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Racconti di Dominazione

La maestrina

By 15 Agosto 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

Forse era quell’aria da santarellina e da timida, forse quei suoi occhi chiari che nascondeva dietro rifiniti occhiali, forse la passione che metteva nel suo mestiere… o non so che altro, ma dal primo momento che l’avevo vista, avevo provato per lei una forte attrazione.
Più volte avevo cercato di farglielo capire, ma immersa nel suo lavoro sembrava non cogliere.
La valigia dei sogni era il nome dato al gruppo famiglie ospite nello stabile dove stavo finendo i miei ultimi giorni di incarico come consulente esterno ASL.
La festa finale, con danze, musiche, spettacoli e tanti genitori presenti, avrebbe forse potuto essere la mia grande occasione, almeno un appuntamento glielo dovevo strappare!

Chiara (questo era il nome della maestrina di cui mi ero invaghito), quel giorno avrebbe avuto meno da fare del solito, e avrei potuto facilmente trovarla sola, in disparte… quale occasione migliore?

La festa cominciava alle 15,00 e sarebbe andata avanti fino alle 21,00… in otto ore avrei fatto in tempo a spaccare il mondo e a ricomporlo… ma si sa, in amore c’è sempre un ma che scombussola tutto.

Chiara, che al momento avevo tolto il grembiule a scacchi rosso e bianco da maestrina d’asilo, indossava, in piedi nell’angolo dell’aula motoria, un maglione rosso a collo alto che si associava perfettamente al rosso dei suoi capelli, risaltando al meglio. Gli occhiali li aveva tolti e appoggiati sul tavolo che stava imbandendo di bevande e cibo, i suoi occhi verdi, ora sembravano più belli che mai. Quando mi guardò, sentendo i miei passi che si avvicinavano, e mi sorrise, ebbi l’impressione di avere di fronte a me un angelo venuto a confermarmi l’esistenza di quel dio che mi aveva imposto la religione, e pur sapendo che così non era, mi bloccai e faticai non poco a parlarle.
-Allora… siamo alla fine, eh? Che farai nei prossimi giorni… a parte riposarti ovviamente…
-Vacanze… mare, montagna, dovunque… per i prossimi 2 mesi non voglio nemmeno sentir parlare di lavoro!
-Hai ragione… io ne ho ancora per alcuni giorni, poi fino al mese prossimo sarò in pausa, e di nuovo in pausa fino al 20 agosto-
-Beh… nemmeno tu ti puoi lamentare, mi pare…
-No, direi di no… e… eee…
Restai in sospeso, volutamente forse, prolungando la e di qualche secondo al solo scopo di attirarne l’attenzione, visto che si era rimessa a guardare le cibarie e la loro disposizione sul tavolo.
-E…?
…eee… mi chiedevo se per caso, qualche volta, sempre che tu non abbia di meglio da fare, potevamo sentirci o vederci, che so… un caffè, un aperitivo…
-Sì… potremmo… quando ho finito di sistemare qua, ti lascio il mio numero di cellulare…
Il mio cuore che già galoppava, in quel momento accelerò i battiti del doppio, percepii un lieve disturbo alla vescica che presto iniziò a pungere di più, tanto che fui costretto a scappare al gabinetto per non farmi la pipì addosso proprio davanti a lei.
Dentro al bagno respirai profondamente e mi lasciai andare a una manifestazione di gioia che ora non so riportare, poi sbrigato il mio dovere, uscii.
Le ore passarono veloci, tra giochi, canti, ecc… Chiara, al momento del buffet, aveva mangiato poco e bevuto un po’ troppo, o più che altro, aveva mescolato alcolici diversi… insomma, si era presa una sbronza che le aveva fatto perdere buona parte dei freni inibitori. Approfittai di quella situazione per snocciolare a Chiara qualche carezza in più e avvicinandomi a lei durante lo spettacolo teatrale che aveva oscurato tutto lo stabile, mantenendo la luce solo sul piccolo improvvisato palco dei teatranti, con la complicità del buio le cinsi le spalle. Chiara si voltò verso di me e mostrò di accogliere il mio braccio abbandonandosi con la testa sul mio petto per poi risollevarsi e baciami sulle labbra. Scambiati un paio di baci identici, le lingue cominciarono il loro lavoro, attorcigliandosi tra loro in un groviglio e un titillare continuo, mi eccitai, lo percepii dall’erezione che in pochi secondi si era formata e cercai di creare in lei altrettanta eccitazione, provando a strusciare il mio sesso sul suo cercando di allargarle le gambe e poi entrando con le mani attraverso i pantaloni di lei.
La mia mano destra scese all’altezza del pelo mentre la sinistra cercava di salire verso il petto. Per aiutarmi e incoraggiarmi, Chiara si tolse il maglione, lasciando che sotto la maglietta le slacciassi il reggiseno, e slacciandosi poi a sua volta i calzoni, diede alla mia mano la possibilità di agire più in profondità.
Con la complicità del buio la spinsi dietro una tenda, tenendole la lingua occupata con la mia cercai di non farle uscire suoni dalla bocca, non ci riuscii, dato che un qualche mugolio le scappò, ma la musica dei teatranti coprì il tutto.
Conscio di essere sobrio e quindi di dominare la situazione, guidai la danza per una decina di minuti, portandole le mani sul mio pene eretto rigorosamente protetto da pantaloni e intimi, cercando di eccitarla sempre di più, poi mi tolsi all’abbraccio negandomi, come a farla soffrire un po’… era da novembre che la desideravo… ora toccava a lei smaniare un po’…
Mi allontanai sfuggendo alla sue braccia che mi cingevano.
-No! Dove vai!?- sospirò con tono sofferente.
Non le risposi, sparii nel buio della sala invitandola a cercarmi.

E qui… capitò ciò che sconvolse il perfetto equilibrio della giornata.
Chiara uscì dalla tenda, ansimando, corse verso di me che mi ero posizionato vicino ai teatranti e schiava dell’eccitazione e dell’alcool in corpo, spinse il teatrante in scena fuori dal palco, poi improvvisò, accompagnandosi con la musichetta jazz in sottofondo, uno striptease: prima lanciò lontano le sue ciabatte ortopediche antiscivolo d’ordinanza, poi fu la volta dei pantaloni già slacciati che cedettero il passo alle sue gambe pallide, ma ben tornite dalla ginnastica montana che praticava tre volte la settimana e negli intensi week-end alpini, durante i quali avevo più volte cercato di strapparle un appuntamento, e non vi ero mai riuscito.
La situazione stava degenerando, i genitori portavano i bambini lontano, i teatranti avevano interrotto la musica, i bambini più grandicelli si sbracciavano nella speranza di vedere una donna nuda ma nemmeno per loro ci fu molto da fare, solo qualche padre e il sottoscritto restarono ad ammirare il corpo di Chiara che liberato anche dalla maglietta (ora che l’avevo visto alla luce era viola) e aveva rivelato l’assenza del reggiseno che le avevo tolto poco prima, e infine anche delle culottes lilla, aveva guadagnato qualche estimatore in più. Le madri scandalizzate richiamavano a gran voce i loro mariti, i quali4, costretti dalle circostanze se ne andavano… quando credetti di essere rimasto solo con lei, finalmente nuda e libera, saltò fuori niente meno che Jambo!
Jambo era un omone alto, grosso… non, proprio muscoloso, ma con grasso a sufficienza per non mettersi a litigare con lui, si slacciò i calzoni ed esibì le sue super doti davanti a Chiara che ormai incontrollabile, si inginocchiò ignorandomi e cercando di ingoiare il biscottone d’ebano che le si presentava davanti. Non le riuscì, appena lo toccò, Dinga, la moglie di Jambo, alta come lui e grossa quasi quanto lui, dopo aver spostato dalla stanza il figlioletto, si avventò su Jambo e su Chiara con indicibile furia, spaccando un oggetto sulla testa del marito che crollò a terra e poi tempestando di colpi la povera Chiara che vittima del fattore sorpresa, non riuscì a difendersi. Sebbene risentito dalla scelta di Chiara per la mazza di Jambo invece della mia (effettivamente l’aveva più grosso lui!), saltai al collo di Dinga che una volta atterrata Chiara le si era seduta sopra saltellandole con il suo enorme e sporgente culo sulla schiena, facendo gridare di dolore la donna dei miei sogni.
Strappai con foga i capelli di Dinga che gridò e fu costretta ad alzarsi dalla schiena di Chiara, poi peccai di superbia e di ingenuità, convinto che fosse finita lì, corsi ad abbracciare Chiara che si era alzata in piedi a fatica e dolorante. Una botta sul collo mi fece cadere in avanti e solo per miracolo non, persi i sensi, Dinga non era affatto intenzionata a finirla lì, questa volta, però, Chiara, furiosa per l’umiliazione subita poco prima, si era avventata sull’avversaria e grazie alle sue atletiche gambe l’aveva stretta in una morsa facendola rovinare a terra. Muovendomi a carponi riuscii a vedere Chiara che seduta sulla schiena di Dinga, le aveva preso un braccio e una gamba e li distorceva con una furia che mai le avevo visto addosso. Dinga, compreso che il suo match era perduto, piangeva disperatamente mentre Chiara le gridava parole irripetibili e impronunciabili in un asilo. Quando Dinga perse i sensi per aver superato la soglia del dolore, mi avvicinai a aiutai Chiara ad alzarsi, lei tutt’altro che sfogata, mi spinse su di una sedia, si chinò a slacciarmi i pantaloni e tiratomelo fuori, iniziò sul mio uccello un lavoro di bocca che mai avrei pensato fosse in grado di sostenere, poi mi si inarcò sopra e iniziò a stantuffare su di me piazzandomi in pieno viso i suoi seni.
In quel momento mi sembrò la fine di tanto peregrinare… ma mi sbagliavo.

Al culmine del piacere, venni sul ventre di Chiara, i miei schizzi di sperma erano sparsi attorno al suo ombelico e sul pube, adagiai la mia testa all’indietro in preda a un torpore che rischiò di farmi addormentare… e sicuramente sarebbe successo se non ci fosse stata la voce stridula di Eva, una collega di Chiara, che gridava:
-Certe porcherie, qui non sono gradite!

Non so che cosa accadde di preciso in quel momento, di sicuro mi persi qualcosa, ricordo che mi svegliai bloccato dal peso di Stella, un’altra collega di Chiara che superava il quintale e che non mi lasciava spazio a eventuali movimenti.
Eva e le altre colleghe, a turno tenevano ferma Chiara, ancora nuda, e sofferente, e le somministravano calci e pugni per punirla, chiamandola con nomi poco lusinghieri.
Lo stabile era chiuso, ogni luce era spenta a parte quella della stanza in cui eravamo, e non potevo nemmeno sperare in un intervento esterno.
Quando Stella si alzò e mi lasciò muovere, venni bloccato dalle mani delle altre, mentre Stella, con un solo braccio tirava i corti capelli chi Chiara verso di sé, sistemandola sulle sue ginocchi e sculacciandola pesantemente sotto ai miei occhi. Chiara gridò, pianse, ma nulla valse a placare la furia di Stella, che lasciò andare Chiara solo quando le vide i glutei di un bel colore paonazzo.
-E ora a te l’onore di rimettere in ordine!
Gridò il vocione di Stella quando finì la tortura.
Le colleghe uscirono lasciandoci soli a rimettere in ordine tutto ciò che restava della festa.

Il fatto non uscì sui giornali, e ancora mi chiedo come.
Ora, che Chiara ed io siamo sposati da 3 anni, quel fatto ci sembra lontano… ma spesso, anche se Chiara non lo sa, quando faccio l’amore con lei, ripenso a ciò che accadde quel giorno… e mi eccito terribilmente… quelle volte, sono quelle in cui rendo al meglio le mie prestazioni con Chiara… e comunque, ora come allora, quando posso, una capatina a trovarla sul lavoro la faccio ancora, e se non c’è nessuno, chiara ed io approfittiamo degli angoli morbidi per abbandonarci ai nostri istinti… siamo una coppia che si intende… è inutile negarlo!

FINE

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