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Racconti di Dominazione

La Maga

By 1 Settembre 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

A pochi istanti dalla stazione di Trento, inizio distrattamente a preparami per la discesa. Rinfilo al meglio il mio piede destro nell’infradito bianca, recupero il leggero golf di cotone, e la borsa. Un accenno di saluto ad Alessandra, la mia casuale compagna di viaggio, e riporto l’attenzione su di me. Chissà come sia successo che mi sia convinta di intraprendere questa storia.
Strano per me. Benché del tutto particolare, fu un incontro di chat a metterci in contatto. Maga era il suo nick. Ricordo mi disse: ‘Ordinami quel che vuoi, ti prego’.
Stavo quasi per chiudere la finestra della discussione privata, ma volli sincerarmi che fosse inteso il gesto: ‘Chi sei tu per meritare un mio ordine!’.
Mi rispose: ‘Vorrei tanto essere vinta. Normalmente la gente rimane attratta da me, e non riesce a farlo. Io sento, da Maga, che tu hai la forza per farlo’.

Poche e-mail e telefonate, e probabilmente il desiderio di non rimanere sola a Milano in questo Agosto, mi ha convinto ed ho assecondato la sua proposta: ‘Vieni a trovarmi a Trento se non desideri che venga io da te. Vivo sola e sarei felice di farti vivere il mio ambiente, la mia casa. Questa sarà tua, per tutti i giorni che vorrai rimanere’.

Sapevo di avere un forte ascendente su Alessia, il vero nome di Maga: lo stuzzicante gioco, che nel poco tempo a disposizione ero riuscita ad imbastire, l’aveva coinvolta.
Non le concessi di chiamarmi Padrona. Non lo ero. Non potevo. Chi mi conosce sa che non è facile che mi lanci in semplici giochi. Posso essere la Padrona di chi può meritarlo. Alessia non poteva, non mi aveva ancora conosciuta dal vivo.

Il treno, accompagnato da un sonoro stridio, si arresta. Percorro velocemente il corridoio del vagone, che da Milano era partito già mezzo vuoto, e mi accingo a scendere la scaletta. Un’occhiata fuori e la noto.
Alessia era lì, a pochi metri. Aveva saputo da me ogni dettaglio del viaggio, compreso il numero del mio vagone.
Mi riconosce e si appresta a raggiungermi, con solerzia.
Lo scambio delle foto ha avuto la sua prima praticità!
Alessia è una brunetta con un viso interessante, benché pesantemente truccato. Lo stile ‘Maga’ si evinceva senza sforzi. La corporatura un po’ sull’abbondante però non era priva di tonicità e freschezza. ‘Caviglie fini’ bel sedere!’, pensai.

Ciao Giulia, lascia che ti aiuti. Mi prende dalle mani la borsa, mentre ricambio il saluto. Giù dal treno ci scambiamo due baci sulle guance, per suggellare il saluto.
Mi fissa per un attimo, rimanendo interdetta. Forse il mio visetto da bimba, dissonante con la mia età da quasi trentenne, l’ha turbata. Abbassa lo sguardo e mi invita a seguirla.

Ci dirigiamo verso la sua auto, scambiandoci qualche frase di convenienza. Eravamo preparate tutte e due sui rispettivi aspetti fisici, ma Alessia perdurava in una particolare timidezza.
‘Non mi metterai ancora per molto nelle condizioni di pensarti delusa, Alessia!’, dico con un sorriso seccato prima di entrare in auto’.
‘Al contrario Giulia. Devo ancora abituarmi alla luce che emani. Sono frastornata’.
Non per rifiutare un complimento, non sarebbe stato da me, ma sono sensibilissima, forse troppo, ad ogni eventuale ipocrisia, quindi rincalzo: ‘Frase drammaticamente romanzesca la tua Alessia. Troppo teatrale perché non ti faccia apparire come una buona ruffiana’.
‘Forse è l’ultima volta che oso, Giulia, ma devo dirti quanto ti stia sbagliando.’
Entrando in auto sento, per la prima volta di fare un primo passo. Di manifestare il mio modo di essere. Mi accomodo, sfilo le infradito che lascio sul tappetino dell’auto e poggio i piedi sul cruscotto, attendo che Alessia disponesse sul sedile posteriore la mia borsa e si sistemasse a sua volta. ‘Ricordi il primo intento scambiatoci in chat? Ricordi cosa avresti dovuto fare dopo il primo bacio sulle guance?’, ed intanto volgo lo sguardo sui miei piedi, muovendo le dita quasi a tamburellare sulla plastica del cruscotto.
Avevo fatto un viaggio in treno, sarebbero dovuti essere sporchi, ma non lo erano poi molto. Il massaggio di Alessandra, la mia casuale compagna di viaggio, è stata utile anche in questo frangente.
‘Su Alessia, mantieni la promessa e bacia il mio alluce’. Dico questo mentre porto la gamba destra sulla sinistra, avvicinandole un piede.
Lei lo fissa, deglutisce, alza lo sguardo e si guarda intorno. Siamo in un parcheggio pubblico, in una mattina Torinese e benché d’agosto, non mancava l’andirivieni di gente di tutti i tipi. Alessia torna con lo sguardo sul mio piede destro. Lo ammira. Si accorge della sua perfetta cura, della tonicità della sua forma, e della lucentezza della sua pelle.
‘E’ proprio come dicevi, proprio come nelle foto che mandavi. Benché io sia amante delle mani, devo ammettere che è davvero un piede stupendo, Giulia, ma perdonami non me la sento di baciarlo qui. Non abito lontano e qualcuno potrebbe scorgerci e riconoscermi’.
Le sorrido, mi riaccomodo sistemando la mia bianca gonna salita un po’ troppo, cerco con i piedi le infradito che indosso in sincronia, apro la portiera, scendo dall’auto e recuperando il borsone, volgo lo sguardo a Alessia. Mi accorgo del mutamento d’espressione di quella brunetta che dal timido passa al sorpreso.
‘Giulia, non vorrai andar via proprio ora, su’ capiscimi. Non puoi essere così caparbia da subito.’
‘Addio’, rispondo voltandomi ed incamminandomi verso la stazione.
Dopo pochi secondi sento lo sbattere di una portiera e dei passi che via via si fanno affrettati e rumorosi. ‘Giulia aspetta! Su, ti prego! Per favore, lascia che ti spieghi’.
Mi volto: ‘L’hai fatto Alessia, non annoiarmi. Hai disatteso un proposito importante, non credo sia il caso che stia a perdere altro tempo’.
‘Hai ragione Giulia. Me ne accorgo ora. Sto intuendo meglio il tuo modo d’essere e ne sono sempre più attratta. Non lasciarmi ora, farò quel che mi chiederai di fare’.
‘Non potrò concederti il rapporto amicale, al limite del giocoso, che c’era fino a qualche minuto fa. Se per te va bene, ed è l’ultima volta che considererò il tuo parere, tornerò sui miei passi’. La frase è pronunciata in modo secco, deciso, a dispetto di ogni eventuale gentilezza riscontrabile nelle parole.
‘Ho capito Giulia e ho compreso, ora più che mai, che desidererei tu lo faccia: torna sui tuoi passi, non cederò più’.
‘Questo lo vedremo, ma ora seguimi!’, rimbrotto riprendendo a camminare verso la stazione.
‘D’accordo, ma dove vai, la macchina è dall’altra parte’.
‘Un’altra manifestazione di poca fiducia Alessia, e prima di andarmene ti lascio il segno di un morso su un braccio!’, le dico voltandole le spalle ma con un sorriso in bocca.
Alessia non risponde, abbassa il capo si avvia a seguire la sua Giulia. Rialza il capo Alessia incuriosita dall’incedere della sua ospite, ammira il portamento fiero e maturo squisitamente complementare al suo aspetto ed all’abbigliamento scelto per quel giorno. Capelli biondi, raccolti in una bella coda di cavallo, che lasciava libere le spalle, ampie, lisce ed ambrate dal sole. La schiena dritta, cinta da un top bianco, aderente e corto abbastanza per non coprire la zona lombare, che dalla stretta vita prende ad allargarsi nelle forme dei fianchi, questi coperti da una leggera gonna di lino bianca. Le trasparenze le concedono di evincere le forme del fondoschiena, di prezzarne la compattezza e la libertà essendo percorso sulla linea verticale solo da una sottile striscia di stoffa più opaca, propria di un perizoma a tono. Le gambe poi’ sarebbe stata ore la nostra brunetta esoterica ad ammirarle, concentrandosi sulle caviglie, sottili ed austere sotto quei polpacci contratti dall’incedere sui tacchi di media lunghezza che corredano quelle fortunate infradito.

Capisco che Alessia mi stia osservando dalla sua esitazione a raggiungermi. Che stia dietro a sognare ancora per qualche attimo, dopotutto è quello il suo posto: dietro o sotto di me! Sorrido.
Mi dirigo verso un angolo all’ombra, appartato, subito all’esterno delle mura della stazione. Mi fermo in una piccola ansa della parete, mi giro ed indico alla mia Maghetta il posto esatto in cui sostare, senza dire una parola.
‘Sì Giulia? Dimmi”, dice con voce sommessa e tremula dalla curiosità.
‘Sfila le mutande Alessia, su’ E consegnamele’.
‘Ma’ Ok, ok’ lo faccio’, risponde Alessia titubante.
Mentre Alessia si accinge ad alzare la gonna ed ad assecondare la mia richiesta, mi soffermo ad osservare il suo abbigliamento, confortata dal fatto che fosse proprio come quello che le proposi di indossare in occasione del nostro primo giorno: mini a vita bassa in jeans, camicia annodata sul ventre che a dire il vero suscita un sorriso: non credo che questo potesse essere il suo modo consueto di vestirsi, non potendoselo permettere al meglio. Le lievi rotondità del suo ventre però mi intrigano e d’un tratto spariscono dietro la testa, che abbassatasi per effetto del piegamento del corpo in avanti, mi riporta al compito dato.
Alessia sfila le mutande, un semplice slip azzurro e leggerissimo, da sotto i sandali e me le consegna.
Prima di afferrarle, apro la borsetta e ne sfilo un altro paio, un perizoma bianco simile al mio e glielo porgo.
Vedo Alessia interdetta e mentre le porto via le sue dalle mani, le dico: ‘Su indossa queste’.
‘Ma’ ma sono tue? Non ti piacevano le mie?’.
‘Non sono mie, e se vuoi sapere qualcosa di più su quel perizoma, annusalo pure prima di indossarlo’.
Alessia è più curiosa che interdetta e avvicina il capo al naso.
‘Distendile con cura Alessia, se vuoi evincerne il profumo, devi annusare proprio dove serve!’.
Alessia distende quelle mutandine bianche le osserva velocemente e le porta al naso.
Io repentinamente le spingo le mani verso il volto provocando il contatto del tessuto con naso e bocca.
Alessia inspira e strabuzza gli occhi: ‘Ma! Ma sono usate, cioè’ sporche! E non sono tue!?’. L’odore è acre, impossibile da confondere.
‘Ti disgusta Alessia? Eppure ritenta, apprezzerai il buon odore al meglio. Sei tu la sensitiva delle due, non visualizzi da un feticcio così intimo quale sia l’ex-proprietaria?’.
‘Ma”. ‘Basta ma! Ora indossale. Ti basterà sapere che sono di Alessandra’.
Mentre indossa il capo, Alessia osa: ‘Alessandra? E chi è!’.
‘Al momento ti accontenterai del nome. Ora torniamo in macchina a proseguire ciò che hai voluto interrompere’.
Alessia segue quella che sa sempre di più, essere la sua bionda Padrona, sentendo tra le gambe qualcosa di non suo, di estraneo. Quasi ne percepisce la sensazione di sporco. L’ironia sulla propria passione, l’esoterismo, così cinicamente manifestata da Giulia si somma al disagio più fisico a contatto con la sua fica.
Passo dopo passo quel capo che fu d’Alessandra si tempera al suo calore e la sensazione di rigetto muta via via in una sensazione di vera eccitazione. Come se gli umori sessuali della sconosciuta si sciogliessero per mescolarsi con i suoi, per entrarle dentro, per imporle un’intimità non cercata ed impossibile.
Sconosciuta lo è, ma avrà senz’altro un rapporto particolare con la sua Bionda Padrona.
Prima di ciò avrebbe desiderato che quel capo fosse di Giulia, ora però non ci pensa, ne gode. Giulia rimane il centro degli accadimenti, delle sensazioni e del piacere.
Che la bionda milanese avesse previsto questo suo contatto intimo? Che oltre a provocare una sorta di fisicità tra sessi, avesse voluto stuzzicare la sua sensitività?

Sento i suoi passi dietro di me, so che quel che le ho chiesto le stia provocando un tumulto dentro. Sono eccitata, eccitata dalla bella trovata, dall’essere stata assecondata, e dal pensiero di quel miscuglio di storie e sapori che sta nascendo tra le gambe della mia brava torinese.
‘Ti piace quel capo Alessia, noto un’incedere più sicuro. Mi fa piacere saperlo su di te’.
‘Fa piacere anche a me Giulia, è strano che io lo dica, ma sono stordita e compiaciuta che sia riuscita a farmi arrivare fino a questo punto. Mi chiedo cosa riuscirai a farmi fare, quanto assecondarti mi darà piacere’.
‘Attenta Alessia. Stai attenta! Il tuo piacere dipenderà esclusivamente dal mio. Memorizza l’odore di Alessandra ed ora apri la macchina’.
Entrate e sistemate, ripeto l’operazione. Sfilo le infradito e appoggio tutti e due i piedi sulle gambe di Alessia.
Senza dire una parola e non curandosi più di quel che c’è intorno, Alessia solleva un piede e lo porta al volto, lo carezza e schiocca un primo bacio. Mi osserva, vedendomi attenta ma non soddisfatta, continua. Apre la bocca ed inumidisce le labbra fino a quel momento secche appoggiandole poi sul collo del piede. Un primo ampio bacio, e poi così fino a che con la lingua non avesse percorso ogni centimetro di quello che non avrebbe mai immaginato di assaporare, godendone.
‘Sarai amante delle mani, ma come leccapiedi non sei affatto male. Ora procedi con l’altro, su ed andiamo’.
Così Alessia fa. Solleva l’altro piede e partendo dalle dita non finirà fino a quando non sarà perfettamente ripulito.

Se vi incuriosisce il seguito beh… fatemelo sapere: ladygv@libero.it -Il racconto di Giulia ed Alessia continua. Se non avete letto il primo episodio, vi esorto a farlo, per non perdere i giusti riferimenti. –

Il viaggio in auto è breve, ma sufficiente perché l’ambiente si alleggerisse.
Non sopporto quell’aurea di seriosità che normalmente si instaura nei rapporti Dominante-Sottomessa. Una buona Padrona deve sapersi prendere non sempre e troppo sul serio.
L’atmosfera è talmente rilassata che faccio gli ultimi metri dall’arrivo con tutte e due le gambe fuori dal finestrino, a piedi nudi. Gesto che ‘dà il la’ a qualche battuta e sonora risata.
Alessia scende dall’auto e recupera il mio borsone. Io rimango seduta e sempre nella posizione in cui siamo arrivate, gesticolando le indico di passare dalla mia parte. Giunta davanti al mio finestrino Alessia si abbassa: ‘Beh’ vuoi che ti lasci qui?’.
Porgendole dal finestrino le mie calzature: ‘Alessia, infilami le babbucce, non ho proprio voglia di faticare’.
Alessia sorride, afferra le scarpe e nella speranza di non essere notata da altri, le infila con cura ai piedi della bionda squisitamente capricciosa.
‘Come è possibile che percepisca questo gesto come un privilegio? E dopo un così in breve tempo’, sembra dire fra sé e sé Alessia, che cambia espressione ed annuisce col capo, come per esternare un segno di gratitudine.

Io sbuffo, ritiro le gambe ed esco dall’auto, la cui portiera era già stata aperta da Alessia.
Un leggero stiracchio e poi via, dentro il portone e su, fino all’appartamento della nuova amica.

Entro nell’appartamento, e senza neanche aver modo di prezzarne lo stile, cerco il bagno per fare pipì. La vescica premeva già da un’ora ed un po’ per l’urgenza, un po’ per gioco lascio la porta del bagno aperta.
Alessia passa davanti al bagno e butta un occhio, con una finta aria distratta.
Intanto cerco di realizzare quel che stava accadendo, il perché del mio desiderio di assoggettare questa brunetta appena conosciuta. E’ anche vero che già da tempo ci scambiavamo parole, non solo chiacchiere dai contenuti leggeri o erotici, ma i dialoghi si erano via via portati ad argomenti più profondi, intimi, quasi filosofici.
Sono sempre stata me stessa, e voglio continuare ad esserlo. Deve conoscere anche la Giulia più erotica e cattiva mai esistita. Dovrò forzare i tempi, e se mai si romperà il gioco, beh’ avrò sempre il piano ‘b’.
In fondo un perché di questa mia pulsione non c’è, e forse è proprio per questo che la trovo ancor più forte. Diventerà mia schiava, senza che vi sia un motivo particolare. Così, perché ‘forse’ mi và. Già questo mi eccitava da morire.

Mi pulisco, mi sistemo, esco dal bagno e mi fiondo sulla prima cosa morbida che trovo: un bel divanone in pelle color vinaccia. Troppo tempo seduta, la mia schiena aveva bisogno di essere stesa.
‘Non ho tirato lo sciacquone, Alessia. Puoi farlo per me, sono distrutta’.
Alessia non dice un parola, entra in bagno e fa quel che c’era da fare.
‘Vuoi qualcosa da bere, Giulia?’, si ode dal bagno. Il tempo di rispondere ed Alessia si ritrova in altra stanza attigua al salotto, probabilmente destinata a ricoverare le mie membra durante il soggiorno triestina, e dove Alessia iniziava a sistemare la mia roba.
‘Dell’acqua fresca!’, risposi a voce alta.
Tre minuti ed Alessia si avvicina a me con due bicchieri d’acqua, li poggia sul tavolino antistante il divano, si siede a terra tra questi e riprendendo i bicchieri me ne porge uno.
Do un primo abbondante sorso e vengo presa di sorpresa. L’acqua è gelida e il freddo repentino a contatto con la bocca asciutta e accaldata mi provoca un sussulto, al limite del dolore. Indispettita, senza nemmeno pensarci, getto il resto dell’acqua proprio sul viso di Alessia, che trasale rimanendo di stucco e rabbrividendo.
‘Ma sei pazza ad offrirmi dell’acqua così fredda? Quasi mi strozzo, ed ora i denti mi dolgono!’, sbotto io fissando il viso inondato di Alessia, che rimane atterrita, guarda intorno e poi più giù verso i suoi abiti, madidi.
‘Mi’ mi spiace! Ma anche tu”.
La situazione però, al limite del grottesco, non può non provocare ilarità, tanto che tutte e scoppiamo a ridere.
‘Alessia però questa me la paghi!’, rilancio io.
‘Ma se mi hai fatto una doccia gelata!’.
‘Ah sì? Non azzardarti a toccare il tuo bicchiere d’acqua. Alzati e sfila il peri di Alessandra’.
Sorpresa Alessia, non ha la forza di negarsi, ed esegue l’ordine repentino ed inaspettato.
‘Siediti qui sul divano ora. Bene’ allarga le gambe’.
Prendo il bicchiere d’acqua che era destinato a dissetare Alessia e lo appoggio sul divano, proprio in mezzo alle sue gambe, a contatto con la passera.
Alessia ha un gesto di rigetto a causa del freddo, ma la esorto a rimanere ferma.
‘Ora stringi le gambe, tieni ben saldo il bicchiere e scaldalo un po”.
Alessia accenna ad un sì col capo.
‘Avevi anche tu sete? Bene. Apri la bocca!’.
Raccolgo le mutande lasciate sul pavimento, ormai vistosamente sporche dei residui di umore vaginale delle due proprietarie, le passo sul pavimento bagnato d’acqua e gliele metto in bocca.
‘Succhia per bene questo, saprà darti sollievo’.
Sfilo le infradito, mi ristendo appoggiando la schiena su un poggiolo e le gambe sul grembo della povera ‘scaldatrice di bevande’, godendomi la scena per qualche minuto, carezzandole ti tanto in tanto il viso con un piede e cercando, sempre con la mia deliziosa estremità, di sfilare quel feticcio madido dalla bocca della ragazza, che oppone resistenza, volendolo ancora in bocca, ciucciandone ogni fluido.
Berrò quel bicchiere d’acqua alla giusta temperatura mentre, dietro mio ordine, Alessia rindosserà sempre le stesse mutandine.

Beh… la storia si fa seria… fatemi sapere se è degna d’essere portata avanti.
Saluti.
Ladygv@libero.it ‘Ho bisogno di riposare un po’ prima dell’ora di pranzo. Tu intanto puoi sistemare la mia roba in camera’, dico ad Alessia, mentre mi distendo al meglio sul divano.
‘Riposa pure, Giulia. Ti sveglio io quando è pronto a tavola’.
‘Bene, ma’ desidero pasteggiare solo con dell’insalata e della frutta. Hai in casa delle belle pesche?’.
‘Purtroppo non ho molta frutta, solo un paio di prugne’, mi risponde Alessia con aria dispiaciuta.
‘Beh’ c’è ancora tempo, potresti andare a comprarla’.
‘Certo, mi cambio e vado’.
‘Fallo ma non cambiare quelle mutandine, Alessia. Quelle le terrai ancora’.
‘Ma’ Giulia! Sono fradice ed emanano già odore, è possibile che si senta già ad un metro di distanza’.
‘Sì è così, te lo confermo. Ma non importa affatto, non cambierai quelle mutande e non ti pulirai’.
‘Cosa? Ma devo andare a far pipì e dovrò pulirmi!’.
‘Niente affatto Alessia! Farai pipì e indosserai quelle mutande senza toccarti! Neanche con la carta’.
‘Così puzzerò come una capra’.
‘Mi hai annoiata capretta! Ora riposerò e ti atterrai a quanto ti ho detto. Se hai altro da dire, lo farai dopo. Ora lasciami riposare’.
Alessia non ha il tempo di ribattere ancora e d’istinto risponde piccata: ‘Va bene Giulia, riposa bene’. Si accorge che qualcosa in ciò che succede non va. Alessia non sente mordente, non recepisce alcuna forza da parte della sua ospite, che sembra distratta. ‘Farei tutto quel che mi chiede, se solo mi dedicasse più attenzione, fosse solo per insultarmi’, sembra pensare Alessia, che vede sempre di più il fallimento nell’incontro.
‘Aspetta Alessia!’, sussulto io mentre armeggio con gonna e perizoma. ‘Tieni le mie di mutandine. Normalmente non sopporto addormentarmi con queste addosso. Magari puoi pensare tu a sciacquarle? Grazie’.

Già’ Qualcosa non va, pensa Alessia tra sé e sé, mentre è davanti al lavandino del bagno intenta a lavare l’intimo dell’ospite, ora addormentata sul divano.
Lei è sempre stata la persona razionale tra le due, la ‘scienziata’, ed ora sembra che il comportamento sia guidato esclusivamente da cinismo ed egoismo.
Certo, sapevo a cosa andavo incontro, lei è sempre una Dominatrice, ma mi mancano i bei discorsi che facevamo in chat o per telefono, quant’anche questi a volte risultavano al limite del volo pindarico.
Alessia è spiazzata dai suoi stessi ragionamenti, lei che non è mai stata avvezza a razionalizzare le situazioni, ma a viverle con fatalismo e una punta di ‘magia’.
D’un tratto l’odore che viene profuso dal suo basso ventre la riporta al presente, non che ciò l’aiuti a dipanare la sua confusione, anzi.
Benché non riesca a scacciare via un velo di squisita eccitazione, non può non ricordare di dover presentarsi in pubblico in quella situazione.
Dovrà prepararsi per uscire, andare al supermercato e comprare ciò che la sua ospite desidera.
‘Metterò dei jeans!’, questa è una prima idea di Alessia.
‘Giulia dorme, farò in tempo ad uscire e rientrare prima che se ne accorga. E poi, non disubbidirò i suoi ordini: non dovrò togliere questa lordura che ho tra le gambe’.

Alessia, rinvigorita dalla sua trovata, si affretta. Recupera un paio di jeans, li indossa e velocemente recupera borsa, chiavi e portafoglio.
Ecco che la sorte però le gioca un brutto tiro.
Proprio passando per il salotto, dove Giulia riposava, per la fretta urta una console sulla quale erano disposte statuette d’elefante (animale particolarmente caro a Alessia). Una di questa barcolla per un tempo che sembra interminabile e cade; e visto che i mali non arrivano soli, mentre Alessia cercava di prendere la statuetta prima che cadesse, urta contro delle altre.
Il fracasso generato è degno di un’aula d’asilo piena zeppa di Pierini.
Il frastuono mi risveglia: ‘Ma che diavolo”.
Fatico a mettere a fuoco la figura di Alessia, ma ne percepisco il senso di colpevolezza.
‘Alessia, ti uccido!’.
Poi riuscendo ad aprire meglio gli occhi, noto che la bruna rumorosa indossa dei pantaloni.
‘Che sono quei cosi che indossi?’.
Alessia, delusa, ammette: ‘Jeans, Giulia. Li ho indossati per uscire a far la spesa’.
‘Questa è bella, e magari indossi comunque quel feticcio fetente’ Così non va però’.
‘E perché? Non sto disobbedendoti, ma non posso andare in giro profondendo odoracci. Per favore Giulia, assecondami una volta’.
‘Togli quei pantaloni Alessia, e indossa nuovamente la gonna. Anzi’ indossa la mini più corta e leggera che hai. Fallo senza ribattere, prima che”
‘No Giulia, non lo farò. Non va bene così, non mi ci ritrovo. Non sono una schiava, non ne sono abituata e non sono abituata a questa Giulia. E’ tutto sbagliato e ne sono davvero addolorata, ma dobbiamo venirci incontro anche se so che non cederai perché il tuo ruolo non te lo permette. E’ un limite il tuo Giulia, vincilo’.
‘Sono venuta da te per qualche giorno di cura anti-dom o per passare del tempo in relax? Piantala di razionalizzare, non ti riesce bene’, dico alzandomi dal divano e dirigendomi verso di lei.
‘Questo tuo dannato orgoglio Giulia, ti riduce ad una persona povera, debole e noiosa!’.
Avrei voluto darle uno schiaffo, ma evitando di fare il suo gioco, sostengo il suo sguardo in silenzio per qualche secondo e poi riattacco: ‘Orgoglio? Sì è vero sono orgogliosa, ma qui questo proprio non c’entra. Non scomodo i miei sentimenti più vivi per te, Alessia. Agisco solo perché è così che mi diverte, punto. E c’è di più, so che diverte anche te e quindi non mentirmi dandomi della noiosa, non esagerare nelle difese’.
Alessia cambia atteggiamento, rimanendo sempre ferma con lo sguardo su di me.
‘A questo punto non credo vi siano altre vie d’uscita’, chiudo io tornando verso il centro della stanza. ‘Andrò via’.
‘Giulia, è quel che vuoi fare, vuoi ricattarmi per farmi fare ciò che vuoi?’.
‘Io faccio anche di peggio Alessia, e piantala con ste menate che sanno di ipocrisia pura, oltretutto! Andrò via’.
‘Devo riaccompagnarti alla stazione Giulia?’.
‘No, ho chi saprà prendersi cura di me’.
Alessia rimane interdetta, incuriosita e destabilizzata.
Cerco la mia borsa, mi avvicino al tavolino vicino al divano, e mi abbasso per frugarci dentro. Il movimento alza la gonna scoprendo ciò che più ho di bello. Le mie gambe, il mio sesso depilato e la parte bassa delle natiche ben rifinite.
Alessia si perde nel seguirmi, ammira quella bionda a piedi scalzi e spettinata che risolutamente si mostra, e barcolla. Attonita rimane immobile.
Io recupero il cellulare e composto il numero mi giro verso la padrona di casa, e a voce alta rispondo: ‘Ma ciao Alessandra! Come stai?…’, iniziando un veloce dialogo di convenevoli.
Alessia trasale: ‘Alessandra? La ragazza di cui indosso le mutandine? E’ Lei? Ma è di Trento allora, è con lei che Giulia vorrà passare il resto dei giorni di ferie. Mi scarica per quella lì.
Un misto di odio e gelosia pervade i sensi di Alessia. E’ nel panico più completo e non sa nemmeno il perché!
Io mi avvicino a Alessia, proprio mentre stavo proponendo ad Alessandra un incontro, le prendo una mano e la dirigo sotto la mia gonna, affinché potesse godere col tatto di ciò che stava perdendo.
Alessia trasale ancora chiudendo gli occhi e riprendendosi come in un momento di furia, afferra il cellulare dalle mie mani, chiude la chiamata e lo getta via, sul divano.
Non aspettavo altro, le sferro uno schiaffo sul viso da farla rigirare su sé stessa.
‘Non andar via, stai con me’, sussurra Alessia con il viso coperto dai capelli spettinati dal colpo.
‘Non sono quel che vuoi e stiamo perdendo tempo Alessia’.
‘Lo recupereremo Giulia, stai con me’.
‘Non ce la faccio più, i tuoi capricci sono massacranti, Alessia. Star con te vorrà dire farti pagare più di quanto potresti sopportare’.
‘Hai ragione Giulia, stai con me’, dice ancora Alessia con calma e risolutezza. ‘Non cercherò più la tua amicizia, sarò solo quel che vorrai, indosserò quel che vorrai, pulirò fiche, culi, cazzi di chiunque vorrai con la lingua, sarò il tuo bidè, il tuo cesso, la tua sputacchiera. Sarò quanto servirà a farti passare dei bei giorni qui a Trento’ con me!’.
Senza dire altro, Alessia torna nella sua camera, sfila i pantaloni e trova da un cassetto una mini cortissima, che subito indossa. Fa di più: sfila anche la camicia, indossando una canottiera bianca, fine e trasparente, quasi invisibile. Il reggiseno non serviva.
‘Posso andare a fare la spesa per te, Giulia?’.
‘Togli i sandali, ci andrai a piedi nudi, e non chiamarmi più Giulia tesoro. Per te ora sono Padrona Giulia’.
‘Ti troverò qui al mio ritorno Padrona Giulia?’.
‘Vieni qui e apri la bocca’.
Alessia asseconda senza esitazione alcuna.
Io la guardo, avvicino la mia alla sua e, recuperando tutta la saliva possibile, le sputo proprio nella bocca.
‘Sì, sarò qui. Vai ora’.
‘Grazie Padrona Giulia, farò più presto possibile’, dice la novella schiava assaporando e deglutendo il liquido che la sua nuova Padrona le ha donato.
‘No, anzi, cerca di star fuori per un po’. Devo continuare il mio riposo interrotto. Tornerai all’ora di pranzo’.
‘Certo Padrona’.

Uscita la schiavetta novella, mi distendo nuovamente sul divano. Cerco il relax sperato e immaginando ciò che Alessia avrebbe potuto vivere, conciata in quel modo, sento una leggera eccitazione salire, come una brezza che con un brivido, percorre il corpo nella sua interezza.
Non avrei potuto sperare di meglio per quanto stia accadendo in Alessia. Non sono mai stata dubbiosa sull’ascendente che ho nei suoi confronti, sui suoi desideri e sogni, ma non credevo di poter arrivare a questo punto in così breve tempo. Ho dovuto forzare un po’, ma ne sta valendo la pena. Dopotutto è meglio sfruttare al massimo questi pochi giorni a disposizione prima che inizino gli impegni lavorativi.
Mi addormento come un sasso.

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