle loro storie mi eccita. Sono storie simili e da quel che mi dicono comuni a tante altre. Per me storie incredibili, fuori dal mondo. Carla, matematica, da matricola, dopo poco che era in città ha cercato un’altra sistemazione. Stava con altre tre ragazze in un appartamentino e non ne poteva più delle compagne e del chiasso ad ogni ora del giorno e della notte. Ha trovato una camera presso una signora che dopo poco se l’è portata a letto. Beatrice, storia si era innamorata al secondo anno di una compagna che dopo qualche tempo la ha letteralmente passata ad un’altra, molto più vecchia di lei.
Non ho mai fatto l’amore con un uomo, dice Beatrice. Allora sei vergine. No, mi ha sverginata la padrona con un bastone, un coso che… ci impiega parechio a confessarlo. Carla invece è stata sverginata dall’amante della sua padrona, anche per lei non è stato semplice confessarlo. Si conoscevano già tra loro quando hanno conosciuta la signora Angela, le loro padrone erano amiche e si frequentavano. A quel punto erano libere o meglio erano state abbandonate, buttate via. E’ stata generosa la signora Angela. Ha potuto far avere all’una un incarico, all’altra ha procurato molte supplenze e poi la agognata cattedra. Si erano laureate con buoni voti, le loro padrone, amiche, pretendevano dalle loro amanti succubi oltre al resto un ottimo rendimento scolastico, era per loro una specie di status simbol. La Signora era diventata da subito la loro amante, in parte anche la loro padrona sin dall’inizio.
Non protestano più, non molto, quando carezzo i loro corpi segnati dolorosamente, neppure quando ho il coraggio di portare le dita ai loro orifizi e penetrarli. Mate si immobilizza quando sfilo e lascio cadere la vestaglia mostrandomi nudo, col cazzo in resta. Non la violenterò, ma voglio vedere quando cederà, voglio sentirle chiedere perdono, promettere di non ostacolarmi agli esami, anzi di favorirmi. Sono tra le sue gambe tenute divaricate dalle catene, nulla, le palpo i seni, la fica, tutto il corpo a lungo senza ottenere quello che voglio. Sfrego il glande sulla sua fichetta. E’ allarmata, solo allarmata. Infine parla: dai stronzo, vediamo se ne hai il coraggio! Non doveva, assolutamente non doveva dirlo. Premo e d’un colpo sono dentro di lei. Si inarca, urla un ‘no’ ormai inutile. Ho faticosamente evitato di farlo crescere, ma anche così le faccio male, è strettissima ed asciutta. Si inarca con un urlo acuto, grida anche l’amica mentre la monto. Non si scuote più, non grida, anzi non parla e solo singhiozza, disperata, si abbandona inerte tanto da sembrare che voglia darmi libero accesso al suo corpo, una resa totale. Ora mi muovo dentro di lei più facilmente, scivolo dentro e fuori senza ostacoli e senza che lei provi ad ostacolarmi. Si è già bagnata? Può darsi, l’altra, la mia amica prostituta diceva che è diverso da donna a donna, che lei andando con tanti uomini si bagnava molto lentamente e non sempre. Nella calura pomeridiana di una splendida giornata d’estate sudo come un pazzo mentre mi affanno su quel corpo indifeso.Torno in me, un poco almeno, ma abbastanza da avvedermi che tiene gli occhi socchiusi e che il respiro le si è fatto veloce. Era il segnale che la prostituta cominciava, cosa rara per lei dato il mestiere, a sentire qualcosa, non piacere ancora, ma che vi si stava avvicinando. Carla la prof, sta per godere, mi faccio più attento, percepisco un suo essere diversa, rabbiosamente disponibile, incredula forse ma collaborativa ed in attesa di qualcosa forse mai prima provato con l’altro uomo, l’unico altro uomo, l’amante della sua padrona. Questa usava Carla per attirare l’amante ormai annoiato, nel proprio letto. All’inizio la succube eccitava l’uomo ed allora subentrava la padrona. Poi quello si è presa anche mate, l’ha sverginata e posseduta tutte le volte che poteva, scatenando la gelosia furibonda della padrona. Fatico ormai a trattenermi, vorrei baciarle la bocca ma temo mi stacchi con un morso la lingua. Devo fermarmi o godo, devo fermarmi. Una trafittura li in basso, mi scuoto e lei ha un altro tremito ed un altro ancora, espira rumorosamente l’aria che aveva trattenuta. Noo! Noo! Poi però protende i fianchi per quel che può, mormora qualcosa d’altro che solo intuisco. Si. Un “si” appena mormorato, trattenuto in modo non potessi udirlo. Esco di lei, appena in tempo. Non ho il preservativo. Mi sta spiando attraverso le ciglia socchiuse, ha il respiro ancora accellerato, ma cerca di frenarsi. Non vuole, non vorrebbe anzi, tradirsi, ma lo ha già fatto più che abbondantemente. Mi scappa da orinare ma è inutile solo provarci, ce l’ho troppo duro. Oso baciarla, schiude le labbra, riceve, accetta il bacio sia pur senza contraccambiarlo. Un catino d’acqua tiepida, una salvietta. Continua a sottrarmi il piacere di vedere i suoi occhi anche mentre viene spugnata, le piace ma non mi guarda. Mi incazzo, traffico con le catene, la bacio e la pongo a culo all’aria. E’ pronta e di nuovo disponibile, in attesa ed io sono più calmo. Le vorrei rompere il culo. E’ la cosa che ora voglio di più, la stringo, è sotto di me a pancia in giù ed è la cosa che teme di più. Deve capirlo per forza, sente il cazzo nella fessura del sedere cercare il buchetto, non può non capirlo, non può non sentire…steso su di lei bocconi che si aggrappa alle sbarre della testata mentre le stropiccio le tette, mentre…e sono nella fica. Solo con il glande poi lei, istintivamente o meno, spinge un poco il culo all’indietro per farsi prendere. Entro ancora di più. E’ Calda, scivolosa, accogliente, forse vogliosa. La monto lentamente, la chiavo e mi piace e le piace di certo, la sento cedere, abbandonarsi, darmi il suo corpo, senza pretendere nulla ma senza remore ora. Alla pecorina, sudati ed ansanti. Libero anche l’altro braccio. Solo la catena del collare la trattiene e muove il bacino in una specie di danza. E’ stata lei o l’altra? Quella che è stata sverginata con un coso di plastica dalla padrona, intendo. Mi circonda i fianchi con i talloni, mi cinge il collo, mi spinge a chinarmi e baciarne la bocca. Più volte ansima, più volte inizio ad eiaculare riuscendo però a trattenermi. Voglio il tuo sederino, forse è la terza o la quarta volta che lo dico. Da quanto sto chiavandola quasi senza fermarmi? Non so e non me ne frega un cazzo. Non sono un cliente con la puttana che paga, sono un uomo, in un caldo, bellissimo pomeriggio d’estate, con la sua donna, con la sua professoressa che ha sottomessa e che geme di piacere per il mio cazzo che ha nella figa. La mia prima donna. La prima donna che chiavo dopo averla conquistata. Non fatemi male, non fatemi male, ho paura. Mi fermo indeciso. Allora posso romperle anche il sedere, se voglio. Posso tutto, tutto” No. Ho paura, dice, continuate così. Sono grande, immenso, e se si è grandi si può essere anche generosi, per un poco almeno. Quod differtur non aufertur, rimandare non vuol dire perdere, ho fatto o no il classico? E continuo a chiavarla fino a farla quasi gemere, poi mi faccio portare le gambe sulle spalle attorno al collo, di nuovo la chiavo, smetto solo quando geme di nuovo, mi graffia, forse involontariamente. Il glande preme sul buchetto bagnato dei suoi ed i miei umori. Spingo piano. La puttana di questo inverno diceva di fare piano, questa però lo ha tanto stretto che non ci entra neanche una matita. Come faccia a cacare non so. Premo di nuovo, poi ancora. Mi fai male, basta, basta. Mi dai del tu, stronza?Un colpo di reni, sono nel suo culetto, nella sua deliziosa ampolla. Spingo ancora. Mi fermo. Se è un culetto vergine, diceva la mia amica, dalle tempo di adattarsi un poco almeno. Non ho pazienza e lei grida alzando il viso verso il soffitto mentre come una bestia infoiata spingo, gravo con i miei quasi ottanta chili. Giù fino alle palle. Stronza, penso, poi lo dico e lo ripeto. A settembre volevate farmi il culo? Chi ce l’ha nel culo adesso? Ora sembra un poco più calma. Vorrei lasciarlo crescere, spaccarglielo il culo. Sono io comunque che godo, mi sembra di essere in paradiso mentre sussulto e mi svuoto del tutto. Storia finge di dormire quando torniamo dal bagno. Ormai mate ha imparato ad accudirmi, lavarmi e succhiarmelo fino a farlo tornare se non duro almeno al suo solito, barzotto. Lei, mate, è quella che è stata sverginata dall’amante della padrona. Non inculata e neppure spinta a fare pompini. Devi imparare, troia, ma imparerai, arriverai di tanto in tanto anche a godere col culo. E’ esausta e forse…non so cosa d’altro. Soddisfatta della resa? L’importante è la sua resa. Mi chiama padrone e dice che non le era mai successo…non spiega cosa…
Non mi immaginavo di arrivare a tanto. Neppure mi aspettavo di ottenere almeno la mezza resa delle due. Dico mezza perchè mate ora mi stringe a sé, mi carezza, passa le labbra fin dove arriva. Mi chiama di nuovo padrone ed anche caro padrone…io vi… Sembra domata, completamente e felicemente, ma non è un cavallo che dopo la prima volta è doma. Non mi fido. Stacco la catena dalla testata e le porto la testa alla giusta altezza per farmelo succhiare. Non ne è entusiasta e dimostra la sua assoluta inesperienza. Mi eccita lo stesso ma riesco a contenermi e quando ormai dorme o finge di dormire raggiungo nel suo letto l’altra prof, Beatrice, storia. Mate non può non sentire e vedere. Sono quasi le due quando torno nel mio letto. Attacco il registratore e mi dispomgo al sonno, mi addormento. Mi sento una bestia. Mi sono comportato come un porco, Le ho violentate, mi faccio schifo. Qualsiasi cosa avessero fatto non avevo il diritto…non dovevo. Sono peggio di loro. Violentare due donne, legate, non potevano scappare, tenute legate al letto dal collare e dalla catena. Sono un maiale. Le ho violentate, le ho costrette poi anche a fare…il resto. Che abbiano per prime fatto loro la puttanata di bocciarmi agli esami per vendicarsi di qualcosa di inesistente non conta. Cosa potevo fare di diverso? Sono due bastarde lesbiche ed io una bestia impaurita. Si ho una paura folle di quello che potrà succedere.
Pensavo di risolvere il problema dei miei due esami di riparzione mostrando loro le prove che erano state loro a far il primo sbaglio, poi ho perso la testa, bestia, sei una bestia mi ripeto da questa mattina presto… Se mi denunciano, solo l’idea di affrontare mia madre, no scappo di casa, ma come farei mai per i soldi, dove vado? Ed i Carabinieri poi mi trovano subito. Le osservo mentre puliscono la cucina, e cerco di pensare a quello che posso fare per rimediare. Ieri sera le ho ascoltate piangere e recriminare, ovvio, le ho trattate in quel modo! Poi si devono essere addormentate e mi sono addormentato pure io, avevo goduto un mucchio di volte. Che cazzo posso fare? Se le denuncio loro denunciano me e viceversa. Ma se fingono soltanto di assecondarmi, se promettono di promuovermi e poi mi fregano io non posso denunciarle. Non ne so niente di leggi e tribunali ma so che ho commesso molti reati e loro sono grandi, adulte, due professoresse anzi ed io un ragazzo. Le foto e le registrazioni basterebbero a farmi credere o crederebbero a loro due? Non so, non posso esserne sicuro. Probabilmente finirei in galera, direbbero che le ho rapite e scopate, che loro non volevano. Loro però dovrebbero spiegare le registrazioni sulla mia bocciatura e sulla promozione delle gemelle. Match pari e tutti e tre in galera. Forse no. In galera ci finisco solo io probabilmente, temo che rapimento e violenza carnale siano peggio di quello che hanno fatto loro. Comunque la loro vita sarebbe rovinata, ed io? Addio università, ma la cosa peggiore sarebbe affrontare mia madre. Meglio la galera. Lentamente mi comincio a calmare, di nascosto mi soffio il naso che cola, siamo già al pari e patta forse, tutti interessati a stare zitti, ma se posso segnare qualche altro punuto a mio favore…Le ho scopate ed ora camminano rasente i muri a testa bassa. Umiliazione e dolore, questo c’è sul libretto, ma è una cazzata, non credo sia un testo molto affidabile, per niente, roba per ragazzini in vena di seghe. Però ha funzionato per adesso. A questo punto forse basterà la minaccia del dolore, o solo qualche colpo di spago, leggero, senza far male. No, non funzionerebbe, anzi se lo capiscono, se sospettano solo che abbia paura di andar fino in fondo come le ho sentite dire. Fino in fondo dove? Meglio qualche minuto con le mollette, qualche colpo di frusta ben dato. Se poi minacciassi solo di scoparle, senza farlo…ma no, sarebbe ridicolo, capirebbero tutto e sarei al punto di prima…poi è piaciuto ad entrambe, anche a Storia. Si abituerebbero a farsi scopare ed il resto? No, forse però… Cazzo, cazzo, cazzo! Si sono fatte tiranneggiare per anni fin da giovani, una certa tendenza ce la devono avere. Match pari per ora. E poi, vedermele ciondolare attorno senza niente addosso. Umiliarle! Più di quanto le abbia già umiiate? Cosa c’è di più umiliante per una lesbica che farsi chiavare ed inculare da un maschio e costringerle succhiargli il cazzo? E gli è piaciuto. Bè, forse, almeno un poco, di certo. Pian piano formulo un piano. La mia posizione può solo migliorare e se funziona almeno in parte…

Penso di scrivere una specie di regolamento ma poi decido di no. Sarebbe vincolante anche per me e devo essere libero di far credere…pattinare insomma sul ghiaccio sottile, navigare a vista. Varrà solo l’arbitrio, il mio arbitrio. Dipenderanno dal mio arbitrio, suona bene, ci penso un attimo e comunico loro questa decisione. Abbiamo fatto colazione, preparata e servita da loro poi le ho portate a fare i loro bisogni ben incaprettate. Incaprettate? No, vuol dire un’altra cosa. Ecco, impastoiate. Fa un poco fresco e rabbrividiscono, è bello vederle zampettare veloci verso la montagnola di macerie lì da anni, da quando hanno rialzato il muro di cinta. Si accucciano, fanno quello che devono per poi coprire il tutto con la pala. Quando chiedono la carta igienica rido ed indico la pompa di ieri. L’acqua deve essere fredda dico, ma è megli che niente. Chiaramente sono sfatte, hanno paura. Sono scarmigliate con gli occhi spiritati. Puliscono il bagno, riordinano le due stanze ed ora siamo in cucina. Devo affaticarle, non dar loro troppo tempo per ragionare lucidamente. Stanno sistemando piatti pentole e stoviglie. Fuori casa vi ho concesso le scarpe da tennis, in casa camminerete a piedi nudi. Non ci sono regole, continuo, farete sempre e solo quello che vi dico di fare e, a mio arbitrio, se fate qualcosa che non mi soddisfa, userò le mollette e verrete frustate. Potete provare a scappare, ma abbiamo registrato la vostra confessione prima di colazione e non vi conviene. In realtà ho già pensato alla possibilità di una fuga. Neanche parlarne. La mamma delle gemelle ha una paura notevole dei ladri ed anni fa ha fatto rialzarealza il muro di cinta. Siamo piuttosto isolati e sarebbe iella se le sentissero gridare, di qua non passa nessuno e la stradetta, chiusa da una sbarra, porta solo qui. Difficile scappino, impossibile no, ma molto difficile, Inoltre siamo senza telefono, qui al mare non serve. Le guardo e mi si rizza. Dobbiamo passare qualche tempo insieme, scoparle non sarà certo un sacrificio. Vedrò di evitare di frustarle, ma scoparle e usare i loro bei culetti, perchè dovrei privarmene? Anzi devo farlo, e devo anche farmi succhiare. Devono credermi una specie di mostro, pronto ad arrivare fino in fondo, qualsiasi cosa intendano. Adesso tu, indico Mate, succhiamelo ben in punta. Umiliarle, sottometterle, e poi qualcosa di peggio di quel che ho fatto finora! Non so cosa ci sia di peggio però.Tiro solo per farle sentire la catenella legata al collare, per farle capire che comando io. Guarda l’amica, guarda la porta, guarda me, disperata, forse vinta. A gambe larghe la vedo avvicinarsi livida mentre Storia finisce all’acquaio, senza guardare. Metti una manina delicata, le dico, la sinistra, ma su questo posso transigere, sotto le palle, piano, delicata, me le accarezzi le palle, brava, così, con l’altra me lo meni un poco. Adesso la lingua, dal basso all’alto e viceversa. Anche su questo, da dove cominciare, lascio a te la decisione, poi lo stringi un poco e fai piano, mi raccomando, ci rimetti la pelle del culo se mi fai male, te la cavo a frustate. Fai su e giù, lo scappelli e quando diventa duro lo baci in cima e lo lecchi, lo prendi in bocca. Su comincia. é bravina la mia prof di matematica, tanto brava che la mando all’acquaio e faccio inginocchiare Storia. Hai diritto anche tu di divertirti le dico deridendola. Io non mi diverto per niente, sto troppo attento, spio ogni loro sguardo, ogni atteggiamento. Anche storia, al secolo Beatrice fa la sua parte, forse meglio di Carla, prof di matematica. Comunque è solo un assaggio, non godo, che diamine, in cucina di mattina presto? Giammai, non è elegante spiego alle due, non poco meravigliate.

Una è forse un poco troppo smilza, appena appena, l’altra, mate è di certo troppo cicciotta. Posso metterla a dieta e farle fare sport. Farà bene a tutte e due. E’ un modo per passare il tempo e stancarle. Nessuna le aspetta, parenti, amanti, fidanzati rompipalle non ne esistono. Hanno tagliato i ponti da anni, da quando erano amanti e conviventi delle rispettive padrone. Le guardo e se ne accorgono, arrossiscono. Io rincaro la dose. Mi siete piaciute. Imparerete a scopare come si deve, a darmi il culo con grazia e poi magari vi piacerà pure, diventerete delle vere regine dei bocchini e della messa in culo. Abbiamo in frigo ed in dispensa di che mangiare per qualche giorno, poi vedremo, ragazze. Sono quasi le dieci, troppo tardi per fare ginnastica, preferisco cominciare domattina presto con quella, oggi invece faremo una bella passeggiata, come ieri. Diventerà una abitudine di tutti i giorni, contente? Direi di no ma non importa ragazze, le mie donnine le voglio in forma, a letto rendono di più. Io fingo di ridere divertito, loro no. Qualche momento per indossare le scarpe da tennis ed io cingermi in vita il piccolo necessaire di pronto soccorso, disinfettante, cerotti e poco altro. Pronti e via. Dico loro quale sia il programma che mi sono fatto? Ma no! Poi non sono sicuro di quanto possano fare, resistere. So solo che di sport ne hanno fatto molto poco ma che non hanno impedimenti di salute al riguardo. Mi piace vederle sculettare davanti a me. Mi chiedo chi abbia scopato più volentieri non so rispondermi, non ricodo. Un due, un due. Due bei culetti, due belle paia di natiche, con rabbia mi accorgo che proprio non so quale culetto abbia rotto più volentieri. Se devo passare anni in galera voglio avere almeno dei bei ricordi. Una di loro, non so quale, alla fine ha persino risposto a qualche bacio, ma quale delle due? Che ricordi ho di quei momenti? Solo rabbia e voglia, voglia malsana, anche il piacere che ne ho ricavato è stato di certo malsano, ne ho ancora l’amaro in bocca, ma, insomma sono due belle fighe che mi sono fatto, certo la mia vecchia fiamma che purtroppo dovevo pagare…con lei era diverso. Non che lei si fosse innamorata di me, le facevano comodo quei soldi regolari ed eravamo diventati amici in un certo senso. Si parlava di un mucchio di cazzate, una volta che i cambiasoldi erano chiusi mi ha fatto credito. Di cosa posso parlare con queste due? Ci parlerei però volentieri, meglio che niente. Chissà tra un poco di tempo, ma ne abbiamo poco di tempo e si è poi sentito mai che due donne abbiano fatto amicizia…solo pirlate!
Al cancello giriamo a sinistra e faccio accellerare il passo che resta però molto lento. Un giro lento per scaldare i muscoli, poi allunghiamo un poco per due giri, ed infine un giro a lunghe falcate ma non di corsa, non ce la farebbero. Fa caldo e pure io ho il fiato corto nell’iltimo tratto. C’è da dire che mi alleno con la squadretta del liceo, nuoto e atletica, corsa campestre. Senza speranza in entrambe le specialità ma mi piace, la corsa sopratutto. Tre chilometri e mezzo soltanto, roba pietosa, ma fa caldo, sono stressate ed a zero come preparazione. Se dovete fare pipì è megli la facciate qui. Ormai sapete come si fa. Non do catena sufficiente perchè possano cercare qualche riparo e si accucciano a gambe ben larghe per non schizzare sulle scarpette nuove. Mi vien da ridere, ma se si preoccupano delle scarpe vuol dire che stanno superando altre preoccupazioni? Raggiungiamo la piscina e pretendo facciano la doccia anche se l’acqua non è riscaldata, Lavatevi tra le gambe, sporcaccione! Riposano stese bocconi sull’erba, Ne vedo solo la nuca e siccome sono testardo e curioso mi alzo dal telo, io ho un telo, e giro intorno fino a vederle in viso. Sembra dormano, dormono proprio. Che siano stanche e tese lo si legge nei loro visi. Troppo stanche per il secondo giro che avevo in programma per il pomeriggio. Con quelle occhiaie meglio di no. Vado a cercarmi un libro, non possono allontanarsi più di qualche passo, la lunghezza della catena. Più tafdi tolgo dal frigorifero tre bistecche, l’inasalata ed il pane. Poi ci ripenso e prendo anche un pomodoro che lavo bene. La griglia vicino alla piscina va a gas, spero che la bombola non sia vuota. Già, servono i fiammiferi, un forchettone… Il gas c’è. Un altro viaggio per piatti posate e bicchieri. Un terzo per alcune cose che ho dimenticato. Mi piace il vermouth dolce. C’è. Una bruschetta? Sarebbe forse troppo. Sono stranamente sereno mentre le raggiungo, Storia si è svegliata e mi osserva perplessa. Ha il viso meno tirato, le sorrido e le faccio segno di venire da me. Una idiozia, devo scioglierla. Con la chiavetta magica che porto al collo schiudo il collare e la libero. Sia pur poco ma di sole ne ha preso e sotto il collare c’è una striscia un po’ più chiara. E’ più forte di me e la abbraccio cercandone la bocca. Si irrigidisce tutta, poi si abbandona e dopo qualche attimo risponde sia pur senza immenso slancio al bacio, si lascia carezzare le natiche, sta appoggita a me. Mi abbraccia, si è lei ad abbracciarmi ed è lei a pogermi le labbra. La sospingo verso la panchina su cui sediamo senza scioglierci, Il legno è caldo, brucia un poco ma ho la sinistra tra le sue cosce che serra di scatto. Cattivella, non hai diritto di rifiutarti a me. Non sono…si zittisce, ha paura di scatenare la mia rabbia, come ieri. No piccola, tu lo sei proprio. Cosa voglia dire non lo so, schiava? Proprietà privata od amante? Adesso stenditi. Secco, autoritario e deciso. Esita ma ubbidisce pur senza immaginare cosa voglia farle e ne ha certo paura. Le faccio portare le ginocchia la petto ed esamino la fessura del sesso, ne schiudo le grandi labbra, poi esamino l’orifizio. Non vi noto niente di particolare, non vedo tracce di lacerazioni, di sangue o solo di irritazione, ma non è che sia un ginecologo. Ho a tiro già bene in vista il buchetto del sedere. Gonfio e tumefatto. Sei irritata, hai qualche crema? Non voglio privarmi in nessun modo di usarlo questo bel buchetto, lo sai, vero? Mi fissa senza espressione. Poco dopo, mentre Storia comincia a preparare l’insalata e la griglia si scalda esamino anche Matematica e con risultati identici.
Un bellissimo pomeriggio. Lezioni di nuoto, insegno loro le virate, lezioni di pompini e seghe. Il tutto è intervallato da un paio di pisolini, qualche sbadiglio ed il sottocritto che muore dalla voglia di farsele. I culetti però sono in uno stato disastroso, assorbono crema come idrovore, mentre senza preservativi non oso scoparle. Ci manca solo di metterle incinte sperando non sia già successo ieri. Non restano che le loro boccucce di fata. Un bagnetto finale, poi permetto loro un bagno caldo.

E cosa ci vuole a fare la pizza? Rido e Mate si inalbera ancora di più. Rido perchè è la prima rivolta degli schiavi, schiave anzi, che debba affrontare e verte sul fare la pizza, temevo peggio. E che ci vuole a fare la pizza? chiede Mate. A me piace la pizza, rispondo, ma deve essere tonda, bassa e croccante, tu come la fai? Risulta che Mate la fa alta, al trancio, come la fanno in Toscana. Se non vi piace non mangiatela e frustatemi pure. Va bene, se non mi piace ti frusto. Decido di farmela piacere. Devo andare in paese a prendere il lievito, i fornai di certo ce lo hanno. Già che ci sono compro la birra, un’altra bottiglia di vermout, pane fresco, uova e verdure, coca cola, quei nuovi bottiglioni da un litro e mezzo e vado in farmacia per quella che chiamo ormai crema da culo. Ne consumiamo parecchia. Consumiamo anche parecchi preservativi ma qui non li compro. Mi conoscono e comprarne quanti me ne servono… meglio girare per le diverse farmacie dei dintorni. Il mangiare lo paghiamo un terzo a testa, ma crema e preservativi no. Servono a loro, paghino loro. Pagano loro e con gran rabbia. Torno su e le tiro fuori dalla tavernetta dopo aver ascoltato qua e là il nastro della loro conversazione. Mate è incazzata per la mia sfiducia nelle sue capacità in cucina, poco altro a parte la speranza che mi ricordi della crema. Le brucia di nuovo, che cavolo di mania ha, non gli basta mai! Ma a te non brucia? No a storta non brucia quasi più. Mate fa la fontanella di farina. Ci aggiunge il lievito sciolto in acqua tiepida assieme a poco sale, poi impasta. Ci aggiunge a metà un poca di birra temperatura ambiente. Cosa c’entri la birra non so. L’impasto con la sua brava croce sopra va dentro una marmitta e coperto con un tovagliolo. Via, tutti fuori. E’ quasi una decina di giorni che viviamo insieme e me le scopo con grande soddisfazione tutti i giorni. Non so decidermi a fare a meno di collari e catene, non oso. Ci avviamo verso il cancello, e prima di immetterci nella strada perimetrale che segue il muro, al solito faccio fare loro pipì. Non provano neppure a nascondersi in qualche modo e subito dopo cominciamo la passeggiata. Sanno che se vanno troppo piano mi danno ragione di pizzicar loro la pelle con la cima della verga, ma sanno altresì che se si sfiancano correndo troppo, poi non ce la fanno a tenere il paso giusto e le incentiverei in modo molto convincente. Non mi dispiace sentire i loro gridolini. Nel tratto piano si scaldano i muscoli ed alla fine del primo tratto allungano il passo senza che debba dirglielo io, brave! Tengo d’occhio l’orologio, e le faccio muovere più svelte, e dopo altri giri ancora più svelte. Un giro in più di ieri quasi nello stesso tempo. Non diventeranno mai delle maratonete, non vinceranno gare di corsa campestre come non andranno mai a far gare di nuoto, ma stanno imparando qualcosa. In dieci giorni hanno fatto fiato, almeno un poco, ed imparato a misurare le loro forze. La verga morde ed è un incentivo che qualsiasi allenatore desidererebbe poter usare. Io posso e la uso. Stanno rinforzando la muscolatura, tutte e due ed in dieci giorni Mate ha perso un chilo. Quasi tutti liquidi direbbe il mio di allenatore, ma anche ciccia dico io. Pure io ho perso un chilo o poco più, in proporzione meno di Mate. Storia invece non ha perso neanche un grammo. A lei do più da mangiare che alla collega. Io non ho il fiatone, in questo tempo ho recuperato un poco della forma. Anche al massimo della forma comunque, sia nel nuoto che nella corsa campestre resto una mezza calzetta. Le due sono stanche, sfiatate. Hanno percorso più strada ed a una cadenza più veloce del solito. Domani andrà meglio dico. Non si sono sedute ma solo chinate posando le mani sulle ginocchia. Qualche minuto e ci avviamo verso la piscina. Forza ragazze, una doccia. Ormai abbiamo l’acqua calda anche per la doccia. Un massaggio e subito si buttano ridendo in acqua. Neanche qui avrebbero speranze agonistiche ma stanno cominciando a muoversi meglio con più fluidità e naturalezza. Anche loro se ne rendono conto e penso faccia loro piacere. Mi tuffo anch’io. Faccio vedere di nuovo la virata ed il tuffo di partenza, poi giochiamo un poco.

La pizza è ottima, per dirglielo faccio il bis, spazzoliamo tutta la teglia. Storia ha le sue cose, in anticipo. Uno dei difetti di questa sistemazione è che dobbiamo muoverci tutti insieme oppure legarle a qualcosa di solido. Più tardi, sistemata Storia torniamo in giardino. Sono tanto abituato a vedervi nude che quelle mutandine ti fanno sembrare strana. Storia alza le spalle un poco urtata, Mate ride. E’ vero, anche a me sembri strana. Non risponde e si stende, dopo poco dorme. E’ fuori uso per almeno due o tre giorni, dice l’altra, mi guarda ed arrossisce. Cosa vuol dire? Poi capisco. Avrò solo lei a disposizione, doppio lavoro per lei quindi ma…non sembra spiacerle. Ormai sono ben abbronzate. Più in là Storia dorme della grossa. Mate siede e si pettina. Poi , Padrone, posso provarmi una gonna, quella a fiori. Esita un attimo poi prosegue. Mi stringeva, voglio vedere se adesso mi va. Perché no. Poi me la porto sulla mia stuoia. Le incremo ben bene il buchetto. La cosa comporta un giro fino alla fontanella ed una bella lavata di mani. Quando torno Mate finge di dormire. Chi se ne frega. Non sono particolarmente eccitato il pene mi pende quasi floscio. Avere due belle donne nude e disponibili accanto non mi eccita più di tanto, ma abbracciarla, sentire il suo profumo di donna, questo si, mi eccita. Mi eccita attirarla a me, stringerla e baciarla. Raramente ormai mi danno ragione di batterle o comunque di punirle. Ieri però Mate si è tenuta per cinque minuti una molletta sul mio capezzolo preferito, il sinistro, aveva fatto una cazzata e lo ha anche ammesso. Solo cinque minuti. Rifacciamo il giochino di ieri bella? Se volete…Va bene, un’altra volta. Non mi piace molto portare la bocca al sesso di una donna. Una idiosincrasia che mi arriva dalla prima donna, quella che pagavo. Lascia perdere, ci passano in troppi di li, mi aveva detto e ne ero rimasto scioccato. Per questo le faccio leccare tra di loro per farle eccitare e bagnare. Però le mani, le dita, le ho e la carezzo a lungo, le infilo un dito nel sesso, piano, lo rigiro. Storia, toccandola dentro in quel modo era diventata quasi matta. Ritrovare il punto giusto non ò stato facile mentre non lo trovo con Mate ed è un peccato. Lei me lo succhia. Stanno imparando ma sono lontane dalla mia amica professionista, inevitabile. Mi stendo a gambe aperte e lei posa le cosce, quasi il culo su di loro, col busto sollevato, poggiandosi sulle mani. Insomma è lei che cerca di farselo entrare nel culetto, ma nel frattempo il mio cazzo si è asciugato e pur premendo sul punto giusto non ci riusciamo. E’ la prima volta che ci provo, una mia idea. Mugugna, spinge, poi rinuncia. Un momento e se lo riprende in bocca, solo in cima le dico. Non risponde, ha la bocca occupata, ma fa come le dico. In fretta in posizione, di nuovo spinge, per allargarsi e per avvicinarsi. Per me è forse istintivo e spingo anche io. Tira un sospiro profondo, non so se per esorcizzare il dolore che forse prova o per la soddisfazione per il successo che sta ottenendo. Un poco si allaga, entra, sempre di più. Si spinge con le mani, ce lo ha ormai quasi tutto dentro. Mi guarda, sorride mordendosi al tempo stesso le labbra. Con qualche virtuosismo la tiro verso di me e non mi accorgo che involontariamente ho permesso a ‘lui’di crescere. Mate si agita, si agita ancora di più quando la monto. Ma poi, poco per volta si quieta. Un paio di giorni di pazzia sotto gli occhi di Storia, attenta. E’ gelosa, Padronee poi, inaspettata: voglio restare con voi. Vogliamo restare con Voi. E’ quanto desideravo e più, molto più di quanto osassi sperare. Le ho battute e duramente. Una sciocchezza la loro. Ho sbagliato pure io a punirle tanto severamente. Poi mi dico che uno più esperto di me avrebbe capito da tempo che le due erano mature per essere colte. Mi amano, vogliono essere mie. Domanda. Cosa cazzo faccio? Non posso mettere su casa con loro, di certo, anche se…due belle fighe. Ma sono ancora incerte loro stesse. Possono pentirsene. Denunciarmi? Non credo. La signora Angela ha spedito alle mie schiavette un espresso. Le figliole resteranno in Inghilterra ancora due settimane o tre, se sono così cortesi da badare alla casa fino al loro arrivo? Ma certo. Ne sono contente anche loro. Storia vuole rifarsi. Scopo come un mandrillo, col preservativo ovviamente. Non rinuncio alla ginnastica di primo mattino e dopo alla corsa, sempre al limite delle loro possibilità, sempre un poco di più. Ormai i loro culetti stanno cominciando ad essere più elastici e loro hanno capito come darmelo seza provare troppo male. Io stesso sto migliorando, riesco a controllarmi sempre meglio, viva l’atavismo di cui “soffriamo” in famiglia. Continuo a dar loro modo di parlare senza che sospettino di essere spiate. Parlano sempre meno di quel che faccio loro, sembrano ormai accettarlo senza spiacersene ed anzi, se mai, discutono del dopo, se le vorrò anche dopo gli esami. Sembra che l’idea non spiaccia a nessun delle due. Tra poco però arrivano le gemelle e poi la madre…ed io poi cosa voglio? Avere due femmine, due donne fatte, un sogno direi, ma come faccio? Vivo con mia madre e non posso dire che, non saprei proprio cosa dirle. E mi piacciono parecchio. Ormai, in solo una decina di giorni son diventate amanti splendide e perchè no, ubbidienti, sottomesse. Lo stanno ripetendo in continuazione che vogliono continuare così.

No, lui ha detto che non dobbiamo più toccarci. Un attimo di silenzio. Hai ragione, dice Storia…significa che dobbiamo smettere anche con Enza e Daniela secondo te? A me sembra ovvio. Temo tu abbia ragione, ma come la mettiamo con la signora, quella non accetta, si vendica.
Quella sera, nel letto della signora in questione, ne discutiamo senza arrivare a nessuna conclusione se non che le voglio per me. Ma non lo dico. Ci penserò dico invece ma non le inganno. Mi abbracciano, mi chiamano Padrone, dicono di amarmi che saranno felici di continuare ad appatenermi anche se ci sono problemi pratici da superare. Mi accorgo di volerle anch’io, da morire. Una notte di sarabanda. La mattina dopo salto la ginnastica ma la faccio fare a loro. Più tardi siamo andati a piedi in paese. è la prima volta. Ad un certo momento, davanti ad un vigile urbano ho temuto chiedessero aiuto. Forse ci hanno pensato. No, sono certo non pensino più a fuggire a tornare libere. A queste due piace avere me come padrone. Me lo dicono in continuazione ed hanno finito per crederci, ma non si sa mai. Io qualche dubbio, qualche paura continuo ad avercelo. C’è poi l’altro problema. Quando torna mia mamma cosa invento?
Metà luglio, anzi meno di metà luglio e le mie due donne non sembrano più tanto scontente di questa vita. Stento a crederci. Perchè mai dovrei fidarmi di loro? Negativi e registrazioni però sono ben nascosti, con quelli posso rovinarle ma avrebbero potuto scappare od almeno tentarlo due volte. Le ho di proposito messe nella condizione di crederlo. Sono ben abituate, allenate anzi, a correre, a far ginnastica tutte le mattine. Faccio far loro una ginnastica diversa qundo ne ho voglia, al minimo cenno soddisfano tutte le altre mie esigenze. Non recriminano per essere portate a fare i loro bisogni fuori casa sulla montagnola, al guinzaglio, come cagne. Niente rivolte degli schiavi, niente proteste, sanno che reprimerei la cosa dolorosamente, a frustate o mollette sui capezzoli. Sono tanto tranquille ed ubbidienti che ho persino immaginato sapessero dei microfoni nella loro camera e nella tavernetta. Non dovevresti mostrare di essere così contenta di far tutto quello che vuole ha detto una delle due. Come se tu non lo fossi altrettanto, ha risposto l’altra. Lo sono ma cerco di evitare di mostrarglielo così sfacciatamente. A si? Se hai perfino…ma tu invece…e tu…Contente di scopare, fare pompini e prenderlo nel sedere? Contente di sapere che in ogni momento possono essere punite con la frusta o con le mollette sui capezzoli? Ci penso su a lungo. Scopare piace ad entrambe, non posso sbagliarmi. Lo vedo nei loro sguardi, nel socchiudere gli occhi mentre le accarezzo e chiuderli del tutto quando ci baciamo. Mate protende il ventre un poco verso l’alto, direi istintivamente e senza accorgersene quando sto per infilarglielo nella pancia. Che faccia smorfie o mi maledica in cuor suo se lo infilo nel sedere non so. Cazzi suoi però. Storia invece, spesso, sempre più spesso mi circonda la vita con i talloni e volge il viso ad occhi chiusi verso l’alto mordendosi piano le labbra. Quando sta per godere i talloni allentano e accrescono la stretta accompagnando i miei movimenti. Per i pompini sono meno sicuro, ma nell’accudirmi fanno quasi a gara per ottenere più in fretta e meglio dell’altra di farmelo svegliare. Non amavano all’inizio inghiottire ma sembra ci si siano abituate, ed entrambe lo prendono un poco in gola. Sono loro a spingere per farlo entrare un poco di più, almeno qualche volta e negli ultimi giorni. Spiandole ho notato che ne parlano sempre meno, di rado se ne lamentano tra loro. Parlano meno e si lamentano un poco di meno del fatto che me le inculo spesso, una volta al giorno di solito. Non piace alle due doverlo fare ma cominciano a tollerarlo. Mate questa notte, mentre lo spingevo piano, guidandolo con la mano ed il glande stava allargandole il buchetto sempre stretto, ha spinto il sedere all’ndiestro facendosi aprire di botto. Mi ha fatto un poco male persino ed ha pure lei sentito male…Forse le è anche piaciuto, per la prima volta ha mosso i fianchi mentre la godevo in quel modo. Devo fidarmi? Crederci? Le stavo ascoltando, ed ero immensamente contento. Mi sembra strano però e decido di restare lo stesso in guardia, di diffidare sempre.
Hanno poi smesso di ‘betegare’ sostenedo entrambe che erano fortunate, uno come me non lo avrebbero trovato mai più. Forse non proprio con queste parole ma il senso era questo, aggiungendo che dovevano fare in modo di non perdermi. Neppure loro purtroppo sanno come fare e temono come me la signora Angela. Suona tutto vero od almeno credibile.

Siamo in gita. Il traballero ci ha portati in collina poi abbiamo fatto una breve passeggiata. Fa più fresco che sotto e pranziamo all’ombra della bella pergola di una trattoria che conosco. Per digerire il pranzo veramente ottimo, anzichè verso il belvedere, meta di tutti, le guido verso il fitto del bosco. Pini marittimi e lecci, non riconosco altro, ma loro sembrano piacevolmente sorprese dalla bellezza del posto. Non incontriamo nessuno ed anche questo ci piace. Conosco questi sentieri piuttosto bene, la salita non è eccessivamente faticosa, poi abbandono il sentiero e le guido ad un vecchio roccolo, ruderi ormai. Una sorgente, i ruderi del roccolo ed una vecchia mulattiera che un tempo portava ai resti dell’antica via Aurelia romana ancora visibile in alcuni brevi tratti. La modifica del tracciato ferroviario impedisce da anni di arrivarci, bisogna fare un’altra strada e di qui, dico loro, non passa più nessuno. L’ideale per noi. Allora possiamo spogliarci, Padrone? Regolano ormai la loro vita sui miei desideri e ne sono immensamente soddisfatto. Sono due snob però. Mi riprendono per una parola od una frase non del tutto corretta, una data sbagliata. Professoresse di scuola insomma. Hanno imparato almeno a farlo con garbo, chiedendo il permesso e scusandosene. Un cenno di assenso e poco dopo le mie urì sono completamente nude. Mi sono spogliato pure io. Come loro prendo il sole senza nulla addosso e si vede, siamo abbronzati dappertutto. Bellissime! E sono mie. Faccio mangiare Storia sempre abbondantemente ma resta piuttosto magra. Il moto e la dieta abbondante hanno forse ammorbidito le sue forme e comunqe mi piace così, come Matematica daltronde. Nonostante sia ancora un po’ troppo tondetta ha perso parte dei chili in eccesso. Qualche altra settimana di moto e di dieta neppure troppo stringente e sarà uno splendore, perfetta. Le guardo incerto. Le vorrei e certo non obietterebero ma sono piuttosto appesantito dal cibi e dal vino cui non sono abituato. C’è poi l’eterno problema che non so risolvere: far loro depilare il pube o lasciare il cespuglietto? Ma si, la voglia di scoparmele c’è e come! Me le scopo. Quale delle due? Sembrano leggere nei miei sguardi, si mettono in posa mentre frugo nel borsello. Quando dico di aver dimenticato i preservativi, e ne sono piuttosto incazzato, serie serie tirano fuori dalla rispettive borsette il necessario. Per prudenza dice Storia. Un pacchetto identico esce dalla borsa dell’altra. Ridiamo tutti e tre. Poi però sonnecchiamo, parliamo, ci coccoliamo a vicenda, ma sopratutto mi faccio coccolare da loro, mi piace rabbrividire alle loro carezze, beviamo e ci rinfreschiamo alla sorgente per poi ricominciare. Solo il calar del sole dietro le montagne ci avverte che il tempo è trascorso veloce e ci precipitiamo per non perdere l’ultima corsa. Prima che l’ombra ci sorprendesse una ha cominciato a succhiarmelo mentre l’altra si occupava del resto di me.
Abbiamo dovuto vestirci di corsa sospendendo la cosa quando stavo per venirle in bocca. Per tutto il tempo fino al paese ce l’ho avuto duro da far male. E’ stata una giornata meravigliosa, Padrone, dice Mate. Le déjeuner sur l’herbe, continua Storia. Spesso mi mettono in imbarazzo con queste battute un po’ troppo da cani sapienti, ma questa la capisco. Il famoso quadro di Manet con la donna stesa nuda appunto sull’erba, e poi? Le due ridacchiano, poi spiegano un poco, a sufficienza però. Giocano con il significato della parola digiunare, far colazione in francese. Loro hanno digiunato nonostante si siano premurate di portare i preservativi. Rido pure io.

Una cena frugale, siamo sazi da mezzogiorno, poi a letto, a letto, insieme. E’ storia a ridere soddisfatta. Mate deve dichiarare forfait, forse per gli scossoni del traballero, è in anticipo di poche ore, un giorno, sul suo periodo. Poco male mi dico, mentre borbottando molto a bassa voce va verso la cameretta. Storia ha così la sua rivincita sul fatto analogo di qualche tempo prima. Ad occhi chiusi lascio che Storia eserciti la sua arte. E’ un portento con la lingua, le labbra, le mani, con tutto il corpo. La dura scuola di una donna schiava ed amante di altre donne forse, ma in questo momento non mi metto a pensare al loro passato, no di certo, non penso per niente. La voglio, ora, subito. La abbraccio e la attiro a me sul lenzuolo, voglio fare l’amore, bella mia. E’ la prima volta questa estate che passo tutto il giorno senza scopare. Si Padrone, però…lasciate fare a me, per piacere, mi piacerebbe molto. Per un attimo penso di fregarmene di quel che vuole lei, poi mi arrendo. Mai resa è stata così ben ripagata. Di nuovo usa con lenta e languida sapienza tutto il suo corpo per farmi arrapare, impazzire anzi perchè arrapato lo sono già. Le due volte che sto per cedere al desiderio troppo prepotente, riesce a fermarmi. Un sorriso, una parola e nuovamente mi affido a questa strega del piacere. Fa caldo ma la sua pelle è ancora asciutta, profumata, deliziosamente sensuale, e sensuale fino a farmi spasimare, quasi eiaculare, è ogni suo movimento e carezza. Roca e sensuale è persino la voce le pochissime volte che mormora qualcosa. Poi la lingua puntuta cerca ed ovviamente trova il mio buchetto. Un attimo dopo, un attimo od una eternità snervante che sia, arriva al cazzo. Non sono ancora bravissime a prenderlo in gola ma ci riesce almeno in parte anche se di certo sente male. Ricordo solo confusamente i successivi attimi, o meglio so che le ho chiesto inutilmente di arrivare fino in fondo, di farmi godere con la bocca. Poi nulla. L’immagine successiva… l’istante successivo, sono steso sulla schene e lei mi cavalca scendendo con prudente lentezza sul mio cazzo e guidandolo con la mano nella fica accogliente. Non è l’agitarsi sfrenato che già conosco, lentamente va su e giù, mi chiava fermandosi quando sto per godere. Dieci cento o mille volte, non so, come non so come faccia a capire che un altro attimo e mi sarei svuotato nella sua bellissima fica. Allora mi torce i capezzoli riportandomi per qualche momento in terra, sotto l’amante schiava che mi sta distruggendo. Di tanto in tanto cambia posizione dandomi le spalle e ricominciando a cavalcarmi. Poi sono infiniti attimi di delirio incontenibili, quasi dolorosi. Solo quando pensa di avermi svuotato i testicoli, esausta si abbatte ansimante Ti amo, ti amo sono tua, la tua schiava, sono tutto quello che vuoi. Un solo attimo di silenzio, sarò quello che volete Voi, Padrone, continua giustamente col ‘voi’, come vorrete e per sempre se lo vorrete. Lo mormora senza fermarsi, quasi parlasse a se stessa soltanto. Mai una donna mi ha parlato così, mai. Il cuore mi batte all’impazzata. Nel buio appena rischiarato dalla poca luce che filtra dal giardino la vedo a stento. Posa sul gomito un poco sollevata e rivolta verso di me. La luce è poca, nondimeno intuisco lo sguardo malinconicio, il sorriso disperato. Perché? Non mi risponde e la abbraccio con tutta la dolcezza di cui sono capace, carezzo il capo, la stringo con più forza a me. Singhiozza ora, inarrestabilmente. Ne sono turbato, spaventato ed incredulo. Vorrei consolarla con qualcosa di più e meglio delle carezze. Vorrei dirle che la amo, ed in questo momento di certo la amo, vorrei dirle che le amo entrambe e che certamente saranno le mie donne per sempre ma non oso. Ritegno, paura di sminuirmi e di perderle, non so neppure io. La sospingo fino a stenderla sulla schiene, sono io ora, sollevato sul gomito che la sovrasto. Con tenerezza ed affetto le sfioro il viso. Non voglio svelare i miei sentimenti, esito. Sei mia, mi piaci. Penso che farò di tutto per tenerti con me. Anche Carla, Padrone, anche lei, lo merita, vi ama quanto vi amo io, Padrone, Padrone, insieme, per tutto il tempo che vorrete. Ci saranno un mucchio di difficoltà, non sarà semplice le mormoro. Lo so, caro, dolce Padrone, ma insieme potremo arrivare in capo al mondo. Piange ancora, si stringe a me disperatamente prima, poi con maggior confidenza, speranza, amore. Deve essere amore, è per forza amore. Ci sveglia il sole ed abbiamo fatto l’amore, dolcemente, a lungo, senza parlare ma dicendoci tutto.

Di proposito le ho lasciate insieme a casa mentre andavo a fare la spesa. Lasciala riposare ho detto a Beatice, anzi falle compagnia. Era ancora molto presto. Se dorme lasciala dormire. Ascolto la registrazione e me ne commuovo ed al tempo stesso esulto, vorrei urlare di gioia, di felicità, perchè mi amano entrambi ed io le le amo. Sembri una che ha passato…Beatrice le riponde andando subito al sodo. Devo regolare il volume perchè sono insieme in un letto solo, proibitissimo ma non mi importa. Si cara, una notte che non dimenticherò mai, per tutta la vita. Mi ama, ci ama. Te l’ha detto lui? No, ha detto che gli piaccio e farà di tutto per tenermi con lui. Qualche attimo di silenzio. Ed io? La voce di Carla, la mia dolce Matematica è quasi rotta dal pianto. Ed io, ripete, cosa farò da sola? Ci vuole entrambe, lo ha detto e ripetuto. E’ stato bellissimo, avrei voluto anch’io sentirgli dire che ci ama però. Di nuovo attimi di silenzio. Sapremo farci amare, lo costringeremo ad amarci, non so come ma ci riusciremo, dobbiamo. E’ la voce di Carla che continua, monocorde. Non sarà un padrone accomodante, di certo sarà sempre un padrone duro, ci farà soffrire, ma…non riesco a pensare ad una vita diversa. Tempi duri pei canguri ribatte con voce allegra Beatrice. Ridono entrambi. Un ultimo bacio, lo voglio. Non so chi delle due abbia detto questo, certo l’altra non ha protestato. Mai più, no mai più sento dire parecchio più tardi. Continuerò a volerti bene, si cara, continueremo a volerci bene, Ma dobbiamo ubbidirgli, sempre. Dobbiamo e lo faremo. Poi parlano delle gemelle e della loro madre, delle difficoltà che incontreranno con loro. Arzigogolano, cercano senza successo una via d’uscita. Neanch’io so come cavolo venirne fuori.

Mi amano ed io le amo. Amore, una parola grossa, da cinema. Che differenza c’è mai tra amare e voler bene? Immensa forse ma io non la conosco. So solo che sento di voler loro bene, ma amore, non so. E loro mi vogliono bene o le donne sentono qualcosa di diverso? Le donne, oppure quando si cresce, più avanti con gli anni. Le prime volte, scopandole e facendo tutto quello che ormai piace anche a loro, cosa provavo? E’ difficile dirlo. Un conto è andare a letto con una che paghi, un altro…poi quella, pochi mesi fa…eravamo diventati persino amici…non sei innamorato di me anche se adesso lo credi, ami questa cosa che ho tra le gambe, scopare, aveva detto ridendo. Ma con le mie schiavette? Forse all’inizio amavo la libertà di scopare e non solo scopare. Oltre al sesso mi piaceva il dominio, poter fare quel che volevo quando volevo, compreso…far loro male, frustarle…al diavolo, mi piace ancora. Mi piace, non le amo, mi piace averle come schiave.

Sono giorni di allegria, di lunghe ore trascorse nell’amore. Nel letto, sul bordo della piscina, quando e come voglio, basta un cenno e la prescelta si china a succhiarmelo, mi ‘porge’ il culo o la fessura tra le gambe e non solo per paura, piace anche a loro questa vita. Ormai non ho più dubbi, mi amano ed il loro desiderio più grande è appartenermi, avermi come Padrone. Gli piace essere mie, schiave, essere trattate come schiave. Faccio fatica a capacitarmene. L’unica spiegazione che forse si avvicini alla verità e che per anni sono state succubi, schiave soggette alle loro padrone. Sono state abituate ad avere una padrona ed ora hanno accettato più facilmente di avere un Padrone. Hanno finito per scoprirsi donne, femmine, e che essere scopate da un maschio gli piace. Concettualmente…non è proprio così ma…Comunque farsi scopare e tutto il resto che l’appartenenza ad un maschio comporta, a loro piace e molto. Le porto ancora a correre con il collare ed il guinzaglio ed anche questo non gli spiace. Sopratutto piace loro però fare l’amore. Non mi consentono l’uso dei loro corpi per dovere di schiave soltanto o per paura ma anche per il piacere che ne traggono. Mi piace essere vostra, Padrone, mi piace farvi godere, ne godo pure io anche se in modo diverso. Godo qui oltre che con il corpo. Parlano sempre come professoresse, un linguaggio forbito e saccente anche se lo stanno prendendo in culo. Nel dirlo ha indicato la testa, il cervello. Anche questo mi piace. La ginnastica è stata eliminata. Quel tempo lo trascorro a letto tutte le mattine facendo colazione con una di loro , serviti dall’altra. I loro culetti sono sempre arrendevoli, le bocche morbide, la fica sempre entusiasta di essere conquistata, occupata. Il cazzo, sempre in tiro, gode giulivo. Gli dei siano ringraziati e con loro i miei antenati per avermi trasmessa questa particolarità, scopo come un mandrillo e sono sempre pronto a ricominciare. Senza farmene accorgere ho smontato e portato a casa mia l’attrezzatura per ascoltarle. Preferisco non sappiano che le ho spiate per tutto questo tempo. Ieri ho ritirato dal mio amico un rullino sviluppato e stampato. Pose di loro che fanno con me le porcelline. Oggi invece vado a fare la spesa in città. Quando torno mi annunciano il disastro. Sono arrivate di sorpresa le gemelle. Pensando fossimo al mare hanno aperto con le chiavi ed in cucina hanno trovate le ultime fotografie. Si son messe a gridare, le abbiamo chiuse e legate nella cantinetta, Padrone. Mi fissano con qualche apprensione ma non troppa. L’unica soluzione, Padrone è convincere anche loro. Di schiave ne avrete quattro. Ci potete riuscire benissimo. Io invece non ne sono altrettanto convinto.

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