Skip to main content
Racconti di Dominazione

La mia storia da servetta. La mia umiliazione

By 14 Ottobre 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

“Sono una donna di 38 anni, d’indole remissiva. Mi offro come domestica/serva/tuttofare ad una ragazza, meglio se più giovane di me. Potrà usarmi ed eventualmente punirmi come crede. Non sono mercenaria e non ne cerco, chiedo solo discrezione e serietà. Non risponderò ad uomini, coppie e trav.” così comincia la mia esperienza di sottomissione, durata quasi un anno.

Tra risposte serie, maschietti sotto menti spoglie e amenità varie ne contai quasi un cinquantina. Decisi, non dopo diverse riflessioni di provare questa esperienza con Giorgia, una ragazza 25enne, studentessa in giurisprudenza.

 

Io mi chiamo Roberta, conduco una vita normale, lavoro, amici e via dicendo. Ma sono da sempre stata attratta dalla sottomissione, o meglio dal provare quel miscuglio di vergogna, umiliazione, frustrazione e imbarazzo. Non come gioco erotico, ma come attrazione alla cosa in se per se. Sempre nella mia mente, fino all’annuncio. Scelsi di subire da una donna perché non volevo un gioco sessuale, la scelsi molto più giovane di me perché volevo fosse umiliante in ogni suo aspetto.

Ne io ne Giorgia abbia tendenze omosessuali o bisessuali,  e lei decise di dominare me perché le l’idea di una donna più grande di lei che le ubbidisse incondizionatamente e subisse ogni suo capriccio.

Ora, voglio raccontare questa mia esperienza… senza uno schema, lasciando correre le dita sulla tastiera.

Il mio compito principale era quello di pulirle la casa, lavare i piatti e incombenze varie che m lasciava da sbrigare. Avevo le chiavi di casa sua e mi dovevo recare li ogni due giorni dalle 18 alle 20, ora in cui solitamente rientrava, nel caso tardasse, aspettarla.

Quando arrivava controllava per tutto, se andava bene, ok, altrimenti mi puniva, solitamente sculacciandomi. Ne ho prese tante ma ricordo bene la prima. La ricordo bene perché provai un pugno allo stomaco quando mi fece abbassare gli slip alle ginocchia e piegare sul tavolo della cucina. La vergogna di stare con il sedere all’aria davanti ad una poco più che ragazzina, in attesa del castigo. Come per le volte successive usò una spatola in legno. Pensavo, e speravo che essendo la prima volta sarebbero stati dei colpi poco più che simbolici. Invece non fu così. Colpì subito energicamente e a lungo. Non ero mai stata sculacciata prima e sentii un forte dolore. Inizialmente solo vergogna ma quando il morso della spatola si fece più intenso comincia a lamentarmi. Mi assesto una sberla sulla nuca dicendomi di tacere. Non avevo provato mai prima di allora un’umiliazione così forte. 

Il bruciore che sentivo nello stare seduta mi fece sembrare il rientro in macchina, infinito. A casa constatai che le natiche sembravano due melograni e in certi punti erano ancora nettamente visibili le forme della spatola di legno. Dalla vergogna e dalla frustrazione quasi non dormii quella notte. Ma in futuro provai anche di peggio, per punizione o semplicemente per suo capriccio. 

… to be continued…  comment su rondine79@gmail.com

Non sempre Giorgia mi umiliava per punirmi, a volte questo accadeva per semplice suo capriccio.

Ricordo bene un episodio risalente ai primi dell’anno. Io stavo lavando i piatti mentre lei con fare annoiato cercava di studiare, intervallandosi com messaggini e telefonate. Ad un certo punto esordì con una domanda del tipo: “Lo hai mai preso di dietro?”. Io trasalii per la domanda così inconsueta da parte sua e li per li feci un’espressione interrogativa perché mi parve di non aver capito. Lei, con la schiettezza che le è propria specificò: “Si… insomma… lo hai mai preso nel culo?”. Io le risposi di no e lei mi disse “Neppure io”. Rimasi ancora una volta sorpresa, sia perché non avevamo mai affrontato discorsi del genere e sia perché, mai lei mi aveva detto qualcosa di personale, tanto meno circa le sue esperienze sessuali. Il discorso cadde li, e per una mezzoretta continuò a girare a vuoto le pagine del libro mentre io cercavo di finire i miei mestieri nel migliore dei modi.

Dopo un po’ richiamò la mia attenzione e quando mi voltai per guardala la vidi che mi porgeva un evidenziatore e con un’espressione maligna mi diceva “mettitelo nel sedere”. Sentii vampe di calore in volto e credi di aver assunto diverse colorazioni in pochi secondi. Li per li sperai e credetti che lo facesse solo per mettere alla prova, una volta di più, la mia ubbidienza. Nei mesi prima avevo imparato che non era il caso di farle ripetere qualcosa due volte, quindi presi l’evidenziatore. Appena ebbi l’oggetto in mano mi resi conto che i suoi intendimenti erano seri.

Mi fece subito voltare e abbassare pantaloni e slip dicendomi d’iniziare. Per me l’ano è sempre, e lo è tutt’ora, stato un vero e proprio tabù, figurasi l’idea di metterci dentro un’oggetto, figurarsi poi di farlo per il semplice capriccio di una ragazza annoiata. Fu una di quelle volte che la vergogna mi fece sentire gli occhi lucidi e un gran voglia di piangere. Ma ovviamente mi trattenni.

Come quando da bambina mi misero una supposta, mi sentivo irrigidita e goffa. Armeggiai per diversi minuti nel tentativo, ma la istintivamente serravo i muscoli appena cercavo di spingere il pennarello. Accucciarmi o permettermi di farlo in una stanza da sola certo mi avrebbe aiutato, ma ero in piedi e sentivo il suo sguardo. Dopo diversi tentativi cominciai a sentire l’oggetto farsi varco nello sfintere, probabilmente grazie al fatto che era di dimensioni ridotte o perché il mio subconscio pensava “prima è, prima finisce”. Quindi non senza un leggero bruciore riuscii a introdurlo quasi tutto.

Quando subisco un’umiliazione, i primi minuti ho dei pensieri quasi coordinati poi la testa diventa ovatta c’è solo spazio per chiedermi quando finisce. In questo caso inizialmente pensai che era la prima volta che mi sodomizzavo, che era la prima volta che qualcuno vedeva una mia penetrazione e che per giunta era una donna che mi stava deridendo. Poi l’ovatta prese il posto di tutto.

Dopo qualche secondo di silenzio Giorgia mi chiese se mi avesse fatto male e se mi fosse piaciuto. Io risposi “un po’ alla prima domanda” e no, alla seconda, aggiungendo che anzi mi dava fastidio sentirlo dentro.

Lei ridendo mi disse che invece mi piaceva e voleva sentirmelo dire. Io l’accontentai ma lei me lo fece ripetere molte volte. Rimasi quindi per qualche minuto a ripetere continuamente “Mi piace prenderlo in culo. Mi piace…”. Finito anche questo supplizio mi mando in bagno a togliermi l’evidenziatore. Non credo per compassione ma probabilmente perché non voleva assistere alla scena. Mi diressi quindi in bagno impacciata dai pantaloni e dagli slip oramai scesi alle caviglie e con le mani ma mi coprivano il sedere.

La mente umana è proprio strana, mi ero messa un pennarello nel sedere davanti a lei, sono rimasta in piedi con l’oggetto ancora infilato a rispondere alle sue domande e a ripetere quella frase, e ora mi preoccupavo di coprirmi con le mani.

Quando praticamente mi ero ricomposta lei entro in bagno e porgendomi la mia borsetta aperta mi disse, riferendosi all’evidenziatore “Mettilo qui, non penserai mica che lo usi dopo che te lo sei messa li?”. E così feci. Salvo poi buttarlo quando rientrai a casa.

… to be continued…

rondine@gmail.com

Nel mio rapporto di sottomissione con Giorgia c’erano delle regole che dovevo seguire scrupolosamente. Regole che m’impose con il solo fine di umiliarmi e crearmi disagio, effetto che ottenne. regole a cui dovevo attenermi senza che mi fossero ripetute e che valevano fino a prova ordine contrario.

Fin da subito fiss’ i giorni in cui dovevo andare a casa sua a pulire, marted’ e gioved’ dalle 18,00 alle 20,00. Dovevo andarci comunque e se non potevo proprio, dovevo avvisarla. Il che mi avrebbe evitato una punizione pi’ dura che se non l’avessi fatto o l’avessi fatto tardi, punizione che comunque m’impartiva. Presto arrivarono anche le regole sull’abbigliamento da tenere quando ero a casa sua. Spesso mi derideva sul fatto che avessi 38 anni e che mi sottoponessi a queste umiliazioni da parte di che ne aveva appena 25. Quindi m’impose via via un’abbigliamento sempre pi’ infantile. Inizialmente delle semplici pantofole rosa di Hallo Kitty, poi i capelli raccolti a coda di cavallo con un cerchietto decorato con coccinelle, evidentemente puerile. Pass’ poi a vietarmi ogni forma di trucco, vietandomi l’uso di reggiseni e collant, e in fine imponendomi slip da bambina. Ma non si accontentava di slip qualunque, dovevano essere ridicoli. Un cassetto del mio armadio cominci’ quindi a popolarsi di mutandine su cui campeggiavano Winx, Minnie, maghi e fatine varie. Essendo di corporatura minuta non trovavo difficolt’ a reperirle della mia misura ma a nasconderle nelle occasioni in cui ospitavo mia sorella.

Anche le punizioni erano, per cos’ dire, regolamentate. Se ad esempio voleva sculacciarmi, dovevo abbassarmi i pantaloni e gli slip esattamente a pochi centimetri sopra le ginocchia, piegarmi sul tavolo e con lo sguardo verso il muro. non potevo lamentarmi al di la di inevitabili mugolii. In questa occasione l’unica concessione da parte sua era di tenere la radio accesa affinch’ il vicinato non sentisse dei rumori sospetti, il classico “paff” che la paletta produceva sulle natiche. Inutile dire che dovevo rimanere cos’ fino a che non avesse finito, non potevo quindi ne tentare di coprirmi con la mano ne ritrarre il sedere quando prevedevo arrivasse il colpo. Cosa che una volta accadde, poich’ secondo un ‘ un gesto istintivo. Cosa che mi costo una sculacciata al giorno per cinque giorni. E precisamente, ogni giorno alle 20,30 precisamente, senza che nulla mi fosse ricordato, dovevo andare a casa sua e mettermi in quella posizione per essere sculacciata, e cos’ per cinque eterni giorni.

Precisamente verso aprile pens’ che alla abbigliamento infantile doveva aggiungere la completa depilazione del pube. Cos’ me la impose come regola costante.

Inutile dire che queste e altre regole influivano non poco nella mia quotidianit’.

Non potevo prendere nessun impegno quando sapevo che sarei stata a casa sua a pulire, per esempio. Se venivo sculacciata il o i giorni dopo non potevo, per ovvie ragioni andare al mare o in piscina. In macchina tenevo un borsa con l’abbigliamento da indossare a casa sua… e via dicendo.

In realt’ di regole c’erano tante altre ma ho voluto raccontarne alcune per delineare meglio il rapporto e la situazione.

… to be continued…

rondine79@gmail.com

Non era mai accaduto prima, ma un giorno nel pulire i piatti mi scivolò di mano una pirofina che si ruppe rovinando a terra.

Giorgia s’infurio e oltre a farmene comprare una nuova mi punì. Non si limitò solo a sculacciami sonoramente, cosa che la sera stessa al suo ritorno e le sere successive, ma m’impose un ulteriore castigo.

Volle infatti, che dal giorno seguente e per tutta la settimana mi facessi trovare al suo ritorno, in ginocchio, con i pantaloni e gli slip abbassati e  e un foglio appuntato sulla maglia con sopra la scritta “sono una cretina”. Una volta arrivata dovevo, rimanendo in ginocchio, compiere dieci giri del salotto e quindi, senza che mi venga detto nulla, andarmi a mettere in posizione per la rituale sculacciata.

La prima sera, mentre ero in ginocchio in attesa che arrivasse Giorgia, mi cadde lo sguardo sullo specchio in salotto.  Mi mortificava molto vedermi in quella posizione, e mi chiesi cosa mi tratteneva dall’andarmene, benché la risposta che mi diedi fu “nulla” e i motivi per andarmene molti, rimasi li… così… ritrovandomi a sperare di espletare il mio castigo il prima possibile e che le sculacciate non siano troppo forti. Ma rimasi li.

Sempre rimanendo così la mente continuò a viaggiare. Quella stessa sera avrei, dopo, dovuto incontrare Lucia, una mia collega e amica, cosa che in effetti, feci. Ma pensai con che stato d’animo lo avrei fatto dopo aver subito tutto questo, e cosa avrebbe mai pensato di me se avesse saputo come mi trovavo prima d’incontrala. Anche questo non sollevava certo il mio stato.

Quando arrivò Giorgia comincia subito a girare intorno al salotto, se mi fossi vista da fuori avrei veramente provato vergogna per me. 

Alla fine dei dieci giri mi duolevano le ginocchia ma oramai da quando era iniziato questo rapporto di sottomissione avevo rinunciato a ricomporre il mio orgoglio, almeno in tali circostanze, forse perché era rimasto ben poco da ricomporre. Naturalmente, appena finito mi diressi al tavolo del salotto per prendere le sculacciate, che puntualmente arrivarono e arrivarono anche forti. 

I giorni seguenti, più volte, nell’attesa, mi soffermai a pensare quanto ridicolo fosse vedermi così, per una persona esterna, in  ginocchio, con il foglio appuntato e con il sedere scoperto e dalle striature rosate delle pregresse sculacciate.

Finiti i giorni di castigo mi sembrò una passeggiata recarmi da Giorgia ogni due giorni, sapendomi libera di non dovermi sottoporre a tanto.

… to be continued…

rondine79@gmail.com

I racconti che ho scritto in questo sito non li ho mai tenuti nascosti a Giorgia, anzi lei li ha letti, seppur non li ha mai commentati con me.

Da qualche giorno a questa parte, ha però deciso di aprire un blog che ha detta sua sarà “l’angolo della mia umiliazione”. Io quindi continuerò a scrivere qui i miei racconti con i parametri di spontaneità che ho fino ad ora adottato, ma Giorgia mi ha detto di segnalare l’apertura del blog: http://serva.rivblog.com, dove invece scriverò quello e come lei mi dirà.

Leave a Reply