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Racconti di Dominazione

La poltrona rossa

By 23 Marzo 2015Dicembre 16th, 2019No Comments

Immaginiamoci in una stanza, da soli, due adulti che vogliono ricavare piacere, prima cerebrale e poi fisico dallo stare insieme.

Sei vestita come piace a me: maglietta aderente con scollo e corta sulla pancia, gonna sotto al ginocchio che cinge i fianchi ma poi si svasa un po’ e rimane morbida con spacchi generosi, calze autoreggenti con la riga dietro che lasciano intravedere il bordo di pizzo, scarpe decollet&egrave nere con tacco spropositato che tu sai essere la mia passione. Sopra una giacca che cerca, a fatica, di nascondere le forme prosperose del seno.

Sei bella e conturbante come sempre e hai deciso di assecondare questo mio capriccio pronta a seguire ogni mio ordine. Sai che non vuol dire essere succube ma ti piace l’idea di seguire una guida verso il piacere. Il tuo profumo mi riempie e appena ci siamo visti mi hai messo la lingua in bocca sporcandomi le guance e le labbra di rossetto. Non sei molto truccata per il resto se si esclude la matita intorno agli occhi che li incornicia.

Il semplice vederti mi provoca una violenta erezione che traspare dai pantaloni e che tu con ansia cerchi di verificare abbassando la mano sul davanti. Mentre mi baci farfugli qualcosa che non colgo subito ma suona tipo: ‘Oggi voglio essere il tuo giocattolo, voglio essere la tua donna, quella che ti entra nella testa e che non smetti mai di pensare. Voglio essere la tua bellissima ossessione’.

In realtà lo sei già e non da oggi. Spesso mi capita di pensare alla tua faccia, a particolari del tuo corpo e di avere improvvisi orgasmi cerebrali al solo pensiero di essere in sintonia con te. Questo ruolo dominante non mi si addice per nulla sono in effetti asservito da te e dall’idea che tu lo sia a me. E’ un sottile gioco di ruoli dove &egrave arduo restare sopra. Nelle nostre menti ci rotoliamo di continuo ed io passo da sotto a sopra, dal ruolo passivo a quello attivo indifferentemente. Tu fai lo stesso. Il fatto di essere consapevoli di questo ci rende liberi e mai dominati in pieno. Abbiamo sempre una via di fuga ed un’occasione di riscatto.

Le regole di oggi le abbiamo stabilite da prima dell’incontro. Oggi si tratta di recitare le parti che ci siamo ritagliati, ma avendole stabilite di comune accordo nulla &egrave imposto e tutto condiviso.

Non so dove siamo, ma ci siamo e questo ci deve bastare. La finestra &egrave chiusa e le tende sono tirate tranne un piccolo spiraglio di luce solare che entra e illumina una poltrona rossa di pelle capitonné. Accanto una abat-jour a stelo alta sopra lo schienale &egrave spenta per il momento. Ti chiedo di accenderla e tu esegui. Ora un cono di luce artificiale illumina la base della lampada e la seduta della poltrona.

Sai quello che devi fare e lo farai, ma mi implori di darti ugualmente degli ordini per essere rassicurata e guidata. E io ti dico di metterti in ginocchio sulla poltrona, dandomi le spalle. Ancora sei vestita, ma questa posa particolare mette in risalto le tue rotondità posteriori e le esalta. La gonna ti fascia i fianchi e il sedere che viene in fuori nella terza dimensione che oggi sarà quella del piacere.

Io mi metto seduto sul letto in posizione eretta, tolgo la giacca e allento la cravatta, anzi la tolgo perché &egrave ridondante. Poi comincio a dare ordini precisi: ‘ Comincia ad alzarti la gonna, molto lentamente e fammi vedere prima le cosce e poi il sedere..’. Tu esegui e prima di farlo ti volti con aria di sfida per vedere le mie reazioni sul volto. Ti redarguisco e ti impedisco di voltarti, oggi voglio guardare io e vedere quanto godi nel mostrarti. Alzi la gonna muovendo prima un ginocchio e poi l’altro per farla uscire dall’incastro nel quale ti tirava da sotto. Il movimento &egrave sensuale e sinuoso, quasi studiato e mi costringe a tirarlo fuori dai pantaloni. Ora ho l’uccello sulla mano destra e comincio a massaggiarlo. Tu continui ad alzare la gonna e, una volta alzatala fino ai fianchi, cominci a massaggiarti il sedere.

Nuovo ordine: ‘Scostati le mutande e poi sfilale via. Tiramele voglio sentire il tuo odore’. Le scosti e mi fai vedere le grandi labbra che sono già un po’ dischiuse. Poi le abbassi e le sfili. Questo gesto ondeggiante destra-sinistra crea uno scatto nel mio uccello che adesso pulsa. Ma mi trattengo e smetto di massaggiarmi. Per tirarle verso di me ti volti, ma io ti rimprovero: ‘I patti erano che restavi voltata e non guardavi tu, oggi’. Remissiva ritorni a guardare il quadro nel muro accompagnando il gesto con un mugolio quasi animalesco. Io raccolgo le mutande da terra e le porto al naso. Sanno di te, sanno di femmina e sono già leggermente umide segno dell’eccitazione che tutta la scena ti sta procurando.

In silenzio, senza staccare lo sguardo dal tuo culo, mi avvicino alla mia borsa da viaggio e ne tiro fuori un oggetto del mistero. E’ un giocattolo a doppia punta vagamente fatto a U, con uno dei due trattini più piccolo e corto dell’altro. E’ nero, come le tue calze, non di smisurate dimensioni, ma utile al gioco di oggi.

Mi avvicino a te e te lo struscio sul sedere, dove finisce la schiena e iniziano le due rotondità. Poi lo scosto e ti ordino di chiudere gli occhi. A occhi chiusi ti avvicino il giocattolo alla bocca e ti ordino di dischiudere la bocca. Lo prendi in bocca resistendo all’idea di aprire gli occhi per vedere cosa stai inserendo tra le labbra. Lo bagni tutto e lo lecchi. Poi ricevi un ordine preciso: ‘Fagli un pompino ad occhi chiusi, ma uno di quelli che lo fai venire all’istante..’. Lo prendi tra le mani e lo studi ad occhi chiusi poi cominci un lento ma intenso movimenti su e giù con la testa. Io, intanto ti sono dietro e ti alzo la maglietta, slaccio il reggiseno e tiro fuori quei due fenomeni che ti ritrovi. Sono pesanti e sodi come non mai. I capezzoli, stimolati dalla situazione intrigante sono duri e prominenti. E io, non senza sforzo, mi abbasso con la bocca a baciarli e a mordicchiarli mentre tu pompi con la bocca il giocattolo.

Poi viene il momento dell’azione e ti ordino: ‘Ora prendi il giocattolino bello liscio e lucido e te lo metti, prima davanti e poi, con cautela, anche dietro. Ricordati di bagnarlo tanto di saliva sennò non scorre..’. Tu ti lamenti ed esclami: ‘Ma io voglio te dentro”. Aspetta &egrave solo una fase del gioco. Sempre da inginocchiata sulla poltrona fai un gesto veloce e sensuale: dai un ultima leccata con saliva colante sul gioco e te lo appoggi sulle labbra della fica. Con l’altra mano, in estrema oscenità, ti allarghi le labbra aiutandolo ad entrare. Io assito alla scena da dietro di te e il cazzo mi esplode. Ora ho ripreso a menarmelo dopo aver fatto scorrere la mia saliva sulla cappella per rendere più scivolosa la superficie. Insieme, quasi autonomamente, ma in realtà diretti da un sottile legame di ricerca del piacere, stiamo giocando con i nostri corpi. Tu non mi vedi e io assito da dietro a questo spettacolo. Cominci ad emettere muggiti e versi sempre crescenti perché l’oggetto ora entra bene e sa toccare le giuste corde del tuo violino. Allora saliamo di grado: sempre menandomelo lentamente ti aiuto ad appoggiare il secondo segmento, quello piccolo sul buchetto più stretto. Quello per me &egrave un totem, un’icona. Me ne hai sempre parlato e mai me lo hai concesso, quindi in un certo senso, anche se per il tramite di un oggetto &egrave la prima volta che ti vedo penetrata anche dietro.

All’inizio fai fatica ad inserirlo e allora intervengo io facendo cadere un largo filo di saliva dalla mia bocca al tuo culo. Lo spalmo bene e inserisco una e due dita preparando l’ingresso. Oscenamente accompagni i miei gesti, li assecondi e quasi mi inviti a fare presto perché vuoi essere riempita anche qui. Finalmente eccolo dentro, davanti e dietro. Ricominci e muoverlo con un bel ritmo avanti e indietro. Ora sei piena e muovi il polso della mano ritmicamente, ma insieme i fianchi per assecondare ed anticipare le penetrazioni che tu stessa ti dai. Io ho l’uccello che mi scoppia e devo fermare il gesto della mia mano, altrimenti schizzerei e anticiperei il momento del piacere. Ma il piacere &egrave ancora lontano per me e per te e allora decido per un diversivo. Mi concentro su di te e sulle tue tette. Ora sono al tuo fianco, ti cingo con le braccia e massaggio le tue tette sulle punte, soppesandone il movimento procurato dal tuo ondeggiare.

Senza dire niente ma continuando ad emettere gemiti sempre crescenti cerchi di voltarti di lato e di mangiarmelo. Io non te lo impedisco, ma ti ammonisco e dico: ‘Guarda che non voglio venire subito, voglio prima farti morire. Mi devi implorare di farti finire, poi verrò anche io’. ‘Si, ma sbrigati perché mi sto sciogliendo, mi sento tutta piena e in fiamme’.

Allora ti aiuto con la mano e lascio le tette. Comincio ad accompagnare il tuo movimento e con una mano sul tuo polso accelero il ritmo. A questo punto cominci a mostrare i primi veri segni di cedimento: gli occhi, ancora chiusi si contraggono quasi in uno sforzo più grande di te. Io continuo a pomparti muovendoti il polso ed accelerando. Sento che il tuo braccio perde forza e che preferisci sia io a condurre il ritmo incalzante, per meglio concentrarti sul piacere che monta. A quel punto tra un gemito ed un altro, con voce tremante emetti come in un sibilo queste poche parole: ‘Bastardo, mi fai venire e non mi scopi nemmeno’.mi sto svuotando per te e nemmeno me lo hai dato’ sei troppo stronzo!’

Io continuo e quando sento che stai per venire, non mi importa se di fica o dietro, ma ti sento scioglierti, stacco la mano e levo il giochetto da dentro di te. Si sente uno suono anomalo tipo sguish ed un risucchio, segno della estrema lubrificazione raggiunta e dell’elasticità delle tue pareti che hanno aderito perfettamente al doppio oggetto. Tu accompagni il tutto con un : ‘No, stronzo, questo non me lo dovevi fare, almeno fammi finire con questo coso, sto morendo, non ce la faccio più’. Io in silenzio mi sposto e comincio a baciarti le mele e l’interno delle cosce, massaggiando ogni centimetro e cospargendole di lingua e di saliva. Poi con la lingua introduco la punta dentro la fica e quasi ti scopo come un serpente. Queste attenzioni acquietano per un po’ il tuo risentimento, ma ricominci a gemere e mi chiedi di finirti perché stai impazzendo. Sempre in silenzio prendo l’uccello che &egrave sempre rimasto di pietra e cerco di introdurlo dentro la tua fica. Sono accolto da un ambiente umido e caldissimo, piacevole e da un gemito di soddisfazione. ‘Dio, si ‘ esclami ‘ fammi finire ti prego non ce la faccio più’. Io comincio a muovermi lentamente cingendoti i fianchi e spingendo a ritmo crescente l’uccello dentro di te. Sento che premi contro di me e che il tuo culo sbatte contro il mio inguine. Cominci a lamentarti ma &egrave un lamento cui non do ascolto consapevole che solo continuando a scoparti a buon ritmo potrò farlo cessare. Mentre il tuo sedere ondeggia decido che devo prenderti e abbracciarti tutta e mi chino per avere in mano i tuoi seni. Ora ne controllo le oscillazioni e li contengo nei palmi.

Alla fine sento che per prima tu, già ben calda, cedi per prima e cominci a godere. E’ un movimento a scatti che toglie il fiato a te per prima ma anche a me che sono quasi risucchiato dagli spasmi e dalle contrazioni della tua fica. Sento il mio uccello avvolto dalle pareti della fica come se fosse massaggiato e percepisco di non poter durare ancora a lungo.
A quel punto lo sfilo fuori e faccio per dare gli ultimi movimenti di mano, ma tu, pur voltata, lo afferri da dietro e cominci a muovere il pugno a scatti quasi a provarne la resistenza. Quando senti che vengo e che ti schizzo la schiena emetti un ‘Siiiii’ che &egrave di soddisfazione per il risultato raggiunto. Ora anche tu vedi che ho ceduto e che il frutto del cedimento &egrave li ad impiastricciare il tuo fondo schiena. Lentamente te lo spalmi con i polpastrelli e poi, senza dire niente, mi prendi per un braccio e mi porti vicino alle tue labbra per baciarmi. E’ un bacio lungo e violento, dove il tuo sapore che ancora ho in bocca fa da contorno, piacevole e profumato. Un profumo di donna che da e riceve piacere.

Mentre mi baci trovi il tempo e la lucidità di staccarti e di dirmi: ‘Ti adoro, spero che questo gioco non finisca mai, voglio essere la prima cosa cui pensi quando ti svegli e l’ultima che sta nei tuoi pensieri quando vai a dormire. Voglio che tu sia mio oltre a quando siamo insieme e nonostante non stiamo insieme. Sono tua’. Io posso solo sorridere ormai abbandonata la maschera del burbero e dire con occhi languidi: ‘No, io sono tuo, strega buona’.

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