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Racconti di Dominazione

La canottiera

By 31 Agosto 2009Dicembre 16th, 2019No Comments

LA CANOTTIERA(PRIMA PARTE)

Lei, bella, pulita, abituata al lusso, ad usare abiti e biancheria che accarezzano la pelle, le esaltavano le forme armoniose,lei che sempre profuma di aromi leggeri, sapientemente dolci, lei abituata al corteggiamento, al desiderio di chi incontra, lei che ancora non capisce quello che le sta accadendo, non capisce la calma dell’uomo che la osserva, che le gira attorno fumando tranquillo la pipa, non capisce cosa la tenga ferma a farsi guardare, senza reagire, senza parlare, senza essere come sempre padrona del campo.
Lei abituata ad usare il proprio fascino come patinato biglietto da visita che apre tutte le porte, lei in mezzo alla stanza, con addosso quell’indumento assurdo, una canottiera da uomo a coste, sporca, consunta con i bordi sfilacciati, ancora umida di sudore, ricorda il giovane manovale da cui è stata comperata un’ora prima, risente il suo sguardo, le sue domande divertite all’offerta che gli viene fatta di 100 euro per quello straccio di cotone, Ora è lei ad indossarlo,è la sola cosa che la copre, quasi non si muove per ridurre al minimo il contatto della pelle col tessuto e la sporcizia che lo impregna, ma ad ogni respiro lo sente appoggiarsi, aderire ai seni, toccarle il ventre, segnarle i fianchi, percepisce l’odore forte, acre, che allontanava ogni dolcezza, e si rende conto che questo la eccita, mai era stata così eccitata, così pronta, quell’assurda canottiera, le ha tolto ogni dovere di eleganza, di gusto, ogni residuo rispetto.
Il suo respiro cresce, diventa affannoso, veloce, le mani, prima rigide distanziate dal corpo per non toccare, iniziano a scorrere sulla stoffa, a comprimerla a stirarla, a farla aderire al corpo; la impugna sul davanti, stringendone i lembi con le mani, li spinge prima contro, e poi dentro il sesso, umido, dilatato.
Trema, tremano le sue gambe, incapaci di sostenere quello che il corpo sta facendo.
L’uomo sorride soddisfatto; non la scopa, non la tocca, la paga solamente ed esce dalla stanza d’albergo.
Lei non sa che quello non è stato un cliente più strano di altri, no…è stato qualcuno che le ha fatto oltrepassare un limite, le ha aperto una porta che doveva restare chiusa.

PUTTANA(SECONDA PARTE)

Puttana, o meglio, puttana part time, una che si vende quando ne ha voglia, una che domina il cliente, una che controlla la Maitresse.
Quando lo decide, vende un biglietto, e qualcuno si fa un giro di giostra dentro di lei; si apre all’intruso come una camera d’albergo, che resta uguale prima e dopo il passaggio dell’ospite
Indifferente all’età, alla prestanza fisica, indifferente anche al buco che chiede di usare, intenta solo a dimenticare le facce, i volti; il denaro resta, lo sperma se ne va nel cesso, assieme al preservativo; poi, con acqua e sapone, se ne va anche l’odore.
Ma questa volta no. No, non potrà dimenticare quella faccia, non ci riesce…
Lui non si è nemmeno preso la briga di scoparla, ma ha fatto molto di più, le ha artigliato il cervello, ha spaccato la corazza, ha creato una crepa, facendo entrare tutta la sporcizia alla quale era impermeabile, e il tutto semplicemente con uno straccio sporco, uno stupido indumento usato.
Ora è di nuovo davanti a lui, risponde alle sue domande, ammette la sua disponibilità, capisce e accetta le sue condizioni, si lascia esplorare con un cavallo da un veterinario attento e scrupoloso, pronta a porgere e ad aprire, a rendere accessibile la parte che viene di volta in volta controllata.
Si sente in vendita, come un animale, non sa ancora se da monta o da carne, e cerca di rendersi più bella ed attraente, più disponibile, cerca di far crescere il proprio valore, per essere adibita al lavoro di Troia di Lusso, il suo sogno.
E gode, gode per la prima volta sotto le mani del nuovo padrone, gode perchè intuisce che la vuole capace d godere, succhia le sue dita per ripulirle dal proprio piacere, sperando che gli sia concesso di succhiargli il sesso.
E gode, nuovamente, alla vista di quella busta gialla, che passa dalle mani del nuovo padrone a quelle della vecchia maitresse, sa che dovrà ripagare mille volte la cifra che contiene, sa di essersi fatta schiava, e aspetta gli ordini che le saranno dati.

SCHIAVA(TERZA PARTE)

Una schiava non possiede nulla, ha abbandonato tutto,
Quello che era suo, per quanto ne sa, è finito in qualche oscuro magazzino, abiti, mobili, documenti, nome.
Ora viene presentata come “elle” e basta, ed “elle” viene mandata in un villino di periferia senza altre istruzioni che l’indirizzo e il nome, da comunicare al citofono.
Ora è sola nello scantinato disadorno, sulle pareti di freddo cemento sono incassati grandi specchi, che nascondono porte, e con esse persone che guardano senza essere viste.
In mezzo alla stanza una bassa piattaforma sostiene una grata di ferro e niente altro, niente rumori, niente voci, niente ordini.
Si spoglia, sale sulla piattaforma.
Recita a soggetto, cercando di anticipare quello che si pretende dal lei, cercando di adattarsi al nuovo stato.
Allarga braccia e gambe, aggrappandosi saldamente al ferro della grata; solo adesso sente la porta aprirsi, e i nuovi “clienti” entrare, saranno almeno una decina. Sente scarpe stridere sul pavimento sconnesso, suda, suda copiosamente, sente gocce calde scendere lungo la schiena, nel solco tra i seni, aspetta di provare dolore; da dietro la palpano, la spingono contro la fredda grata, i tondini di ferro di cui è fatta la segnano sui seni e le cosce, qualcuno da dietro la penetra senza alcuna preparazione, fa male, ma l’uomo insiste e le apre a forza lo sfintere per scaricarsi subito dentro, senza lasciarle il tempo di adeguarsi. Altri si avvicinano, usano le mani, prendono possesso di pezzi del suo corpo, ognuno in maniera diversa, confondendo i suoi sensi, viene colpita, accarezzata, penetrata, senza un metodo, senza un piano apparente, rendendole impossibile sia l’abbandono al piacere che la resistenza al dolore.
è mattina quando esausta torna dal nuovo padrone; si mostra come le viene richiesto, esibisce i lividi, le striature della frusta, il viso leggermente gonfio per gli schiaffi ricevuti
L’usura subita dal suo corpo viene controllata, monetizzata…e infine in sua presenza il Padrone comunica il costo definitivo della prestazione di “elle”. è alto, molto alto….ma quando diventerà così alto da indurre il Padrone a ricompensarla con la sua attenzione?
La prossima volta provocherà i clienti, per ottenere più cattiveria, più durezza, per accontentare il suo padrone.

Per consigli, suggerimenti o critiche, la mail è giovanni174@hotmail.com IL RAGAZZINO(QUARTA PARTE)

Era più giovane di quanto non avesse immaginato, allampanato come molti adolescenti, tratteneva con molto controllo l’inevitabile nervosismo, ma si vedeva chiaramente che come regalo “elle” era gradita.
Papà lo voleva adulto in fretta. Adulto e duro, senza sogni inutili. Doveva imparare a comandare da subito, ed “elle” doveva servire proprio a questo. La fine di ogni tendenza all’innamoramento, l’annullamento di ogni tinta pastello. Era pagata perchè quel ragazzo imparasse ad usare qualsiasi donna per il proprio piacere e basta, perchè in futuro non si perdesse in amoreggiamenti e corteggiamenti inutili, perchè prendesse da loro solo quello che in quel momento gli serviva.
Gli occhi del giovane erano gelidi, forse la “lezione” era quasi inutile, ma doveva onorare la grossa cifra pagata dal suo Padrone.
Si spogliò dei vestiti volutamente normali con cui era andata all’appuntamento. Sotto era vestita in maniera oscena, mutandine rosse con bordi e fiocchetti neri, uno spacco aperto sul sesso, reggiseno a balconcino con i capezzoli esposti…e le immancabili autoreggenti, biancheria dozzinale da Troia. Il ragazzo era già con il cazzo in mano, ed “elle” gli presento subito la bocca spalancata da riempire, e perchè potesse subito rendersi conto di come poteva usarla,gli prese una mano e la portò dietro alla sua nuca, facendogli impugnare i capelli come una comoda maniglia per muoverle la testa a suo piacimento. non ci volle molto a Luca, così si chiamava il giovane ragazzo, a capire come usarla. Il giovane cazzo fu spinto fino alla gola, la testa tirata da una parte all’altra, e poi spinta a forza contro il pene, fino a farle mancare la possibilità di respirare, fino a provocarle conati di vomito difficili da trattenere…poi il suo sperma le scese direttamente nello stomaco, ad unirsi a quello del padre, che aveva preso un breve assaggio di “elle”.
Luca “riposava” su una poltrona mentre “elle”, ora completamente nuda, balla per lui al ritmo di una musica latina.
Balla oscena, mostrandogli le terga invitanti, reagendo con risate sguaiate alle sue invettive, suggerendo frasi e parole ancora più volgari, mostrandosi come una cagna in calore sempre pronta a riceverlo.
Forse, pensava, il ragazzo sarebbe diventato in ogni caso uno stronzo come il padre, ora però lei gli stava negando ogni altra possibilità. Ogni volta che che starà con una donna, non potrà non vedere il viso sudato di “elle” la sua bocca, la sua lingua che gli ripulisce il pene appena uscito dal culo.
Penserà alla bella figura fatta con gli amici, con i quali “elle” non ha avuto problemi a farsi scopare quando glie lo ha chiesto, penserà ha quando l’ha vista andarsene, senza neppure togliersi lo sperma dal viso e dal corpo.

IL GRUPPO(QUINTA PARTE)

“elle” non poteva dirlo, non era sua prerogativa esprimere preferenze, ma era più a suo agio quando le sue prestazioni erano acquistate da gruppi. Non interessava come fossero composti, di maschi, misti, o come era accaduto una volta, di donne. Non le piaceva il singolo o la singola, la costringevano inevitabilmente a rapporti diretti, si trovava prima o poi a guardarsi nei loro occhi…la folla invece, anche quando la malmenava, anche quando, come era accaduto più volte, si trovava nell’osceno ruolo di latrina collettiva, la proteggeva. Erano tutti e, allo stesso tempo, non era nessuno,e questo le consentiva di godere, di vivere come successi gli orgasmi dei clienti, di accondiscendere a richieste folli senza esitare.
La vergogna era mitigata dal numero di persone che la incitavano. Il singolo Cliente pretendeva di essere capito, vezzeggiato, stimolato, di sentirsi per qualche momento “unico”…e questo la ripugnava. Certo, lo faceva, lo faceva bene come nessuna altra puttana, ma ogni volta che bussava a una nuova porta sperava di sentire Voci, molte voci, ad aspettarla.
Quel giorno era un giorno duro. Due occhi, solo due occhi guardavano, un solo respiro oltre al suo riempiva la stanza; con la mano unta di olio si stava aprendo il sesso; lentamente si penetrava con le dita, obbediva e rappresentava lo spettacolo richiesto, per l’unico spettatore presente e pagante. Aprirsi prima la fica, poi il culo, affondare le mani fino ai polsi, era doloroso, è vero..ma quello che più la faceva soffrire erano quei due occhi che fissavano i suoi, verificavano il suo lavoro in basso, e poi tornavano a fissarla “dentro”. Volevano capire cosa le succedeva, quello che pensava, mentre si dilatava oscenamente per lui….ma aveva pagato, e quindi avrebbe visto le sue mani scomparire, l’avrebbe vista allargare le gambe per mostrare i suoi buchi ancora dilatati, e, se ne fosse stato capace, avrebbe visto anche la sua anima, se ancora c’era.
Più tardi, tornando dal padrone, si sarebbe chiesta quanto ancora sarebbe durata quella schiavitù, quanto ancora il cervello che l’aveva inventata, e dentro il quale tutto questo accadeva, l’avrebbe trattenuta, venduta.
Aveva trovato pezzi, forse dimenticati, di memoria di Altre Ragazze come lei; di loro rimaneva poco, solo tracce destinate forse a scomparire. Non sapeva se sarebbe stato così anche per lei, anche lei ceduta definitivamente a qualcun altro, qualcuno che l’avrebbe vista, forse desiderata, magari amata o, molto probabilmente, disprezzata, e poi messa in un angolo a scomparire.
Soprattutto, non sapeva quale fosse la sorte che lei si augurava.

Per commenti, consigli, suggerimenti o critiche potete scrivermi a giovanni174@hotmail.com
a presto

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