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Racconti di Dominazione

La Professoressa – Cap1 – La richiesta

By 19 Giugno 2015Dicembre 16th, 2019No Comments

‘Mi dica professoressa, cosa la ha portata da me?’
‘Voglio diventare una schiava’
Nicola la da una schiaffo, facendole girare la testa dall’altro lato
‘Questa &egrave la risposta più stupida che io abbia mai sentito’
Nicola e la professoressa Alessia Rossi si trovano nel sua villa, nelle campagne di un antico borgo medievale.
E’ difficile dire quale sia la professione di Nick, diciamo che addestra le schiave.
‘Sai quante donne sono venute da me facendomi la stessa richiesta? Speravano che essere schiave volesse dire fare tanto sesso e ricevere un pizzicotto sul culo ogni tanto. Quando capivano di cosa si trattava scappavano a gambe levate. Te lo chiedo di nuovo. Perché vuoi diventare una schiava?’ le chiede fissandola negli occhi
‘Da ragazza c’era un gruppo di bulli a scuola che ogni giorno mi violentava. Violentavano me ed altre ragazze.
Ero piena di vergogna, di umiliazione, di dolore, di paura, di rabbia.
E di gioia. Ero felicissima. Io adoravo essere violentata. Essere costretta con la forza a fare cose che trovavo repellenti.
Un giorno la madre di una delle altre ragazze scoprì la cosa e loro vennero arrestati. Adesso sono in galera. Da quel giorno non sono stata più felice.’
‘E da allora non hai più fatto sesso?’ chiede lui
‘No, l’ho fatto. Ma il sesso &egrave una cosa, lo stupro un’altra. Non voglio essere consenziente. Non voglio fare cose che mi piacciano.’
‘Capisco perfettamente. Hai altri vestiti con te oltre a quelli che indossi?’
‘No, solo questi’
‘Ottimo, togliti i vestiti e mettili nel camino. Anche la biancheria. Dopodiché accendi il camino’
Nicola esce dalla stanza sbattendo violentemente la porta.
Alessia &egrave preoccupata. Se brucia vestiti e biancheria come tornerà a casa? E’ venuta all’appuntamento in treno, come farà a tornare a casa?
Ma d’altronde, &egrave ciò che lei vuole.
Con fatica accende il camino, la legna &egrave umida ma dopo un po’ riesce a far ardere la fiamma. Uno alla volta getta tutto ciò che indossa.
Fa molto freddo, e la fiamma appena accesa non basta a riscaldarla.
Nicola torna nella stanza.
‘Il tuo look non va bene. Vedi, nella vita, o ci si veste da schiava o da professoressa casta e pura. Per questo ti ho fatto brucare i vestiti. Per quelli che hai a casa non temere, non serve che li bruci tutti, mi basta che stasera al rientro li getti tutti nella spazzatura. Domani mattina, arriverà un corriere che ti porterà i soli vestiti che potrai indossare. Non ci sarà biancheria però. Sono sicuro che per te non sarà un problema’
‘Nessun problema, padrone’ dice Alessia spaventata.
Non osa nemmeno immaginare che genere di vestiti dovrà indossare.
E cosa indosserà quando avrà il ciclo? Nemmeno in quel caso potrà portare delle mutande?
‘L’altro problema del tuo look &egrave la tua fica pelosa. Mi disgusta’
Nel dire questo Nicola da uno strano guanto ad Alessia
‘E’ un guanto da saldatore. Con questo non ti ustionerai. Non ti ustionerai le mani. Afferra una brace rovente e usala per bruciarti i peli della fica’
Alessia &egrave terrorizzata. Infila la mano nel guanto ma non ha il coraggio di afferrare un pezzo di brace rosso e incandescente.
Nicola la vede esitare. ‘Questo ti aiuterà’ le dice mentre le tira un pugno sul volto. ‘Fallo o o te lo faccio prendere a mani nude’
Alessia afferra la brace, la avvicina al suo corpo. Sente l’immenso calore sprigionato, inala a pieni polmoni per prendersi coraggio e con la brace tocca un suo pelo pubico. Questo prende immediatamente fuoco e in un attimo si carbonizza. Il calore però arriva fino alla pelle
‘Da brava Alessia, più in fretta’ sussurra Nicola con una voce malefica.
Alessia con l’ultimo briciolo di coraggio strofina la brace su tutti i peli del monte di venere.
Mentre lo fa piange. E geme. Mugugna cose incomprensibili. Muore dal dolore. Ed &egrave felice.
‘Brava Alessia. Per adesso non ti spacco la faccia. Adesso però anche quelli sulle labbra della fica’
Alessia porta la brace anche lì. Ma &egrave diverso. La pelle delle labbra &egrave incredibilmente più sensibile. Quando i peli bruciano l’ustione arriva anche lì. Inizia a saltare dal dolore sperando di lenirlo.
‘Non sei un cagnolino. Smettila di saltellare’
E lei smette. Sente la sua vulva in fiamme. Ma le &egrave stato ordinato di smettere.
‘In un paio di punti ci sono ancora i peli’
Alessia controlla dove ci sono ancora. Adesso la cosa &egrave più difficile perché sono rimasti pochi peli corti. Impossibile bruciarli senza far toccare la pelle alla brace.
Avvina la brace. Chiude gli occhi. E li brucia. Quando li riapre la sua vulva &egrave rossa. Ma &egrave perfettamente depilata.
‘Benissimo, puoi rimettere la brace nel camino. Dimmi, la tua vulva &egrave dolorante?’
‘Moltissimo’
‘Ottimo. Ho quello che ci vuole. Sdraiati e allarga bene le gambe’
Alessia esegue l’ordine.
Nicola afferra una frusta, come quella usata dai domatori di leoni.
‘Non osare chiuderle. Conta le frustate’
Nicola colpisce con estrema cattiveria e precisione la vagina aperta di Alessia, colpendola proprio sulle labbra, nel punto dove sono più ustionate.
‘Uno’ urla Alessia. Il dolore provocato da una frustata &egrave indicibile. E’ come se la carne venisse strappata via alla velocità del suono.
Alessia non sa nemmeno quante frustate dovrà sopportare.
Il secondo colpo parte senza concederle un attimo di riposo.
‘Due’ dice con un filo di voce.
Le lacrime scorrono fluenti.
Sono una puttana. Sono una stupida. Perché mi faccio fare queste cose?
Il terzo colpo le colpisce il clitoride. La parte più sensibile che una donna abbia.
Alessia d’istinto chiude le gambe.
‘Ti avevo detto di non chiuderle’. L’affermazione &egrave secca e disumana.
Alessia le riapre.
Nicola inizia a darle una serie di velocissime frustate tali che Alessia fatica a portare il conto.
Arrivati a 50 Nicola smette.
‘Volevo dartene solo 20. Ma hai disobbedito. E ho dovuto dartene 50. Lo capisci questo troia?’
‘Sì mio padrone’
Lui non le ha mai detto di chiamarlo così. Eppure a lei viene spontaneo.
‘Mettiti questo’
Le da una cintura a cui sono attaccati due vibratori. Sono lunghi 15 centimetri e larghi 3. Uno &egrave per la sua vagina, l’altro per il suo ano.
‘Sei bagnata?’
‘No’
‘Meglio. Non devi mai esserlo. Se scopro che la tua fica si bagna mentre la torturo il gioco &egrave finito. Forza infilalo’
Alessia infila il primo nella vagina, con estrema difficoltà essendo completamente asciutta oltre che indolenzita.
Poi passa il secondo. Lo punta contro lo sfintere. Spinge. Ma non entra.
‘Posso lubrificarlo con la saliva?’
‘Assolutamente no. La prossima volta che mi fai una domanda così stupida ti infilo la testa nel camino’
Continua a spingere con insistenza. Fa male ma non entra.
Il suo ano &egrave vergine, stranamente nemmeno i suoi stupratori lo hanno mai usato. Ne a lei &egrave mai passato per la testa di infilarci alcunché.
‘Tienilo fermo per terra e saltaci sopra. Vedrai che il tuo peso farà il resto’.
Alessia tiene fermo il secondo vibratore con una mano. Ci si accuccia sopra. Si lascia cadere.
Il suo sfintere non riesce più a resistere e si apre a quel fallo artificiale. E’ un attimo. E poi &egrave tutto dentro. E fa male. Fa malissimo.
Alessia avverte le pareti del suo ano allargarsi di colpo. Adesso che anche il suo ano &egrave stato violato si sente priva di ogni forma di libertà o di amore per se stessa. Si sente un oggetto. Un oggetto da stuprare e torturare.
Nicola con un lucchetto le chiude la cintura.
Adesso Alessia non può più toglierli.
Dopodiché preme un tasto su di un telecomando.
‘I due vibratori sono collegati ad un circuito elettrico. Se provi a manometterli ti daranno una scarica da 10.000 volts. Ci sono stati studi sugli effetti di tale scarica su varie parti del corpo umano. Ma mai di una scarica da una fica a un buco del culo. Pensa, saresti una pioniera. Con questo telecomando posso accendere e spegnere i vibratori a qualunque distanza. Più altre cose che scoprirai. Hai domande?’
‘Ehm, come faccio la cacca?’
‘Beh, non lo so. Puoi provare a spingere la cacca e vedere se esce creandosi un’apertura tra il vibratore e lo sfintere. Onestamente non me ne frega un cazzo. Adesso vai’
‘Dove?’
‘Vai a casa! Riprendo il tuo treno e vattene. Ce l’hai il biglietto del ritorno?’
‘Sì’
‘Buttalo nel camino. Se beccherai il controllore sarà affar tuo.’
Nicola afferra Alessia per un braccio e la sbatte fuori di casa facendola cadere sul freddo selciato.
Alessia &egrave nuda, con 2 vibratori dentro di sé. La stazione dista 2 chilometri. Se qualcuno la vedesse cose potrebbe dire?
Per strada non incontra nessuno. Arrivata alla stazione sembra che non ci sia nessuno. Va a leggere gli orari dei treni. Il prossimo arriverà tra soli 10 minuti.
E’ fortunata. O forse no.
‘Prof!’
Giovanni, il peggior alunno della sua classe, mai aperto libro in 3 anni. Tocca il sedere alle sue compagne ad ogni ricreazione. Picchia i compagni più indifesi.
Un bullo, porco e buono a nulla. Con il cellulare in mano. Che le sta facendo un video.
Ed &egrave lì che la fissa.
‘Prof, che ci fa qui tutta nuda?’
‘Non dovresti essere a casa a studiare per il compito di domani?’
Continua a filmare.
‘Io dico che io consegno in bianco. E lei domani mi mette 10. Oppure questo video fa il giro di Internet.’
Di nuovo nelle mani di un bullo. Di nuovo costretta a subire senza potersi opporre.
Un uomo arriva alla stazione. E’ il professor Luca Rossi. Non sono parenti, lo stesso cognome &egrave solo un caso.
E nudo come un verme, con delle ustioni su tutto lo scroto. Ha un vibratore nell’ano, e il pene in una cintura di castità.
‘Questo &egrave il più grande scoop della mia vita!’ esclama Giovanni il bullo ‘I due Rossi nudi e con ben 3 vibratori!’
Che ci faceva Luca qui? Possibile che anche lui fosse nella casa del padrone? Possibile che mi abbia fatto fare le stesse cose che faceva lui? Forse era per quello che si assentava. E adesso che faccio?
‘Prof, si ricorda il 2 che mi ha messo Mercoledì? Io direi che adesso &egrave un 10. Cazzo che giornata, ho rimediato due 10 in 5 minuti’
Il treno arriva. I due professori salgono. Non si dicono una parola. Il bullo, se ne va.
Si siedono nello stesso scomparto.
‘Se ti imbarazza la mia presenza, me ne vado’ chiede Luca
‘No, no Luca, rimani. Ho paura da sola’
I due non trovano nemmeno il coraggio di guardarsi negli occhi quando parlano ma fissano fuori al finestrino.
Quando il controllore arriva non crede ai suoi occhi.
‘Biglie…’ prova a dire
‘Non ce l’ho’ dicono i due.
‘Bene, vorrà dire che dovrò chiamare la Polizia Ferroviaria, farvi portare in Questura, poi spiegherete a loro che ci fate nudi nel mio treno con quei cosi attaccati ai genitali’
‘No, la prego. Vede, io e la mia collega sia due stimati professori e..’
‘Pure! Permettono di insegnare ai ragazzi a due pervertiti come voi. In galera dovete andare’
‘La prego’ singhiozza Alessia ‘non chiami la Polizia. Faremo tutto ciò che vuole’
‘Allora succhiamelo’
Il controllore si cala pantaloni e mutande. E’ brutto, &egrave sporco, &egrave grasso. Puzza di sigarette. Il suo pene puzza di piscio.
Ha un pene piccolo e moscio. Disgustoso a guardarlo.
‘Hai un preservativo?’
‘No troia. Succhialo e basta’
E se avesse qualche malattia venerea? Se avesse l’AIDS? Alessia può solo sperare che non sia così.
Si inginocchia. Chiude gli occhi. E inizia a ciucciare. Il sapore &egrave orrendo più dell’odore. Le viene da vomitare.
Di nuovo nelle mani di un bullo. Gli stupratori a scuola. Il suo padrone oggi. Poi il suo alunno. Infine il controllore.
Se esiste un libero arbitrio, lei ne &egrave sprovvista.
‘Ah, un’altra cosa. Afferra i coglioni del tuo amico e schiacciali’
Luca si ritrae istintivamente.
‘Se non te li fai schiacciare dalla tua amichetta troia vi denuncio tutti e due’.
Mentre con una mano tiene il pene del controllore con l’altro afferra lo scroto del suo collega.
‘Scusa’ dice con un filo di voce mentre ancora succhia. Dopodiché chiude il pugno con tutta la sua forza.
Luca sviene sul colpo. Quando rinviene sono arrivati alla loro stazione. Il controllore non c’&egrave ma Alessia ha la facci ricoperta del suo sperma.
‘Ha detto che non mi devo pulire. Tu come stai?’ chiede lei
‘Adesso meglio’
I due escono dal treno, si separano e ognuno corre a casa propria.

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