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Racconti di Dominazione

La nuova schiava

By 25 Giugno 2013Dicembre 16th, 2019No Comments

La nuova collaboratrice
Sono un professionista affermato e dirigo un ufficio con parecchi collaboratori ed impiegate.
Sei mesi fa ho ricevuto in colloquio una possibile new entry dello studio, laureata a pieni voti, la quale superata la prova ha iniziato il lavoro.
Dopo poche settimane inquadro la ragazza: ha 24 anni, non molto alta ma ben fatta un visino molto carino, due occhi azzurri, un culetto piccolo ma ben fatto, due tettine aguzze ed un atteggiamento molto riservato. La chiamerò Laura.
Ho notato, però, alcuni sguardi, a bocca aperta, alcuni atteggiamenti di chi ti vuole dire qualcosa.
Due mesi fa, finita una riunione di studio, ho fatto uscire tutti e le ho chiesto di rimanere: non aveva perso occasione di lanciarmi alcuni sguardi durante tutta la riunione.
Siamo andati nel mio ufficio privato e guardandola negli occhi le ho chiesto:’ Volevi dirmi qualcosa di particolare prima, Laura?’.
‘No, niente’.
‘Intendo dire qualcosa di personale’
‘Non ‘ capisco, cosa di personale?’
‘Dimmelo tu’
‘Non capisco, non avrei niente da dire’ e intanto è venuta rossa ed ha abbassato lo sguardo.
Allora la guardo fisso negli occhi e le dico: ‘Sei affascinata da me?’
Era più un’affermazione che una domanda, ma volevo mantenere l’equivocità e lei è diventata, se possibile, ancora più rossa ed imbarazzata ed ha abbassato lo sguardo, senza parlare.
‘Rispondi alla domanda, non c’è niente di male a rispondere’
‘Ma, io ”
Pensai che non aveva affatto negato, né era uscita offesa dall’ufficio, ma stava lì seduta, di fronte alla scrivania, muovendo nervosamente le gambe senza parlare.
‘Visto che tu non parli, ti dico io cosa devi fare. Questa sera fermati dopo le 19,00 quando tutti escono, ma ricordati che non devo parlarti di lavoro’.
Lei mi guarda fugacemente e sussurra un veloce ‘va bene’ ed esce dalla stanza.
Arrivano le 19,10 e tutti escono. Finisco una telefonata e la chiamo nel mio ufficio.
Arriva, nervosa e sempre rossa in viso, si siede ed abbassa gli occhi.
‘Bene, vedo che sei rimasta e che non vuoi parlare di lavoro. Parliamo di altro allora. Io apprezzo che tu sia affascinata da me, ma devi capire che persona sono io: comando nella vita come nelle sfera privata e la persona a cui permetto di entrare nella mia vita privata deve essere completamente sottomessa a me’.
Lei mi guardava ed ogni tanto abbassava lo sguardo, ma si capiva che era molto interessata.
‘Noto che non mi contraddici e che comprendi cosa sto dicendo. Visto che non parli molto, parlo io e ti dico che se vuoi andartene esci subito, anche dal mio studio, altrimenti rimani seduta e fai tutto quello che ti ordino di fare’.
Lei non si mosse e mi guardò con uno sguardo questa volta fisso e concentrato.
‘Bene. Non parlare ed ubbidisci. Alzati in piedi e fatti vedere più da vicino’
Lei si alza subito ed io mi avvicino e le passo una mano su tutto il corpo, sfiorandolo e notando che i capezzoli si erano induriti.
‘Una sottomessa come te non può stare in mia presenza tutta vestita, solo io posso al momento, perciò spogliati velocemente’.
Lei sembrava preparata a ricevere qualche ordine, ma le mie parole risuonavano come uno schiaffo in pieno viso.
Ha aperto la bocca, ha biascicato un ‘ma’ e mi ha guardato interdetta.
‘Credo tu capisca l’italiano, mi sto spazientendo e non è un buon segno’.
Mi ha guardato ancora una volta ed ha incominciato a spogliarsi.
Devo essere sincero, ero certo che avrei perso una potenzialmente valida collaboratrice e che sarebbe uscita all’istante.
E’ rimasta in reggiseno e mutandine mi ha guardato quasi inebetita ed io le ho molato un ceffone su una natica: ‘Mi sono spazientito’.
Lei ha ributtato indietro l’inizio di un pianto a dirotto e si è tolta il reggiseno, poi mi ha guardato con uno sguardo implorante ed ha messo le mani sui lati dello slip.
‘Queste le tolgo io, così verifico se sei veramente chi sembri essere’.
Le ho sfilato veloce le mutandine e le ho avvicinate al naso: il profumo intenso di femmina in calore era evidente.
‘Come mai sono così bagnate? Sei proprio una puttanella in calore, vero?’.
Lei si è toccata i capelli imbarazzata.
‘Rispondi’.
Al secondo ‘rispondi’ le ho mollato un altro ceffone sulla stessa natica di prima e lei ha detto tutto d’un fiato: ‘Sì, è vero, lo sono’ ed ha lasciato il respiro trattenuto fino a quel momento.
‘E vuoi essere trattata da schiava sottomessa e vuoi diventare la mia cagna?’.
Questa volta non se lo fece ripetere due volte ed ha fatto cenno di sì con il capo.
Allora le ho ordinato di piegare un po’ le gambe ed ho ispezionato la fichetta, che manco a dirlo era un lago.
‘Pulisci questo dito tutto sporco dei tuoi umori e tira fuori la lingua’.
Ormai in preda ad un vortice di passione, Laura ha tirato fuori la linguetta lunga e sottile ed ha leccato delicatamente il mio dito medio.
‘Vedo che sei delicata e timida, fai tutto quasi in punta di piedi, però esegui bene gli ordini’ ‘Ti rendi conto che sei nuda nella mia stanza, tutta bagnata e pronta a subire quello che io voglio?’
Laura annuisce con il capo e mantiene le mani lungo i fianchi, immobile.
‘Vediamo un po’ il tuo buchetto’.
Le apro le natiche con una mano e, visto che notavo una certa resistenza, le ho mollato due ceffoni sulle natiche; le ha aperte subito.
Il forellino era chiuso come un’ostrica, stretto stretto.
Ho riinfilato il dito nella lago-fica e l’ho puntato sul forellino, ho spinto poco, poi l’ho ritratto ed ho incominciato a massaggiare roteando il dito sul bordo e pian piano si è un po’ rilassato.
Ho ricominciato ad inumidire il dito nella lago-fica ed ho ripreso il massaggio e così via.
Dopo qualche minuto ho sentito un ansimo, molto leggero e represso.
‘Dimmi, quanti cazzi hai preso in culo, cagna?’
Silenzio.
‘Te lo dico per l’ultima volta, devi rispondere alle mie domande prontamente, altrimenti mi altero’.
‘N..nessuno, sono ‘ vergine’.
Il mio cazzo ebbe un sobbalzo, anche se lo avevo già capito che era vergine.
‘Stasera non lo sarai più, ma prima dobbiamo preparare il tuo culetto per bene’.
Ormai non tentava nemmeno più di ribellarsi.
Le ho ordinato di mettersi a quattro zampe ed ho aperto un cassetto dove tengo sempre alcuni oggetti pronti all’uso.
Ho tirato fuori una crema lubrificante e l’ho messa sul tavolo.
‘Apri bene le orecchie. Tra poco ti inculo e ti apro quel culetto da troietta che hai nel modo in cui preferisco. Se mi fai un pompino da favola userò la crema lubrificante, se mi farai un pompino buono lubrificherò il tuo culo con gli umori della tua lago-fica, se a succhiare cazzi fai schifo ti inculo così senza lubrificare. Muoviti’
La puttanella mi ha guardato con gli occhi sbarrati e sembrava quasi che non sapesse nemmeno cosa volesse dire far un pompino, ma ha annuito con la testa.
‘Cosa stai aspettando?’ e via un altro ceffone sul culetto.
Mi ha slacciato i pantaloni e tirato fuori il cazzo, duro come il marmo, ed ha incominciato a baciarlo ed a leccarlo sulla punta della lingua.
‘Mi sa che non sai fare bene un pompino, anzi non l’avrai mai fatto e mi sa che ti inculo subito ed a freddo; proverai un bel dolore ”
Non se lo fece ripetere due volte. Ha imboccato il cazzo ed ha incominciato a succhiare ed a leccare in modo inesperto.
Ci ha messo molta foga e passione, ma non sapeva davvero da dove incominciare; mi è venuto il dubbio che fosse vergine anche di fica, ma poi mi sono ricordato che le dita entravano bene in quel lago.
Dopo alcuni minuti, la spingo via e Laura per la prima volta fa uscire una frase di senso compiuto: ‘Ti prego non mi penetrare subito, preparami, ho cercato di fare del mio meglio ma non sono molto ‘ esperta’.
Lascio passare una ventina di secondi durante i quali la guardo con durezza e lei si è messa quasi a piangere; era bellissima, in ginocchio, con un rivoletto che le colava giù per una coscia, la bocca aperta con un po’ di saliva sul viso, le mani lungo i fianchi ed un’espressione da cucciolo smarrito.
‘La tua inesperienza non mi interessa, ma per questa volta sarò magnanimo e ti consentirò di lubrificarti da sola il culo con la brodaglia che continua a produrre la tua lago-fica’.
L’ho presa per le natiche e l’ho posizionata di fronte a me per godermi lo spettacolo.
Si è aperta subito le chiappe ed ha incominciato ad infilare delicatamente un dito nel buchetto, dopo averlo inumidito di umori.
E’ andata avanti un pò; poi mi sono spazientito ‘Mi sa che ti stai masturbando invece di lubrificarti, basta così’.
Intanto mi ero del tutto spogliato, le ho ordinato di tenere le chiappe aperte ed ho puntato la cappella al buchetto.
Ho spinto ed il cazzo è entrato piano ma deciso e tutto fino in fondo.
Un sospirone ed un gridolino della cagna hanno accompagnato l’ingresso definitivo.
‘Ma guarda come entra bene, ma allora mi hai preso per il culo, non sei vergine. Ti faccio vedere io come si incula una cagna sfondata.’
‘Non ‘ è vero ‘ che ‘haaaaaa, piano piano ‘. per ‘ favore”
Ho incominciato a dare affondi secchi sulle chiappe sode della cagnetta, senza ritegno e senza prestare attenzione alle lamentele. Il mio cazzo entrava bene, anche se le pareti del culo erano strette e mi davano una fantastica sensazione.
Pompavo e sbattevo e l’avevo presa per i fianchi.
L’ho fatta girare a pancia in su e l’ho guardata in viso: ero rosso, i capelli scarmigliati e non parlava più. L’azzurro dei suoi occhi sembrava risplendere e quando ho puntato di nuovo il cazzo sul buchino, Laura ha aperto ancora di più le gambe e mi ha guardato dritto negli occhi.
Non era una ragazza di tante parole, ma lo sguardo implorava di spaccarla in due.
L’ho accontentata.
Me la sono inculata ancora per una buona mezz’ora e la cagna ha avuto tre orgasmi squassanti, ha colato i suoi umori dappertutto, la sua lago-fica era una macchina che ne produceva a dismisura.
Il mio cazzo reclamava di sborrare e dove potevo venire se non nella boccuccia della cagna?
Ho tolto il cazzo dal suo culo e l’ho portato vicino alla sua bocca; non se lo è fatto ripetere due volte, ha aperto la bocca e mi ha deliziato di un pompino vorace, sempre poco esperto, ma meglio di prima.
‘Apri la bocca e gustati il sapore di un vero cazzo’.
Ho eruttato una sequenza interminabile di schizzi che la cagna si è bevuta ingorda fino alla fine.
‘Ora esci di qui e tieniti sempre pronta, perché quando chiamo devi venire ad onorare il cazzo del tuo Padrone ed a subire tutto quello che mi passa per la testa’.
Questo fu l’inizio ‘

Se qualcuno vuole fare commenti, dare suggerimenti o solo contattarmi scriva a padronea@yahoo.it
Il giorno dopo la mattinata si rilevò intensa e piena di lavoro.
Non abbiamo avuto occasione di incontrarci.
Nel primo pomeriggio Laura mi è passata accanto ed ha incrociato il mio sguardo: un cerbiatto impaurito, quasi tremante, di una bellezza ancora più radiosa.
I suoi occhi, però, dicevano molto e lasciavano trasparire una parte del fuoco che le ardeva dentro.
Verso sera è venuta nella mia stanza e mi ha chiesto di parlare di una questione di lavoro.
‘Possiamo ‘ parlare più tardi ‘ quando sono usciti ‘ tutti?’
La guardo e penso ‘Ma allora a questa puttanella è piaciuto, mi sa che posso lasciarmi andare veramente con lei”.
Rispondo solo con ‘Sì’.
Dopo mezz’ora escono tutti dall’ufficio e dopo pochi minuti Laura va in bagno e poi viene nel mio ufficio.
‘Posso?’.
‘Siediti e dimmi cosa vuoi’.
‘Beh, ieri sera ‘ quello che abbiamo fatto ‘ mi è piaciuto. Possiamo farlo ancora?’
‘Ascoltami bene, non lo ripeterò. Ti considero in prova come schiava, ma ricordati che questo sei, non sei la mia amante, la mia fidanzata. Sei una schiava che posso usare e maltrattare come voglio.’
‘L’altra sera ti ho trattata troppo bene e da oggi inizierai il tuo vero addestramento come schiava’.
‘Va bene’.
‘No, non va bene, casomai va bene Padrone’.
”Va bene Padrone’.
‘Spogliati schiava e dammi le tue mutandine’.
‘Ancora non ti ho toccato e sono bagnate fradicie. Male non le riavrai indietro e andrai a casa senza’.
‘Ma come faccio a ‘
Non ha terminato la frase che le ho mollato un ceffone sul viso: non era troppo forte ma nemmeno leggero.
Non ho detto una parola, non serviva ricordare alla schiava che non poteva né doveva disubbidire o contestare il Master.
Lei lo ha capito ed è stata immobile in piedi di fronte a me.
La pelle della sua guancia colpita si è arrossata visibilmente e lei ha abbassato gli occhi per la vergogna.
Allora le ho preso il mento nella mano e l’ho guardata begli occhi.
‘Guardami e cerca di capire che quello che dico è un ordine e va eseguito e che non amo ripeterlo.
Te lo dico una volta per tutte: se disubbidirai ti punirò, se non sei di mio gradimento, ti caccio’.
‘No, non voglio essere cacciata, voglio essere la tua ‘ schiava’.
Detto da lei, che era di poche parole, valeva mille impegni.
‘Stenditi sul tappeto a pancia in su, metti le mani dietro la nuca ed allarga le gambe’.
Ha eseguito senza fiatare.
Dal mio cassetto ‘magico’ ho preso alcune mollette, quelle per i capelli, piccole e colorate con i dentini aguzzi ed un elastico di quelli verdi a banda larga, da ufficio.
Mi sono accovacciato davanti alla lago-fica ed ho dovuto asciugarla con due fazzoletti, tanto era bagnata.
Ho iniziato ad applicare due mollette alle grandi labbra.
‘Ah ‘ che male ”
Ne ho applicate altre due e di nuovo ho sentito gemiti ed urletti.
Indifferente ho preso tra il pollice e l’indice il clitoride e l’ho strizzato ritmicamente.
Lei ha iniziato e muovere il corpo divincolandosi, ma senza spostare il pube ed ha rilasciato ansiti e gemiti.
Ho infilato due dita nella lago-fica, che nel frattempo aveva prodotto quantità enormi di liquido, e le ho infilate a fondo, poi le ho tolte improvvisamente e poi rinfilate e così ritmicamente.
I gemiti si sono fatti più forti.
‘Non starai già per venire, schiava?’
‘Sì ‘ quasi’.
‘Non devi venire, ti devi trattenere e verrai quando te lo ordinerò io. Quando vieni devi guardarmi dritta negli occhi, senza mai chiuderli’.
Mentre parlavo ho infilato tre dita nella lago-fica ed ho iniziato ad andare avanti e indietro senza più toglierle.
Lei respirava a bocca aperta per catturare più ossigeno possibile e cercare di resistere.
Si vedeva che faceva fatica a non venire.
Ho sfilato le dita, manco a dirlo tutte lucide di umori, ed ho preso il clitoride, l’ho strofinato un po’ e la schiava si è mossa a scatti ‘Ti preeeego, cossssì ‘ non ‘re .. sis..tooo’.
Ho staccato le dita dal clitoride e ho capito che era sull’orlo dell’orgasmo.
Sarebbe bastato un’altra toccatina e sarebbe venuta.
Ho preso l’elastico verde, l’ho guardata negli occhi:’Ora ti colpirò con l’elastico e tu potrai venire come si addice ad una schiava’.
Lei ansimava e respirava a bocca aperta, il corpo teso e gli occhi sbarrati.
Ho preso la mira, tirato parecchio l’elastico e l’ho colpita sul clitoride.
Sciaf.
Laura mi guardava e per un secondo è rimasta immobile, paralizzata, poi ha lanciato un urlo che aveva poco di umano.
‘Ahhhhhhhhhhh, ”.sii’.. vengo ‘..evengooo …’.
Il corpo era squassato da convulsioni, come se fosse stato attaccato alla corrente elettrica e lei cercava di mantenere lo sguardo su di me, ma immancabilmente gli occhi roteavano e le palpebre si socchiudevano.
è andata avanti per almeno venti secondi, tanto che temevo le fosse preso un colpo epilettico.
Poi si è calmata, si è accarezzata e strizzata i seni e mi ha guardato. Si è inumidita le labbra ed ha deglutito un paio di volte.
‘Non ho mai fatto una cosa simile e non ho mai provato una casa così, grazie ”.
‘Sono sicuro che non sei mai stata la slave di nessuno, ma guarda che io non ti sottometto per il tuo piacere, ma per il mio. Non mi hai guardato costantemente e verrai punita. Mettiti a quattro zampe’.
Messa in posizione mi spoglio e rimango in boxer.
‘Ma qui è tutto bagnato, ti colano i liquidi dappertutto, sei una cagna in calore, una sbrodolona e gran puttana che viene con un elastico’.
Ho spalmato su tutto il culo e la schiena i liquidi colati sulle cosce, fica, culo.
‘Riceverai dieci colpi a mano aperta sul culo’.
Ho iniziato subito ed ho impresso una certa forza, non proprio il massimo, ma quasi; il culetto si è arrossato subito ed il lento abbattersi dei colpi risuonava nella stanza come una melodia.
Devo dire che si è presa i colpi senza fiatare e senza muoversi troppo, alla fine il culetto era rosso vivo e risaltava, quasi splendeva sulla carnagione chiara di Laura.
L’ho fatta girare e stare in ginocchio.
Il mio cassetto era ben fornito e ne ho estratto un piccolo plug rosso fuoco, con due palline una più piccola ed una più grande e la parte esterna curvata per seguire le rotondità del solco anale.
‘Indossalo schiava e tienilo tutta la notte, poi domani mattina vieni in ufficio presto alle 7,45, così mi dai il buongiorno e ti occupi del mio cazzo, che ora non hai il diritto di adorare’.
Mi sono gustato le sue operazioni di posizionamento del plug e le sue smorfie al momento dell’introduzione e poi me lo sono fatto mostrare.
‘Allarga quelle chiappe, schiava, fammelo vedere bene. Ti sta bene, si intona con il rosso del tuo culetto’.
‘Adesso vestiti ed esci, senza mutandine. Ricordati di domattina’.
L’ho ammirata uscire ancheggiando ma con un incedere un po’ incerto per via del plug e poi mi sono rivestito, andando al pensiero all’indomani.

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