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Racconti di Dominazione

La mia sottomissione

By 20 Febbraio 2018Dicembre 16th, 2019No Comments

Entrai in casa di Cristiana con il cuore in gola. Lei mi attendeva indossando un vestitino nero, lucido, in latex, che arrivava fino a metà coscia; qualche centimetro più in basso le gambe erano coperte da un paio di stivali con tacco, anch’essi neri e lucidi; i capelli neri a coda di cavallo, lo sguardo severo, impassibile, gli occhi chiari che mi squadrarono da cima a fondo.

Mi ero ritrovato in quella casa perché, qualche sera prima, ci eravamo conosciuti in un pub dove lei mi aveva detto che la sua passione più grande era quella di dominare ed umiliare gli uomini. Io non le avevo creduto e l’avevo sfidata. Ecco perché ero lì, ecco perché appena la vidi capii che forse non avevo fatto bene a sfidarla.

Mi porse la sua mano affinchè la potessi baciare, rimasi stupito da quel gesto, ma non potei che prendere la sua mano con la mia e baciarla.

“Vai in bagno, spogliati e raggiungimi in salotto”

Senza batter ciglio andai in bagno, tra me mi dissi “come pensavo questa vuole solo trombare” ; mi spogliai in fretta, il cazzo era in tiro, l’orgoglio a mille, uscii dalla stanza ed andai da lei con un sorriso sfacciato stampato sul volto.

Lei, quando mi vide, si alzò dalla poltrone su cui sedeva, lo sguardo era come quello di quando ero entrato: impassibile. Si avvicinò a me, accarezzò il mio cazzo in maniera molto dolce, si avvicinò al mio orecchio e mi sussurò: “gran bel cazzo, ci divertiremo un sacco” sul suo volto comparve una sorta di sorriso, la mano passò dal cazzo alle palle. Le strinse piantandomi le unghie, mi mancò il fiato, mi piegai in avanti, ed ancora avvicinandosi al mio orecchio mi disse “ma tu non sei qua per scopare, qua comando io e tu non starai mai in piedi in mia presenza a meno che non te lo ordini io, hai capito sfigato che non sei altro? Ora mettiti a quattro zampre”. Obbedii e mi misi a quattro zampe, non mi rendevo bene conto di quello che succedeva, ma soprattutto non ero in grado di reagire e questo mi frustrò non poco.

Fissavo il pavimento, potevo vedere solo i suoi piedi avvolti da quegli stivai che se prima mi sembravano tremendamente sexy, ora mi incutevano un certo timore. Si sedette sulla poltrona e mi mise davanti alla faccia un piede; non sapevo che fare, rimasi a fissarlo, non avevo il coraggio di alzare lo sguardo, non avrei mai potuto reggere il suo.

“Forza, lecca! – mi disse dopo avermi dato un calcetto in faccia per svegliarmi – e vedi di lucidare per bene”

Con una certa titubanza iniziai a leccare gli stivali, ma mano a mano che leccavo ed assaporavo gli odori di quegli stivali iniziai a farlo con più passione e cura. Lo leccai tutto, dalla suola alla cima passando per il tacco a spillo. Il cazzo era sempre in tiro, sempre più in tiro. Quella situazione, quella posizione cominciava a piacermi. Leccai anche l’altro stivale, cercai di metterci ancora più cura e passione.

Una volta finita la pulizia degli stivali, Cristiana mi buttò a terra dei polsini e delle cavigliere con moschettone attaccato e mi ordinò di indossarli. A cosa le servivano? Non ero legato da nessuna parte ma la sensazione di esserlo c’era comunque, la sensazione di essere in suo potere aumentava sempre di più.

Mi fece stendere in avanti le mani, la faccia a terra e le gambe leggermente divaricate; ora il mio culo era totalmente esposto. Mi accarezzò le natiche, fino a scendere allo scroto, poi un fulmine, un dolore assurdo mi trafisse, ancora il respiro che cercò di abbandonarmi.

“Sei nelle mie mani stronzo – mi disse mentre stringeva e girava le mie palle con estrema decisione – vedrai, prima vorrai scappare ma poi mi supplicherai di continurare”

Non riuscivo a respirare, mi faceva un male assurdo.

“Da adesso io sono la tua Padrona, il tuo compito, schiavo, sarà solo uno: fare tutto e solo quello che ti ordinerò io…semplice no?” ed accompagnò il tutto con una risata che non faceva presagire a nulla di buono.

Mi fece stendere completamente a terra, il cazzo che avanzava fuori. Ma come faceva ad essere ancora in tiro? Come facevo ad essere ancora eccitato?

Mi schiacciò il cazzo con la suola dello stivale premendo sempre di più, il dolore fu fortissimo; dolore che aumentò quando al posto della suola ci fu il tacco a spillo. Urlai. Mi diede un calcio sul sedere ordinandomi di non urlare più. Era difficile, il dolore era molto forte.

Mi fece girare a pancia in su, ancora a schiacciare il cazzo con la suola dello stivale, con il tacco piantato nelle palle. Ancora una volta un dolore forte, che però cominciava a diventare quasi un piacere. Come era possibile?

Salì sopra di me, non pesava molto, ma i tacchi erano come delle frecce che mi penetravano il corpo. Mi schiacciò i capezzoli con il tacco, il dolore stava scomparendo lasciando spazio al piacere e alla voglia di subirne ancora. Mi stava già soggiogando e portando dove voleva lei.

Mi fece alzare e mi legò a dei moschettoni attaccati al muro; ero a forma di X, non potevo difendermi, ma chi voleva difendersi? Io volevo subire e basta.

Mi attaccò delle mollette in acciaio ai capezzoli, strinsi i denti per non urlare.

Mi prese per l’ennesima volta le palle con le mani e strinse. Mi guardò diretta negli occhi e con un sorriso compiaciuto mi disse “sei già mio”. Era vero, ero suo, totalmente suo, ma come aveva fatto in così poco tempo?

Prese un frustino, iniziò a colpirmi il cazzo e le palle, mi dimenai per non urlare dal dolore ma questo scatenò solamente l’ilarità della mia padrona. Ero stremato.

Mi liberò dopo un tempo di quella tortura che mi sembrò eterno. Mi portò in un’altra stanza cavalcandomi come fossi una bestia, ogni tanto mi piantava un tacco nelle cosce, ogni tanto mi dava un colpo con frustino sul sedere.

Mi fece sdraiare sul letto, agganciò i moschettoni della mani alla testata del letto, fece scendere dal soffitto, tramite una carrucola, una sbarra di acciaio alla qualche fissò i moschettoni delle caviglie e la tirò verso il soffitto. Ero immobilizzato, con le gambe divaricate e il culo totalmente esposto. Si allontanò dalla mia vista, la sentii armeggiare con qualcosa, poi salì sul letto, si mise a cavalcioni sul mio petto, indossava un fallo in plastica. Mi prese la testa e mi infilò quel cazzo fino in gola, iniziò letteralmente a scoparmi la bocca. Avevo le lacrime agli occhi e facevo fatica a respirare con quel coso in bocca. Si tolse, mi lasciò lì ansimante a riprendere fiato.

Si mise davanti al mio culo, vi spalmò qualcosa di freddo, si avvicinò con il cazzo finto e mi penetrò. Sgranai gli occhi ed aprii la bocca. Lei, mentre continuava a penetrarmi ed aprirmi sempre di più, si piegò su di me, passò le sue unghie sul mio petto e con un sorriso compiaciuto e divertito mi disse “sai perché ti ho messo in questa posizione schiavo? Perché adoro sverginare il culo degli uomini e godermi la loro espressione passare dal doloro allo shock al piacere”.

Era vero, cominciava a piacermi, ma soprattutto mi piaceva essere in suo possesso, sentirmi alla sua mercé, abbandonarmi al dolore e all’umiliazione.

Si tolse da sopra e dentro di me. Ero stremato. Il culo mi pulsava, il cuore mi batteva a mille, la testa inesistente. Mi liberò da tutto. Mi fece mettere in ginocchio.

Preparò su una sedia un plug anale, lo lubrificò per bene, mi fece alzare e poi sedermi sulla sedia in modo da avere nuovamente il culo pieno. Mi mise delle calze che mi avvolgessero fino alla pancia. Si sedette sulle mie gambe, mi accarezzò il cazzo che provava a sfondare le calze. “Masturbati” fu il comando detto con una tale dolcezza che quasi mi stupì. Iniziai a masturbarmi mentre ci guardavamo diretti negli occhi. Il suo sguardo soddisfatto ed orgoglioso, il mio in totale balia di quella donna.

Venni copiosamente, l’orgasmo fu forte, inzuppai le calze. Lei si alzò, abbandonò la stanza, mi accorsi di essere di fronte ad uno specchio; guardai l’immagine di quell’uomo in calze seduto su una sedia, con il culo aperto da un plug. Mi piaceva quella situazione e quella sensazione.

La padrona tornò con i miei vestiti. Li buttò a terra, mi ordinò di vestirmi tenendo calze e plug. Chinarmi per prendere i vestiti mi faceva sentire il plug sempre più dentro di me. Ora ero vestito, come quando ero entrato, era quello che c’era sotto che era cambiato, per sempre.

Mi accompagnò alla porta, e mentre mi porse la mano come quando ero entrato, mi disse “per oggi può bastare sfigato, ti voglio qua domani mattina alle undici. Potrai toglierti le calze, ma il plug no. Quello lo toglieremo domani mattina qua”. Non ebbi nemmeno un esitazione tanto ero soggiogato da quella donna. Le baciai la mano, uscii dalla porta e me ne tornai a testa bassa verso casa.

L’indomani tornai a casa di Cristiana, sempre con il plug nel culo. Era stato difficile, ma ero riuscito a resistere alla tentazione di toglierlo.
Mi accolse vestita con abiti casalinghi: un paio di leggins neri e una t-shirt molto aderente che metteva in evidenza il suo seno. Come il giorno precedente mi porse la sua mano da baciare, cosa che feci immediatamente, salvo poi imbambolarmi a guardare quel suo guardo magnetico.
‘beh che ti succede sfigato? ‘ mi disse mentre mi tirava un ceffone in faccia ‘ mettiti a quattro zampe e seguimi in bagno’
Dopo essermi ripreso dalla sonora sberla, mi misi a quattro zampe e la seguii in bagno. Qua mi fece spogliare e mettere a novanta, appoggiando le mani su un mobile; sparì alla mia vista per mettersi dietro di me, pensavo avrebbe iniziato a frustarmi o peggio, invece, iniziò ad accarezzare il sedere e l’interno coscia, per poi prendermi le palle in mano e strizzarle. Sospirai, ma soprattutto l’erezione fu forte e repentina.
‘Vedi sfigato? ‘ mi disse mentre continuava a tenermi per le palle con una mano mentre con l’altra accarezzava il mio cazzo duro ‘ sei totalmente in mio potere, ma il bello &egrave che &egrave il tuo corpo che lo desidera e a quello &egrave difficile dire di no’
Mi sfilò il plug, fu una liberazione, dolorosa, ma pur sempre una liberazione. Sentivo il buco del culo pulsare, mentre io ansimavo per riprendere fiato.
‘Sai, ieri sera ho pensato molto a te ‘ mi disse con un sorrisino beffardo sul volto ‘ e sono giunta alla conclusione che tu hai un buon potenziale come slave e che io te lo tirerò fuori. Per prima cosa toglieremo questi peli dal tuo corpo che, da oggi, dovrà essere totalmente glabro. Ora entra nella vasca da bagno, la prima volta farò io, ma dalla prossima volta ti arrangerai e guai a te se troverò un solo pelo!’
Entrai titubante nella vasca da bagno, lei prese da un armadietto della crema depilatoria che poi iniziò a spalmarmi su tutto il corpo. Non capivo bene cosa stesse succedendo, perché ero lì e perché le lasciavo farmi tutto questo, ma in fondo la cosa mi eccitava e probabilmente era il mio lato nascosto che cominciava a mostrarsi.
Finita l’operazione di depilazione la Padrona prese un paio di nastri color rosa. Il primo lo passò intorno alla vita, come fosse una cintura, il secondo, invece lo fece passare prima intorno al cazzo, poi intorno alle palle e poi lo tirò in mezzo alle natiche per poi legarlo al nastro che mi faceva da cintura. Mi portò davanti allo specchio e con aria soddisfatta mi disse ‘ammira schiavetta’. L’immagine del mio corpo con il cazzo sostituito da un nastro rosa fu mortificante, un colpo al cuore, non ero in grado di reagire a quella sorta di evirazione.
Ci trasferimmo in salotto, sempre stando a quattro zampe, ma con il cazzo in mezzo alle gambe che rendeva i movimenti più difficili. Mi diede un secchio ed uno straccio e mi fece pulire il pavimento di tutta la casa mentre lei iniziò a correre sul tapis roulant. Mentre pulivo quei pavimenti iniziai a pensare, in un primo momento, che potevo scappare ed andarmene da lì, ma poi ragionai sul perché mi trovavo ancora lì e sul perché quel giorno ero tornato da lei dopo la serata precedente; dovetti giungere, mio malgrado, alla conclusione che quella situazione mi piaceva, mi intrigava e che, probabilmente, ero sempre stato uno slave ma cominciavo a rendermene conto solo in quel momento.
Dopo più di mezz’ora Cristiana mi chiamò e mi ordinò di raggiungerla in bagno. Quando arrivai si stava spogliando dai vestiti sudati. Mi fece sdraiare a pancia in su vicino alla vasca da bagno, prese i calzini e me li infilò in bocca; il sapore di sudore era molto forte, ma anche la mia eccitazione! Su poi la volta delle mutandine finire sulla mia faccia ed, infine, tutto il resto del vestiario. Ero costretto a fare dei respiri il più profondi possibile per poter respirare, ma di conseguenza ero inebriato dall’odore di sudore ogni volta che inspiravo. Non potevo vedere nulla, tantomeno la Padrona che stava per salirmi sopra, fui colto di sorpresa, ma riuscii comunque a non subire troppo il calpestamento.
Il primo pomeriggio trascorse tranquillo, lo passai quasi tutto sdraiato sul divano, con le gambe piegate a fare da schienale alla Padrone seduta sulla mia pancia e con i piedi sulla mia faccia. Piedi che ovviamente dovetti leccare per tutto il tempo.
Quando furono passate un paio di ore ci preparammo per uscire. Mi venne ordinato di indossare un paio di calze ed un paio di slip da donna sotto i miei abiti con cui ero arrivato a casa della Padrona. Mi sentivo strano, ero titubante e quando fummo in strada ebbi la sensazione che tutte le persone che incontravamo sapessero di quello che nascondevo sotto i pantaloni. Ci recammo in un sexy shop. Avevo il cuore in gola quando entrammo, sentivo che eravamo lì per me e che non ne sarebbe venuto fuori nulla di buono, almeno non per me. Cristiana prese un paio di tette finte, da allacciare come un reggiseno, un vestitino da cameriera, un vestito in latex nero. Chiese alla commessa se fosse possibile provare quelle cose e, una volta ricevuta una risposta positiva mi fece entrare nel camerino. Come immaginavo quelle cose erano per me, fu davvero umiliante, anche se sapevo che il peggio doveva ancora venire.
Mi fece indossare il seno finto e poi il vestito in latex nero, sembravo una zoccola. Mi fece uscire dal camerino, c’era anche la commessa a guardarmi e commentare insieme alla Padrona mentre io ero nell’imbarazzo più totale. Quando feci per voltarmi per far vedere il sedere ecco che successe l’imprevisto: il nastro che teneva legato il mio cazzo si slacciò. Sgranai gli occhi, provai perfino a tenerlo stringendo le natiche, ma non servì a nulla, il nastro cadde a terra ma, cosa ancora peggio, si iniziò a vedere il cazzo spingere sulla gonna aderente.
‘Scusa questo sfigato ‘ disse Cristiana alla commessa ‘ immaginavo sarebbe successo ma speravo non in un negozio.’
‘ah non ti preoccupare ‘ rispose la ragazza dirigendosi verso uno scaffale’ penso di avere quello che fa al caso tuo’
Tornò dopo qualche secondo con in mano una gabbietta ‘ecco qua, con questa gabbietta non avrai più problemi di erezioni non gradite o permesse’ e scoppiarono in una fragorosa risata. Fu proprio la commessa a mettermi addosso quella cosa, fu proprio lei a decretare l’inizio della mia castità e la fine delle mie erezioni, fu una cosa ancora più umiliante.
Tornammo a casa della Padrona, indossavo i vestiti che avevo quando eravamo usciti, ma in più avevo addosso la gabbietta. Ero frastornato, confuso, pensieroso, in un altro mondo. Quando ritornai lucido o quasi, guardai le scarpe col tacco della Padrona, mi eccitai, partì un erezione. Fu subito stroncata dalla gabbietta, faceva male tanto al mio cazzo quanto al mio orgoglio maschile.
Una volta in casa misi le borse in una camera e, quando tornai, vidi che la Padrona aveva attaccato la chiave della gabbietta ad una catenina che si era messa al collo; rimasi a bocca aperta e sentii la mia forza di volontà rompersi in mille pezzi. Ora ero veramente in suo possesso.
Mi fece mettere a novanta, mani dietro la testa, ed iniziò a colpirmi con il frustino; era la mia punizione per il cordino slacciato. Il difficile fu mantenere l’equilibrio in quella posizione, il male non lo sentivo molto, i colpi mi parevano lontani tanto ero in una sorta di mondo parallelo e concentrato sulla perdita della mia virilità.
Si mise davanti a me, aveva indossato lo strapon, iniziai a spompinarlo come fossi un automa, non potevo e non riuscivo a metterci passione in quel momento; la Padrona se ne accorse e con tono offeso mi disse: ‘non ti piace prendere in bocca il cazzo della tua Padrona oggi? Sei proprio una nullità..peggio per te!!’ e così dicendo si mise dietro di me, prese i miei fianchi e mi infilò il cazzo di gomma bagnato solo della mia saliva. Trasalii, mi fece un male cane, tornai in me, mi sembrava che mi potesse sfondare la pancia da un momento all’altro; i colpi si fecero sempre più forti e decisi, le gambe iniziarono a cedermi, iniziai a supplicarla di smettere, ma niente, non accennava a fermarsi, mi accompagnò verso terra fino a che non fui a quattro zampe, restando sempre dentro di me e riprendendo a sfondarmi. Le lacrime cominciarono a solcarmi le guance, non ce la facevo più. Cedetti ancora. Mi ritrovai steso a terra, distrutto ed umiliato a fissare il pavimento
Il weekend successivo stentò ad arrivare; andare al lavoro con il cazzo nella gabbietta era particolarmente scomodo, ma soprattutto mi faceva sentire osservato e giudicato anche da chi, in realtà, mi ignorava totalmente.
Il venerdì dormii da Cristiana, diceva che la mattina avremmo avuto da fare. Così, il sabato, dopo aver preparatole la colazione misi i vestiti che mi aveva preparato per uscire: dei jeans, una t-shirt, un perizoma in pizzo e delle autoreggenti. Anche se continuavo a sentirmi in imbarazzo, ovvero quello che lei si aspettava che provassi, iniziavo piano piano a sentirmi a mio agio con degli indumenti femminili addosso e soprattutto nascosti.
Ci recammo ad uno spaccio di calzature fuori città; era presto e forse per questo il negozio era deserto. Ci dirigemmo verso il reparto con le calzature da donna ed iniziammo a girare tra gli scaffali. Ben presto capii che non eravamo lì per la mia Padrona, ma per me; cominciai a preoccuparmi e ad avere i sudorini.
Dopo una scelta che sembra essere piuttosto mirata mi fece entrare in un camerino e mi ordinò di provare le scarpe che aveva scelto per me, ovviamente senza tenere addosso i pantaloni perché voleva vedere come stavo conciato da troia. Provai un paio di decolt&egrave nere con un tacco che mi sembrava vertiginoso, un paio di scarpe sempre con il tacco ma con in più la zeppa ed, infine, un paio di stivali fino al ginocchio. Ogni volta che mi alzavo in piedi per farle vedere come stavo lei lasciava socchiusa la porta con il rischio che qualcuno mi potesse vedere in quelle condizioni. Alla fine prendemmo tutto e tornammo a casa di Cristiana.
Il pomeriggio fui lasciato solo a pulire casa, completamente nudo, perché lei andò a fare shopping con la sua migliore amica Anna, con la quale sarebbe poi tornata a casa per cena.
Quando tornarono avevo già apparecchiato il tavolo e messo a scaldare la cena. Ero vestito come mi aveva ordinato Cristiana: vestito da cameriera sexy e le decolt&egrave comprate la mattina, null’altro se non la solita gabbietta.
Fu molto imbarazzante quando la Padrona mi chiamò in salotto dicendomi di portare una bottiglia di prosecco e due bicchieri. Quando mi vide entrare incerto su quei tacchi, Anna rimase quasi a bocca aperta nel vedermi.
‘Ma allora non stavi scherzando ‘ disse rivolgendosi a Cristiana ‘ hai veramente uno schiavetto!! Non ci posso credere!! E fa veramente tutto quello che gli dici? Ed ha veramente quella cosa al cazzo?’
‘Ma sì!! ‘ rispose la Padrona ‘ vedi che io non ti dico mai bugie?! Ora schiavetto vieni qua e mettiti a disposizione della mia amica’
Con fare sempre più incerto versai da bere e mi misi a fianco di Anna che per prima cosa alzò la gonnellina che portavo per controllare se portassi realmente la gabbietta. Poi mi accarezzò l’interno coscia ed iniziò a massaggiarmi le palle fino a stringerle piantandomi le unghie. Feci un sospiro, un sussulto, faceva male ma la cosa mi eccitava troppo per sentir il dolore.
Durante la cena fui fatto spogliare e messo il tavolo a fare da poggiapiedi alla mia Padrona mentre facevo un massaggio ai piedi di Anna, comprensivo ovviamente di lingua. Dopo cena, dopo aver finito di sistemare e lavare i piatti, fui richiamato in salotto.
‘Bene ‘ disse Cristiana ‘ &egrave tutto il giorno che chiacchieriamo, ma ora vogliamo divertirci un po’ e lo faremo con te’non sei contento sfigato?’
‘Sì Padrona’ risposi fissando il pavimento.
Mi fecero spogliare, mettere a quattro zampe, mi salirono a cavalcioni sulla mia schiena. Il peso delle due donne assieme mi faceva muovere lentamente e a fatica, rischiando in un paio di occasioni di crollare a terra.
Arrivammo nella mia stanza, dove venni legato mani e piedi al letto a formare una X. La prima fu la Padrona a salirmi sopra, in piedi. i tacchi delle sue scarpe infilzavano la pelle facendomi un male assurdo; provai anche ad urlare quando con il tacco premette sui capezzoli, ma Anna mi tappò subito la bocca e mi ordinò di non fiatare. La Padrona iniziò poi a spogliarsi, mentre Anna la aiutava a mantenere l’equilibrio sopra il mio corpo. Per quanto fosse doloroso era una delle cose più eccitanti che avessi mai provato, eccitazione che ovviamente mi provocò del dolore quando il cazzo cercò di diventare duro come non mai. Fu poi la volta di Anna che, prima di salirmi sopra, usò il tacco a spillo per ‘giocare’ con le mie palle; provai a dimenarmi per il dolore, ma Anna mise la suola della scarpa sulle palle e guardandomi con aria di sfida mi disse ‘azzardati a muoverti o ad urlare e vedrai che fine faranno le tue palline inutili’. Salì definitivamente su di me e dopo avermi fatto leccare per bene le scarpe, iniziò a spogliarsi anche lei. Cristiana si alzò e la raggiunse sopra di me, cominciavo a sentirmi fortunato ad essere in quella posizione, sotto i piedi di due donne molto belle e che soprattutto erano in totale controllo su di me.
Scesero dal letto, presero una una frusta e l’altra un frustino. La Padrona, con la frusta, iniziò a colpirmi sul petto e sulla pancia in maniera decisa ma non troppo energica, mentre Anna iniziò a colpirmi con forza sull’interno coscia. Faceva un male assurdo, la supplicai di smetterla, ma più supplicavo più lei mi ignorava. Iniziai a piangere come un bambino e, probabilmente, mi faceva più male sentirmi frignare che non i colpi che stavo ricevendo.
Finita quella tortura le due donne si sdraiarono a fianco a me, una per parte, ed iniziarono ad accarezzarmi su tutto il corpo, in particolar modo petto, palle e inguine.
‘Che sfigato che sei ‘ mi disse Cristiana all’orecchio ‘ sei in un letto con due donne nude e non puoi fare niente’non puoi nemmeno avere un’erezione’ e dicendo questo iniziò a baciarmi e mordicchiarmi orecchio e collo. Stavo per impazzire. Anna saltò sopra di me ed iniziò a strusciarsi su di me; il suo seno faceva su e giù lungo il mio petto mentre sentivo il suo bacino muoversi sul mio cazzo. Mi fissava con uno sguardo incredibilmente sexy e pieno di desiderio. Non capivo più nulla. Iniziarono a baciarsi. Non potevo crederci, si stavano baciando a pochi centimetri dalla mia bocca ed io ero immobilizzato e castrato come un cane.
Quando mi slegarono ero totalmente in un altro mondo; continuarono a strusciarsi su di me in maniera sempre più sexy, provocante e spinta. Il cazzo batteva nella gabbietta e faceva male, ma il desiderio e l’adrenalina erano troppo forti.
Mi fecero vestire con un perizoma in pizzo rosso, mi misero delle tette finte, un vestito in latex nero, una mini sempre in latex nero, delle calze a rete e le scarpe con tacco e zeppa; per completare l’opera, dopo avermi fatto sedere su una sedia, Anna mi montò in braccio e cominciò a truccarmi pesantemente, mentre la Padrona mi metteva una parrucca lunga e bionda. Mi fecero ballare davanti allo specchio, mentre loro si buttarono sul letto ad amoreggiare. Non riuscivo a guardare quella persona riflessa nello specchio, mi eccitava troppo vedermi così e per questo ne ero sconvolto. Guardavo le due donne baciarsi e masturbarsi sul mio letto, a pochi passi da me. Avere il sogno di ogni uomo a portata di mano e ritrovarsi invece vestito come una troia che batte sulla statale, ecco, lì capii per la prima volta quanto mi piacesse essere schiavo, quanto mi piacesse soffrire e messo in imbarazzo o a disagio.
Si misero entrambe lo strapon, mi fecero mettere a gattoni sul letto. Fu Anna la prima a penetrarmi il culo con la stessa forza con cui mi aveva colpito con il frustino poco prima. Cristiana, invece, dopo essersi gustata la scena si parò davanti a me; non dovette dire nulla, come un automa presi in bocca il cazzo di gomma ed iniziai a succhiarlo e leccarlo. Ero completamente pieno, mentre leccavo il cazzo di gomma di una sentivo quello dell’altra sfondarmi il culo. Ero in paradiso.
Mi fecero sdraiare a pancia in su e mi portarono in alto le gambe. Anna si tolse il cazzo di gomma e salì sul letto e si mise sopra di me, tenendomi le gambe per i tacchi delle scarpe, mentre la Padrona iniziò a sfondarmi il culo. Ero completamente alla loro mercé. Anna aprì un po’ le gambe e si avvicinò in modo che Cristiana potesse leccarle la figa che era un lago pieno di umori fino a farla venire e a farle colare quegli umori pieni di orgasmo lungo le gambe.
Dopo che Anna ebbe il suo orgasmo, Cristiana si sfilò da dentro il mio culo, si tolse lo strapon e si sdraiò pancia in su sopra di me, con la figa esattamente davanti al mio mento. Anna, che nel frattempo si era rimessa il cazzo di gomma, non si fece dire nulla e infilò il cazzo di gomma nella figa dell’amica, iniziando a penetrarla con forza e passione allo stesso tempo. Ero a pochi centimetri da uno spettacolo fantastico a cui io non potevo prendere parte. Era tanto eccitante quanto frustrante. La Padrona ben presto si aggrappò alle mie gambe e mano a mano che l’orgasmo si avvicinava le sue unghie infilzavano la mia carne provocandomi forti dolori. Venne anche Cristiana, venne molto forte, le scosse del suo orgasmo smossero anche me. Restarono lì, una sopra l’altra, una dentro l’altra, sopra di me, a baciarsi ed accarezzarsi come se nulla fosse.
Dopo un periodo che mi sembrò interminabile, si alzarono e guardandomi con aria soddisfatta Anna disse alla Padrona: ‘ Sai, amica mia, mi sa che alla fine hai fatto un buon acquisto con questa nullità’ e scoppiarono entrambe in una fragorosa risata.
Anna se ne andò dopo essersi fatta la doccia ed essersi data la buona notte con Cristiana con un bel bacio. Io ero steso sul divano come mi era stato ordinato ed, ovviamente, non venni minimante considerato dall’amica della Padrona.
Una volta che la donna uscì dalla porta, la mia Padrona tornò in salotto, si tolse l’accappatoio che la avvolgeva e si sedette su di me, con il buco posteriore in corrispondenza della mia bocca e i piedi ad accarezzarmi l’inguine. Respiravo a fatica, ma senza che lei mi dicesse nulla e sapendo che sarei potuto incorrere in una grande punizione, rischiai ed iniziai a leccarle il buchetto. La sentii sobbalzare, ma visto che non mi venne inflitto alcun colpo continuai mentre lei si accese la tv. Ero stremato da quella serata, ero frustrato da quella mancata erezione che mancava da tanto tempo ormai, eppure ero felice di essere lì a leccare il culo di una donna o meglio della mia Padrona.

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