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Racconti di Dominazione

La meritata vacanza

By 18 Giugno 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

Ti avevo portato in vacanza con me, quella volta. Venni a prenderti una mattina, era molto presto, stavi ancora dormendo. Mi apristi la porta ancora assonnata, indossavi una camicia che ti avevo lasciato lì l’ultima volta, per dormirci dentro. Ai piedi avevi dei piccoli calzini rosa, e le mutandine erano rosa anche quelle, ricordo che erano sottili, quasi impercettibili, aderenti, il segno delle tue labbra si scorgeva, ti avevo insegnato io a farci attenzione. Ti rimandai a letto, ti dissi di star lì immobile, non fare neppure un rumore, ti dissi. Tu eri di là, nel tuo letto singolo, io mi sistemai nel soggiorno. Avevo dei mocassini che facevano rumore, camminando sul tuo parquet. Me li tolsi, mi sfilai anche le calze. C’era un bel tepore, in casa tua, i raggi del primo sole arrivavano dalla finestra del soggiorno, intorno, lontane, altre case, per lo più vuote. Appesi la camicia nel guardaroba dell’ingresso, mi sfilai la maglietta nera, che avevo sotto, e il pantalone di jeans, nero.Li poggiai sul tuo divano bianco dell’Ikea, te l’avevo fatto comprare io, dovevamo trovare, ti dissi, un divano adatto a possederti in tutte le posizioni. Ti ricordi, per scandalizzare la commessa dell’Ikea mi divertii anche a chiederle quale fosse secondo lei il divano più adatto per una coppia che fa molto sesso’il tuo viso era rosso di vergogna, ma anche di voglia. Rimasi solo in boxer, di cotone, lunghi, grigi. L’avevo fatto già a casa mia, prima di uscire, ma lo feci nuovamente per te; dal soggiorno mi spostai nel bagno, passando lentamente davanti alla tua camera. Dal letto mi guardasti per un attimo, ma non potevi nè muoverti nè parlarmi, volevi obbedirmi ancora. Nel bagno, mi sfilai il boxer, alzai la tavoletta, pisciai rumorosamente dentro il water, dirigendo il getto contro l’acqua sul fondo, per farti sentire ogni scroscio, ogni minima goccia, perchè le tue orecchie si riempissero di quel rumore. Usai il tuo lavandino per sciacquarmi: le mani, il fallo. Lascia nel bagno il boxer, mi vedesti passare davanti alla tua camera completamente nudo, osservai il tuo occhio cadere sui miei genitali, percepii il tuo desiderio di rendere il mio fallo più duro, più cattivo. Ma mi piaceva, quella mattina, la tua casa, la tua attesa.Tornato in soggiorno, misi un cd dei Placebo e intanto tirai fuori i tuoi libri, li sbirciai, ne spostai alcuni a modo mio’.infine mi preparai il caffè, lo bevvi, seduto, mentre sfogliavo il tuo quaderno di disegni. Ti avevo chiesto io di comprarne uno, di riempirlo di tuoi schizzi’.ti vergognavi di non saper disegnare, ma io volevo educarti a descrivere le tue fantasie erotiche con il tratto della tua matita, non con le parole’sapevi disegnare molto bene il corpo nudo del maschio, come se la tua mente quell’immagine la conoscesse d’istinto, senza pensarci. Infine, versai anche a te un caffè, ormai freddo, e te lo portai. Ero sempre nudo, ti liberai dal vincolo del silenzio. Ti chiesi: vuoi il caffè?Dopo il caffè, vuoi succhiarlo?Te lo dissi prendendoti la mano e porgendola sul mio fallo, per fartelo accarezzare appena. Mi distesi sul tuo letto, lo succhiasti molto bene, a lungo, come si deve fare, ti avevo spiegato, per ottenere che il seme, uscendo, schizzi ben dritto, fin verso il fondo della gola, come ti piace sentirlo. Quando venni, mentre ero ancora steso, ti ordinai, semplicemente, di alzarti. Ti dissi di prendere il tuo vecchio zaino, quello che usavi per andare al liceo, 4 anni prima. Ti dissi: spogliati, completamente. Ti porto in vacanza, per una settimana. Fai la doccia, lavati i capelli, poi metti dentro quel che ti serve, e partiamo, hai un’ora per farlo. Non porterai reggiseni: da adesso, per una settimana, dove andremo, le tue mammelle resteranno sempre scoperte, innanzi ai miei occhi, per rendermi felice.

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