Skip to main content
Racconti di DominazioneRacconti Erotici

La lunga notte – cap. 6

By 30 Agosto 2021No Comments

Cap. 6

Sul marciapiede sento su di me gli sguardi dei pochi passanti. Cammino guardando davanti a me e in un attimo raggiungiamo la macchina, poco distante. “Sali” dice il mio accompagnatore. Mi siedo mentre lui fa il giro per mettersi al volante.
“Come ti chiami?”
“Angela” rispondo a bassa voce.
“Ok Angela, io sono Erdian. Mettiti comoda, ci vorrà una mezz’ora.”
La gonna, cortissima in piedi, una volta seduta risale ancora, abbasso lo sguardo sulle mie calze, da cui partono le sottili strisce di raso del reggicalze. Deglutisco, in bocca ho ancora il suo sapore. Lo gusto, cerco di scolpirlo nella mia mente chiudendo gli occhi, tra poco molti altri si mischieranno al suo, ma a questo punto non importa. Erdian mi mette in mano due scatole di preservativi. “Sono 12 a scatola, dovrebbero bastarti.”
“Grazie” rispondo mettendoli dentro la borsa, insieme a tre pacchi di fazzoletti di carta che prende dal sedile posteriore.
La macchina si allontana verso la zona industriale della città, mentre sfilano lunghe teorie di capannoni. Con qualche minuto di anticipo arriviamo all’autoporto. L’ingresso dell’immenso parcheggio doganale sembra un casello autostradale, con tante corsie. Davanti una grande rotonda con ai bordi un lungo guardrail interrotto dalle strade che collegano verso la città, verso la tangenziale e verso l’autostrada. E’ un lento, continuo carosello di camion, per lo più carichi di container, che entrano ed escono in continuazione dai varchi dell’autoporto. Facciamo il giro e ci fermiamo sulle strisce dalla parte opposta del varco davanti a due ragazze, una è appoggiata al guardrail, l’altra ci è seduta sopra. Quella in piedi si avvicina, mentre il finestrino si abbassa.

“Ciao Nadia, lei è Angela, per oggi lavora qui, spiegale tu cosa deve fare.” poi si rivolge a me “scendi, vi veniamo a riprendere più tardi”. Apro la porta in silenzio e scendo. La macchina si allontana sgommando, fa caldo e l’asfalto pieno di polvere aumenta l’impressione di mancanza d’aria, il ruggito dei camion che accelerano lentamente sotto il peso del carico è continuo.
Nadia mi guarda. “Allora, seconda strada, avanti cento metri. C’è un distributore sulla destra, subito dopo una strada che porta in un grande spiazzo, non ti puoi sbagliare. Puoi farli parcheggiare dove vogliono, tanto sul camion non vi vede nessuno. Recupera carte, preservativi e fazzoletti, non bisogna sporcare. Sono trenta euro con il guanto, cinquanta senza, se vuole solo un pompino venti, ma se vuole che ingoi chiedigli trenta. Hai capito?”
“Si, certo” annuisco.
“ok, metti in mostra la mercanzia – continua guardandomi – siediti li sopra”
Mi indica il guardrail a fianco dell’altra ragazza, seduta a cosce aperte, con una minigonna che non nasconde nulla. “Lei è Liveta”
Sorrido, salutandola e mi siedo sulla lamiera tirandomi sulle braccia. Un autista in uscita dal varco vede la fica tra le cosce spalancate di Liveta e si sente il lungo ululato di un clacson a tromba.
Nadia mi osserva “Anche tu apri le cosce, bisogna far vedere per vendere. Vedrai che arrivano come le zanzare in una notte d’estate. Spesso sono in due a bordo, in quel caso fai un po’ di sconto, cinquanta per tutti e due. A volte chiedono di scoparti insieme, l’importante è soddisfarli.”
Chiudo gli occhi gettando indietro la testa e allargo le gambe, il bianco della pelle stacca sul bordo delle calze che incorniciano la mia fica depilata. Sento sulla pelle il calore del sole, in bocca ho ancora il sapore di Dasho.

Il fischio dell’aria dei freni di una motrice che si sta fermando vicino a noi mi riporta alla realtà.
Dal finestrino, a due metri e mezzo di altezza un uomo calvo, dall’accento bolognese si rivolge verso Nadia “Ciao bella, hai una mezz’ora per me e il mio amico?”
“Certo, come sempre amore, mi fai salire?” La porta si apre e un braccio robusto si protende verso di lei. “Ok, io vado, ragazze, mi raccomando…” Poi il rombo del motore la porta via.
Richiudo gli occhi, pochi istanti per sentire lo scricchiolio delle ruote di un’altra motrice che rallentano sulla sabbia davanti a noi.
“Hey, quanto vuoi?” apro gli occhi. Dal finestrino di un camion rosso, con dietro un enorme container, un uomo muscoloso dalla pelle olivastra mi guarda con un sorriso a cui manca un dente.
“Trenta, venti di bocca” rispondo allargando ancora le gambe e fissandolo negli occhi sorridendo.
“siamo in due, quanto ci fai?” un brivido mi corre lungo la schiena. “Cinquanta, va bene?”
“ok, bella, sali a bordo”.
La porta si apre, metto il piede sul gradino all’altezza della mia coscia e una mano afferra la mia.
La gonna risale fino all’inguine durante la scalata, entro nella cabina e mi adagio su un sedile molleggiato. Dentro l’aria condizionata riserva una frescura piacevole. Guardo verso l’altro alla guida, un uomo esile, quasi sproporzionato di fronte al volante del bisonte della strada.
“Ciao – gli dico per rompere il ghiaccio – sai dove andare?”.
“Si, facciamo spesso questo viaggio, due volte alla settimana siamo qui. Tu è la prima volta che ti vediamo sei nuova?”
dalla pelle, dai tratti, dall’accento mi sembrano nordafricani.
”si, sono nuova. Voi di dove siete?”
“Marocco, Lui è mio cugino.” spiega quello seduto accanto a me, mettendomi una mano sul ginocchio e facendomi aprire le cosce.
“Ti piace Kahlid?” ride sguaiatamente, tutto l’abitacolo è pieno di mozziconi di sigaretta spenti, pacchetti vuoti, bottiglie dell’acqua.
Kahlid guarda la mia fica. Le labbra si aprono in un sorriso scoprendo una fila di denti gialli dal fumo e dal poco uso di spazzolino e dentifricio.
“Si, è molto bella . Io sono Kahlid, lui si chiama Ahmed. Tu come ti chiami?”
“Angela. Mi chiamo Angela.”
“Bene, Angela, facci vedere le tette, mentre andiamo.”
“Si, certo” rispondo sbottonando la camicetta e tirandole fuori da sopra il reggiseno.
La mano di Kahlid intanto è risalita lungo la calza fino alle labbra della vagina. Dita callose, abituate a lavorare cominciano a frugarmi. Chiudo gli occhi, tra poco il sapore di Dasho mi abbandonerà.
Il camion facendo una ampia curva si ferma nel piazzale a fianco di quello che aveva caricato Nadia. Spento il motore Ahmed si volta e tira una tendina dietro ai sedili, aprendo un piccolo vano con una branda.
“dopo di te Angela”. Sorrido. “I soldi, ragazzi.” Ahmed mi allunga una banconota da cinquanta Mentre affronto il passaggio un po’ acrobatico sento una mano sul culo che soppesa le mie natiche.
Mi sistemo nella branda, togliendo gonna, maglia e reggiseno e prendo i preservativi dalla borsa. Ahmed si avvicina abbassandosi i pantaloni. “Dai, succhiamelo un po’, bella troia”.
Le mie labbra si schiudono su un cazzo non particolarmente grosso, la mia lingua lo percorre per la lunghezza e poi lo accolgo nella mia bocca. Sento un mugolio di piacere, mentre Kahlid compare tra i sedili guardandoci. Lo lavoro per un paio di minuti, mentre le sue mani sono sui miei seni.
Prendo il preservativo per aprirlo ma mi afferra la mano. “Quanto vuoi per farlo senza?” rabbrividisco. “dieci euro a testa”
“va bene, allora. – guarda Kahlid che fa un cenno di assenso – lo facciamo senza” rimetto il quadrato metallizzato dentro la scatola, mi sdraio e Ahmed prende posto tra le mie cosce, cominciando a pompare. Con il bacino cerco di assecondare le sue spinte, per farlo venire in fretta, mentre il suo compare si toglie i pantaloni e si avvicina, afferrandomi la testa. Chiudo gli occhi.
Il suo cazzo si fa strada tra le mie labbra, mentre l’altro si muove nella mia fica che comincia a dare segnali di partecipazione bagnandosi.
Poche spinte e sento Ahmed svuotarsi dentro di me, poi è il turno di Kahlid.
Mi chiede di girarmi e mi afferra per i fianchi. Sento il suo palo di carne insinuarsi tra le cosce. Mi scopa con colpi lunghi e lenti, appoggio la faccia sul cuscino, nella mia mente tornano come ogni volta gli occhi azzurri di Dasho mentre il mio corpo risponde sempre più al ritmo dell’uomo alle mie spalle.
Con un rantolo lo sento venire nelle mie viscere. Avrei voluto continuasse, apro gli occhi insoddisfatta. Ma d’altra parte non è il mio piacere che conta.
Mi asciugo con una salvietta umida e mi rivesto, mentre uno dei due mi dà gli altri venti euro.
Poi passo davanti sul sedile mentre il camion si riavvia verso la rotonda.
Mi scaricano al mio posto, salutandomi con un sorriso. Risalgo sul guardrail, ma è un attimo, un altro camion si ferma.

Alle sei, quando l’autoparco chiude, ho avuto una ventina di passaggi. Una trentina di uomini hanno avuto il mio corpo, sono entrati nella mia bocca, nella mia fica. Due hanno pagato cento euro per il mio culo. Sono stanca. Venti minuti e arriva un’auto, dentro Ditmir e Dasho.
Saliamo, io siedo tra Nadia e Liveta. Mentre la macchina punta verso la città guardo gli occhi di Dasho riflessi nello specchietto. Sta guardando verso di me. Istintivamente apro le cosce, come quando ero sul guardrail. Dasho prende la mia borsa, conta i soldi e i preservativi. Come può pensare che lo imbroglierei? Si tiene le banconote, poi mi ridà la borsa. “Bene, domani ti aspetto per le due. Questa settimana lavori li, poi vedremo.” da per scontato che non protesterò, sa che l’indomani sarò da lui, docile e pronta a farmi scopare da chiunque per un suo sguardo. Abbasso gli occhi. “Va bene”.

15
3

Leave a Reply