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Racconti di Dominazione

La ragazza della porta a fianco

By 21 Gennaio 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

Ciao, io sono the girl next door, cioè, se non sapete l’inglese, la ragazza della porta a fianco, almeno mi chiama così, Antonio, mio marito.
Per ragazza della porta accanto intendo che sono una giovane donna assolutamente normale, carina ma non strafica, ho 30 anni un fisico normale, con il seno leggermente grande, che non guasta, altezza media, diciamo sull’1,65, peso sui 55 kg, ma che sto scrivendo? è stupido descriversi in questa maniera, ma volevo farvi capire la mia normalità.
Ho gli occhi scuri ed i capelli neri, che tradiscono la mia origine: sono siciliana, cresciuta in una delle tante famiglie del sud, costrette a venire al nord in cerca di lavoro.
Antonio no, invece. Lui è un nordico autoctono e qualche volta mi sfotte per la mia riservatezza e timidezza.
‘Voi siciliani rimanete sempre un po’ arabi e le donne camminano tre passi indietro all’uomo.’
Beh, non è vero, però ho avuto un’educazione molto rigida che mi ha portato a reprimere la mia sessualità, almeno in parte.
Antonio è stato il mio primo uomo, ci siamo sposati che ero molto giovane e posso dire che per ora è stato anche l’unico.
Oh, mamma mia! Daniela, ma che dici?
No, non riuscirei neanche ad immaginare di avere rapporti con un altro uomo, almeno la pensavo così.
Un’ultima cosa su di me: pare che io abbia un gran bel didietro.
Antonio va pazzo per il mio culetto. Prima di conoscere lui non avevo mai valutato la faccenda, forse a causa della mia educazione tradizionale, ma ora, quando cammino in strada, interpreto in maniera diversa gli sguardi degli uomini che mi incrociano.
L’apprezzamento di mio marito, comporta però un problema: quando siamo a letto vorrebbe sempre ‘ ficcarmelo lì.
A me non piace troppo, perché mi è sempre sembrata una cosa sporca, contro natura, ricordo che una mia compagna delle superiori lo praticava in maniera massiccia, poi, quando il prete, durante la confessione, la rimproverò aspramente, lei risolse non andando più in chiesa.
Ma questo non c’entra con la mia storia. Insomma a me, prenderlo di dietro non piace particolarmente, perché mi fa sentire una peccatrice, e poi mi fa un po’ male, anche se devo dire che ultimamente la situazione è migliorata.
Però ad Antonio piace tanto e così, ogni tanto, sono costretta ad accontentarlo. Ogni volta che facciamo l’amore, lui comincia a carezzarmi il culetto, ‘dai, Daniela, fattelo ficcare dietro, faccio piano piano, te lo prometto’. In genere dico di no, ma ogni tanto, magari quando ho le mestruazioni, sono costretta ad accontentarlo.
Ma veniamo al motivo per cui ho deciso di scrivere la mia storia.
Finora Antonio ha portato i soldi a casa, ha un buon lavoro, ed io mi sono occupata della casa e dei bambini. Sì, abbiamo due splendidi bambini che ora hanno 8 e 5 anni.
Proprio perché ormai sono cresciuti e vanno a scuola, ho pensato di mettermi a lavorare, niente di speciale, un lavoretto part time, che mi impegni solo le mattine, per contribuire al bilancio familiare, visto che la crisi si fa sentire.
‘Ma no, Daniela, non serve, è meglio che ti occupi della casa e dei bambini …’
Eccolo lì, e meno male che io sono la donna del sud, arretrata. Ma come, dovresti essere contento se mi do da fare?
Abbiamo discusso tutto il giorno e sono riuscita a convincerlo solo la sera, quando eravamo già a letto. Mi è bastato sventolargli davanti al naso le mie chiappe nude per farlo capitolare. Naturalmente ho fatto un po’ di manfrina, ‘No dai, questa sera no, lo sai che mi fa male …’, però sono rimasta lì, con il culetto scoperto davanti a lui, finché Antonio non mi ha afferrata per i fianchi.
‘Piano, però, fai piano’.
E’ stato di parola, devo dire. Poi, dopo ho ripreso il discorso lavoro e lui è capitolato: da domani metto in giro la voce per vedere cosa riesco a trovare.
Allora, cosa può trovare una donna trentenne, con un diploma e nessuna esperienza di lavoro, tranne qualche lavoretto saltuario, fatto una decina di anni prima?
Certo non è facile. Vediamo.
Commessa: in genere i negozi lavorano più il pomeriggio che la mattina, ma io devo occuparmi dei miei due bambini.
Baby sitter: stesso discorso per gli orari, e poi vorrei qualcosa di diverso, faccio già abbastanza la mamma.
Impiegata: non ho alcuna esperienza di lavoro d’ufficio e batto sulla tastiera del computer con un dito solo, scartato.
Pulizie: no, per carità, ne ho abbastanza già di quelle di casa mia, e poi mi sembra umiliante.
Mentre sto ad arrovellarmi, Gemma, una mia amica mi telefona.
‘Guarda Daniela, che c’è un bar vicino casa mia che cerca una ragazza per mezza giornata.’
Non mi ci vedo troppo dietro un bancone a fare caffè, oppure ad aggirarmi tra i tavoli con un vassoio in mano, con i clienti che magari mi toccano il culo mentre passo.
Ma perché mai dovrebbero toccarti il culo, Daniela? Non riuscirai mai a liberarti da certe fissazioni di donna del sud?

Il bar Nino è un locale piccolo, distante pochi isolati da casa mia e dalla scuola dei bambini, quindi anche comodo per gli spostamenti. Si chiama così dal nome del proprietario, un tipo alto e pelato, sulla sessantina.
Il signor Antonino, che ho contattato per telefono, mi accoglie nel retrobottega del locale, dove ha un piccolo ufficio.
Di primo acchitto non mi fa una bella impressione: la sua faccia non mi ispira fiducia, mi sembra che sbirci con troppa insistenza nella scollatura della mia camicetta e poi non mi piace il suo accento.
Il signor Antonino è calabrese e quelle T, pronunciate con la lingua tra i denti mi hanno sempre dato fastidio, e poi non mi fido degli uomini calabresi, non c’è niente da fare.
Però, siccome sono molti giorni che cerco un lavoro e quella è l’unica proposta ricevuta finora, ascolto bene le sue parole.
Orario dalle 8,30 alle 14,00 dal lunedì al venerdì. 200 ‘ a settimana, assolutamente in nero. Compiti, dietro al bancone e all’occorrenza servizio ai (pochi) tavoli. Dalle 12 alle 13 mi devo occupare anche della cassa, perché in quell’ora il signor Antonino è impegnato a cucinare, infatti, nella piccola saletta interna, all’ora di pranzo, alcune persone che lavorano lì vicino, si fermano a mangiare.
Non mi sembra difficile, gli orari sono perfetti per me, il posto è comodo da raggiungere, quindi accetto la proposta.

Mio marito non è rimasto contento. Non gli piace troppo il lavoro e mi dice che io non sono un tipo da bar.
Ma che significa? Adesso mi fa proprio arrabbiare. Si capisce che sperava che non trovassi niente ed ora fa mille obiezioni pretestuose.
Il bar è nel quartiere dove abitiamo. Se entra qualcuno che ti conosce?
Non capisco, non c’è niente di disdicevole a lavorare in un bar.
La discussione prosegue a letto, con lui che mi raccomanda di vestirmi in maniera adeguata.
Insomma mi sta mettendo i bastoni tra le ruote e forse è pure geloso che io mi possa mostrare in giro.
Ci addormentiamo quasi senza darci la buonanotte ed il mio ultimo pensiero va a cosa mettere per il primo giorno di lavoro. Mi sono alzata molto presto per truccarmi a dovere.
Io sono il tipo di donna acqua e sapone, nel senso che non amo il trucco vistoso, ma non sono mai uscita di casa senza un trucco leggero, di quelli si notano appena, ma il loro effetto lo ottengono.
Mio marito è ancora arrabbiato con me ed aspetto che lui esca di casa per vestirmi, in modo che non ricominci con le storie di ieri sera.
Si occuperà lui di portare i bambini a scuola, così mi resta soltanto da finirmi di preparare e raggiungere il bar Nino.
Mi guardo allo specchio prima di uscire: il vestito beige, di maglia, fascia il mio corpo, facendo risaltare i seni. Abbastanza corto ma non troppo, direi. Segue bene la curvatura dei fianchi mettendo leggermente in mostra il mio culetto.
Calze scure velate ed un paio di stivali marrone.
Dai Daniela, sei perfetta, ora devi solo uscire di casa alla svelta, altrimenti farai tardi al tuo primo giorno di lavoro.
Per strada cammino veloce ed il ticchettio dei tacchi degli stivali mi da allegria e vigore, mentre cammino sciolta ed il bracciale, che sembra quasi un serpente arrotolato sul mio polso, si muove al ritmo del mio passo.
Il signor Antonino è stato abbastanza gentile e paziente con me. Mi ha seguito passo passo, spiegandomi l’uso della macchina per il caffè, del tostapane e dello spremiagrumi elettrico. L’ultima lezione è stata sulla lavastoviglie.
Non è successo nulla di spiacevole e forse comincio a ricredermi riguardo alle mie diffidenze nei confronti degli maschi calabresi.
Certo, ho avuto l’impressione che lui stesse sempre un palmo troppo vicino a me, ma al massimo mi ha sfiorata.
Però i suoi occhi addosso me li sono sentiti spesso. è come una specie di sesto senso, che molte donne hanno e sono sicura di questa spiacevole sensazione.
Dai Daniela, sei una trentenne carina e piacevole, non è mica così grave che un uomo ti guardi, no?
Il momento più difficile è stato quando sono rimasta sola, mentre lui preparava il pranzo per i clienti abituali dell’una.
‘Mi raccomando, attenta con i soldi. Tieni sempre in evidenza la banconota che ti da il cliente, ricontrolla il resto da dargli e, solo allora, metti la banconota nel cassetto. C’è un mucchio di gente che ci prova, prima ti paga con 10 ‘ e poi dice di avertene dati 50.’
Insomma, il primo giorno è filato liscio e, alle 14,05 sono uscita dal bar, dopo aver caricato la lavastoviglie con gli ultimi piatti.
Unico inconveniente lo smalto per le unghie, che non ha gradito i molti passaggi nel lavello del bancone, ed è saltato in diversi punti.
Sono stanca, per la mattinata trascorsa in piedi ma anche soddisfatta per il mio nuovo lavoro.

Per il secondo giorno ho fatto qualche piccolo cambiamento. Innanzitutto ho portato con me una fascia bianca per tenere i capelli indietro perché il signor Antonino mi ha fatto notare che qualche capello potrebbe finire nella tazzina o nel bicchiere di un cliente. Ho rimpiazzato lo smalto rosso con uno trasparente, in modo che se si scortica si nota di meno.
Infine, ho sostituito gli stivali con un paio di scarpe basse, più comode.
La settimana fila via liscia, dopo due o tre giorni mi sembra di aver fatto quel lavoro da sempre: mi muovo agilmente tra macchina del caffè, bancone ed attrezzature varie del bar ed il signor Antonino si limita a rimanere seduto alla cassa.
Si alza sono se nel bar ci sono parecchi avventori, allora viene a darmi una mano.
In questi casi, siccome dietro al bancone c’è poco spazio, capita che ci urtiamo ed ho l’impressione che, a volte, lui potrebbe scansarsi ma non lo faccia a sufficienza.
Dai Daniela, è colpa di questa tua diffidenza nei confronti dei calabresi. Certo non è particolarmente simpatico, ma mica ci devi andare a cena insieme.

Il problema si presenta l’ultimo giorno della settimana, il venerdì.
Alle 14 in punto il signor Antonino chiude la porta e gira il cartellino con scritto chiuso.
Tutti i giorni chiude un’ora per risistemare il locale dopo il pranzo.
Io sto finendo di mettere i piatti in lavastoviglie mentre lui ricontrollo i conti nel retrobottega.
‘Danielaaa! Vieni qua.’
Il tono della voce non promette nulla di buono e mi affretto a raggiungerlo.
Indosso un ampio grembiule per evitare di bagnare i vestiti e, nella fretta di andare da lui, ho dimenticato di toglierlo.
Mi fa cenno di venire vicino a lui. Allora mi tolgo il grembiule e giro intorno alla scrivania.
‘Cos’è questo?’
E’ seduto davanti al suo computer. Ha scostato la tastiera ed al suo posto ha sistemato il cassetto della cassa.
‘Cos’è questoooo?’, ripete a voce più alta. Anche se non sta parlando in dialetto, mi sembra che la sua T calabrese, si senta molto molto di più del solito.
Io lo guardo stupita per l’ovvietà della domanda ed indicando il pezzo di carta che lui continua a sventolarmi in faccia, rispondo.
‘Una banconota, cento euro.’
‘Noooo ! Tocca, tocca bene’, mi dice mentre la stropiccia con le dita e me la porge.
Io ripeto il suo gesto e comincio a capire: la carta, la consistenza, c’è qualcosa che non va.
‘Questi sono cento euro’, mi grida tirando fuori dal portafogli una banconota apparentemente identica.
Il test al tatto ed anche la semplice osservazione, mi danno la certezza del mio errore: mi sono fatta rifilare 100 ‘ falsi. Ricordo anche chi me li ha dati, un signore anziano, elegante e distinto, molto distinto.
Il signor Antonino, infuriato, è passato al dialetto e non riesco a capire una parola di quello che dice. Così, un po’ a naso, intuisco che ce l’ha con tutte le donne del mondo, buone solo a cucinare ed a lavare i piatti, ma è la sua conclusione, questa volta in italiano, che mi getta nello sconforto.
‘Cazzi tuoi. Vorrà dire che hai lavorato una settimana per cento euro.’
No, non mi può fare questo. Già mio marito era contrario al lavoro al bar, ora se gli racconto questa disavventura, mi costringerà a rinunciare.
‘Per favore, me li scali un po’ per volta, ho appena iniziato a lavorare, la prego.’
‘Vediamo’, mi fa lui in tono un po’ più conciliante, poi succede quello che non mi sarei aspettata.
Mi mette le mani sulle spalle e mi costringe ad abbassarmi, praticamente mi ritrovo seduta sulle sua ginocchia.
‘Ma ‘ cosa …’
Le sue manone scendono più in basso e mi stringono i seni. Sono come impietrita, paralizzata, mentre lui mi palpeggia tranquillamente, insensibile alle mie deboli proteste.
Comincio a gridare solo quando inizia a sbottonarmi la camicetta, ma la mia reazione è solo vocale, perché le mani restano immobili mentre lui mi spoglia.
La camicetta, completamente sbottonata, scende lungo la schiena e le braccia, bloccandosi all’altezza dei gomiti, subito dopo le spalline del reggiseno seguono la stessa strada.
Sono letteralmente senza fiato, vedo come in un film al rallentatore, le mani del signor Antonino infilarsi dentro le coppe e poi spingere verso l’alto, facendo uscire completamente i miei seni.
Sono minuti interminabili, in cui lui, ansimandomi nelle orecchie, mi carezza, divertendosi ogni tanto a strizzarmi i capezzoli.
Un misto di paura, vergogna ma anche, lo devo ammettere, eccitazione, si è impadronito di me.
Reagisco solo quando sento che a smesso di toccarmi i seni e le sue mani si infilano sotto la gonna jeans che ho messo pulita questa mattina.
Mi precipito fuori del suo ufficio cercando di rimettermi a posto la camicetta sbottonata ma lui, per fortuna, non mi segue.
Solo mentre sto armeggiando con il catenaccio della porta del bar, sento la sua voce.
‘Ehi, aspetta. I soldi. Hai dimenticato i soldi.’
Mi mette in mano 200 ‘.
‘Sono duecento, per ora.’
Un attimo dopo sono in strada, con la testa in subbuglio ed il reggiseno messo male che mi sembra quasi voglia segarmi in due le tette. Sono stata a lungo indecisa se andare o meno al lavoro il lunedì successivo. Non gli devo nulla: ho lavorato una settimana e sono stata pagata. Se, dopo quello che è successo non mi ripresento, non può dirmi niente.
Invece ci sono andata, mi sono rimessa lo stesso vestito del primo giorno, ed anche gli stivali. Quando mio marito mi ha dato un bacio prima di andare al lavoro, mi sono sentita sporca.
Daniela, non devi andare, quello ci riproverà sicuramente.
No, devo solo stare attenta a non commettere altri errori.
Per tutta la mattinata c’è stata tensione tra me ed il signor Antonino. Forse ha capito di aver sbagliato, magari è stato preso come da un raptus, si è trovato davanti una ragazza carina e le ha messo le mani addosso.
Mi chiedo se avrei fatto meglio a mettere un paio di pantaloni, perché il vestito evidenza bene le mie forme e potrebbe generare altre tentazioni da parte sua.
Invece la mattinata fila liscia come l’olio e così, verso la fine mi tranquillizzo.
‘Daniela, venga qui, per favore.’
Questa volta, la sua voce sembra gentile, magari vorrà scusarsi per l’altra volta. Provo ad immaginare: ‘cerchi di capire, io sono un uomo solo da tanti anni, lei è una donna giovane e carina, ho avuto un momento di debolezza, cerchi di perdonarmi …’
Insomma io mi aspetto un qualcosa del genere, anche se da un tipo come il signor Antonino non la vedo una cosa tanto probabile.
‘Le voglio far vedere una cosa interessante, qui al computer.’
Io faccio di nuovo il giro della scrivania, ma questa volta mi tengo un bel po’ discosta da lui, tante volte volesse fare il bis.
Impiego pochi attimi a capire il contenuto del filmato che scorre sul monitor. Due mani maschili che palpeggiano il seno di una donna.
Poi realizzo che quella è la mia camicetta che indossavo venerdì scorso e le mani solo le sue.
Mi sembra di risentire le sue dita che mi toccano, è un incubo, non può essere possibile.
Rivivo la stessa sequenza: la camicetta che si apre e mi lascia libere le spalle, la spalline del reggiseno che scendono e poi le sue mani che entrano dentro ed estraggono i miei seni.
Ora sta giocando con le mie tette, ha alzato l’audio e sento il suo roco ansimare, poi percepisco anche un altro suono, più leggero, una voce di donna che geme leggermente.
Provo a ragionare. Non c’è niente di grave, mi ha toccata in una certa maniera e, non volendo, sì, non volendo, mi sono un po’ eccitata. E ora. Che può fare con quel filmato.
Per fortuna, siccome ero sulle sue ginocchia, la webcam non ha inquadrato il mio viso, quindi nessuno mi potrebbe riconoscere.
‘Allora, che ne dici, come pensi di ripagare i cento euro falsi?’
Che bastardo, penso io, dopo tutto quello che mi hai fatto l’altra volta.
‘Ma, veramente pensavo …’
‘Pensavi cosa? Che una toccatina alle tette valesse cento euro? Mi chi cazzo ti credi di essere, vabbè, hai due belle tette, ma per cento euro devi fare molto di più.
Chissà che ne penserebbe il tuo maritino di questo bel filmato.’
Sono spaventata, arrabbiata e sconvolta, però in un barlume di lucidità riesco a controbattere.
‘Guardi che nel filmato non si vede mai il viso, quella donna potrebbe essere chiunque.’
‘Ma ho l’impressione che tuo marito riconoscerebbe questa bella farfallina.
Guarda ora ingrandisco il fotogramma, la webcam è in HD, osserva bene.’
Armeggia un po’ con il mouse ingrandendo il particolare della spalla nuda.
So già cosa apparirà, maledetto tatuaggio. Quando me lo feci i miei genitori si arrabbiarono parecchio.
Sono fregata, se il signor Antonino spedisce questo filmato ad Antonio, lui non avrà alcun dubbio, la farfalla tatuata sulla mia spalla appare nitidissima, si vede pure il piccolo neo poco più sopra.
Sono nelle mani di un vecchio porco e non mi basterà lasciare il lavoro per salvarmi.
‘Allora, hai perso la lingua?’
Comincio a piangere disperata, mentre lui rimanda il filmato dall’inizio.
‘Guarda, vieni qui, è venuto proprio bene, vero?’
Mi avvicino lentamente, so che questa volta non riuscirò a sfuggirgli. Sento la sua mano che prima mi sfiora il fianco, poi affonda nella carne morbida e soda del mio sedere.
‘Hai da fare ora?’
I bambini escono da scuola alle 16,30, c’è tutto il tempo necessario per risarcire i 100 ‘, penso io, mentre mi sento sollevare il vestito da dietro.
Gli faccio cenno di no con la testa, mentre mi carezza le chiappe attraverso le mutandine.
‘Hai un gran bel culo, ma questo già lo sai vero.’
‘Per favore, no.’
‘E come vorresti ripagarmi? Ah forse preferisci un bel pompino’, mi dice mentre accenna ad aprirsi i pantaloni.
‘Noo!’, grido io spaventata.
‘Allora sta’ buona e lasciami fare.’
Sono piegata a novanta gradi, con il petto e la pancia poggiati sui registri contabili del bar e mi chiedo se anche questo verrà ripreso da qualche telecamera.
Mi abbassa brutalmente, insieme, collant e mutandine. Ho paura, temo che mi farà male, e poi non si deve fare.
Daniela, andrai all’inferno, è una cosa contro natura e stai pure per farlo con un altro.
I miei pensieri vengono interrotti dalla sua azione repentina e violenta.
Grido di dolore mentre mi penetra. Accidenti, e mi lamentavo di mio marito.
Il tutto dura pochi minuti, e per me risulta parecchio doloroso e poco appagante.
Non ha il minimo riguardo nei miei confronti e continua a fare avanti ed indietro, strappandomi grida di dolore.
Quando lo sento venire dentro di me, è una vera e propria liberazione.
‘Ferma così, ecco, allarga bene le chiappe.’
Con le mani mi dilata, sento l’ano aprirsi e mi sembra che lo sperma rimasto dentro cominci ad uscire a fiotti.
‘Ora, da brava, gira la testa’. Mi costringe a voltarmi indietro, in modo da inquadrare, con le telecamera che tiene in mano, il mio sedere nudo pieno di sperma e la mia faccia.
Se prima la situazione era grave, ora appare disperata. Non oso immaginare la reazione di mio marito se dovesse scoprire che offro il mio culetto tranquillamente ad uno sconosciuto, mentre faccio tante storie con lui.
‘Bene, per me puoi andare, credo che non avrai difficoltà a trattenerti tutti i giorni un oretta in più.’

Così, per tutta la settimana, sono uscita dal bar una mezzora abbondante più tardi, con il sedere dolorante e la netta sensazione di essermi cacciata in un vicolo cieco.
Prima di uscire dal bar cerco di sistemarmi un po’ in bagno, tamponandomi con della carta igienica, ma la sensazione spiacevole di bagnato che continua a pervadermi mentre torno a casa, camminando lentamente, mi fa sentire ancora più in colpa.
Con mio marito non va bene. A letto sono tesa e quando lui ha cominciato a carezzarmi il sedere, iniziando a tessere le lodi del mio bel culetto, sono andata in panico.
Ho una paura folle che lui si accorga che sta condividendo il mio piccolo tesoro con un altro.
Certo, tutte le sere, appena tornata a casa, mi lavo accuratamente ed elimino ogni traccia, ma ho paura che il buco si sia allargato. Magari è una mia paranoia, ma il pensiero che Antonio mi dica, con voce severa: ‘cos’hai combinato, brutta troia, ti sei fatta inculare da qualche altro?’, mi assilla.
Conoscendolo, non mi direbbe mai una cosa del genere, però ormai vivo nel terrore, mentre, il signor Antonino continua a filmare e fotografare le sue performance.
Venerdì ha voluto completare in bellezza la settimana, scopandomi.
Per fortuna si è messo un profilattico, perché ci mancherebbe altro che restassi incinta per la terza volta.
Insomma, più passano i giorni e più sono inguaiata. Sono costretta a fare sesso con lui ed ogni rapporto viene ampiamente documentato. Già dopo questa prima settimana, se mio marito vedesse tutta la documentazione raccolta, si convincerebbe di aver sposato una troia incurabile.
A questo devo aggiungere che sto iniziando a provare piacere. Parlo di dietro, perché quello che abbiamo fatto venerdì mi è piaciuto molto. Insomma, come dice il signor Antonino, il mio culo si sta sciogliendo.
Tutto questo lì per lì, perché poi, quando torno a casa, mi sento un vero schifo.
Però intanto, sono sicura che negli ultimi filmati, si sentono nettamente i miei gemiti, quando mi penetra dietro.
Domenica notte non ho potuto dire di no ad Antonio. Ho pensato che da giovedì a domenica il mio ano doveva essersi risistemato e lui non si sarebbe accorto di niente (ma funzionerà così, poi?).
Devo dire che non mi ha fatto male per niente, ma ho fatto un po’ di storie lo stesso, per non insospettirlo.
Comunque, alla fine non si è accorto di nulla, e questo ha aumentato i miei rimorsi.
Ora è lunedì mattina e mi sto preparando per andare al bar, piena di angosce, perché la mia esperienza di lavoro sta prendendo una brutta piega. Sto sprofondando in un gorgo denso e appiccicoso.
Il signor Antonino, il padrone del bar, mi sta plasmando a suo piacimento, come se io fossi fatta di creta umida.
Plasma la mia carne, toccandomi, palpandomi, maneggiandomi, e plasma la mie mente, annullando ogni giorno un pezzetto della vecchia Daniela, ragazza della porta a fianco, acqua e sapone.
Giorno dopo giorno, la giovane mamma trentenne, timida e riservata, che arrossiva quando le amiche parlavano di sesso, si sta trasformando.
Lui dice che deve far affiorare la troia che è in me, perché sostiene che in tutte le donne si nasconde una troia.
Ogni giorno mi tocca, le sua mani carezzano la mia carne nuda ed io non reagisco. è per paura che lui faccia vedere a mio marito i filmati e le foto, ma non solo per quello.
Lentamente mi sto sciogliendo. Forse ha ragione lui: sono veramente una troia.
Ora è venuta l’estate e vesto più leggera, così, non portando le calze, gli basta infilare una mano sotto la mia gonna, mentre sono dietro al bancone del bar.
Gli piace toccarmi quando ci sono clienti nel locale, perché loro non possono vedere, mentre io vorrei morire, per la vergogna di quello che mi sta facendo.
Oggi ho messo una minigonna di jeans ed una maglietta un po’ scollata con le bretelline larghe, per nascondere le spalline del reggiseno.
Sto preparando un caffè ad un cliente amico del signor Antonino. è calabrese come lui e spesso parlano tra di loro in dialetto ed io non capisco nulla.
Ha più o meno l’età del padrone del bar ma è grasso, con una faccia larga, orribile e butterata, e sbircia sempre nella scollatura delle mie magliette.
‘Fammelo macchiato, farfallina’, mi dice lui, ridacchiando.
Già, il mio tatuaggio, con la maglietta scollata, si vede benissimo.
è stata la mia rovina, perché, senza quel particolare, dopo la prima volta non mi avrebbe potuto ricattare. Sarei tornata a casa dicendo a mio marito che aveva ragione lui, che non ero un tipo da bar.
Sarebbe finito solo con una toccata alle mie tette, invece, per colpa di quello stupido tatuaggio, sto affondando nel gorgo.
Mentre il tipo beve il caffè, sento la mano del signor Antonino che si infila sotto la gonna.
Prima mi carezza dietro le ginocchia, poi risale lungo le cosce.
Mi tremano le mani mentre avvicino il bricco con il latte al cliente, che continua a guardare dentro la mia maglietta, e così una goccia cade sul bancone d’acciaio.
La mano risale ancora ed io mi muovo nervosa, quasi a scatti, mentre inizia a carezzarmi proprio in mezzo all’attaccatura delle cosce.
Le sue dita mi sfiorano le mutandine che cominciano a bagnarsi, mentre lui mi dice a bassa voce nell’orecchio. ‘Ti piace, troia?’
‘Nino, ti lascio i soldi del caffè’.
Sento il rumore della moneta che cade nel vassoio di vetro, di lato alla cassa e poi la porta del bar che si chiude.
Allora lui scosta delicatamente il bordo dello slip e riprende a toccarmi.
Io respiro a bocca aperta mentre sento il mio sesso, sempre più bagnato, che si schiude.
‘Adesso vai in bagno e te le togli.’
‘No, per favore, no.’
‘Peggio per te, allora.’
Ha infilato entrambe le mani sotto la gonna e comincia a tirare in basso.
Le mutandine sono arrivate a metà coscia quando entra una vecchia signora che chiede un te.
Lui sparisce nel retrobottega e mi lascia sola, a servire la signora del te, con lo slip mezzo abbassato che mi impedisce i movimenti.
Ricompare solo quando la cliente si dirige verso la cassa per pagare, dandomi così la possibilità di rimettermi a posto.
Per fortuna ora dovrà andare in cucina a preparare il pranzo, così avrò un po’ di tregua.
Torna alla carica e sento le sue mani che frugano di nuovo sotto la gonna.
‘Ma sei sorda o stupida? Ti ho detto che te le devi levare, perché oggi ho deciso che te lo voglio ficcare nel culo qui, mentre prepari caffè e versi da bere ai clienti.
Mi lascio prendere dal panico e comincio a piangere.
‘Ma che cazzo fai troia, così ti si rovina il trucco, guarda che casino che hai combinato.’
Già, il trucco. Da tempo ormai ho smesso di essere la ragazza acqua e sapone, almeno la mattina, quando devo andare al bar. Il signor Antonino mi vuole truccata in maniera vistosa, da troia quale sono, dice lui.
Aspetto sempre che mio marito sia uscito, prima di truccarmi, per evitare che mi veda e il pomeriggio, finito di lavorare, torno a casa, mi strucco e mi trucco di nuovo, in maniera leggera, come ho sempre fatto, per andare a prendere i bambini a scuola.
Mi guardo allo specchio, i miei grandi occhi scuri sono contornati di nero, in maniera molto vistosa ed il colore sta scolando sulle guance, mischiandosi al fondo tinta. Il trucco forte, vistoso, mi appesantisce i lineamenti: il naso pronunciato che ho sempre avuto, sembra più grande di quello che è realmente e la bocca, dalle labbra grandi e carnose, con il rossetto forte che sto usando, mi fa assumere un’espressione equivoca, almeno così mi sembra.
Mi asciugo le lacrime con una salviettina che prendo dal contenitore di metallo, vicino alla zuccheriera, mentre lui riprende a toccarmi.
Mi abbassa di nuovo lo slip, fino alle ginocchia e, a quel punto, capitolo.
Finisco di togliermi le mutandine da me, alzando agilmente prima un piede e poi l’altro, e le faccio sparire nel tascone che ha davanti il mio grembiule.
‘Per favore, signor Antonino, non mi faccia questo, qui, davanti ai clienti …’
Il bar adesso è vuoto, ma tra un po’ arriveranno i primi clienti abituali del pranzo.
‘Se eviti di dimenarti come fai sempre e non ti metti a gridare, non se ne accorgerà nessuno, perché il bancone è bello alto.’
Sento il rumore della lampo dei suoi pantaloni e poi il contatto con il suo pene.
L’ha fatto decine di volte in questi mesi: prima me lo strofina nella spaccatura, per eccitarsi meglio, poi mi allarga le chiappe a forza, con le mani, e mi penetra. Lo fa sempre brutalmente, non usa certo la delicatezza di mio marito, ma ora è peggio, sta per farlo nel bar, non nel retrobottega, entreranno dei clienti, lo vedranno incollato a me, osserveranno la mia faccia, capiranno subito quello che sta succedendo. Che vergogna.
Improvvisamente, come aveva iniziato, finisce. Si allontana da me e la gonna, lasciata libera, torna a coprirmi di nuovo il sedere.
‘E’ tardi, devo andare a cucinare, sarà per un altra volta, tanto non mi scappi mica.’
Approfittando del momento riprendo le mutandine e me le rimetto, giusto in tempo perché, un attimo dopo, si apre la porta ed entrano due persone.

Ribellarmi? Certo, ci ho pensato mille volte, ma non è facile.
Diversi giorni fa ci ero quasi riuscita.
Il signor Antonino aveva aspettato fino all’ultimo, ormai ero convinta che, una volta tanto, sarei tornata a casa sana e salva, invece, quando mancavano 5 minuti alla fine del mio orario ed io stavo sparecchiando la saletta usata per il pranzo, mi è arrivato da dietro e mi ha sollevata da terra, stringendomi forte i seni.
Io mi sono ribellata, perché ormai ero sicura di potermene andare tranquilla, e lui mi ha pure tirato uno schiaffo in faccia. è una cosa che non ho mai sopportato, così, per reazione, ho cercato di colpirlo, ma lui, nonostante l’età, è un uomo forte ed agile.
Insomma, mi sono ritrovata con la faccia indolenzita, piegata in due sul tavolino che avevo appena sparecchiato.
Mi ha sfilato le mutandine, mentre io scalciavo disperatamente.
Avevo delle scarpe aperte dietro, con un tacco bello alto e la zeppa di sughero, che sono volate via subito.
Ho smesso di agitarmi, una volta rimasta scalza e lui me lo ha ficcato subito dentro, di dietro.
Non so se è stato per la violenza dello schiaffo, ma mi è sembrato che ci andasse più pesante, questa volta.
Mi ha lasciata andare solo quando ha finito ed io non ho potuto fare altro che rimettermi in piedi, raccogliere le scarpe e scappare via.
In genere passo prima in bagno e mi do un’asciugata, ma quella volta avevo un piano ben preciso, elaborato mentre lui andava e veniva dentro di me, facendo oscillare e cigolare il tavolino.
Mi sono solo rimessa le mutandine, prima di aprire la porta e sono scappata nella direzione opposta a quella di casa.
Bastardo, questa volta ti denuncio. Vado in ospedale e mi metto a gridare: ‘sono stata violentata dal mio datore di lavoro.’
Lì ci sono medici che possono controllare e poliziotti in grado di raccogliere la mia denuncia. Non mi sono neanche lavata, mi sono rimessa subito le mutandine per non disperdere la prova della violenza. Faranno la prova del DNA, non puoi sfuggire, ho ancora il culo pieno del tuo sperma. Signor Antonino, sei fregato.
Mano mano che andavo avanti la mia sicurezza scemava e rallentavo il passo.
Certo, andranno al bar ad arrestarlo e lui farà vedere tutti i filmati in cui ‘
Mi immagino gli sguardi severi dei poliziotti.
Consenziente, troia e consenziente.
Poi vedo l’espressione schifata di Antonio, mio marito, deluso dalla sua ragazza della porta a fianco, che si è rivelata una troia, e mi fermo.
Accidenti, si è fatto tardi, devo andare a casa a cambiarmi e poi a prendere i bambini a scuola.
Ecco, è finito così il mio unico tentativo di ribellione. L’amico calabrese del signor Antonino, si chiama Santino, ed è proprietario di un negozio di compro oro, a due isolati di distanza dal bar.
Ultimamente sta venendo tutti i giorni a pranzo.
I due parlano spesso, fitto fitto, nel loro dialetto per me incomprensibile. Ma come, qualcuno potrebbe dire, tu sei siciliana?
A parte il fatto che in Sicilia ci sono solo nata e non parlo siciliano, ma il calabrese è completamente diverso, e poi loro parlano il dialetto di un paesino sperduto della Sila, che probabilmente risulta incomprensibile già a 50 chilometri di distanza.
Non mi piacciono i suoni di quel dialetto, mi da fastidio che qualcuno parli in mia presenza senza che io possa capire e, meno che mai, mi piacciono le occhiate che si scambiano.
Ho il dubbio che il signor Antonino possa aver detto al suo amico Santino, cosa mi fa quotidianamente.
Ormai è estate piena, fa molto caldo ed io vado tutti i giorni al lavoro indossando una canottiera ed una minigonna.
Dietro al bancone, a causa della macchina del caffè, la temperatura è molto elevata, e, se mettessi una maglietta o una camicetta, dopo un po’ mi ritroverei degli antiestetici aloni sotto le ascelle.
Così però, restando con la schiena nuda, mi si vedono spesso le spalline del reggiseno. Non mi piace molto questa cosa, ma siccome ho i seni abbastanza grandi non posso neanche andare in giro senza.
Il signor Antonino ogni giorno se ne inventa una. Non so mai cosa aspettarmi da lui, ma comunque, che piova o ci sia il sole, dal lunedì al venerdì, non mi capita mai di riuscire a tornare a casa senza essere stata almeno manipolata.
I momenti peggiori sono quando, dopo il pranzo, chiude il bar e restiamo soli.
Ora che non faccio più storie a prenderlo dietro, è passato ad altre cose, sembra quasi che abbia in testa un precorso di training per la sua piccola troia, come mi chiama spesso.
Ha iniziato prima con il mettermelo in mano.
Io, prima di questa sconvolgente esperienza, ero stata solo con mio marito e, le prime volte, mi vergognavo da morire solo a guardarglielo, figuriamoci a prenderlo in mano.
Giorno dopo giorno mi fa abituare a maneggiarlo, mi spiega i punti dove carezzarlo, come impugnarlo ed il movimento giusto.
Sì, mi sta addestrando a masturbarlo, ma non fino in fondo, così, quando sono riuscito a farglielo diventare abbastanza duro, mi fa girare e me lo ficca di dietro.
Il passo successivo è stato imparare a mettere il profilattico. Con mio marito non mi è mai capitato, perché, al momento giusto, ci ha sempre pensato lui.
‘Una brava troia deve saper mettere un preservativo’, mi ha detto una volta sgridandomi perché non riuscivo a srotolarlo bene.
Il profilattico lo usa solo quando me lo mette nella vagina ed ho cercato di imparare presto, perché preferisco molto di più davanti che dietro.
Mancava solo una cosa, la più temuta.
Io sono cresciuta in una famiglia cattolica e tradizionale, le prime volte, con il mio futuro marito, ha avuto un mucchio di problemi, perché mi vergognavo di tutto: di mostrarmi nuda, di farmi toccare, figuriamoci certe cose.
Però sapevo che sarebbe accaduto, vedevo che, lentamente, procedeva quello che avrei potuto definire il mio training sessuale, così, quando mi ha ordinato di inginocchiarmi di fronte a lui e di aprirgli i pantaloni, non sono rimasta molto sorpresa.
Ultimamente vuole che, in molti casi, sia io a prendere l’iniziativa, all’inizio è stato veramente difficile, ma ora comincio a sentirmi brava. L’unico problema è la notte con mio marito, perché non posso correre il rischio che lui noti in me qualche cambiamento.
Giorni fa, per esempio, sono stata lì lì per infilargli il profilattico, poi mi sono fermata.
Davanti all’ordine perentorio di leccarglielo finché non diventava duro, più che sorpresa, sono rimasta terrorizzata.
Non sono mai stata in grado di fare niente di simile con Antonio, al massimo, con molte esitazioni, sono riuscita a dargli un bacino, ma niente di più.
Ho cominciato a piagnucolare e lui si è arrabbiato.
‘Piantala e fammi ‘sto cazzo di pompino!’, mi ha gridato, accompagnando le parole con uno schiaffo.
Allora, timidamente, ho aperto le labbra indolenzite dal colpo ricevuto ed ho tirato fuori la lingua.
è stata la peggiore esperienza passata finora con lui: mi faceva schifo, l’odore che emanava mi dava il voltastomaco, ma lui mi teneva la testa e mi guidava.
‘Tieni fuori la lingua, troia, così, brava. Su e giù, lo devi leccare bene, dalle palle fino alla punta della cappella.’
Dopo un po’ ero in grado di fare da sola, la mia testa si muoveva lentamente e lo vedevo crescere ad ogni nuova leccata.
Il peggio è venuto quando mi ha detto di prenderlo in bocca.
‘Devi stringerlo bene con le labbra, ma senza mordere, guai a te, capito?’
Io singhiozzando ho fatto cenno di sì ed ho ubbidito.
Quando ha visto che mi impegnavo è stato anche gentile, a modo suo.
‘Dai che stai facendo progressi, diventerai una pompinara perfetta, con questa bocca grande e carnosa.’
Io succhiavo e piangevo, pensando che se per caso stava riprendendo con la telecamera anche questo, mio marito non me l’avrebbe mai perdonato.
Altro che gorgo, stavo soffocando nella melma più sporca e puzzolente che ci potesse essere.
Ma il problema, reale, di soffocamento, doveva ancora venire.
Io ero tutta presa nel fare bene il mio lavoro, perché non volevo assolutamente essere presa di nuovo a schiaffi, quando è successo.
Ho intuito che stava per accadere qualcosa ma, non avendo alcuna esperienza del genere, mi sono fatta cogliere impreparata, così il primo zampillo di sperma mi è finito dritto in gola. Ho cominciato a tossire, cercando di sputare, mentre lui mi teneva ferma.
Sono rimasta a lungo, inginocchiata, con i capelli davanti alla faccia, mentre fiotti di sperma uscivano dalla mia bocca semi aperta e mi colavano sul mento e sul collo.
Dopo quella prima volta, mi ha costretto a rifarlo spesso, ma non sono mai riuscita ad abituarmi. Forse si sbaglia, la mia bocca sarà pure ‘ ma io proprio non ci riesco.

Ma torniamo a Santino, il suo amico.
Oggi è accaduto qualcosa che potrebbe stabilire una svolta nella mia vita.
Allora, io stavo sparecchiando i tavoli del pranzo e con la coda dell’occhio tenevo sotto controllo il signor Antonino, perché non mi aveva ancora fatto niente, quando noto un borsello a cavallo della spalliera di una sedia. Sicuramente l’ha dimenticato qualcuno, penso io.
Subito dopo sento la porta del bagno che si apre e realizzo che nel bar ci deve essere una terza persona.
Santino entra nella saletta dove sono io, si chiude la porta alle spalle e punta dritto verso di me.
Mi muovo velocemente, aggiro il tavolo e cerco di guadagnare l’uscita ma, mentre afferro la maniglia, sento la serratura girare da fuori.
Sono fregata. Tutti quei discorsi in dialetto, gli sguardi e gli ammiccamenti tra i due, ecco cosa stavano architettando.
Rimango un attimo avvinghiata alla maniglia della porta, giusto il tempo perché Santino mi raggiunga e mi possa afferrare con le sue manacce.
è lento e poco agile, ma anche forte e pesante, così mi trascina via come se fossi un fuscello.
I miei piedi strusciano per terra e perdo una scarpa.
Mi sbatte su un tavolo ancora da sparecchiare e finisco con la faccia dentro una scodella vuota, sporca di sugo di pomodoro.
Non perde tempo neanche a togliermi le mutandine, perché prende dal tavolo un coltello a seghetta, con il manico di plastica e le taglia in mezzo, dopo aver tirato forte la stoffa.
Io sono sconvolta e spaventata, perché solo ora comincio a sospettare quale sia il destino riservato a me dal signor Antonino.
Il suo pene che, dopo avermi sfiorato l’orifizio dell’ano, forza la mia vagina assolutamente impreparata, mi strappa ai miei pensieri.
Grido, piango, mentre lui mi scopa selvaggiamente, schiacciandomi con la sua ciccia e solo quando viene dentro di me, realizzo che lo ha fatto senza profilattico.
Conto mentalmente i giorni, accidenti, potrei restare incinta, non voglio un terzo figlio, e poi da questo qui.
‘E che cazzo! Quante storie’, mi dice Santino mentre si rimette a posto i pantaloni e bussa alla porta, che viene subito aperta da fuori.
I due parlottano un po’, sempre in dialetto, capisco che stanno parlando di me, poi vedo che Santino passa all’altro una banconota e se ne va.
Mi sono tirata su a fatica, sano andata in bagno per ripulirmi la faccia dal sugo e ne ho approfittato per liberarmi delle mutandine tagliate, ormai diventate inutili.
Mentre torno a casa, comincio a pensare che la mia situazione sia molto peggiore di quello che avevo finora immaginato. La disavventura con Santino, l’amico del signor Antonino, è capitata l’ultimo giorno di lavoro, perché l’indomani il bar ha chiuso per le ferie estive.
Ora sono in vacanza al mare, con Antonio, mio marito, ed i bambini.
I primi giorni sono stati molto brutti, perché ero piena di vergogna per tutto quello che mi era capitato durante le mattine di lavoro al bar, ma, più di tutto, contavo i giorni.
Santino mi aveva scopata senza preservativo e la cosa era avvenuta in un periodo molto pericoloso. Non voglio un terzo figlio, non lo vuole neanche mio marito ma, soprattutto, non lo voglio avere da quell’uomo orribile.
Già mi immaginavo mio marito: ‘ma come, non è possibile, ultimamente lo abbiamo fatto di rado’, da quando lavoro al bar ho meno voglia perché ho paura che lui scopra tutto, e così cerco mille scuse per evitare di avere rapporti con lui, ‘e poi ho sempre messo il profilattico, non si è mai bucato, ho controllato, sai’.
E poi mi immaginavo che lui cominciava a sospettare: ‘sei stata a letto con un altro? dimmi la verità.’ Allora io scoppiavo a piangere e confessavo tutto, lui mi riempiva di schiaffi e mi cacciava di casa, io mi allontanavo da sola, a piedi, con i bambini che mi salutavano dalla finestra.
Sono venute!
E la prima volta, in vita mia, che sono così contenta dell’arrivo delle mestruazioni.
Per le donne è sempre un’esperienza fastidiosa, in alcuni casi molto peggio, come per la mia amica Stefania, quella che mio marito definisce abbondante, che quando le viene il ciclo, si mette addirittura a letto.
Le mestruazioni al mare, poi, sono una vera iattura e, a volte, ho cercato di programmare le vacanze tenendo conto di questo inconveniente, ma la chiusura forzata ad Agosto del bar, non me lo avrebbe comunque permesso.
Insomma, quando mi sono svegliata ed visto le prime tracce di sangue, ero così felice che mi sarei messa a saltare sul letto, come facevo da bambina.
Per festeggiare lo scampato pericolo, dopo un po’ esitazioni, ma non troppe, ho concesso il culetto a mio marito.
Era parecchio che non lo lasciavo fare e lui è stato molto contento.
Mi sono dovuta trattenere per non mostrargli la mia eccessiva bravura, ma qualcosa deve aver notato.
‘Ti trovo meglio, che ti succede?’
‘Sarà l’aria del mare, ho replicato io’, e per un attimo mi si è fermato il respiro.
Per fortuna non si è accorto di nulla e il resto delle ferie è filato via liscio, anche la notte, intendo.

Oggi è l’ultimo giorno di vacanza, stiamo facendo le valigia e si torna a casa.
Il bar.
Già, avevo quasi dimenticato il mio lavoro, con tutto il resto.
Non ci vado, non mi presento. Certo, così quello manda un bel pacchetto a mio marito e sono rovinata.
L’idea di ricominciare tutto da capo, con il signor Antonino che mi tocca da tutte le parti, e poi mi alza la gonna e ‘
Mentre sono seduta in macchina, mi sembra di sentire il suo pene duro che si incunea in mezzo alle mie chiappe cercando la porta per entrare dentro di me.
Sento la sua voce che mi dice di aprire la bocca, le mie labbra piene di rossetto si serrano su quel pezzo di carne calda e pulsante ‘
Il viaggio di ritorno è stato un incubo, perché sono ripiombata di colpo nella situazione orribile in cui mi sono cacciata.
Ma c’è un tarlo che mi ha perseguitato per tutta la vacanza: Santino, l’amico del signor Antonino.
Ho paura che mi costringa ad andare di nuovo con lui.
Praticamente mi ha venduta, mi ha chiusa nella saletta insieme a quell’uomo orribile, mi ha fatta scopare e poi si è preso i soldi.
Mi vuole trasformare in una prostituta. Era già terribile dover sottostare a tutto quello che ho subito in questi mesi, ma pensare di essere messa a disposizione degli avventori del bar, mi getta nella più profonda angoscia.
Ma dai, Daniela, adesso esageri, però, il pensiero del bar pieno di uomini, che si mettono in fila davanti alla porta della saletta, con il signor Antonino che raccoglie i soldi, mi ha accompagnato per tutto il resto del viaggio. Ci sono andata, intendo al bar.
Mille propositi, mille ragionamenti, poi, come tutte le mattine, da qualche mese a questa parte, ho aspettato che mio marito uscisse di casa e sono andata in bagno a truccarmi.
Solito trucco forte sugli occhi, niente fondotinta perché mi sono abbronzata, ma una crema che per rendere la pelle più gradevole, poi mi concentro sulla bocca.
Quando passo il rossetto sulle labbra un brivido strano mi attraversa la schiena, pensando a quello che mi potrebbe capitare, anzi, che sicuramente mi capiterà dentro al bar.
Mi guardo allo specchio, la mia bocca rossa e carnosa, pronta a ‘
No, tanto pronta non lo sono, nonostante l’addestramento a cui sono stata sottoposta, quella cosa proprio non la digerisco, come la matematica quando andavo a scuola.
Ma che c’entra Daniela, non puoi paragonare la matematica a ‘ un pompino.
Non riesco neanche a pensarla, quella parola.
Ci riuscirai, con il tempo, vedrai, fino a qualche mese fa avevi difficoltà ad offrire il culetto a tuo marito, ora te lo fai ficcare lì un giorno sì e l’altro no da un vecchio barista.
Il tempo, già, significa che passerò tutta la vita così?
Interrompo questi pensieri perché non voglio fare tardi.
Quando esco di casa mi do un ultimo sguardo nello specchio dell’ascensore.
La canottiera scura mi cade bene addosso, durante le vacanze sono leggermente ingrassata ma non ho messo su pancia, per fortuna; mi giro di fianco, la mini beige a pieghe, si apre leggermente sul mio culetto rotondo, infine lo sguardo scende sulle gambe, lunghe ed abbronzate.
Sono troppo magre sotto, oppure le cosce sono troppo robuste? Vanno benissimo Daniela, le tue gambe vanno benissimo e le scarpe con la zeppa di sughero ti slanciano quanto basta.

Al bar ci sono dei cambiamenti, perché il signor Antonino ha approfittato della chiusura estiva per dare una ripulita.
La prima cosa che mi salta agli occhi è il grande TV LCD piazzato in alto sopra il bancone.
Sta trasmettendo un video musicale ma il suono non si sente.
Il bar sembra più grande, ma credo dipenda dalla tinta fresca che lo fa apparire più luminoso.
Ha rifatto anche il bagno, che, devo dire, faceva abbastanza schifo, è stata eliminata la vecchia vasca incrostata ed al suo posto ci sono un piccolo box doccia ed un bidet.
Il signor Antonino sembra contento di vedermi, mi fa un sacco di complimenti per le mia forma, dice che l’abbronzatura mi dona molto, ma da come osserva le mie gambe che spuntano fuori dalla mini a pieghe, non ci vuole molto a capire le sue intenzioni.
Infatti, non faccio in tempo a mettermi il grembiule e prendere posto dietro al bancone, che lui arriva subito.
La sua mano, puntuale come al solito, inizia a toccarmi le gambe.
Ormai ci sono abituata, non nel senso che non ci faccio più caso, ma peggio, mi piace pure.
All’inizio, per cercare di sopportare la vergogna ed il disagio, provavo ad immaginare che la mano fosse di mio marito, ora non serve più questo stratagemma, perché mi piace, e questo mi fa sentire ancora peggio. Daniela, ha ragione lui, sei una troia.
Mi ha toccato talmente tante volte, in questi mesi, che reagisco di istinto, come un animale.
‘Ti ha fatto bene il mare’.
La sua mano risale lentamente in mezzo alle cosce ed un brivido mi passa per la schiena.
‘Senti che belle cosce sode che hai fatto, ti piace nuotare vero?’
Mi stringe forte una coscia tra pollice ed indice ed io apro la bocca per prendere aria.
Ora mi sta carezzando e, lentamente, la sua mano risale.
Non riesco a stare ferma, le gambe si muovono nervosamente mente la mano sale ancora.
‘Ancora co’ ‘ste cazzo di mutande!’
La sua voce, salita di volume, mi colpisce come uno schiaffo.
‘Non le devi tenere qua dentro. Hai capito troia. Ora te le faccio a pezzetti, così lo capisci una buona volta.’
‘No, va bene ho capito, faccio da me, però?’
Ora vado in bagno e me le levo, prima che si arrabbi veramente, penso, a faccio per uscire dal bancone.
‘Ma dove cazzo vai! Che è, ora ti vergogni davanti a me?’
Mi ha presa per un braccio e mi scuote vigorosamente, poi mi solleva completamente la gonna, fino alla vita.
‘Ti è pure cresciuto il culo in vacanza, bene.’
Disperata e completamente umiliata mi abbasso lo slip davanti a lui.
Il triangolo di pelle bianca mette ancora più in evidenza il mio sesso che avevo depilato, per evitare che dei peli antiestetici uscissero dal costume.
Per sfilarmi del tutto le mutandine devo restare un attimo in equilibrio prima su una gamba e poi sull’altra e lui ne approfitta per toccarmi di nuovo, sul sedere.
Rischio quasi di cadere e mi ritrovo aggrappata al bancone con le mutandine strette in una mano.
Lo sento declamare le lodi del mio culetto bianco che spicca sulla mia pelle ambrata, si vede che oggi ha la vena poetica.
Il rumore secco della lampo che si apre mi riporta bruscamente alla realtà.
‘No, per favore, non qui ‘ se entra qualcuno …’
‘Faccio presto, non ti preoccupare.’
Me lo appoggia in mezzo alle chiappe e si comincia a muovere. Lo sento indurirsi rapidamente, mentre guardo preoccupata verso la porta, per vedere se entra qualcuno.
Sono praticamente sdraiata sul bancone d’acciaio, con le punte dei piedi che toccano appena la pedana di legno, se entra un cliente non può non vedere.
La porta si apre proprio nel momento in cui inizia a spingermelo dentro.
è questione di un attimo, il signor Antonino mi afferra per i fianchi, mi solleva e mi fa scivolare sotto il bancone.
Non se se il nuovo entrato ha fatto in tempo a vedere o meno.
Ho sbattuto le ginocchia sulla pedana e sto in una posizione scomoda, ma non posso riemergere da dietro il bancone così, davanti ad un cliente, magari la pensa anche peggio.
Il peggio deve averlo pensato lui però, perché con la mano comincia a frugare in basso per cercare la mia faccia.
‘Buongiorno Nino.’
‘Buongiorno Santino, il solito cappuccino?’
Mi ha afferrato il naso e mi costringe a girarmi.
Ora sono in ginocchio davanti a lui, con il sedere incastrato contro il sifone del lavandino, non posso muovermi e devo solo aspettare, ma ho capito cosa vuole che io faccia.
Si sposta di lato per preparare il cappuccino e, quando riprende la posizione iniziale, sento una cosa che mi sbatte contro la bocca.
Lì sotto è buio ed intravedo appena cosa c’è davanti al mio viso.
‘E farfallina, come si chiama, la ragazza, oggi non viene?’
‘Più tardi, viene più tardi, ha una cosa da fare prima.’
Apro la bocca e lui me lo infila subito dentro.
Comincio a succhiarlo mentre i due conversano amichevolmente.
‘La sai che non è per niente male, la ragazza, un po’ timida, ma ha un culo favoloso, un altro giro ce lo farei volentieri.’
‘Vediamo’, fa l’altro mentre si sposta leggermente per farmelo prendere meglio.
Io continuo a succhiarlo disperatamente, ma non c’è niente da fare, questa cosa proprio non mi è mai andata giù, ho provato tante volte con mio marito, perché vedevo che a lui faceva piacere, ma dopo un po’ ero costretta a fermarmi.
Ora invece devo continuare, non ho possibilità di scelta, non mi piace ma devo farlo.
Santino se n’è andato, ho sentito la porta che si chiudeva.
‘Su bella, qui si batte la fiacca.’
Mi mette le mani sulle guance e mi costringe a prenderlo meglio.
Comincio a piangere e penso che mi si sciuperà il trucco, le mie labbra rosse stringono disperatamente quel pene che tra poco si svuoterà nella mia bocca, è la cosa che meno sopporto di tutto quello che sono costretta a fare con quest’uomo, non mi abituerò mai, lo sento.
Ecco, si è irrigidito, avverto la tensione che c’è in lui prima del momento conclusivo, lo so perché prima di partire in vacanza l’ho dovuto subire molte volte e ormai ho capito bene come funziona.
Mi preparo e finalmente lui si vuota. Ho imparato a non soffocarmi, respirando con il naso e spostando la lingua, cercando allo stesso tempo di ingoiare il meno possibile.
‘Zitta’, mi dice a mezza bocca, perché sta entrando qualcuno.
Rimango lì, accoccolata per terra davanti a lui, finché il cliente non esce dal bar.
Mi ripulisco la bocca sul grembiule, lasciando delle vistose tracce rosate, provocate dal misto di rossetto e sperma appiccicato alle mie labbra.
Quando finalmente il signor Antonino mi da il via libera, corro in bagno con la borsetta in una mano e le mutandine nell’altra.
Ci sono stata un bel po’ in bagno. Prima ho sputato a lungo, ma ormai c’era poco da sputare, poi mi sono ripulita, perché io proprio non ci riesco ad ingoiare tutto, così finisce che apro la bocca e lo sperma mi cola sul viso e scende per il collo. Questa volta mi è arrivato in mezzo ai seni macchiando pure le coppe del reggiseno. Ho impiegato un bel po’ a rifare il trucco, completamente sbaffato. Alla fine ho guardato le mutandine, rimaste sul bordo del lavandino.
No queste è meglio che non me le metto, dovesse accorgersene e si arrabbia di nuovo, così le ho ficcate nella borsetta e sono uscita dal bagno pronta a riprendere il mio lavoro.

Ecco, questo è stato esattamente il mio primo giorno di lavoro, al ritorno dalle ferie. Per un paio di giorni è filato tutto liscio, beh, liscio si fa per dire, perché il signor Antonino non mi da tregua, ma oggi, quello che temevo, è successo.
”giorno, Nino’
‘Buongiorno Santino. Solito cappuccino e cornetto, oggi?’
‘Si, ma con farfallina.’
La mia mano, protesa verso la leva della macchina del caffè, si è bloccata di colpo, come paralizzata.
‘Eh?’
‘Sì, oggi prendo anche la ragazza.’
‘Daniela, lascia perdere il cappuccino, qui ci penso io, vai in ufficio e preparati.’
No, questo no. Quello che ho temuto in questi mesi, si è materializzato di colpo. l’ultimo velo di dubbio, che mi ostinavo a mantenere, si è squarciato e la terribile realtà è davanti a me.
Io sono sempre stata una ragazza tranquilla, ma questo non deve per forza significare arrendevole. Questa volta combatterò, perché ho capito che se cedo oggi sono spacciata.
Tutto quello che mi ha fatto il signor Antonino, non era finalizzato solo al suo piacere, ma al mio impiego per altri scopi.
Non mi lascerò trasformare in una prostituta, oggi il suo amico Santino, domani un altro, poi un altro ancora ‘
E i filmati? Non importa, che li mostrasse pure a mio marito. Mi perdonerà.
Mi perdonerà? Sicuro che mi perdonerà?
Riuscirà a sopportare la scoperta che la sua ragazza della porta accanto è una troia, come dice sempre il signor Antonino?
Non ne sono sicura ma sono pronta a correre il rischio.
‘No’, dico con tono deciso mentre mi tolgo il grembiule e lo poggio su una sedia, ‘la mia esperienza nel bar finisce qui, faccia quello che vuole, non mi vedrà mai più.’
‘Sicura, Daniela?’, mi fa lui mentre armeggia con il telecomando.
Ora sullo schermo non c’è il solito filmato musicale senza audio, ma un’immagine fissa.
Sono già davanti alla porta, con la mano sulla maniglia, quando mi rendo conto che la foto rappresenta il bancone del bar, c’è una ragazza mora che sorride e quella ragazza sono io.
Lentamente, compare un titolo: DANIELA ‘ LA BARISTA TROIA, poi una rapida transizione introduce un filmato.
è quello della prima volta, con il signor Antonino che mi tocca i seni.
Breve stacco, il mio culetto allargato, da cui esce un filo di sperma ed il mio viso, girato indietro, che guarda nella telecamera.
Continua con una scena in cui io a gambe larghe mi faccio scopare, ho la maglietta arrotolata e lui mi carezza i seni. C’è anche l’audio, con dei gemiti femminili molto evidenti.
Ma quella non è la mia voce.
‘Carino, vero? Ho fatto montare tutto ad un mio amico che lavora nella pubblicità. Ci ha aggiunto anche un po’ di audio fatto come si deve, quella che ha prestato la voce è una vera professionista.’
Io guardo angosciata lo schermo ed immagino cosa potrebbe accadere se entrasse qualche cliente proprio ora.
‘Allora, se tu adesso esci dal negozio, io lascio questo bel filmato sullo schermo. Sono sicuro che non vuoi questo, vero Daniela?’
Mi prende per un braccio e mi allontana dalla porta.
Lentamente mi trascina verso l’interno del bar e, ogni metro che percorro, la mia resistenza si indebolisce.
Le mie scarpe scivolano sul pavimento, perché sono troppo leggera per fermare il movimento.
Mi aggrappo ad una sedia con una mano, ma lui mi apre a forza le dita e continuo ad avanzare verso la porta dell’ufficio, dove intanto mi aspetta il suo amico.
Sono dentro, la porta si è richiusa di scatto dietro di me.
Non ero ancora entrata nell’ufficio dopo i lavori. Qui ha cambiato l’arredamento: via la vecchia ed ingombrante scrivania, sostituita da un’altra più moderna che occupa meno spazio.
Appoggiato alla parete opposta, un letto ad una piazza e mezzo, con una sovraccoperta rosa.
Santino, completamente nudo, è sdraiato lì sopra e mi aspetta.
I suoi abiti pendono da un attaccapanni.
‘Dai, spogliati, che devo tornare al negozio.’
Piangendo mi libero di canottiera e gonna, le mutandine le avevo già tolte, come faccio ormai tutte le mattine, appena arrivata al bar.
‘E quello?’, mi dice indicando il mio petto.
Ora anche il reggiseno pende dall’attaccapanni, insieme al resto, vicino ai vestiti di quell’uomo grasso e orribile.
Mi sento come un vitello che viene portato al macello per essere trasformato in bistecche.
Ormai completamente nuda mi avvicino al letto, i capelli neri, lunghi e leggermente ondulati mi solleticano i seni, che si muovono mentre avanzo lentamente.
Mi tolgo le scarpe e salgo.
Il corpaccio grasso e flaccido di Santino e lì, sbracato in mezzo al letto, con il pene mezzo moscio che gli spunta da sotto la pancia.
‘Dai farfallina, datti da fare’, mi dice indicando il suo affare addormentato.
Devo cominciare con la cosa che mi piace di meno.
Comincio a leccarlo come ho fatto tante volte con il signor Antonino, cercando di vincere lo schifo, ma con lui è proprio impossibile fingere di stare con mio marito.
Sale lentamente, forse sono io che non sono abbastanza brava, forse è colpa sua, ma alla fine riesco a farlo indurire in maniera ragionevole.
‘Su da brava, succhiami la cappella, ora.’
Le mie labbra lo serrano dolcemente, come ho imparato a fare, mentre penso che non voglio lo sperma di quest’uomo in bocca.
‘Basta così, ora vienimi sopra’, il mio desiderio è stato esaudito: mi scoperà soltanto.
Un pensiero preoccupato va all’altra volta con lui ed i giorni di angoscia che ho trascorso con la paura di essere rimasta incinta.
‘Tranquilla, questa volta gli mettiamo il cappuccetto’, mi dice indicando un barattolo di vetro, simile ad una biscottiera, poggiato sul mobile di lato al letto.
E’ pieno di profilattici.
So come fare. Le mie mani si muovono meccanicamente, mentre aprono la la bustina. Sto attenta a non inciderlo con le unghie lunghe, poi lo srotolo velocemente sul suo pene, importante fare presto, perché se si ammoscia dovrò ricominciare da capo.
Chissà se il signor Antonino sta riprendendo la scena, per incastrarmi sempre peggio.
Mi ha fatto mettere a cavalcioni, sopra di lui, poi mi sono abbassata lentamente e quell’affare, rivestito dal profilattico che gli da una buffa colorazione verdina, è sparito nella mia vagina.
Mi muovo lentamente sopra di lui, guidata dalle sue mani che mi premono sulle chiappe, mentre i miei seni bianchi oscillano sul mio busto abbronzato.
Chiudo gli occhi mentre lui mi fa aumentare il ritmo, poi sento le sue mani che mi carezzano i seni, mi pizzicano i capezzoli, allora apro la bocca e inizio a gemere.
Chissà se l’amico che lavora nella pubblicità dovrà doppiarmi anche questa volta.
Santino è venuto. Ho avuto l’impressione che il profilattico si gonfiasse sotto la spinta della sperma che usciva, poi mi ha fatto togliere.
Ora sono sdraiata a fianco a lui, piena di vergogna per quello che ho fatto.
‘Dai, sfilamelo e buttalo nel cestino. Attenta a non sgocciolare.’
Mi scuoto, ho imparato bene anche questo.
Sfilo delicatamente il profilattico del suo pene ormai ammosciato, cercando di tenerlo con l’apertura in alto, comunque, nonostante il mio impegno qualche goccia esce, per fortuna che ci ho messo una mano sotto.
Faccio per prendere un kleenex, per pulirmi la mano ma, ‘Che cazzo fai, lecca.’
La mia lingua, vincendo lo schifo, passa più volte sul palmo della mano, finché non resta più traccia di sperma.
Intanto Santino, evidentemente soddisfatto si è rivestito e mi lascia sola.
In quel preciso momento lo sconforto si impadronisce di me: finora sono stata costretta a soddisfare le voglie del signor Antonino, ma ora ho passato lo spartiacque, sono diventata una prostituta a tutti gli effetti. Per un paio di giorni è filato tutto liscio, nel senso che il signor Antonino si è disinteressato di me, e non è successo nulla di particolare. Anche il suo amico Santino non si è fatto vedere.
Oggi invece, al momento del pranzo, è entrato nel bar Enzo.
Enzo è un amico del signor Antonino e mi sta particolarmente antipatico. A me non sono mai piaciuti i negri e lui, anche se proprio negro non è, è parecchio scuro perché è magrebino, non ricordo bene se algerino o tunisino.
Naturalmente Enzo non si chiama così, ma siccome vive in Italia da tanti anni, gli hanno affibbiato questo nome, molto più facile del suo vero nome.
A me non piacciono le persone con la erre moscia, e lui, visto che il suo paese è stato sotto la dominazione francese, ha un leggero accento francese con tanto di erre moscia, che mi infastidisce. Non sarebbe brutto: è un quarantenne con un fisico asciutto ed atletico, ma oltre a tutto quello che ho già detto, lo trovo stronzo ed arrogante.
Comunque torniamo a quello che è successo oggi.
‘Ciao Enzo, che prendi per pranzo?’, gli dice il signor Antonino.
‘pastasciutta e lei’, dice indicandomi ed esibendo un orribile sorriso, perché Enzo ha dei denti storti pazzeschi.
E no, dopo quel vecchio panzone di Santino, ci mancava pure questo negro stronzo.
Io sono una ragazza tranquilla, per niente aggressiva, ma questa volta sono decisa a vendere cara la pelle, pronta a ribellarmi a questa ennesima sopraffazione.
Alla fine del pranzo, gli altri si alzano e vanno via, rimaniamo solo io ed Enzo.
Sono pronta a combattere, anche se lui è molto più alto e più forte di me, gli dico chiaro e tondo che non sono disposta ad andare con lui, ma Enzo non sembra preoccupato dalla mia resistenza.
Da dietro, con un braccio, mi cinge la pancia e sento la sua mano abbrancarmi forte il fianco.
Praticamente mi solleva di peso e mi trascina via mentre io grido disperatamente.
Il signor Antonino non fa nulla, anzi, spalanca la porta dell’ufficio per aiutarlo, così in un attimo mi ritrovo sbattuta sul letto con la sovraccoperta rosa.
Enzo si apre i pantaloni, si abbassa le mutande e mi mostra un arnese scuro ed enorme.
Inizia a masturbarsi ed il suo pene cresce a vista d’occhio sotto l’effetto dei suoi movimenti decisi.
Io lo guardo terrorizzata, mentre tengo le ginocchia strette, in un disperato tentativo di impedire l’ineluttabile.
Prende un profilattico dal barattolo (evidentemente è bene informato) e poi inizia a toccarmi le gambe.
Cerco di resistere ma non è facile e, un po’ le sue carezze, un po’ i movimenti decisi con cui mi allarga le cosce, avvicinano il movimento dell’inevitabile penetrazione.
Io grido disperata, quando le sue manone scure mi aprono completamente le gambe ed Enzo si fa sotto, ma non riesco ad impedire che il suo pene eretto si avvicini al mio ventre.
Alla fine mi solleva la gonna e mi spinge indietro, la mia nuca sbatte sul cuscino e subito dopo mi sento forzare bruscamente le labbra della vagina.
è entrato, le sue mani scure mi premono sulle spalle costringendomi a rimanere sdraiata, mentre inizia a muoversi dentro di me.
è giovane, forte e pieno di energia, se non fosse un negro con la erre moscia, forse apprezzerei di più, mi viene da pensare, mentre il movimento si fa più ampio e più veloce.
Io per un po’ ho cercato di tenerlo lontano usando le cosce, ma sono riuscita solo ad eccitarlo maggiormente, perché il contatto delle mie gambe nude contro il suo corpo lo stimolava, così alla fine ho rinunciato ad ogni azione e mi sono abbandonata.
Quando ho sentito che stava venendo ho pensato che ormai era finita, ma mi sbagliavo di grosso.
‘Apri la bocca Daniela.’
Avevo chiuso gli occhi, in un tentativo disperato di estraniarmi e, quando li ho riaperti, mi sono trovata davanti al viso un profilattico usato e pieno di sperma.
‘Apri la bocca e tira fuori la lingua.’
Io, come un automa, obbedisco, e lui comincia a versarmi il contenuto del profilattico sulla lingua.
Mi guarda con due occhi cattivi ed io rimango immobile, mentre quella roba densa e biancastra si deposita sulla mia lingua.
Alla fine lo spreme come un tubetto di dentifricio.
Mentre piango per lo schifo, la vergogna e l’umiliazione, lui finisce di spremere il profilattico.
‘Ora chiudi la bocca’, e quando io ho eseguito il suo ordine, mi serra le labbra con una mano.
‘Adesso pensiamo al tuo bel culetto. Hai un bel culetto rotondo, morbido e suppongo anche delicato, visto che non hai fatto prendere il sole alle tue belle chiappe.
Ora io infilerò il mio uccello lì in mezzo e ti sfonderò il tuo bel culetto.
Lo posso fare in due maniere, la prima piano piano, all’inizio ci metto una bella pomatina, poi te lo allargo lentamente, non dico che ti divertirai, ma sarà un dolore sopportabile. Questo su tu te ne stai buona buona e te lo fai fare, nel senso che collabori.
La seconda, invece, se cominci a fare la stronza, senza pomatina, mentre tu strilli, ti dibatti, e stringi per tenerlo chiuso, e sono sicuro che ti farai parecchio male.
‘Pomatina?’
Nel frattempo ho finito di inghiottire lo sperma che avevo sulla lingua e che si è sciolto con la saliva.
‘Allora, pomatina?’
Io gli faccio cenno di sì e Enzo mi gira sulla pancia.
La prima sensazione è spiacevole: un qualcosa di freddo che mi accarezza proprio in mezzo alle chiappe, poi sento distintamente un dito che forza il mio ano, allora comincio a piangere e le lacrime inzuppano il cuscino, mentre lui prosegue.
Ogni tanto avverto di nuovo la sensazione di freddo, quando prende un po’ della roba con cui mi sta spalmando.
è un’operazione lunga ed accurata, che riguarda anche i dintorni dell’orifizio, e alla fine si spinge in profondità. Sento il dito che mi esplora, saggiando l’elasticità dei tessuti, mentre quella roba che lui chiama pomatina, mi penetra sempre più dentro.
Quando lui toglie il dito e sento che si sta posizionando sopra di me, in un ultimo sussulto di orgoglio, cerco di ribellarmi, ma Enzo è troppo forte e pesante.
Mi sento allargare le chiappe con le mani e poi avverto qualcosa di duro che cerca di entrarmi dentro. Grido, mi dispero, ma non serve a niente.
Il suo pene mi entra e mi allarga dolorosamente, lo lascia dentro qualche secondo e poi lo tira fuori, lasciandomi sempre l’ano dilatato, perché le sue mani non hanno mollato la presa.
Lo infila dentro, lo spinge giù, e poi lo toglie di nuovo.
Ripete questa operazione diverse volte e quando alla fine si ferma, toglie le mani ed ho l’impressione che il buco sia rimasto completamente aperto.
Quando alla fine me lo infila di nuovo, io resto completamente inerte, lo sento entrare fino in fondo, questa volta, e poi lui inizia a muoversi.
è una operazione lunga, molto più della prima penetrazione, quella nella vagina. Mi sembra che oltre al suo piacere, stia come cercando di plasmare il mio ano, per dilatarlo il più possibile.
Io resto immobile per tutto il tempo, con il viso affondato nel cuscino, mentre Enzo mi tiene stretti i fianchi con le mani, per aiutarsi a spingere.
Mi viene dentro con una spinta più forte delle altre, che mi fa emettere un grido di dolore.
Rimane per un po’ sopra di me, mentre lo sento ammosciarsi lentamente e ridurre la pressione sui miei tessuti, prima quasi insopportabile.
Sono stanchissima, distrutta e piena di dolori, provo lentamente a mettermi a sedere sul letto, ma Enzo non è ancora soddisfatto.
Se ne sta a gambe incrociate sul letto di fronte a me, e mi indica il suo grande pene, moscio e sporco.
Io lo guardo come inebetita, allora lui mi prende per i capelli e mi costringe a piegarmi in avanti.
‘Apri la bocca stronza, non ho ancora finito con te.’
Io schiudo le labbra e lui me lo ficca in bocca.
Un sapore terribile che mi costringe a sputarlo subito.
‘Che fai, stronza, non ti piace? Si è insaporito dentro al tuo bel culetto, su, datti da fare, che poi ti faccio tornare a casa.’
Disperata, singhiozzando, inizio a succhiarlo, mentre lentamente torna duro.
I minuti passano, non mi abituerò mai a questo, ormai lo so. Alla fine viene per la terza volta dentro di me, sento lo sperma che mi zampilla in bocca, vorrei scansarmi, ma sono troppo debole e rimango lì, immobile, ad aspettare la fine delle contrazioni.
Enzo se ne deve essere andato, sono sporca, appiccicata ed indolenzita, vorrei riposare, dormire, e poi svegliarmi a casa mia fresca e pulita, sapendo che ho sognato tutto.
La voce del signor Antonino, mi riporta alla realtà: ‘Allora, oggi hai deciso di fare gli straordinari?’
Guardo l’orologio, è tardissimo, devo andare a prendere i bambini a scuola.
Mi dovrei lavare ma non ho tempo, al massimo, dopo aver tamponato lo sperma che continua ad uscirmi da dietro, con un po’ di carta igienica, posso rimettermi le mutandine.
Mi guardo allo specchio, il pompino ad Enzo è stato deleterio per il mio trucco, ma non c’è il tempo per ripassare a casa ed acconciarmi da ragazza della porta a fianco, come faccio tutti i giorni.
Così esco di corsa diretta a scuola, con il trucco pesante mezzo sfatto e la minigonna che mi lascia scoperte le gambe.
Vorrei camminare veloce ma non posso, perché dietro mi fa un male cane e procedo a gambe larghe, mentre sento che c’è ancora roba che mi cola in mezzo alle cosce e mi bagna le mutandine.
Quando arrivo a scuola sono già andati via tutti. In parte è un bene perché evito di apparire in queste condizioni a tutti gli altri genitori.
C’è solo un papà, che ha aspettato gentilmente. I miei bambini quasi non se ne sono accorti, perché sono stati tutto il tempo a giocare con suo figlio, ma lui, dopo avermi osservata bene, mi ha lanciato un’occhiata veramente significativa. Sono diventata la puttana del bar.
Dopo la violenza subita da Enzo, l’amico magrebino del signor Antonino, la mia situazione, già difficile, è precipitata di colpo.
Lui, il proprietario del bar, deve aver capito che ormai ero pronta e che le mie residue resistenze erano state spazzate via.
La mattina dopo, mentre stavo riempiendo di tazzine il cestello della lavastoviglie, il signor Antonino mi ha ordinato di lasciar perdere e di andare in ufficio, perché avevo da lavorare. Ho trovato ad attendermi un cliente abituale del bar, già con i pantaloni aperti.
Mi ha ordinato di girarmi e di piegarmi sul letto. è stato tutto semplice e rapido: io mi sono piegata, lui mi ha sollevato la gonna e me lo ha ficcato dietro.
Mi ha fatto parecchio male perché ero ancora indolenzita dal trattamento riservatomi da Enzo il giorno prima.
Il tutto è durato pochi minuti, si è svuotato dentro di me, si è rivestito e se n’è andato.
Io sono rimasta lì, sdraiata sul letto come tramortita.
‘Dai, sbrigati, vatti a dare una lavata che ce n’è un altro.’
Mi sono alzata a fatica, tenendomi una mano in mezzo alle gambe, per fermare lo sperma che mi usciva e sono andata in bagno.
Il bidet, già, lo ha fatto montare questa estate perché Daniela, la puttana del bar, potesse lavarsi tra un cliente e l’altro.
Il secondo non l’avevo mai visto. Mi ha ordinato di spogliarmi completamente e poi di sdraiarmi.
Mi è salito sopra ed ha cominciato a toccarmi dappertutto, ho fatto appena in tempo ad infilargli il profilattico, altrimenti me l’avrebbe ficcato dentro senza.
è venuto rapidamente, attaccato ai miei seni, e se n’è andato alla svelta come il primo.
La cosa che mi ha colpito è stata che mi è piaciuto, alla fine ero parecchio eccitata.
‘Dai torna di là, che c’è da preparare i tramezzini.’
Io mi sono rimessa a lavorare dietro al bancone, mi sentivo bagnata fradicia, poi è arrivato il signor Antonino, ho sentito le sue mani che iniziavano a toccarmi, come era avvenuto tante volte, solo che questa volta ero troppo in là con l’eccitazione.
Ho cominciato subito a gemere, ad muovermi e lui continuava, insisteva.
Mi carezzava sempre più in profondità, sentivo le labbra farsi gonfie ed ho cominciato a muovermi con le anche, cercando di far entrare dentro le sue dita, ma lui si ritraeva, come per prolungare questa specie di piacere-tormento.
Ad un certo punto ho sentito le sue dita, strette insieme, penetrarmi di colpo, allora non ho capito più nulla e mi sono abbassata per farle entrare più in profondità, poi ho cominciato a muovermi, gemevo e gridavo in preda ad una eccitazione irrefrenabile, ma il signor Antonino ha tolto la mano di colpo.
La mia delusione è durata un attimo, ho sentito un dito che entrava di nuovo dentro e frugava nel mio sesso, sapevo cosa cercava.
è stato sufficiente un breve massaggio del clitoride, per farmi raggiungere un orgasmo così forte da lasciarmi stordita, aggrappata al bancone.
Poi è subentrata la vergogna: sono veramente diventata una troia, se mi piace farmi toccare da questo vecchio porco, mio marito non merita una donna del genere.
Pure prima, mentre quel cliente mi scopava, provavo piacere, ed anche a farmelo mettere di dietro, non mi dispiaceva più come una volta.
Ma la mia giornata da puttana del bar non è ancora finita.
Durante il pranzo, ho notato un tizio nuovo, un tipo sulla trentina, biondo e grassoccio, che mi fissava con insistenza.
Finito il pranzo ho iniziato a sparecchiare ma il signor Antonino mi ha detto: ‘vai in ufficio che hai da fare di meglio, qui ci penso io.’
In ufficio ho trovato il tizio biondo.
Mi ha fatto sedere sul letto e mi ha sollevato la maglietta.
‘Hai proprio due belle tette, adesso ci facciamo un bel giochino.’
Mi ha sganciato il reggiseno da dietro e lo ha fatto salire.
Io sono rimasta ferma, con i seni nelle sue mani.
Ha cominciato a carezzarli ed i capezzoli si sono fatti subito duri, mentre mi rendevo conto che mi stavo eccitando di nuovo.
Accidenti Daniela, smettila, non può succedere, non fare la troia.
Ha preso il pene, me lo ha piazzato contro il petto e lo ha stretto tra i miei seni.
‘Le tue belle tettone sono perfette per far divertire il mio giggetto.’
Ha continuato per un bel pezzo, finché non è diventato duro duro, mentre i miei capezzoli si erano fatti rossi e sporgenti.
Sul più bello lo ha tolto da lì, mi ha fatto aprire la bocca e mi ha costretta a prenderlo tra le labbra.
Il mio piacere è diminuito di molto, perché i pompini non mi piacciono e penso non mi piaceranno mai, ma a lui non interessava. Sono lì per soddisfarlo e devo continuare, questa è la mia sorte, se non voglio che mio marito scopra tutto.
Lo sento crescere nella mia bocca, ne avverto le pulsazioni, sento il piacere che sale dentro di lui e so che tra poco mi riempirà la bocca di sperma, una cosa che non mi piace, ma che non posso evitare.
Invece ha fatto anche peggio: sul più bello lo ha estratto dalla mia bocca ed io sono rimasta con la labbra aperte, sorpresa da questa mossa imprevista.
Gli zampilli di sperma tiepido mi sono finiti dritti in faccia, colpendomi dappertutto, mentre lui rideva divertito.
‘Bene, datti una ripulita che adesso facciamo sul serio.’
Mi ha passato un fazzolettino ed io mi sono ripulita sommariamente la faccia ed il collo.
‘Su, ora fammelo tornare dritto.’
Mi ha preso la mano e l’ha guidata fino al suo pene ed io, senza fare storie l’ho stretto ed ho iniziato a masturbarlo.
‘Brava, ora con l’altra mano, toccati.’
Mi ha sollevato la gonna e mi ha messo la mia mano libera proprio in mezzo alle cosce.
Sono imbarazzata, non ho mai permesso a nessuno, nemmeno a mio marito, di assistere al mio sesso solitario, ma lui insiste, mi guida la mano sopra la fessura e inizia a farla strofinare in superficie.
La sento aprirsi rapidamente mentre lui aumenta la pressione e le mie dita entrano dentro ed inizio a gemere, incerta tra il piacere e la vergogna.
Quando inizio a pensare che è il piacere che sta prendendo il sopravvento, di colpo, mi toglie le mani e mi scaraventa sdraiata sul letto.
Sento il suo corpo grasso e pesante che mi schiaccia e mi opprime, poi, subito dopo, avverto la penetrazione.
La mia vagina, calda, aperta e bagnata per la masturbazione, non offre la minima resistenza ed il suo pene mi entra dentro di colpo, fino in fondo.
‘No!’, grido io, ‘non così’, ma lui ha già iniziato a muoversi sopra di me.
Guardo disperata il barattolo con i profilattici, non posso correre questo rischio, accidenti.
‘Tranquilla lo tiro via al momento giusto.’
Il coito interrotto, già l’ho fatto tante volte con mio marito, i primi tempi.
Mi prende l’ansia: che gli importa a questo qui, se io, una puttana, resto incinta.
Invece è stato attento e, alla fine, quando si toglie da sopra di me, una larga chiazza di sperma troneggia in mezzo alla mia pancia.
Si ripulisce il pene strofinandolo sulla mia coscia, si richiude i pantaloni e se ne va.
Questa è stata più o meno la mia prima giornata da puttana del bar.
Ne sono seguite tante altre, spesso molto intense, perché, con il passaparola, la clientela si sta allargando.
In genere ho quattro o cinque clienti la mattina, un lavoretto rapido, ma spesso sono di più.
Dopo pranzo, nell’ora in cui il bar resta chiuso, uno o due, con un po’ più di calma.
Ogni volta che ho finito, vado in bagno a lavarmi.
Su questo il signor Antonino è stato tassativo: devo sempre fare il bidet dopo essere stata con un cliente.
Ma non sono finite qui le sue indicazioni.
è molto esigente per quello che riguarda il mio aspetto: ha escluso alcune mie gonne, da lui giudicate troppo lunghe, così devo indossare solo delle mini particolarmente succinte, in modo che i clienti del bar possano osservare bene le mie gambe. Anche sopra devo indossare solo magliette e canottiere scollate e leggere.
Oltre alle mutandine, mi ha fatto togliere anche il reggiseno, così, dalla scollatura si vede sempre un po’ dei miei seni. Devo uscire di casa così, con indosso solo una maglietta e la gonna, senza niente sotto, e quando arrivo al bar, lo sfregare della stoffa sui seni, ha già prodotto un effetto evidente sui capezzoli, che sono diventati così duri e sporgenti, da vedersi attraverso la stoffa.
Il mio trucco, già molto vistoso prima, si è fatto ancora più marcato, al punto che, quando mi guardo la macchina allo specchio, prima di uscire di casa, non riconosco più la vecchia Daniela.
Ma i problemi sono aumentati con il calare della temperatura.
è venuto l’autunno ed ho fatto presente al signor Antonino che non posso andare in giro con le gambe nude.
I pantaloni mi sono assolutamente vietati e non posso indossare collant.
‘Reggicalze con le giarrettiere, oppure autoreggenti’, mi ha risposto lui, ‘ma la tua fica deve stare all’aria, pronta all’uso.’
Così oggi, in una giornata di fine ottobre, non propriamente calda, sono uscita con una canottiera nera molto scollata ed un mini di jeans. Sopra ho messo una giacca per riparare le spalle nude, ma quando ho messo piede fuori casa, una ventata fredda si è infilata fra le mie gambe protette solo da un paio di autoreggenti scure ed è risalita dentro la gonna.
Ho freddo alla pancia ed al sedere e allora accelero il passo per scaldarmi.
Sento i seni muoversi liberi sotto la canottiera a già dopo due isolati ho i capezzoli duri. Ora mi sfregano più forte sulla stoffa e più sfregano e più diventano duri, mentre sotto comincio a sentirmi calda in mezzo alle gambe.
Sono pronta ad un’altra giornata da puttana del bar. Ormai si sta avvicinando l’inverno e la mia attività al bar è avviata a pieno regime.
Il tempo passato dietro al bancone a servire i clienti e diminuito tantissimo mentre sono sempre più impegnata nell’altra attività.
Cinque, otto anche dieci volte, durante la mattina, mi sposto dal letto sistemato nell’ufficio, al bagno per lavarmi e poi ricominciare con un altro, mente il pomeriggio ho almeno un paio di clienti, prima di tornarmene a casa.
Se resta tempo, il signor Antonino mi da un’ultima ripassata prima che possa correre a casa, cambiarmi ed andare a prendere i bambini a scuola.
Incredibile a dirsi, mi sto abituando e mi piace pure. Mi eccita molto farmi scopare da sconosciuti, non me lo sarei mai aspettato, vista la mia educazione molto tradizionale ricevuta, o forse è proprio per questo. Comincia a piacermi anche dietro, e questa è stata la sorpresa maggiore, date le difficoltà avute finora con mio marito. Non mi fa più male e quando lo sento entrarmi in profondità e poi muoversi dentro di me, ho la sensazione che mi stia massaggiando la vagina da dentro. Naturalmente non è così, ma l’impressione è proprio questa.
Solo con i pompini non riesco ad avere dimestichezza, nonostante in questi mesi ne abbia fatti a decine, non riesco ad abituarmi, non provo più il fastidio dei primi giorni, ma è comunque un qualcosa che non mi piace e credo non mi piacerà mai.
La difficoltà maggiore resta quella del tragitto casa bar e viceversa, perché il signor Antonino si sta mostrando inflessibile con me.
Continuo ad essere costretta ad indossare gonne cortissime ed autoreggenti. Anche se sopra metto un soprabito pesante, il freddo che mi si infila in mezzo alle gambe per risalire verso le mie parti intime scoperte è veramente fastidioso. Insomma, quando arrivo al bar ho il sedere e la cosina congelati.
In questi casi, il signor Antonino è molto premuroso e, mentre sistemo i cornetti per la colazione, mi fa un bel massaggio per scaldarmi, almeno lui dice così.
Si ferma solo quando sono calda e bella eccitata, giusto in tempo per il primo cliente che prende cappuccino, cornetto e magari anche qualcos’altro.

Oggi è successo l’accidente che avevo sempre temuto.
Era abbastanza presto ed avevo fatto solo il secondo cliente.
Ero in bagno, seduta sul bidet, come ormai mi capita diverse volte al giorno, e stavo ripulendo il mio culetto discretamente strapazzato da un muratore polacco, quando il signor Antonino mi ha bussato.
‘Daniela, sbrigati a venire fuori che c’è uno che ti vuole’.
Mi sono asciugata in fretta e sono uscita dal bagno.
Di fronte mi sono trovata ‘ Antonio, mio marito.
Ci avevo pensato un mucchio di volte, prima o poi sarebbe passato a vedere il posto dove lavoravo, e questo sarebbe stato un problema, perché non avrebbe apprezzato il mio abbigliamento.
Ultimamente non ci avevo più pensato, troppo presa dai miei problemi, e ora?
Lui sembra più sorpreso di me, il suo sguardo è incollato alle mie gambe, ricoperte da un paio di calze scure decisamente vistose, assolutamente non in stile con la sua ragazza della porta a fianco.
La minigonna mi lascia quasi completamente scoperte le cosce e penso che devo stare attenta a non muovermi, altrimenti si vedranno le fasce elastiche decorate che tengono su le calze.
Conosco bene Antonio, mio marito e, anche se non è il tipo di uomo meridionale geloso, non deve aver per niente apprezzato.
Lo sguardo ora cade sulla mia maglietta attillata, che fascia strettamente i miei seni.
Non può non aver notato che sotto non porto il reggiseno, per non parlare dei capezzoli così duri e sporgenti, che quasi sembrano voler bucare la stoffa della maglietta.
Erano già abbastanza in evidenza prima, ma il polacco, mentre sprofondava il suo pene nel mio culetto, si è divertito a pizzicarmi e massaggiarmi i seni per tutto il tempo, così ora i capezzoli sono rossi e duri come non mi era mai capitato di vedere.
Infine il suo sguardo si concentra sul mio viso, truccato in maniera vistosa e capisco che sta per esplodere.
‘Adesso tu vieni via con me e qua dentro non ci metti più piede!’, mi grida mentre mi afferra per un braccio.
‘Eh no, la ragazza lavora qui. Ma tu chi cazzo …’
Mi ha afferrata anche lui per un braccio, sono in mezzo tirata e contesa tra i due, quando succede l’irreparabile.
Antonio molla un pugno in faccia al signor Antonino che in parte lo schiva tirandosi indietro.
Il colpo lo prende sullo zigomo. Non sarebbe fortissimo se non fosse che lui, nel movimento brusco che fa per evitare il colpo, scivola e, cadendo, batte la testa sullo spigolo del bancone.
Il barista è a terra e perde vistosamente sangue dal sopracciglio, mentre io ed Antonio osserviamo atterriti la scena. Solo in quel momento mi accorgo che dall’altra parte del bar c’è Santino, che deve aver assistito a tutta la scena.
Si è svolto tutto in un attimo e mi sento il culetto, prima piacevolmente allargato dal muratore polacco, serrarsi di colpo.
Insomma, il signor Antonino è andato in ospedale accompagnato dal suo amico Santino, mentre io sono dovuta rimanere nel bar, perché non avevo le chiave, mentre mio marito è andato via.
Il signor Antonino è tornato dopo diverse ore, era di molto incazzato ed aveva le testa fasciata.
Io ho cercato di spiegargli che quello era mio marito, ma lui ha detto che lo denuncerà e gli farà passare un mucchio di guai.
Intanto se l’è presa con me e, quando mancavano cinque minuti alla fine del mio orario, me lo ha ficcato dietro abbastanza brutalmente e poi mi ha messo alla porta, costringendomi a fare tutta la strada con lo sperma che mi colava fuori e per fortuna che si è fermato sugli elastici delle calze.
La sera a casa mio marito era molto abbattuto, si è scusato per il comportamento, però, io dovevo pure capire che non si aspettava di vedermi vestita così.
‘Mi sembravi conciata quasi come una puttana’, mi ha detto, e questo mi ha fatto stare ancora più male.
La notte, a letto, mi sentivo così in colpa, e lo vedevo così preoccupato per le conseguenze del suo gesto, che ho iniziato a sculettargli davanti.
Ha apprezzato molto la mia disponibilità a farmelo ficcare lì.
Io ero stanca e preoccupata al punto di non avere voglia di tirarla tanto per le lunghe, così ho iniziato a muovermi avanti ed indietro. Sentivo il suo coso che mi entrava ed usciva tra le chiappe, finché non mi ha preso forte per i fianchi ed ha continuato lui.
Pochi colpi, solo pochi colpi e l’ho lasciato soddisfatto nel letto, mentre andavo a farmi l’ultimo bidet della giornata, condito da una bella toccatina in modo da mettermi a dormire rilassata.
Nonostante il finale fai da te, ho dormito malissimo, tormentata dalle preoccupazioni per quello che potrebbe accadere ad Antonio, perché ho paura che quello lo denunci veramente, e poi sto ingannando mio marito, se solo sapesse la verità, il pugno lo avrebbe rifilato a me. L’incontro tra mio marito ed il signor Antonino è avvenuto nel bar il giorno dopo.
Io ho assistito da lontano, da dietro il bancone e solo alla fine, quando sono tornata a casa con Antonio, ho saputo com’è andata.
Dopo due ore di contrattazioni, si è deciso a ritirare la denuncia, che, considerando la presenza di Santino come testimone, ed una vecchia storia di mio marito, per una scazzottata risalente a quando aveva diciotto anni, chiusasi con una condanna con la condizionale, poteva finire molto male per lui.
L’accordo è stato questo: niente denuncia, io continuo a lavorare al bar e Antonio non metterà più piede nel locale.
C’è un’ultima condizione, il mio orario si allunga fino alle 19.
Mio marito non ha idea di cosa significhi questo per me, già torno a casa molto stanca così, figuriamoci a lavorare tutto il giorno, però non gli posso dire che sta costringendo sua moglie a prostituirsi per tutta la giornata invece che a part time.
In tutto ciò mio marito dovrà andare a prendere i bambini a scuola.
Sto lavorando tantissimo ed ho l’impressione che il signor Santino goda a vedermi andar via, dopo un’intera giornata, completamente sfinita.
Ora guadagno di più, sia perché lavoro più ore, sia perché mi ha aumentato la paga. ‘Sei diventata brava’, mi ha detto.
Già, una brava puttana, che si impegna e fa tutto per bene, pompini inclusi.
Ho riflettuto sul fatto che io non sono retribuita per quel che faccio, visto che io vengo pagata come barista e tutti i soldi che gli faccio fare finiscono solo in tasca sua.
Una volta, all’inizio, ero stata lì lì per denunciarlo, volevo andare al posto di polizia in ospedale e ‘ alla fine non ce l’avevo fatta ed avevo rinunciato.

Oggi, uscendo dal bagno del bar, mi sono trovata faccia a faccia con due poliziotti in divisa.
Ho cercato di scansarmi ma loro mi hanno bloccato il passo.
‘E’ lei?’
‘Sì, è lei, la puttana.’
Mi sono sentita afferrare ed ho avuto veramente paura.
‘Questo cesso di bar lo chiudiamo e tu e quel vecchio porco finite in galera.’
Mi sono sentita perduta, mio marito poteva scoprire la verità in mille modi, ma trovarmi in cella, dentro ad un commissariato, sarebbe la cosa peggiore per metterlo al corrente dei fatti.
Ho cominciato a piangere, a supplicarli ed ho capito che i due non la pensavano alla stessa maniera: il primo era duro, rigido, mentre il secondo sembrava più malleabile.
‘Dai, forse per questa volta possiamo chiudere un occhio.’
‘Un occhio? Ma questa troia si fa scopare dalla mattina alla sera ed il vecchio si becca un pacco di soldi. Bisognerebbe chiuderne dieci di occhi.’
‘Dai, noi chiudiamo tutti e due gli occhi e lei, magari, apre le cosce, che ne dici?’
La rapidità con cui il poliziotto integerrimo ha accettato questa soluzione, mi ha fatto pensare che fosse un gioco di squadra, comunque un minuto dopo ero sdraiata sul letto dell’ufficio, anzi, sdraiata sul poliziotto cattivo, mentre l’altro era sopra di me, per spiegare meglio, il primo dietro ed il secondo davanti.
è la prima volta che lo faccio con due uomini contemporaneamente e devo dire che non è male, perché, quella sensazione, quando lo prendo dietro, di un piacevole massaggio alla vagina, ora è molto più forte e sicuramente giustificata.
Il peggio è venuto dopo, perché ho dovuto fare un pompino ad entrambi e mi è piaciuto molto meno.
Alla fine sono andati via senza pagare, naturalmente, ma il bar è rimasto aperto.

Dopo quella prima volta, ho guadagnato anche i poliziotti del vicino commissariato. è curioso, loro dovrebbero perseguire la prostituzione ed il suo sfruttamento, e invece ‘
‘Daniela, ci sarebbero da portare 5 caffè al commissariato.’
‘Ma tra 10 minuti bisogna servire il pranzo’, obietto io, che non apprezzo quando mi chiede di fare questi servizi fuori del bar, neanche fossi un garzone.
‘Non ti preoccupare, qui ci penso io.’
Così, a corto di argomenti, ho preso il vassoio e sono uscita.
Il commissariato a quell’ora è poco frequentato, perché gli uffici sono chiusi, riconosco un paio di agenti con cui sono stata e chiedo dove devo consegnare i caffè.
Mi tolgono il vassoio di mano e mi prendono di peso.
Mi fanno entrare in una cella minuscola, con tre pareti fatte di muro e la quarta di sbarre.
Accidenti, ora mi arrestano veramente, penso io.
‘Togliti i vestiti, perché ti devi mettere la divisa da carcerata’, mi dice uno grosso con i capelli grigi, che sembra essere quello più alto in grado.
Non ho scelta, mi libero prima del soprabito, poi della gonna e della maglia, rimanendo solo con le calze autoreggenti e le scarpe.
Ho freddo e passano di continuo poliziotti che mi guardano incuriositi, ma della divisa da carcerata neppure l’ombra.
Dopo un po’ torna quello grosso e mi fa cenno di avvicinarmi alle sbarre.
‘Su, abbassati, così ancora.’
Mi fa inginocchiare, poi fa uscire le mie mani attraverso le sbarre e ‘ click, sono ammanettata.
‘Il vecchio del bar dice che sei una buona puttana, ma devi migliorare i pompini. Ora ti facciamo fare un po’ di pratica.’
Si apre i pantaloni, lo tira fuori e me lo comincia a strofinare davanti al viso.
è già bello duro, si vede che la vista del mio corpo nudo dentro la cella, deve averlo discretamente eccitato.
In questi mesi trascorsi al bar, ho fatto parecchia pratica, ma è una cosa che non mi è mai piaciuta e si vede, perché inizio a succhiarlo svogliatamente.
Ad un certo punto sento qualcosa in mezzo alle gambe e mi accorgo che ha preso il manganello e me lo ha piazzato proprio lì.
Inizia a strofinarlo in avanti ed indietro ed il mio sesso, stimolato inizia ad aprirsi.
Mollo per un attimo la presa con la bocca e lui si arrabbia.
‘Guardia che non stiamo giocando, ora se non fai le cose per bene, ti ficco il manganello su per il culo’, e per rafforzare quello che ha detto, me lo punta in mezzo alle chiappe e lo spinge leggermente in su.
Sono spaventata e cerco di metterci tutto l’impegno possibile, sento infatti che la pressione del manganello sulle mie chiappe diminuisce.
Alla fine mi viene dentro, riempiendomi la bocca di sperma, a me sembra di aver fatto il massimo possibile, ma lui dice che devo migliorare molto, e lo posso fare solo esercitandomi, così, dopo avermi costretto a succhiarlo bene per ripulirlo, se lo rimette dentro i pantaloni e lascia il posto ad un altro.
Ricomincio, mentre sento il cigolio della porta della cella che si apre. Lì per lì neanche ci faccio troppo caso, ma poi mi accorgo che il poliziotto grosso è entrato e si è messo dietro di me.
‘Ahi!’, grido io, mentre mollo la presa. Mi ha dato una forte sculacciata.
‘Zitta, pensa a succhiare.’
Comincia a colpirmi ripetutamente, sono dei colpi secchi che si abbattono sulle mie povere chiappe nude e penso preoccupata a cosa dirà mio marito quando vedrà che ho il sedere arrossato.
‘Se non ti metti in testa di fare dei pompini decenti, ti manderò a casa con il culetto rosso peggio di quello delle scimmie dello zoo.’
Io mi sto sforzando, faccio del mio meglio ed ho le lacrime agli occhi per il bruciore che sento dietro. Ad un certo punto la smette con le sculacciate e sento di nuovo il manganello che mi massaggia dolcemente in mezzo alle cosce.
Non so se dipende dallo stare ammanettata in una cella che, lo ammetto, fa parte dei miei sogni un po’ perversi, che non ho mai osato raccontare a nessuno, se è la paura delle sculacciate o forse, più probabile la causa di tutto è il contatto con il manganello che lentamente mi fa schiudere la vagina, ma, ad un certo punto, succede qualcosa.
Comincio a succhiarlo quasi con voluttà, poi ogni tanto mi fermo e mi metto a leccarlo tutto intorno.
Quello dietro toglie il manganello e lo sostituisce con una mano ed io comincio a contorcermi, mentre sento le sue dita che mi entrano dentro e cercano il clitoride.
L’altro viene proprio mentre lo sto leccando dalla base fino alla punta e gli schizzi mi finiscono parte in faccia e parte nella bocca semi aperta.
Ormai ho rotto il ghiaccio e loro ne approfittano subito.
Uno dopo l’altro si presentano davanti a me, sento i loro versi di piacere, mentre gli altri commentano soddisfatti.
‘Hai visto, la troia come si è sciolta bene, ora non si ferma più.’
Beh, alla fine mi fermo, sono sfinita, ho la faccia, il collo ed i seni pieni di sperma, mi fanno male le ginocchia e non riesco più a mantenere quella posizione scomoda.
Il poliziotto grosso mi apre le manette e mi aiuta ad alzarmi, prendendomi sotto le ascelle, così ne approfitta per toccarmi i seni.
‘Su con la vita, bella’, mi dice perché io sono così stanca che traballo e mi appoggio a lui.
‘Attenta, che così mi sporchi la divisa’.
Alla fine riesco a tenermi in piedi sulle mie gambe, allora lui prende i miei vestiti, che erano rimasti poggiati su una panca e mi indica il bagno.
‘Quello è il cesso delle donne, datti una sciacquata, per oggi non ti arrestiamo.’
Attraverso il corridoio nuda, con i vestiti in mano, passando in mezzo a diversi poliziotti che ne approfittato per toccarmi finché non riesco a rifugiarmi in bagno.
C’è solo acqua fredda e rabbrividisco mentre mi lavo la faccia, il collo ed i seni.
Il trucco ormai è ridotto ad una maschera e l’unica è asportarlo completamente, ma non ho con me i prodotti per struccarmi, che sono rimasti al bar, nella mia borsetta, così il risultato finale non è dei migliori.
Ho fatto appena in tempo a rivestirmi che entra qualcuno.
‘Ah, tu devi essere la puttana dei pompini’, mi dice la nuova entrata.
E’ una poliziotta, sulla quarantina, alta e ossuta, con una faccia da cavallo ed una folta capigliatura rossiccia, tenuta legata dietro la nuca con un fermaglio.
‘Non penserai mica di andartene senza aver fatto divertire anche il personale femminile del commissariato’.
Detto ciò si apre i pantaloni della divisa e mi dice di avvicinarmi.
Sotto indossa uno slippino rosa minuscolo, che, una volta abbassato, mostra una vera foresta di peli nerissimi.
‘La mia fichetta non vede l’ora di essere slinguazzata per bene, vediamo come te la cavi.’
Così ora sono di nuovo in ginocchio, davanti ad una donna, questa volta.
La cosa non mi attira per niente, ma temo di non avere scelta.
Non deve essersi lavata di recente e la folta pelliccia che contorna la sua vagina mi da discretamente fastidio, ma lei mi tiene la testa impedendomi di allontanarmi.
Di sicuro so meglio quali sono i punti più sensibili in una donna piuttosto che in un uomo, per averlo sperimentato a lungo su me stessa, e così riesco subito a far scaldare la poliziotta.
Ha un clitoride molto pronunciato, al punto che al contatto della lingua, ora che è bello duro, sembra quasi un piccolo pene, almeno rispetto al mio, che anche al massimo, è come una piccola escrescenza.
Lei geme forte e si strofina contro la mia faccia finché, all’improvviso, raggiunge l’orgasmo e mi da una bella spruzzata.
‘Vieni qui, tirati su.’
Anche lei mi prende sotto le ascelle, ma non si limita a toccarmi i seni, come aveva fatto il suo collega maschio, perché mi infila le mani sotto la maglia e risale fino a raggiungere i capezzoli.
Comincia a massaggiarli con il palmo delle mani e, quando si accorge che io sto respirando a bocca aperta, poggia le sue labbra sulle mie.
Sono rimasta sorpresa, proprio non me l’aspettavo e così la lascio fare.
Sento la sua lingua che cerca la mia, vorrei andarmene, ma lei mi tiene stretta finché io mi arrendo e lascio che le nostre lingue si uniscano liberamente.
‘Non male’, mi dice mentre si rimette a posto lo slip rosa e si richiude i pantaloni, ‘uno di questi giorni passo al bar a trovarti.’ Per fortuna la poliziotta lesbica non ha mantenuto la sua promessa, ci mancava solo uno stuolo di donne in calore da soddisfare.
Ormai è inverno pieno, fa freddo e temo che non riuscirò mai ad abituarmi ad uscire di casa con la gonna e nuda sotto.
Anche se metto un cappotto pesante, il vento freddo che flagella le vie della città, si infila implacabile sotto i vestiti e risale lungo le mie cosce.
Se il tragitto fosse più lungo arriverei letteralmente congelata, ma anche così entro nel bar mezza intirizzita e allora, mentre inizio a lavorare al bancone, il signor Antonino mi scalda.
è una cosa che fa tutti i santi giorni, infila da dietro una mano in mezzo alle gambe e mi stuzzica finché non sono bagnata fradicia.
Naturalmente non lo fa quando ho il ciclo. Non portando mutandine devo per forza usare un Tampax, allora lui, quando sente il filo dell’assorbente si ferma e mi dice la solita frase: ‘va bene, avvertirò i clienti che oggi lo prendi solo nel culo.’
Lui si diverte a sottolineare quello che devo fare durante la giornata, è fatto così.
è quasi un anno che lavoro al bar e mi sono abituata a questa doppia vita, a casa la ragazza acqua e sapone, la mammina premurosa, fuori, nel bar, la puttana incallita, pronta a fare qualsiasi cosa.
Quando mi chiedo come sia potuta cadere così in basso, non riesco quasi a crederci. Avrei dovuto lasciare il lavoro subito, sicuramente mio marito mi avrebbe creduto, ora non è più possibile, non posso confessargli tutto dopo così tanto tempo. Non posso dirgli: ‘caro, ogni giorno mi faccio scopare da almeno una decina di uomini, lo prendo da tutte le parti, davanti, dietro e pure in bocca, tutti i santi giorni, dal lunedì al venerdì, e neanche mi dispiace troppo.’
L’unica è continuare, resistere, sperando che finisca.
Ma perché dovrebbe finire? Il signor Antonino non è così vecchio da morire a breve, ed io sono giovane, non ho ancora 31 anni. Per quanto tempo posso fare la puttana: 10, 15, forse anche 20 anni, se mi curo.
L’idea di fare questa vita per così tanto tempo, mi angoscia, ma la cosa peggiore è il rimorso per mio marito, gli voglio bene veramente, lo sto ingannando, faccio schifo.
Mi chiedo come lui non si sia accorto di nulla, invece Antonio è tranquillo, anzi, si sente in colpa perché per la sua irruenza sono stata costretta a lavorare più ore.
Io cerco di ripagarlo la notte a letto, anche se dopo le giornate al bar sono stanchissima.
Piano piano gli ho mostrato un progressivo miglioramento delle mie abilità, cercando di non insospettirlo.
è contento di ficcarmelo dietro ed ora lo accontento spesso. Lui si scusa con me, a volte: ‘Daniela, dimmelo se ti fa troppo male, mi raccomando.’
Ma che male, sono mesi che mi sfondano al bar, e poi ora mi piace, perché quella sensazione che la penetrazione anale mi stimoli da dentro la vagina la sento sempre più forte. Forse è solo un’impressione, ma ora riesco a raggiungere facilmente l’orgasmo anche così.
All’inizio, con Antonio, cercavo un po’ di nasconderlo, ma ultimamente mi lascio andare e lui è contento e non si chiede come mai, dopo tanti anni che siamo insieme, mi sia sciolta propria ora.
Anche se timidamente, ho iniziato con i pompini. Alla fine evito di ingoiare e glie lo avvolgo in un pezzo di carta igienica, ma lui si accontenta, perché è un grosso passo avanti rispetto a prima, che non riuscivo neanche a metterlo in bocca.
Insomma sto mettendo a frutto l’esperienza del bar, per far contento mio marito.

Oggi, come tutte le mattine mi sono preparata e sono uscita per andare al bar, minigonna, tacchi alti e maglietta scollata, sotto al cappotto. Ho scelto delle calze scure, a rete abbastanza fine, nella mia ormai vasta collezione di autoreggenti, che tengo nascoste in fondo al cassetto, tante volte mio marito ci frugasse dentro.
Cammino veloce anche se non è una giornata molto fredda, ma voglio sbrigarmi a raggiungere il bar.
A cento metri dal locale noto qualcosa di strano: nell’aria c’è un odore come di plastica bruciata e, in lontananza, mi sembra di vedere un capannello di persone.
Quando manca solo un isolato vedo passare un camion dei pompieri a sirene spente.
Il bar non c’è più.
Al suo posto un buco nero, come l’entrata di una caverna, con di lato un ammasso nerastro e contorto che, con un po’ di fatica, identifico nella serranda.
Un gruppetto di curiosi staziona sul marciapiede, mentre il signor Antonino sta in piedi, immobile e con gli occhi sbarrati a guardare il disastro.
Un po’ mi fa pena, anche se è un bastardo che mi ha rovinato la vita.
Entro nel bar, l’odore di bruciato si fa molto più forte, quasi soffocante. Dentro e tutto nero, deformato e contorto dal calore dell’incendio. Sopra i resti del bancone, il televisore è solo una macchia di plastica fusa e contorta.
Entro nell’ufficio, dove ho passato gran parte del mio tempo in questo ultimo anno.
Il letto è completamente bruciato, al punto che del materasso sono rimaste solo le molle.
A fatica, si vede un lembo di stoffa della sovraccoperta, miracolosamente rimasto rosa, in mezzo al resto invariabilmente nero.
Il monitor, in piccolo, ha fatto la stessa fine del televisore, mentre il computer è solo un contenitore di lamiera contorto.
Già il computer ‘ le foto, i filmati ‘ sono salva.
Tutta la documentazione che mi incastrava e mi costringeva a continuare a prostituirmi è distrutta, incenerita dal fuoco purificatore, che mi ha salvata, ridandomi la verginità di ragazza della porta accanto, moglie affettuosa e mammina premurosa.
Sono uscita dal bar.
Il signor Antonino non mi deve aver neanche notata, perché continua a guardare nel vuoto, così, prima lentamente, poi sempre più velocemente, mi sono allontanata dal bar.
Finalmente a casa.
Mi sono spogliata di corsa, via la canottiera e la mini, via le autoreggenti e le scarpe con il tacco alto.
Al loro posto reggiseno, mutandine, un maglioncino a collo alto ed un paio di jeans comodi, e, per finire, calzini pesanti e scarpe sportive basse.
Mi sono guardata allo specchio soddisfatta: è tornata la solita Daniela.
Non ancora: il trucco.
Via il trucco pesante, non devo attirare nessun cliente, c’è solo mio marito, e per lui vado bene acqua e sapone, con giusto qualcosina per far risaltare gli occhi.
Poi sono cominciati i pensieri.
E se il signor Antonino ha una copia delle foto e dei filmati, magari nel computer di casa?
Forse no, e poi non so se ha i soldi per riaprire il bar, magari lascia perdere e torna definitivamente nel suo paese in Calabria.
Riuscirò a riabituarmi alla vita di prima?
Devo ammettere che cominciavo ad assuefarmi al mestiere della puttana, delle volte pensavo che tutti quegli uomini sconosciuti, vecchi e giovini, brutti e attraenti, dipendessero da me. Ero io che decidevo se dargli o meno il piacere, con il mio corpo e la mia bocca. Daniela, ma che cosa ti metti in testa, tu non decidevi nulla, eri lì e dovevi sottostare al loro volere, eri una specie di schiava.
Forse è così, però devo ammettere che mi piaceva. All’inizio pensavo che l’assuefazione mi avrebbe tolto il gusto di fare sesso, invece più andavo avanti e più mi piaceva, ultimamente, dopo l’indigestione nel commissariato di polizia, mi piacevano anche i pompini.

Mio marito è stato contento che io abbia smesso con il lavoro: ‘così avrai più tempo per la famiglia, ed anche per me’, mi detto strizzando l’occhio, ‘perché ultimamente eri così stanca che spesso ti addormentavi subito.’
Io spero che non scopra mai il motivo della mia stanchezza, ora devo pensare solo a lui e mettere a frutto l’esperienza fatta. E’ passata una settimana da quando Daniela, mia moglie, ha smesso di lavorare al bar.
Sinceramente sono contento che sia andato a fuoco, quel tipo mi stava sulle palle, e poi, lei tornava a casa troppo stanca, aveva poco tempo per la famiglia, insomma meglio così.
Devo dire che ora, senza le fatiche del bar, la sera a letto va molto meglio.
Daniela è sempre stata una moglie premurosa, anche se un po’ legata in certe faccende, a causa della sua educazione molto tradizionale, invece ora mostra una scioltezza che mi ha sorpreso piacevolmente. Avevo notato in questi ultimi tempi una maggiore intraprendenza da parte sua, ma adesso, che arriva alla sera molto più riposata, i momenti che trascorriamo a letto, dopo che i bambini si sono addormentati, sono veramente eccitanti.
Per festeggiare il cambiamento, è anche andata dal parrucchiere ed ha fatto un taglio molto diverso. Non sono pratico di queste cose ma provo a descriverlo: un po’ di frangetta davanti ed accorciati dietro, in modo da fermarsi alle spalle.

Questa sera abbiamo un invito a cena da amici, così Daniela ha portato i bambini dai nonni, in modo da darci la possibilità di fare tardi quanto vogliamo.
Sono rientrato a casa prima di lei ed ho trovato una lettera nella cassetta della posta.
è una busta gialla, gonfia e pesante e, curioso, deve essere stata consegnata a mano, perché non c’è né indirizzo né francobollo. L’unica scritta, in stampatello, riporta il mio nome e la sigla S.P.M.
Appena entrato in casa l’apro senza troppo interesse e mi trovo tra le mani un foglio scritto sempre a stampatello, ed un pacchetto legato con l’elastico.

BUONGIORNO CORNUTO

Ma guarda ‘sto stronzo, mi viene voglia di buttare tutto nella spazzatura, ma continuo a leggere.

DANIELA, LA TUA CARA MOGLIETTINA, E’ UNA TROIA.

Faccio un salto nel leggere questa frase, ma ormai la lettera è riuscita a catturare il mio interesse.

QUANDO DICO TROIA, NON INTENDO CHE LEI TI TRADISCE CON UN AMANTE, MA CHE E’ UNA PUTTANA.
LA TUA CARA DANIELA, NELL’ANNO PASSATO A LAVORARE AL BAR, SI E’ PROSTITUITA REGOLARMENTE TUTTI I GIORNI.
INSOMMA, PER DIRLA IN ALTRE PAROLE, HA PASSATO PIU’ TEMPO AD ALLARGARE LE COSCE , CHE A PREPARARE CAFFE’.
SOLTANTO IO, ME LA SONO SCOPATA UNA DECINA DI VOLTE, IN ALTRETTANTE OCCASIONI GLIE L’HO FICCATO NEL CULO E MI SONO FATTO FARE DA LEI SVARIATI POMPINI.
SE PENSI CHE TI STIA RACCONTANDO BALLE, TI POSSO DIRE CHE HA UNA FARFALLA TATUATA SULLA SPALLA ED ANCHE UNA PICCOLA VOGLIA SULLA COSCIA SINISTRA.
INSOMMA, IL CORPO DI TUA MOGLIE LO CONOSCO MOLTO BENE.
SE ANCORA NON SEI CONVINTO, GUARDATI LE FOTO CHE LE HO SCATTATO.

UN AMICO

Bell’amico, penso io, poi mi comincia a montare una rabbia sorda, mentre penso ai tanti particolari che mi avrebbero dovuto insospettire. Sì, perché mia moglie era strana ultimamente: la stanchezza, atteggiamenti diversi, non abituali per la ragazza della porta a fianco che era sempre stata, mi avrebbero dovuto mettere in guardia.
Ma no dai, questo si è inventato tutto, la farfallina si vede, basta una canottiera o una maglietta scollata per mostrarla, ma la voglia sulla coscia, quella no.
Alla fine tolgo l’elastico al pacchetto ed apro la carta che lo chiude.
La prima foto mostra una ragazza seminuda, sdraiata su un letto. è di schiena, a busto scoperto, con i capelli neri sciolti sulle spalle. Indossa solo una minigonna di jeans arrotolata fino alla vita, ed un paio di autoreggenti a rete.
Tiene le gambe aperte e si vede chiaramente orifizio dell’ano dilatato ed umido. Insomma l’ha appena preso di dietro.
è Daniela?
Potrebbe essere, il corpo ed i capelli sono simili, mi ricordo che possiede anche una gonna identica. Ma dai, di minigonne jeans ce ne sono a milioni.
Nella seconda foto è in piedi, completamente nuda, a parte un paio di autoreggenti, questa volta a trama fitta, con la riga dietro.
Sta a gambe larghe, con la fica aperta e bagnata e tiene le mani sotto i seni.
Sorride e ‘ è proprio Daniela.
Scorro le altre foto. C’è tutto il repertorio: vestita, spogliata, mentre si tiene allargate le chiappe con le mani per mostrare bene il buco del culo, con le mani sulle cosce ed i pollici che tengono aperte le labbra della sua fica, per arrivare all’ultima, dove lei, con la bocca semi aperta, con lo sperma che le cola sul mento, sembra quasi orgogliosa del pompino appena fatto.
Vengo preso da una rabbia sorda, ce l’ho con me che non ho capito un cazzo, ma anche con lei, che ha tradito la mia fiducia. La ragazza acqua e sapone, già, piuttosto acqua e sperma, con me ha sempre fatto tante storie, no, di dietro no, in bocca mi fa schifo, e poi si fa sbattere da tutti nel bar.
Ora sono in camera da letto, comincio a frugare nei cassetti e, in fondo ad uno di quelli di Daniela, trovo una busta.
Dentro c’è tutta la sua collezione di autoreggenti, che deve aver usato nel bar. Le metto in fila sul letto e riconosco quelle delle foto. Me l’immagino nel bar, con i clienti, le bastava sollevare la gonna e loro si servivano tranquillamente.
Ecco perché al ritorno dal lavoro si ficcava direttamente in bagno e si faceva lunghe docce: doveva togliersi di dosso l’odore di tutti maschi con cui era stata.
Quanti erano? Cinque, dieci, venti? Da quanti uomini si faceva sbattere ogni giorno la mia dolce Daniela?
Lentamente la rabbia che mi ha portato a sragionare si placa e subentra la lucidità di chi medita la vendetta.
Questa volta, Daniela, non la passerai liscia, difficilmente ti scorderai questa notte. Questa sera andiamo a cena da Carlo e Serena.
Ho lasciato i bambini a dormire dai nonni e già pregusto la cena e la serata piacevole con i nostri amici.
Sono contenta di essermi liberata del bar e di tutto quello che comportava. Non credo che il signor Antonino si rifarà più vivo, penso che abbia ben altri problemi e poi, la vista del computer completamente fuso, mi ha tolto un peso enorme.
Ormai ce l’ho fatta. Certo, potrei incontrare uno dei tanti clienti del bar. Ma no, la città è grande, e poi, che mi potrebbe fare?
Quando sono entrata in casa ho notato qualcosa di strano in Antonio, mio marito. Siamo insieme da molti anni e capisco subito quando c’è qualcosa che non va.
è strano, svagato e risponde a monosillabi alle mie domande.
‘Daniela, vatti a preparare, altrimenti faremo tardi. Ah, ti ho lasciato i vestiti sul letto.’
Non capisco, lui non se ne intende di queste cose ed io ho sempre scelto da sola cosa mettermi.
Quando entro in camera mi prende un colpo.
Ha disposto i vestiti sul letto come a simulare una figura umana sdraiata. In alto, vicino al cuscino, c’è una maglietta leggera, molto scollata, sotto una minigonna, poi ancora le autoreggenti a rete, con la parte della gamba che scende dal letto e, sul pavimento, in corrispondenza delle calze che penzolano dal letto, le scarpe rosse, quelle con il tacco altissimo, che non metto quasi mai.
Può significare solo una cosa: Antonio ha scoperto tutto. Non capisco come possa essere successo, ma lui sa cosa facevo nel bar, ed ha anche frugato nel cassetto, per trovare quelle calze.
‘Antonio, ma non posso andare vestita così, da Carlo e Serena’, provo a dire.
‘Infatti, non andiamo da loro, ho telefonato per dirgli che tu avevi un terribile mal di testa.
Dai sbrigati, usciamo lo stesso. Sarà una piacevole sorpresa per la mia ragazza acqua e sapone.’
Mi tolgo i vestiti che avevo e apro il cassetto della biancheria.
‘No, che fai, devi vestirti come quando facevi la puttana nel bar, la tua fica ed il tuo culo devono essere a disposizione di tutti.’
Rassegnata indosso maglietta e gonna senza niente sotto. Antonio controlla la mia vestizione.
Infilo le calze mentre lui osserva con interesse il movimento delle mie mani che risalgono verso l’alto per eliminare anche la più piccola piega.
Lo conosco bene, si sta eccitando. Ma sì, ho capito, adesso mi prende e mi sbatte sul letto, vuole scopare l’altra, la Daniela puttana.
Infilo le scarpe, accidenti quanto sono alte.
Faccio un passo verso di lui, traballando, e cerco di mettergli una mano sulle spalle, ma Antonio si scansa.
‘Non hai capito un cazzo, non è con me che ti dovrai dar da fare, stasera. Dai, che è ora di andare.’
Sono riuscita solo a strappargli la concessione di mettere sopra la maglietta una giacca corta.
Fuori fa freddo, molto più di quando la mattina andavo al bar, ma per fortuna la macchina è vicina.
Antonio si dirige verso la periferia, non dice una parola ed io non ho il coraggio di parlare.
Un dubbio atroce mi viene quando mi accorgo che siamo su una grande strada di periferia, che attraversa la campagna.
Non ci sono case, solo ogni tanto dei mucchi di rifiuti abbandonati: televisori, mobili rotti ed altro.
So bene da chi è frequentato quel posto.
La prima che vedo è una negra, alta, dalle forme abbondanti, con due cosce robuste ed un sederone sporgente. Guarda verso la macchina quando Antonio rallenta nel passarle vicino.
Più in la ci sono due dell’est, bionde e magre, chissà, forse sono pure minorenni.
Non resisto più: ‘Antonio, ti prego, non puoi farmi una cosa simile.’
‘E perché? hai fatto la puttana nel bar per un anno, potrai farlo benissimo qui per qualche ora.’
La successiva deve essere sudamericana, è altissima, con due seni tondi e grandi, che devono aver conosciuto il bisturi di un chirurgo plastico. Le spalle larghe e le mani grandi mi fanno pensare che forse è una transessuale.
Per un po’ non c’è nessuno, forse le occupanti di quel pezzo di marciapiede stanno lavorando dentro la macchina di qualche cliente.
In quel momento Antonio accosta e ferma la macchina.
‘Dai su, scendi, o ti devo buttare fuori a calci.’
Io comincio a piangere, ho freddo, ho paura, nel bar non correvo alcun rischio, qui mi potrebbe accadere di tutto.
‘E togliti la giacca, sennò non si vedono le tette.’
Alla fine apro lo sportello e metto un piede fuori.
‘Aspetta prendi anche la borsetta, ci ho messo dentro un bel po’ di preservativi, non vorrei che ti prendessi qualcosa.’
Ecco, ora sono fuori, sola e al freddo.
Antonio è andato via sgommando e a me non resta che togliermi dal ciglio della strada, perché ha piovuto tutto il giorno e le macchine passando nelle pozzanghere, mi riempirebbero di fango.
I tacchi alti e sottili affondano nella terra bagnata mentre mi guardo intorno alla ricerca di un riparo.
Il terreno è piatto e non ci sono alberi o cespugli dietro cui nascondermi.
Tra un po’ si fermerà una macchina e mi chiederà quanto voglio.
Ecco, gli sparo una cifra enorme, così se ne va.
Con il primo faccio proprio così. Mi guarda stupito, poi mi manda a cagare e va via.
Devo trovare la maniera per tornare a casa, ma su quella strada non passano autobus e sono lontanissima da casa. Un taxi, ma sì, chiamo un taxi con il cellulare. Frugo nella borsetta, ma Antonio ha pensato a tutto, il telefono non c’è, in compenso, mentre cerco con la mano, trovo un mucchio di profilattici.
Si ferma un altra macchina e faccio un altro tentativo.
‘Senta, mi ascolti, io non sono una prostituta, anche se i vestiti ed il luogo farebbero pensare il contrario. Si tratta di una stupida scommessa persa, ma ora non ce la faccio più, ho freddo, mi sento male, per favore, mi porti a casa, la prego.’
L’uomo, un tizio sulla trentina con gli occhiali, ascolta perplesso le mie parole, rimane qualche secondo in silenzio a ragionarci sopra, poi mi apre lo sportello e mi dice ‘va bene.’
Sono salva. Intanto il tepore della macchina mi rianima. Ora gli do l’indirizzo e me ne torno a casa tranquillamente.
La macchina percorre solo cinquanta metri e si infila in una stretta apertura di un vecchio muro scorticato, fa ancora pochi metri e si ferma in punto in cui dalla strada non è possibile vedere nulla.
‘Senti, non so per chi mi prendi. Sei vestita come una puttana, in un posto pieno di puttane, non credo un cazzo di quello che mi hai detto, io sono qui per scopare, tu per essere scopata, adesso allarghi le cosce, ‘ché se mi fai incazzare finisce che neanche ti pago.’
Così, anche un po’ spaventata, ho fatto in macchina quello che avevo fatto tante volte nel bar: ho aperto la borsetta, gli ho infilato il profilattico e lui mi è salito sopra.
‘Ti posso toccare le tette, o ti da fastidio?’
‘No, non mi da fastidio.’
E’ stato gentile e alla fine mi ha messo in mano i soldi, così ho pensato che l’ho fatto per un anno intero gratis, perché il signor Antonino si prendeva tutto.
Mi ha lasciato dove mi ha trovata, facendo un pezzetto di strada in retromarcia.
Quando scendo dall’auto, il tepore che mi aveva avvolto in quei minuti, si dissolve di colpo.
Capisco che devo stare il meno possibile in strada al freddo e, l’unica possibilità, è sperare che altre macchine si fermino.
Ogni tanto cammino avanti e indietro, nel tentativo di scaldarmi e, quando vedo in in lontananza i fari di una macchina mi preparo, cercando di mettere in mostra le gambe.
Un paio di macchine hanno rallentato, ma poi hanno proseguito dritto.
Ecco, ne arriva un’altra, questa si ferma.
‘Ti va di farlo con due?’
Sono così congelata che andrei anche con un mostro a tre teste.
Mi fanno salire dietro, è buio e non riesco bene a vedere le loro facce, ma dalla voce mi sembravano stranieri.
Si infilano nello stesso passaggio dell’altro, deve essere un posto conosciuto dai frequentatori abituali.
è una station wagon e, una volta fermata la macchina, aprono il portellone, ribaltano il sedile posteriore e posano sul pianale una coperta.
Solo allora mi accorgo che sono due negri enormi e scurissimi.
La mia idiosincrasia per quel tipo di persone riprende il sopravvento. Si accorgono che sono agitata.
‘Ehi, se non ti stava bene, ce lo dovevi dire prima, e poi di notte, come dite voi, tutti i cazzi sono neri.’
Scoppia a ridere, mentre penso che il proverbio parlava di gatti.
Metto il profilattico al primo, ha un coso gigantesco, al punto che arriva poco oltre la metà della lunghezza, mentre l’altro si sdraia sotto di me, mi prende per le chiappe e mi fa abbassare lentamente.
Mi impalo sul suo pene che, a giudicare dal fastidio che mi causa quando entra, deve essere sul genere di quello del suo amico.
Solo l’esercizio fatto al bar, mi permette di resistere, ma quando mi cominciano a far muovere è veramente dura.
Sono sospesa e tenuta dalle loro manone nere che mi fanno andare in su ed in giù, ho l’ano e la vagina completamente riempiti, e li sento entrare ed uscire in parte nei miei buchi.
Naturalmente, una volta fatto, si sono cambiati di posizione ed hanno ricominciato.
Quando hanno finito ero così indolenzita che quasi non riuscivo a camminare.
Dopo essermi ripulita alla meglio ho riguadagnato faticosamente la mia postazione, sperando che Antonio torni presto a riprendermi.
Ma mi sbagliavo, perché ha deciso di consumare la sua vendetta fino in fondo.
Quando la sua macchina si è fermata accanto a me, era quasi l’alba, e mi erano rimasti solo due profilattici.
‘Aspetta, prima di sederti’, mi ha detto, ‘ci metto un plaid sul sedile, sennò sporchi la tappezzeria.’
Io ho pianto tutto il tempo, mentre lui mi punzecchiava, dicendo che dovevano avermi farcito il culo di sperma come un bignè, che puzzavo da fare schifo, ed altre cose simili.
Arrivati a casa, però Antonio è cambiato e si è fatto più gentile, mi ha aiutata a spogliarmi e mi ha preparato un bagno caldo.
Forse mi ha perdonata. Dopo quella notte passata sul marciapiede, i primi giorni non avevo quasi il coraggio di guardare in faccia mio marito.
Non mi sono mai vergognata così tanto e poi la paura che lui potesse ripetere quel tipo di punizione era così grande, che cercavo quasi di non respirare quando era vicina a lui.
Quella notte mi ritornava sempre in mente, come un incubo, ripensavo a quelle ore, alle macchine che si fermavano ed ogni volta speravo che si trattasse di Antonio che mi riportava a casa, invece era un altro cliente, che mi faceva guadagnare solo qualche minuto di tepore dentro la sua auto, in cambio dell’uso del mio corpo, poi, tornavo di nuovo al freddo, col terrore che il prossimo fosse un violento che mi facesse del male.
Mi immaginato, sfregiata con un coltello, da un maniaco, lasciata lì a morire dissanguata, mentre le macchine sfrecciavano senza fermarsi, schizzando di fango il mio corpo seminudo.
Antonio, ne sono sicura, mi ha perdonata, siamo stati qualche giorno senza fare sesso, ma poi, una sera, si è avvicinato a me nel letto, ha cominciato a carezzarmi ed io mi sono stretta a lui.
Mi ha stretto forte, con insolita rudezza da parte sua, e mi ha fatto sdraiare di pancia.
‘Dai, puttana, allarga le chiappe’, mi ha detto mentre me lo spingeva dentro.
Qualche volta, quando facciamo l’amore, Antonio mi insulta, è una cosa che piace ad entrambi, ed io lo permetto solo a lui.
Un momento, diciamo lo permettevo, anche perché Antonio, prima delle mie ultime disavventure, era stato il mio primo ed unico uomo, ma ora, dopo tutto quello che mi è capitato, la situazione è cambiata.
Al bar, parecchi clienti mi insultavano, qualcuno addirittura mi sculacciava, ma quando mio marito mi chiamava troia e puttana, era diverso, si trattava di un gioco tra di noi, che vivevamo con una bella complicità.
Questa volta mi sembrava invece che fosse diverso, meno gentile del solito, perché, quando si è accorto che io esitavo un po’, mi ha allargato ha forza le natiche e mi ha detto quasi strillando: ‘troia, apri il culo!’
Ho pensato che avrebbe finito per svegliare i bambini e così ho ubbidito.
Mi è sembrato di tornare indietro nel tempo, alla Daniela acqua e sapone, che non voleva fare certe cose, ma è durato pochi secondi, è bastato che mi penetrasse fino in fondo, perché io tornassi di colpo la puttana del bar.
Ho cominciato a muovermi, a gemere e lui allora mi ha messo le mani sui fianchi ed a preso a spingerlo dentro.
Sentivo il suo fiato caldo, mentre respirava ansimando e mi sussurrava nell’orecchio: ‘sei la mia troia, solo per me, ricordatelo, dai, muoviti troia.’
Poi, con il passare dei giorni, si è un po’ calmato, ora sembra tornato l’Antonio di sempre ed io ho ripreso ad essere la Daniela acqua e sapone che lui conosceva.
Certo ogni tanto, quando facciamo l’amore, qualche troia e puttana gli scappa di bocca, ma non con la violenza di quella volta, insomma spero che piano piano dimentichi l’accaduto.
Per aiutarlo cerco di vestire in maniera più tranquilla: ho eliminato le gonne corte ed i vestiti scollati, metto solo un filo di trucco sugli occhi e la notte, a letto, cerco di non mostrarmi troppo intraprendente, anche se l’esperienza del bar mi ha parecchio sciolto, al punto che certe cose le faccio istintivamente.
Una volta sono stata lì lì per buttare la mia collezione di calze autoreggenti, ma erano costate un bel po’ di soldi e, anche se penso che non le userò mai più, le ho lasciate in fondo al cassetto.
Il bar è rimasto chiuso, ma cerco di non passare da quelle parti, perché i clienti sono tutti della zona e sarebbe imbarazzanti incontrarli di nuovo.
Giorni fa ho incrociato in strada uno di loro ma non deve avermi riconosciuto. Forse quella ragazza senza trucco, con maglioncino, jeans e scarpe da ginnastica, non deve avergli ricordato la puttana del bar.
Insomma sono tornata la solita Daniela, anche se qualche volta mi chiedo se, nel caso mi capitasse l’occasione, potrei tornare ad essere l’altra Daniela. Questa mattina ho ricevuto una strana telefonata. Una voce maschile, gentile ed educata, quando ho risposto, mi ha chiesto se ero la signora Daniela ‘.
‘Sì, sono io, mi dica.’
‘Sono il direttore della banca, dove lei e suo marito avete il conto corrente, avrei urgenza di parlare con lei.’
‘Con me? è sicuro? Io capisco poco di queste faccende. Forse sarebbe meglio che venisse mio marito.’
‘Beh, voi avete il conto cointestato, quindi fa lo stesso, ma preferirei parlare con lei, è una faccenda molto importante. Può passare in mattinata?’
Dal tono sembrava una cosa seria, così mi sono vestita e sono uscita di casa. Ho pensato pure di telefonare ad Antonio, ma poi mi son detta che avrebbe fatto lo stesso se gli avessi raccontato tutto la sera.
Il direttore l’ho intravisto un paio di volte, a parte il giorno che abbiamo aperto il conto e ci ha accolto nel suo ufficio. è un signore alto e distinto, sulla sessantina, con i capelli grigi, sempre ben pettinati. Lo ricordo sempre con indosso degli abiti grigi, di ottimo taglio e la camicia bianca con i gemelli d’oro. Un signore d’altri tempi, potrei dire.
Dato il tipo di persona scarto i jeans ed opto per gonna e camicetta, con sopra una giacca.
Ho detto gonna, non minigonna, perché dopo l’esperienza del bar, sono un po’ restia a mostrare troppo le gambe.
Così ho indossato una gonna blu scura, lunga e con uno spacco non molto pronunciato.
Sopra una camicia rosa ed una giacca dello stesso colore della gonna.
Naturalmente le gambe sono coperte da un collant abbastanza pesante, perché la primavera è ufficialmente arrivata ma sembra ancora indecisa sul da farsi, e poi con le autoreggenti penso di aver chiuso definitivamente.

Il direttore è esattamente come lo ricordavo, a parte il vestito che questa volta è di un azzurrino appena accennato, ma per il resto camicia bianca, gemelli ed occhiali cerchiati d’oro.
Mi fa accomodare ed inizia subito a parlare.
‘Allora signora, come lei certamente saprà, la vostra situazione si è fatta decisamente critica.’
Io lo guardo senza fiatare, no, proprio non lo sapevo, mio marito non mi ha mai accennato nulla del genere.
Decido di lasciarlo parlare fino in fondo.
‘Ultimamente il saldo negativo è peggiorato, ed avete sforato il fido che vi era stato concesso.’
Capisco poco di queste cose, però l’unica cosa chiara è che siamo senza soldi, anzi, peggio, siamo in rosso con la banca.
‘Proprio in questi giorni, dalla sede centrale, mi è stato raccomandato di far rientrare i clienti più a rischio, e voi siete fra questi.’
‘Potremmo chiedere un prestito’, azzardo io.
‘Impossibile, avete già l’ipoteca sulla casa per il mutuo e, dato l’andamento difficile del mercato, quanto dovete non sarebbe coperto dal valore attuale dell’immobile, e poi c’è già il prestito di 20.000 ‘ che ha chiesto suo marito poco tempo fa.’
Io accenno un ‘ah, già’ per non fare brutta figura ma sono letteralmente caduta dalle nuvole.
Ora comincio ad essere veramente spaventata.
‘Ma cosa potrebbe succederci?’
‘Visto che siete indietro con le rate del mutuo, potreste perdere l’appartamento, per esempio.’
Mi prende un nodo alla gola.
‘Ma come facciamo, abbiamo due bambini.’
Sento gli occhi che mi si riempiono di lacrime.
‘Per questo l’ho fatta venire qui. L’ultima parola spetta a me, nel senso che posso prendermi la responsabilità di darvi ancora credito, in tal caso non succederebbe nulla di brutto a voi.’
Si è alzato in piedi e passeggia lentamente, a passi misurati nella stanza.
‘Vede Daniela, posso chiamarla Daniela?’
Io non rispondo sono troppo frastornata.
‘Daniela’, riprende, ‘lei è una donna giovane ed attraente, certo io ho il doppio dei suoi anni, però non credo di essere ridotto così male.’
Ora è vicinissimo a me, riesco a sentire il lieve aroma di dopobarba proveniente dal suo viso, poi mi sento carezzare una guancia.
Sono rimasta come impietrita, non mi aspettavo questo epilogo ed ora cerco di ragionare sul da farsi.
La vecchia Daniela sarebbe uscita urlando da quella stanza, facendo scoppiare un putiferio.
No, non posso permettere che la banca rovini la mia famiglia, sono in debito con Antonio, e poi, l’ho fatto un mucchio di volte con degli sconosciuti, l’ho fatto anche sul marciapiede, non sarà una volta in più a portarmi alla perdizione.
Infine, me lo dico sommessamente, il direttore è anche un bell’uomo.
Le sue dita iniziano a sbottonarmi la camicetta ed io non dico e non faccio nulla.
‘Daniela, ha degli splendidi seni, lo sa, vero?’
La camicetta è ora completamente aperta e lui mi sta carezzando attraverso la stoffa del reggiseno.
A questo punto prendo l’iniziativa: le mie mani si spostano dietro la schiena ed apro la chiusura.
L’effetto su di lui è dirompente perché fa salire completamente il reggiseno e tuffa il viso nelle mie tette iniziando a baciarle.
Devo dire che non mi dispiace affatto e comincio a sentirmi piacevolmente bagnata in mezzo alle gambe, poi però, di colpo si ferma, mi prende per una mano e mi fa alzare dalla poltroncina in cui ero seduta.
Non ci diciamo nulla, lui mi preme leggermente sulla spalle ed io mi abbasso, fino a trovarmi con le ginocchia poggiate sul tappeto.
A questo punto, l’altra Daniela, quella del bar, che è rimasta in disparte, scende in campo e gli apre i pantaloni.
Forse sono veramente una puttana, forse no, lo faccio soltanto per salvare dalla rovina la mia famiglia, però mi sembra tutto facile e naturale.
Sono gesti che ho ripetuto decine e decine di volte, in quello squallido retrobottega del bar, al punto che mi riescono naturali, quasi automatici.
Penso a cosa succederebbe se ora qualcuno entrasse dalla porta alle mie spalle, ma non accade nulla di tutto ciò ed io porto a compimento felicemente il mio pompino.
Tutta l’esperienza fatta in mesi di esercizio al bar vale certo qualcosa.
Lo faccio salire lentamente, poi lo stuzzico con la lingua, mentre sento che lui geme di piacere, mi devo prendere tutto il tempo, perché è fondamentale che resti soddisfatto.
Rallento un po’ quando sento che sta per venire, gli faccio questo giochino due o tre volte finché, quando capisco che è proprio al limite, gli do una bella strizzatina con le labbra alla base del glande.
Gli esce dalle labbra un verso soffocato, poi mi afferra dietro al collo e si svuota dentro la mia bocca.
Ho tenuto sotto controllo le sue contrazioni, cercando di respirare bene e di non far uscire nulla.
Sono stata brava, neanche una goccia è finita sul tappeto, solo qualcosa mi cola giù dal labbro inferiore, ma lui è pronto a porgermi un fazzoletto.
Mentre mi asciugo, penso che è proprio un signore d’altri tempi: fazzoletto di lino, credo che tutti ormai comprino i fazzolettini di carta al semaforo.
‘Può tenerlo’, mi dice, forse per rompere il ghiaccio, mentre io mi sistemo il reggiseno e lui si richiude i pantaloni.
‘Naturalmente, non parleremo di questo incontro a suo marito.’
Vorrei proprio vedere, penso io, perché se non dovesse comprendere che l’ho fatto per lui e per i bambini, sarebbe capace di farmi fare un’altra notte a battere il marciapiede.
Ma l’ho fatto veramente per salvare la mia famiglia?
‘Naturalmente, Daniela, questa prima volta è stata molto veloce, ma in futuro dovremo avere degli incontri più accurati, mi capisce?’
Lo guardo stupita, ‘Io veramente pensavo che …’
‘Forse non ricorda bene la sua situazione debitoria.’
Dicendola in maniera più spiccia, mi sta facendo capire che un pompino non è sufficiente a estinguere i nostri debiti.
Quando esco dalla banca, ho nella memoria del cellulare il suo telefono e lui ha il mio. Il direttore ha aspettato una settimana prima di telefonarmi.
‘Buongiorno Daniela, tutto bene?’
Sono in casa, mio marito è ad un metro da me e sta cercando di capire con chi sto parlando al telefono.
‘Ciao Stefania.’
‘Suppongo che abbia difficoltà a parlare liberamente, non si preoccupi, parlerò io.
Lei deve liberarsi per domani sera, diciamo una cena con ritorno a casa per mezzanotte l’una.’
‘Ma certo che mi fa piacere venire a cena da te, aspetta che sento se Antonio può stare con i bambini.’
‘Tranquilla, vai pure a cena dalla tua amica cicciona, stasera non ho niente da fare’, dice mio marito.
‘Non è cicciona, parla piano che sente’, faccio io coprendo la cornetta, ‘è per domani sera.’
‘Ok, vada per domani sera’, dice mio marito.
‘Va bene’, confermo io.
‘Perfetto, l’aspetto per le otto, ora le mando l’indirizzo per SMS.’

Ecco, sono incastrata di nuovo, ma questa volta a fin di bene, perché il mio sacrificio salverà la famiglia dalla rovina.
Mi sono vestita abbastanza elegante, indossando il miglior completo di intimo che possiedo. Il reggiseno ha un leggero effetto push up, che magari, data la mia terza piena, non era proprio necessario, però, visto l’apprezzamento della prima volta in ufficio da lui, non è male se metto in mostra le tette.
Mi sto vendendo, sì, lo so, ma è per una nobile causa. Sicura Daniela che è solo per quello?
Camicetta un po’ aperta in modo da far vedere la spallina del reggiseno e gonna scura, aderente, quattro dita sopra al ginocchio.
Ho messo un collant appena velato, no, per un attimo avevo pensato di aprire la busta con le calze che usavo al bar, ma il direttore è un tipo raffinato e quelle autoreggenti fanno troppo troia.
Daniela, non è la calza che fa la donna troia.
Il direttore abita in una palazzina di lusso in un quartiere residenziale molto elegante.
Mi guardo un’ultima volta allo specchio dell’ascensore, sono ancora in tempo, non salgo, lo richiamo al citofono e gli dico che non se ne fa nulla. Già, e poi, che fine facciamo con la casa?
Ho preso anche un paio di profilattici, non se se lui li abbia o meno.
Il soggiorno è grande ed arredato in maniera elegante e tradizionale.
‘Daniela, sono contento che ‘, possiamo darci del tu vero?’
Io gli faccio cenno di sì con la testa. Certo, mi devo far scopare da lui, sarebbe buffo continuare a darci del lei.
Mi immagino le frasi: Daniela, posso ficcarglielo nel culo? Daniela, per favore, mi faccia un bel pompino tipo quello dell’altra volta, e via discorrendo.
‘Il suo vestito è molto elegante ma inadatto al tipo di serata che l’aspetta, comunque questo aspetto lo vedremo dopo cena.’
Le cena è buona e raffinata, tutta a base di pesce ed io ho bevuto troppo vino bianco, quando ci alziamo dal tavolo.
‘Adesso Daniela vai in camera da letto e ti metti i vestiti che ti ho preparato.’
Sono curiosa e preoccupata allo stesso tempo, di vedere come immagina lo donna che dovrà passare con lui le prossime ore.
E pensare che temevo che trovasse volgari le mie autoreggenti.
In camera, sul letto, c’è soltanto un bustino nero, molto stretto in vita che, una volta indossato, mi spinge i seni verso l’alto, facendoli sembrare più voluminosi e lasciando i capezzoli di fuori, mentre in basso si ferma poco sotto l’ombelico. Di lato pendono delle giarrettiere.
Ci sono anche delle calze, molto scure che infilo e, dopo un po’ di tentativi, perché non ho mai usato una roba simile, fisso ai ganci delle giarrettiere.
Mi guardo allo specchio dell’armadio, evidentemente il direttore, nelle sue fantasie erotiche, mi vede ancora più troia di come ero al bar.
Non ci sono scarpe, probabilmente non sapeva la mia misura, così rimetto le mie ed esco fuori, nel soggiorno.
‘Fatti vedere. Per iniziare non c’è male. La prossima volta, però dovrai venire depilata, non mi piacciono le donne pelose’, mi dice indicando il folto ciuffo nero che spunta sotto il bordo inferiore del bustino.
Sto ricadendo nello stesso gorgo del bar: un uomo mi plasmerà secondo le sue voglie ed io potrò solo adattarmi e seguire i suoi ordini.
Se non altro questo sembra più civile, e poi dovrò accontentare solo lui.
‘Come sei messa in quanto …’, indica la mia fica scoperta, ‘… per non incorrere in problemi.’
‘Ho portato un paio di pro…’
‘Ah, no, non mi piace farlo con quella roba. Per questa volta seguiremo altre strade, ma in futuro dovrai organizzarti in modo da evitare gravidanze accidentali.’
Insomma è andata a finire che me lo ha ficcato dietro, due volte di seguito.
Devo dire che, nonostante l’età, ha una buona resistenza, forse ha preso il Viagra o qualcos’altro del genere.
Comunque, mentre mi montava, mi chiamava puttana, mi chiedeva se mi piaceva. Io non ho risposto subito, allora ha cominciato a strizzarmi i capezzoli, finché io non gli ho detto di sì.
Rispetto alle giornate al bar è stata quasi una passeggiata, a confronto di quella notte terribile, poi, non ne parliamo. Dopo, ho avuto tutto il tempo per lavarmi con cura e sono tornata a casa a mezzanotte precisa.
Insomma tutto bene.

Il direttore mi ha spedito da un ginecologo amico suo.
‘Signora, stia tranquilla, la pillola anticoncezionale in uso oggi è molto più sicura di quella di una volta, la dose ormonale è assai ridotta e non dovrebbe crearle troppi scompensi, anzi, ci sono degli effetti positivi, perché in alcuni casi può regolarizzare il ciclo e, probabilmente, le aumenteranno le dimensioni del seno, cosa non certo sgradita, visto che molte donne ricorrono alla chirurgia per aumentarlo.’
Si è raccomandato di evitare rapporti senza protezione prima di un mese o due, dall’inizio di somministrazione e me ne sono tornata a casa.
Il mio nuovo padrone si è organizzato in modo da scoparmi tranquillamente senza problemi, però a questo punto, ne usufruirà anche mio marito. Ad Antonio ho detto che il medico me l’aveva prescritta per regolarizzare il ciclo e lui è stato contento.

Mi vedo con il direttore una volta a settimana, delle volte di pomeriggio, delle volte la sera.
Dopo un mese e mezzo ha smesso di ficcarmelo solo dietro.
Beh, farlo così, liberamente, senza la scomodità del profilattico o, peggio, con il coito interrotto, come facevo i primi tempi con mio marito, è molto più gratificante e il direttore, nonostante l’età, se la cava bene, quasi come Antonio.
Devo dire che un po’ di apprensione, quando vedo la mia vagina piena di sperma, a volte ce l’ho, perché al terzo figlio proprio non ci penso, però sta funzionando, visto che le mestruazioni continuano a venirmi regolarmente.
Il ginecologo aveva ragione: sono aumentata di peso, specialmente per quanto riguarda il seno, infatti i vecchi reggiseni mi vanno stretti, e ne ho comprati alcuni nuovi più grandi. Mi è anche un po’ cresciuto il sedere e questo mio cambiamento è stato apprezzato da entrambi i miei uomini.
Mio marito, piuttosto, non è stato troppo contento della mia totale depilazione pubica, ma gli ho detto che me l’ha ordinato il ginecologo, per motivi igienici.
‘Che palle ‘sto ginecologo, ma perché non si depila l’uccello’, mi ha detto una sera, ma poi è finita lì.
Insomma sono di nuovo al lavoro, come dispensatrice di sesso e, come la prima volta, senza ricavarne nulla. Non che ci tenessi particolarmente, ma sto andando con il direttore, soltanto per impedire che la banca si prenda la nostra casa.
Ho guadagnato soldi con il sesso solo una volta, quella notte terribile che che vorrei non aver mai vissuto e che invece mi torna sempre, nei miei incubi notturni. Non ho neanche idea di quanti soldi avevo fatto in quelle ore, perché è rimasto tutto nella borsetta, i profilattici superstiti e le banconote stropicciate. Ora quel ricordo della mia unica notte da prostituta da marciapiede, giace in fondo all’armadio e non ho neanche il coraggio di sfiorarlo.

Il direttore mi ha proposto di farmi applicare dei piercing sui capezzoli. No, questo proprio no, già sono pentita di quello stupido tatuaggio fatto quando ero poco più di una ragazzina, ora non voglio sciupare le mie tette, e poi sono sicura che non piacerebbe neanche a mio marito. Mi servo proprio di questo argomento per dirgli che non sarebbe assolutamente possibile e lui lascia perdere, per fortuna.
Ogni volta che vado a casa sua penso che sarà l’ultima, che mi dirà che può bastare, invece non succede. E perché dovrebbe smettere? Mi userà finché lo vorrà, finché sarò abbastanza attraente, o finché gli si rizzerà, o magari finché non ne trova un’altra che gli piace di più.
Quando tutto sarà finito, gli basterà mettere una firma su un pezzo di carta e io e la mia famiglia finiremo in mezzo ad una strada.
Insomma il mio sacrificio serve solo a spostare in avanti nel tempo il nostro disastro familiare.
Ma è un sacrificio? Più lo faccio e più mi piace, anche se non ha l’energia di mio marito, ha l’esperienza dell’uomo maturo che sa manovrare le giuste corde. Lui ignora il mio passato al bar, è convinto che io sia una giovane signora tranquilla ed anche un po’ timida ed è discretamente orgoglioso di avermi istruito. Chissà, forse si immagina pochi sporadici rapporti soltanto con mio marito ed io che mi vergogno a spogliarmi davanti al mio partner.
All’inizio, con Antonio era così, poi con il tempo mi sono un po’ sciolta, finché non è arrivato il signor Antonino ed il suo maledetto bar, a cambiare irrimediabilmente le cose.
Dopo la notte passata sul marciapiede avevo giurato a me stessa che avrei fatto di tutto per tornare la Daniela di prima, e per un po’ c’ero quasi riuscita, poi, quando il direttore ha cominciato a toccarmi nel suo ufficio, ho capito che non era possibile tornare indietro.
Quando le mie labbra hanno stretto il suo pene ed ho iniziato a succhiarlo, mi sono detta che era proprio quello che volevo.
Comunque, le prime volte con lui, mi sono dimostrata un po’ timida e titubante, per compiacerlo, infatti mi sembrava molto contento del ruolo di sexy pigmalione, che si era ritagliato.

Adesso fa più caldo e vorrei non mettere le calze con le giarrettiere, ma a lui piace così e mi devo rassegnare.
Mi fa indossare delle cose incredibili, tipo bustini leopardati o in pelle nera con delle borchie di metallo. Mi devo anche truccare in maniera vistosa, ma questo avevo imparato bene a farlo per il bar.
Ieri mi ha fatto mettere un body di pelle attillatissimo con una lampo che mi attraversava l’inguine. Mi dava un fastidio terribile perché mi sfregava sulla fica e più mi sfregava e più mi eccitavo. Lui se ne era accorto ed ha tirato la faccenda per le lunghe, cercando di farmi muovere sul letto. Alla fine mi ha fatto mettere in ginocchio a gambe larghe ed ha aperto un pezzo della lampo. Sotto ero così fradicia come non mi era mai capitato ed è stato un vero sollievo quando mi è entrato dentro. Ma è durato poco perché ad un certo punto lo ha tirato fuori. Io allora l’ho guardato con uno sguardo implorante e lui mi ha detto di girarmi.
Ho sentito la lampo che scorreva ancora, allora ho sporto indietro il mio culetto, per fargli capire che gli lo offrivo tranquillamente ed ho aspettato paziente che mi penetrasse dietro.
Torno dai pomeriggi e dalle sere con lui, piacevolmente stanca, non distrutta come dopo una giornata al bar, e trovo ad accogliermi mio marito che, in questi casi, mi sembra più desideroso del solito, di far l’amore con me, come se intuisse che sono già calda. Si sta avvicinando l’estate e il direttore mi ha proposto, o meglio ordinato, un week end intero con lui.
Non sapevo come fare per non insospettire mio marito, ma alla fine, su consiglio del direttore, gli ho rifilato la storia che andavo in una SPA con Stefania ed altre donne.
Mi ha detto che passeremo il fine settimana nella sua casa di campagna e sono curiosa di vedere il posto.
Venerdì pomeriggio ho salutato Antonio ed i bambini e sono uscita con il trolley piccolo. Dentro ho infilato dei vestiti a casaccio, perché so già che non mi serviranno.
In macchina lui sembra un po’ contrariato perché ho messo dei jeans. Non gli piacciono le donne con i pantaloni, lo so, ma avrà tutto il tempo per farmeli togliere.
Più che una casa, direi che si tratta di una villa. è una costruzione vecchia ma molto ben tenuta, con delle piante rampicanti che ricoprono quasi completamente la facciata principale e dalle finestre si gode di un bel panorama.
‘Daniela, quella costruzione scura, giù in fondo alla vallata, è la SPA in cui sei andata, per tuo marito, e questo è il depliant, meglio essere precisi’, mi dice porgendomi un pieghevole colorato di cartoncino ruvido.
Stranamente, dopo cena, mi dice che è stanco e che andrà a dormire, poi mi accompagna in una stanza per gli ospiti e mi raccomanda di riposare, perché il fine settimana sarà molto intenso.
Non capisco, ha insistito per passare un fine settimana con me e poi se ne va a dormire da solo, in un’altra stanza.
Comunque mi spoglio e mi metto a letto. Guarderò un po’ di televisione, mi dico, perché non ho sonno.
Accidenti al vino, bevo sempre troppo quando sono a cena con lui, forse spero di anestetizzare la mia coscienza per impedirle di vedere quello che farò.
Mi sono svegliata con strane sensazioni: la testa pesante e le membra intorpidite.
Deve essere ancora notte perché non vedo nulla, anzi, forse deve essere saltata la luce, perché ricordo che quando mi sono messa a dormire, la spia del televisore si vedeva nettamente ed avevo quasi pensato di alzarmi e spegnere l’interruttore, perché mi dava fastidio.
‘Buongiorno Daniela’, è la sua voce, deve essere nella stanza ma non riesco a vederlo.
‘Ti aiuto ad alzarti, abbiamo molto da fare oggi’.
Mi rendo conto che non riesco a muovere le braccia, sono bloccate dietro la schiena come ‘ legate, e devo avere qualcosa davanti agli occhi, che mi stringe la testa.
Ho paura, deve aver messo qualche sostanza nel vino, ecco perché mi sento così intorpidita. Che stupida, temevo che qualcuno mi facesse del male durante quella notte, e invece il pericolo veniva proprio dalla persona più insospettabile: il direttore della banca, una persona gentile, educata, un signore d’altri tempi, che usa ancora fazzoletti di lino.
‘Per favore .. cosa sta succedendo, mi liberi.’
‘Tranquilla Daniela, non ti succederà nulla di male e domenica riabbraccerai i tuoi bambini. Ieri sera ti ho messo un sedativo nel vino per poterti preparare a quello che faremo oggi. Hai le braccia legate dietro la schiena, o meglio incatenate per evitare che possa toglierti la benda.
Mi spiego meglio, incontrerai dei miei amici, oggi, sono persone importanti e vogliono conservare l’anonimato, perciò loro ti vedranno ma tu non potrai vederli, per questo sei stata bendata. I tuoi polsi sono bloccati da un oggetto molto interessante che mi ha prestato un mio amico, collezionista di cose antiche. Durante l’inquisizione è stato usato su adultere e streghe, ma non ti preoccupare, non subirai alcun processo, serve solo a dare un tocco dark a tutta la messinscena che ho allestito.’
Mi fa mettere seduta sul letto, mi gira la testa da morire, non credo di essere in grado di camminare.
‘Tranquilla Daniela, appoggiati a me.’
Come metto i piedi a terra, le gambe mi si piegano e mi stringo a lui, schiacciando i miei seni nudi sul suo petto.
Passo dopo passo mi porta fuori dalla stanza, sotto i piedi sento prima il tepore del legno del parquet, poi le piastrelle di cotto fredde e ruvide del corridoio, lentamente, muovendomi, l’intorpidimento diminuisce, mentre lui continua a parlarmi.
‘Dobbiamo scendere giù, in cantina, dove sono andato ieri a prendere il vino per la cena. Lì, all’inizio, senza vestiti avrai un po’ freddo, ma sono sicuro che ti scalderai, capisci vero?’
Ecco cos’aveva in serbo per me: un orgia con un gruppo di uomini suoi amici, ed io dovrò restare lì, nuda, legata e bendata, completamente a loro disposizione.
Mi aggrappo a lui, presa dalla paura.
‘Tranquilla, non ti succederà niente di male. Ora stai attenta che dobbiamo scendere le scale.’
I gradini sono di pietra ruvida e mano mano che scendiamo sento l’aria farsi più fredda.
Quando finalmente torno a camminare in piano, mi accorgo che il pavimento è umido quasi bagnato.
‘Devo andare in bagno.’
Un po’ l’ho detto per cercare di prendere tempo, ma anche perché devo fare pipì e il contatto con il pavimento umido mi sta stimolando.
‘Dovevi dirlo prima di scendere, perché qui non ci sono bagni, ma provvederemo lo stesso. Ecco siamo arrivati nella grande sala. Ora ti porto qualcosa.’
Mi lascia sola ed io rimango ferma, incapace di vedere e con la paura che se inciampassi, finirei con lo sbattere la faccia in terra, visto che ho le mani legate.
‘Allarga le gambe ed inchinati, ti ho portato qualcosa che può sostituire un vaso da notte.’
Sento qualcosa che mi tocca gli stinchi ed apro le gambe. Mi sono sempre vergognata di farmi vedere da altri, anche da mio marito, in bagno, ed ora devo fare pipì davanti a lui, accidenti.
Ma lo stimolo è troppo forte, se aspetto ancora un minuto, sono sicura di farmela addosso, così mi abbasso.
Mi accorgo che lui sta spostando l’oggetto, un secchio o altro, non lo so, in mezzo alle mie gambe, poi sento il rumore che fa il getto di urina contro qualcosa di metallico.
In quel momento realizzo che nella cantina non siamo soli, ci devono essere altre persone, perché sento dei rumori, provenire da diverse parti, i suoi amici sono già lì, io non posso vederli ma loro si stanno godendo lo spettacolo di una giovane donna nuda che fa pipì in un secchio.
Ho finito, faccio per tirarmi su ma lui mi ferma. ‘Aspetta, diamo un’asciugata alla tua cosina.’
Sento qualcosa che deterge delicatamente la mia vagina bagnata, chissà se anche questa volta sta usando un fazzoletto di lino.
Basterebbero pochi secondi, ma lui continua. Mi sembra di vederli gli altri, intorno a me, che osservano la scena.
Mi tiro su, ma resto con le gambe aperte, per paura di rovesciare il secchio, mentre lui continua.
Ormai non c’è nulla da asciugare, deve aver buttato via il fazzoletto, mi sta toccando direttamente con le dita e comincio a sentire piacere.
Il mormorio del pubblico sale di livello, mentre io, incapace di stare ferma, incomincio a muovermi.
‘Brava, ora possiamo iniziare.’
Mi mette le dita davanti alle labbra ed io le succhio, me l’ha fatto fare tante volte, in quei pomeriggi ed in quelle notti passate con lui e, quando sento le dita bagnate in bocca, mi immagino di avere tra le labbra il suo pene.
Ora mi fa camminare di nuovo, tenendomi una mano sul fianco, solo pochi passi, non so dove stiamo andando e devo seguirlo.
Adesso che mi sono liberata ed il freddo ha contribuito a svegliarmi, mi è più chiara la sorte che mi aspetta e provo a sottrarmi alla sua presa.
è un tentativo disperato perché con le braccia legate dietro la schiena e bendata non posso andare da nessuna parte, ma è l’istinto della preda che cerca comunque di fuggire.
‘Ferma, dove vuoi andare?’
La sua voce ora è seccata e mi ha preso con entrambe le mani, per bloccarmi.
Arrivano altre persone, mi sento toccare e stringere da altre mani, poi mi sollevano prendendomi sotto le ascelle e infine mi ritrovo seduta su quello che credo sia un grosso tavolo.
‘Bravissima, Daniela, ora sdraiati ed allarga le gambe.’
Riprende a toccarmi, ma il tocco mi sembra diverso, più ruvido, capisco che un altro ha preso il posto del direttore, così faccio un ultimo debole tentativo e chiudo le gambe.
‘Che cazzo fa questa troia, tenetela ferma.’
‘Va bene, adesso la blocchiamo.’
Mi sento afferrare per le gambe e le mie cosce tornano ad allargarsi, poi qualcosa di metallo, fredda, mi stringe le caviglie. Uno scatto secco, un click leggero, e non posso muovermi più.
Qualcun altro mi tiene la schiena poggiata contro il tavolo e intanto prende a massaggiarmi i capezzoli, finché non mi rilasso.
Inizio a gemere mentre il movimento delle dita nel mio sesso si fa più veloce, ora mi sento aperta e pronta a farlo entrare, e infatti, dopo una breve pausa, sento allargarsi le labbra fradicie dei miei umori.
Il mio corpo, sotto la spinta dello sconosciuto che mi sta scopando, si muove sul legno del tavolo, è come una sorta di massaggio alla schiena ed alle chiappe, che mi rilassa, mentre mi accorgo che legata e bendata, provo più piacere del solito. Il non vedere fa concentrare la mia mente solo su quello che sta accadendo in mezzo alle mie gambe e capisco che sto correndo verso uno degli orgasmi più forti che abbia mai raggiunto, ma lui mi precede.
Quando lo sento uscire mi immagino di vederla rossa, aperta, con tutta quella roba biancastra che esce fuori a fiotti, vorrei venire, toccarmi, ma le mie mani sono incatenate dietro alla schiena.
La mia delusione dura solo pochi attimi, perché sento qualcosa entrami dentro di nuovo. Non sembra ancora molto duro, ma per me è sufficiente, e vengo dopo pochi secondi, mentre quello, imperterrito, continua a fare avanti e indietro dentro di me.
‘Sollevatela.’
Due mani sotto lo cosce mi sollevano dal piano di legno del tavolo e, quando mi rimettono giù, mi accorgo di poggiare su qualcosa di più stretto e più alto.
Capisco il perché di questo cambiamento, quando mi sento premere più in basso. Entra con più fatica ma non mi fa male come le prime volte con mio marito, l’esercizio fatto al bar a qualcosa è servito.
Non so quanti siano, né se qualcuno di loro lo fa più di una volta, so solo che non mi danno tregua, entrano dentro di me uno dopo l’altro, avanti e dietro, senza che io possa impedirlo.
Ogni tanto qualcuno me lo strofina sulle labbra, allora io apro la bocca e glie lo lecco.
Il tutto mi sembra sia durato un’eternità, mi sento stanca bagnata, indolenzita e mi rendo conto di avere una fame feroce, perché ho saltato la colazione ed anche il pranzo, probabilmente.
La voce del direttore mi dice che è meglio fare una pausa, così mi liberano le gambe e mi aiutano a scendere dal tavolo.
Mi coprono con qualcosa, forse un accappatoio e finirei direttamente a terra se non mi sorreggessero, perché le mie gambe, costrette a lungo a quella scomoda posizione, si piegano di colpo.
Ecco, ora rifaccio la stessa strada a ritroso.
Il direttore mi tiene stretta, e sento la sua mano, attraverso la stoffa dell’accappatoio, affondare nei miei seni.
Una volta tornata nella mia stanza, mi ha liberato le braccia e tolto la benda.
I ferri mi hanno lasciato dei profondi segni rossi sui polsi, mi guardo in mezzo alle gambe, sono arrossata e piena di sperma.
‘Su Daniela, ora ti dai una bella lavata, mangi qualcosa e poi torniamo giù. Oggi stai facendo un importante passo avanti verso la risoluzione dei tuoi problemi economici.’
Già, avevo quasi dimenticato perché sono qui.
Sono seduta sul bidet, come quando lavoravo al bar e sento l’odore del cappuccino provenire da fuori il bagno, così mi sbrigo a lavarmi perché ho veramente tanta fame.
‘Puoi non mettermi quella roba ai polsi, ora che scendiamo giù? Mi fa parecchio male e non vorrei tornare a casa con dei segni difficili da giustificare.’
‘Va bene, però non provare a toglierti la benda in presenza degli altri, potrebbe essere pericoloso per la tua incolumità.’
Il tono della sua voce, nel terminare la frase, si è fatto minaccioso.
Mi faccio mettere docilmente la benda e il direttore mi accompagna giù di nuovo, mi sembra di essere tornata ai momenti peggiori passati al bar. Ora che è passato l’intorpidimento causato dal sonnifero, è molto più facile scendere le scale che portano in cantina, e poi, avendo le mani libere, posso poggiarmi al muro, mentre il direttore, dall’altra parte, mi guida verso il mio secondo round.
‘Ora Daniela, il mio amico ti farà un’iniezione. Stai tranquilla, è un medico e sa quel che fa. Ti farà stare meglio e troverai anche più piacevole quello che ti faremo.’
Mi hanno immobilizzato un braccio, avverto la stretta del laccio emostatico, poi una piccola puntura.
Mi sento prendere l’altra mano.
‘Tieni premuto qui, per un po”, mi dice una voce sconosciuta, mettendomi le dita nell’incavo del braccio.
Questa volta non mi mettono sul tavolo, ma mi fanno inginocchiare sul pavimento.
Mi fanno mettere a quattro zampe e sistemano qualcosa sotto la mia pancia, forse una cassa, in modo che possa poggiarmi.
La pressione di due mani sulle chiappe mi fa capire cosa sta per accadermi, devo solo rilassarmi e farli entrare, come ho fatto tante volte e, alla fine, forse, salverò la casa e la mia famiglia.
L’uomo dietro di me deve essere forte e pesante, spinge forte ed io mi muovo avanti ed indietro, mentre lui ansima.
‘Troia. Ti sfondo il culo’, mi dice più volte e devo ammettere che non mi spiace essere trattata così, poi succede qualcosa.
Avevo dimenticato l’iniezione. Comincio a sentirmi strana, come se le mie sensazioni fossero amplificate, mi sembra che il movimento avanti ed indietro che fa il mio corpo sotto la sua spinta, sia più ampio e che il suo pene sia molto più grande. Ora non ho più freddo, nonostante la temperatura bassa della cantina e inizio a gemere sempre più forte.
Mi sento la vagina in fiamme anche se nessuno la sta toccando, mentre a causa del movimento che si fa sempre più veloce, i miei seni oscillano vistosamente.
Quando sento entrare qualcosa nella mia bocca aperta, serro le labbra.
Quello dietro spinge sempre più forte, mi sento come se mi stesse aprendo in due, le mie gambe e le mie braccia non mi reggono più e se non fossi appoggiata con la pancia su quella cosa che mi hanno messo sotto, finirei direttamente a terra.
Raggiungo l’orgasmo e così apro la bocca, grido, ma quello davanti mi stringe le guance con le mani e comincia a muoversi come un forsennato, gridandomi ‘succhia troia, succhia, devi ingoiare tutto.’
L’ho fatto, per quanto potevo, ed ora sono senza fiato, con la bocca semi aperta, da cui sento che continua ad uscire sperma.
Anche l’altro dietro ha finito, lo sento uscire ed ho come l’impressione che il mio ano si richiuda morbidamente dopo il suo passaggio.
Mi passano qualcosa per detergermi le labbra, immagino che sia il direttore con un fazzoletto di lino, poi ricominciano.
Uno davanti e l’altro dietro, per tante volte che non saprei contarle. Sono sfinita, ma l’effetto dell’iniezione mi mantiene vigile, a volte quando quello dietro di me rallenta, sono io stessa a muovermi cercando la penetrazione più profonda, finché non raggiungo l’orgasmo, l’ennesimo di una serie che mi sembra infinita.
Alla fine mi rimettono in piedi, o almeno ci provano, perché mi affloscio addosso a chi mi ha sollevato, costringendolo a mettermi seduta.
‘Daniela, hai fame?’
Riconosco la voce del direttore, si, ho fame, ma vorrei anche riposarmi, dormire e poi risvegliarmi a casa mia.
Mi portano di nuovo su, questa volta sono in due a sorreggermi.
Il secondo se ne va dove avermi sdraiata sul letto, ed il direttore mi toglie la benda.
‘Su Daniela, stai andando bene, ora ti fai una bella doccia e torniamo giù.’
‘Basta, per favore, non ce la faccio più!’
‘Ancora un po’, poi potrai riposare fino a domani.’
‘Oddio, come domani, ma così mi uccidete.’
E’ stato irremovibile e mia ha tenuta dieci minuti buoni sotto l’acqua calda, poi mi ha portata di nuovo in cantina.
L’effetto dell’iniezione è un po’ scemato e mi sento più tranquilla, ma appena entro nella cantina mi sento mettere di nuovo il laccio emostatico.
Grido, li supplico di non farlo, ma il medico mi inietta un’altra dose di quella roba e mi sento subito alterata. Forse è l’impressione, perché ci dovrebbe volere un po’ di tempo.
Questa volta mi lasciano in piedi, mi rimettono quell’aggeggio ai polsi ma con le braccia sollevate sopra la testa. Deve esserci un gancio che pende dal soffitto perché sento che le braccia rimangono tirate verso l’alto.
Cominciano subito a toccarmi. Ora sono in diversi, contemporaneamente.
Chi mi carezza le cosce, chi il sedere, un altro mi stringe i seni, ma è quando una mano scivola in mezzo alle gambe che inizio a perdere il controllo.
Grido, gemo, mentre quella mano implacabile continua, senza perdere contatto con il mio sesso che si apre sempre di più.
Io ogni tanto perdo l’equilibrio e rimango appesa per le braccia, allora mi rimettono in piedi e continuano, finché, finalmente sento il piacere farsi così forte da essere insopportabile.
Sono venuta, me ne sto lì, circondata da uomini che continuano a toccarmi, ansimante e con la testa rovesciata indietro.
Qualcuno mi solleva e mi allarga le gambe, mi preparo ad essere penetrata per l’ennesima volta e invece, sorpresa, sento il contatto con una bocca.
Le sue labbra schiacciano quelle fradicie della mia vagina, e la aprono, mentre la lingua penetra dentro, iniziando un’esplorazione che si fa sempre più profonda.
Sto per venire di nuovo, lo sento e una parte di me, vorrebbe evitarlo, perché sono troppo stanca.
Ma quella lingua non si ferma, esplora ogni centimetro della mia vagina e, quando individua il clitoride, non lo molla più.
Io grido disperata ma continua, stuzzicandolo con sempre più energia, finché non resisto più e vengo di nuovo.
Il proprietario della lingua che mi ha masturbato così bene mi lascia andare di colpo ed io sbatto i talloni in terra e resto appesa. Devo avergli mollato una bella spruzzata in piena faccia.
‘Accidenti quanto schizza la troia’, esclama, ed io resto di sasso.
Una donna. La voce che ha parlato è sicuramente femminile.
Maledetti, hanno portato anche le mogli e queste adesso mi faranno pagare il fatto che mi sono fatta scopare dai loro uomini.
Un’altra voce, anch’essa femminile, dice: ‘dai scansati, fai provare a me.’
E ricomincia.
Sono in balia di una branco di donne assatanate, che mi masturberanno fino a sfinirmi completamente, forse fino a farmi perdere la ragione.
La nuova arrivata comincia con le dita. Ha un tocco meno efficace dell’altra, ma io sono così eccitata, che è sufficiente che mi sfiori par farmi saltare e gridare.
‘Leccale la fica’, sento dire da una terza voce.
‘Mi fa un po’ schifo, e poi tanto viene lo stesso.’
Ha ragione, perché duro molto poco, allora lei lascia il suo posto ad un’altra, che ricomincia.
Non so quante erano, ma mi hanno costretta all’orgasmo svariate volte e, quando ormai credevo di non farcela più, hanno allentato la corda.
Ora sono finita in ginocchio, sempre con le braccia alzate ed una di loro mi dice che adesso è il mio turno di leccare.
Mi guida la testa verso il suo ventre e sento il solletico causato dai suoi peli pubici.
‘Su, adesso tocca a noi divertirci, datti da fare.’
Così le ho leccate tutte, non so quante fossero, saranno state le mogli di tutti quelli che prima mi avevano scopato, e molte di loro mi hanno ricambiato con una bella spruzzata, al punto che, quando hanno finito, avevo il viso ed i capelli completamente zuppi, con i loro umori che mi colavano lungo il collo e scendevano sui seni.
Mi hanno riportata su di peso, perché ero semi incosciente e mi sono addormentata subito.
Quando mi sono svegliata era notte fonda, qualcuno, forse il direttore, mi aveva coperto con il lenzuolo ed un plaid.
L’effetto dell’ultima iniezione è passato, tremo come una foglia è mi sento sporca ed appiccicosa, così mi alzo per andarmi a lavare, ma vedo sul tavolino dello scrittoio, un vassoio con una scodella coperta da un piatto, così decido che prima è meglio mangiare.
La minestra è fredda ma sono troppe ore che non mangio e poi è utile a togliermi il sapore di tutte quelle donne che ho leccato.
Beh, ora mi faccio una doccia e mi rimetto a dormire, poi, domani si vedrà.
Domani, oddio domani!
Mi ributto sconsolata sul letto, senza neanche trovare lo forza di andare in bagno, pensando che la mia prova non è ancora finita. Ho dormito malissimo, tormentata da incubi terribili, perché l’idea di passare una seconda giornata in cantina, drogata e bendata, mi terrorizza.
Nell’ultimo sogno con cui mi sono svegliata di soprassalto, ero tenuta ferma da due uomini, di cui non riuscivo a vedere il volto, e mentre uno mi diceva che mi avrebbero scopata fino a farmi morire, l’altro mi faceva un’iniezione.
Mi sono ritrovata seduta nel letto, sudata e spettinata e istintivamente mi sono toccata l’incavo del braccio, scoprendo un cerotto con sotto un pezzetto di ovatta.
Non era un sogno, mi hanno fatto veramente un’altra iniezione ed ora mi porteranno di nuovo in cantina.
Poi si è aperta la porta ed è comparso il direttore.
‘Buon giorno Daniela, sei pronta?’
Sono stata presa dal terrore, ho iniziato e tremare, a piangere, non voglio tornare laggiù con quegli uomini e quelle donne pronti a farmi di tutto.
Il direttore mi tira via le coperte ed osserva il mio corpo nudo, mentre sento che l’iniezione sta iniziando a fare effetto.
Lo sa anche lui, perché prende a carezzarmi le gambe nude ed io, incapace di oppormi, allargo mollemente le cosce, come per offrirmi a lui.
Sì, mi sento debole e molle e so che mano mano che la sostanza iniettata entrerà in circolo, resterò sempre più preda di un piacere incontrollabile.
Mi sta carezzando dolcemente l’interno delle cosce, risale lentamente ed io vedo la mia vagina umida che si apre leggermente, poi le sue dita iniziano a toccarla.
‘Tranquilla Daniela. Ho due buone notizie per te. La prima è che i miei amici hanno deciso che la giornata di ieri poteva bastare, la seconda, che ti farà ancora più piacere, è che i tuoi problemi economici sono finiti.’
Ora mi sta toccando più in profondità ed io gemo mentre mi sforzo di ascoltare le sue parole.
‘Ho organizzato spesso simili manifestazioni. Finora abbiamo usato delle professioniste, prostitute, tanto per capirsi, ma non era una situazione ottimale, perché il loro impegno non era spontaneo. L’idea di provare con una donna normale, una giovane signora per bene è stata risolutiva. Naturalmente abbiamo sempre profumatamente pagato le donne che si sono sottoposte a queste kermesse. Nel tuo caso è stata tanta la soddisfazione dei presenti, che la cifra raccolta ha potuto sanare quasi completamente il debito tuo e di tuo marito. Il resto l’ho messo io.
Quindi oggi dovrai soltanto occuparti di me, per l’ultima volta.’
Mi ha stretto il clitoride tra due dita e lo sta stropicciando dolcemente, io mi muovo nel letto, mentre sento il piacere che si fa sempre più forte.
‘Il mio amico medico ti ha fatto una dose più robusta delle altre, l’effetto questa volta sarà molto più pronunciato.’
Mi sembra che le sue parole aumentino le mie sensazioni, ora tremo e il mio ventre si muove ritmicamente, come a cercare una penetrazione, poi di colpo, lui si ferma ed io rimango immobile, a guardarlo con occhi supplicanti.
‘Dai vestiti, ti porto in cantina, ma questa volta senza benda.’
Mi ha portato uno di quei bustini che a lui piacciono tanto ed io mi sono alzata a fatica, tremante per l’orgasmo incompleto e l’ho indossato, insieme alle calze ed alle scarpe con il tacco alto.
Mi prende da dietro e mi stringe i seni, poi le sue mani scendono lungo i fianchi e mi carezzano il sedere.
Mi passa due dita in mezzo all’inguine ed io grido di piacere. Ti prego, fammi venire, penso, ma lui si ferma di nuovo e mi guida fuori della stanza.
La cantina è molto grande, praticamente una vasta sala con la volte a botte di mattoni scuri, con una serie di nicchie, sui lati lunghi, piene di rastrelliere colme di bottiglie di vino polverose.
Al centro c’è un grande tavolo di legno dove devo essere stata adagiata il giorno prima. Noto anche dei ceppi di ferro scuro ed ossidato, che devono essere serviti per bloccarmi le caviglie.
‘Vieni qui, Daniela.’
Mi dice indicandomi una sedia.
Sopra c’è uno strano oggetto, come una scatola, sormontata da un volume curvo che termina in mezzo leggermente a punta. Vedo anche un filo elettrico che esce dalla parte bassa della scatola e si snoda lungo il pavimento.
Mi ci fa accomodare sopra e la parte leggermente appuntita finisce proprio in mezzo alla mia vagina, strappandomi un piccolo gemito.
‘Brava, così, tieni le gambe larghe’, mi dice, mentre mi lega le caviglie alla sedia.
Capisco a cosa serve quello strano oggetto, quando lui preme un piccolo interruttore posizionato di lato alla scatola, e sento il rumore, ma soprattutto la vibrazione.
Grido, mi agito, mentre lui mi guarda soddisfatto.
Una parte di me vorrebbe sottrarsi al trattamento e così mi sollevo, ma le caviglie legate alle zampe della sedia non mi permettono una posizione comoda, infine il direttore si avvicina e mi spinge con decisione sulle spalle.
Torno a contatto con l’oggetto vibrante, mentre lui mi tiene ferma.
è qualcosa di infernale, mi entra dentro e sollecita ogni parte del mio sesso, alla fine capisco che l’unica sia rilassarmi a lasciarlo fare, mentre sento la presa sulle spalle che si allenta.
Sono venuta, gridando senza ritegno, ma non è finita, perché l’aggeggio continua il suo lavoro ed io sono così sensibilizzata che quando il direttore mi sfiora soltanto i seni grido di piacere.
Ecco, sento che si avvicina, di nuovo, sto per raggiungere l’orgasmo per la seconda volta, per favore spegnilo, dico dentro di me, ma quello continua.
Sono stanca, sudata e scossa da brividi di piacere ma anche di paura, non posso continuare così, ma lui non sembra dello stesso parere e mi guarda soddisfatto mentre godo e mi agito e mi strofino su quella specie di cuscino, finché non trovo pace momentanea nel mio piacere che esplode di nuovo dentro di me.
‘Per favore, basta!’
Questa volta sono riuscita a parlare, ma lui non si muove e ricomincia tutto come prima, più volte.
Quando finalmente decide che può bastare e spegne quell’aggeggio infernale, sono sfinita.
Mi scioglie le caviglie ma io non sono in grado di alzarmi, rimango lì, schiantata sulla macchina ormai muta, e mi strofino leggermente perché il mio sesso vorrebbe ancora essere stimolato.
Mi solleva prendendomi sotto le ascelle ed io mi appoggio a lui, sono distrutta, non so neanche quante volte sono venuta, eppure, come mi infila una mano in mezzo alle cosce, riprendo a gemere di piacere.
‘Ora sei pronta, su, piano piano.’
Ha messo un panchetto di fronte al tavolo ed io ci salgo sopra, a fatica, cercando di non inciampare a causa dei tacchi alti.
Sul tavolo ha sistemato una cassetta di legno che probabilmente contiene delle bottiglie di vino ed io mi ci poggio sopra, in modo da restare con il sedere sollevato, poi mi fa allargare le gambe.
I ceppi sono molto lontani e per infilarci le caviglie devo allargare completamente le cosce.
Come ieri, sì, ora che ci sono, riconosco la stessa posizione.
Gli anelli di ferro, freddi e ruvidi, si serrano sulle mie caviglie ed un brivido mi passa per la schiena.
‘Ieri tu non potevi vedere, ma per tutto il giorno si sono alternati dentro di te uomini e donne. Eri così sensibilizzata che non riuscivi a riconoscere un cazzo vero da uno strap on.’
Io lo guardo perplessa, non capisco di cosa stia parlando, osservo con curiosità l’oggetto che tiene in mano ed impiego qualche secondo a capire.
Sembra un pene umano, anche di ragguardevoli dimensioni, direi, dal quale pendono delle cinghie.
‘Sei stata scopata ed inculata decine di volte, con aggeggi simili, dalle mogli dei miei amici. Avevano così tanta furia che mi sembravano delle Erinni.’
Mi avvicina l’aggeggio e comincia a strofinarmelo in mezzo alle gambe.
Sono così sensibile che come mi tocca inizio a contorcermi, per quanto me lo possono permettere i ceppi alle caviglie.
Gemo disperatamente mentre lui mi tocca in profondità con quell’aggeggio, ecco sto per venire di nuovo, sì.
Si è fermato ed io lo guardo delusa, poi la punta nera del pene finto scivola lentamente sulla mia vagina aperta.
Ti prego, mettimelo dentro, non ce la faccio più, penso.
Ho gridato, per la sorpresa e un po’ anche per il dolore, quando invece me lo ha piantato di dietro.
Mi muovo, mentre lui lo fa entrare di più, poi vedo che si è aperto i pantaloni.
Mi strofina la punta del pene sulla vagina per farlo rizzare ed io lo supplico di scoparmi, ormai sono come una specie di animale affamato di sesso.
è stato tutto molto rapido, io ero lì, inchiodata dai ceppi con le gambe completamente divaricate, con quel pene finto enorme piantato nell’ano, mentre lui mi scopava.
Sono venuta per l’ennesima volta, il direttore ha riempito di sperma la mia vagina e poi mi ha liberata.
Sono stanca, vorrei solo dormire, penso mentre mi riaccompagna di sopra.
Prima di riportarmi su mi ha ficcato bene nell’ano il pene finto e poi mi ha legato le cinghie al contrario, chiudendomele sulla pancia, in modo che non si sfili.
Percorro piano le scale, un gradino alla volta, con le gambe che mi si piegano, al punto che lui deve sorreggermi di continuo, mi sorregge giusto la speranza che dopo quest’ultima volta, la mia odissea sia finita.
Quando finalmente vedo il letto mi ci lascio cadere sopra di peso.
‘Ancora un ultimo sforzo, Daniela, poi tornerai a casa da tuo marito.’
Mi scioglie le cinghie, poi sento che mi sfila quel coso che mi ha conficcato dietro.
Ho capito, per ultimo vuoi mettermelo lì, ma sì, l’ultima volta, poi tornerò la ragazza della porta accanto, mammina premurosa e sposa fedele ‘
Me lo ha messo dentro di colpo, ma ero così dilatata che è entrato senza il minimo sforzo, eccolo, si muove, lo sento dentro di me, ora prenderà il ritmo, ci metterà di più, perché non è giovanissimo e dopo la prima volta ‘ ormai conosco bene le sue esigenze, come conoscevo bene quelle di ogni cliente del bar.
Troia, Daniela, sei una troia, non tornerai mai quella di prima, anche se tuo marito ti perdonerà.
Se sapesse, mi perdonerebbe? Ma l’ho fatto a fin di bene. Già, troia a fin di bene.
No, non mi perdonerebbe, mi porterebbe di nuovo sul marciapiede, ma questa volta non tornerebbe a riprendermi all’alba.
Sono distratta dalle mie farneticazioni da una sensazione piacevole: mi ha infilato una mano in mezzo alle cosce.
Bastano poche carezze per risvegliare di nuovo in me la bestia che si era sopita e riprende tutto come prima.
Alla fine mi ha lasciata lì, sdraiata sul letto. Ho sentito la porta della stanza che si chiudeva e la mia mano ha continuato quello che la sua aveva lasciato in sospeso.
In macchina, a ritorno, abbiamo parlato poco.
Sono stanca e mi sento sporca, nonostante abbia passato un mucchio di tempo sotto la doccia, ho l’impressione di puzzare di sperma, mi sembra di sentirlo uscire dalla vagina e soprattutto dall’ano. Per sicurezza ho messo anche una salva slip, ma continuo ad avere la spiacevole sensazione di sentire qualcosa di umido che mi esce in mezzo alle gambe.
Il direttore mi ha lasciata un po’ distante da casa e mi sono incamminata lentamente.
Da questo momento Daniela sarà solo per Antonio. Antonio è felice di rivedermi, mi dice che gli sono mancata molto, mi abbraccia stretta ed io mi sento un schifo. Ho tradito la sua fiducia, anche se l’ho fatto a fin di bene.
è tardi, i bambini sono già pronti per andare a dormire, un bacio alla mamma che è tornata e mi ritrovo sola con Antonio.
Capisco subito che lui ha voglia di fare l’amore, io proprio no, sono stanca e poi ho paura che capisca quello che ho fatto, sì, lo so, è una cosa stupida, non dovrebbero esserci sul mio corpo tracce della giornata di sabato passata in cantina e neanche di quello che ho appena fatto con il direttore della banca, però sono tesa ed agitata.
Antonio invece sembra particolarmente eccitato, mi spoglia e mi accarezza, mentre io tento timidamente di protestare.
‘Si svegliano i bambini.’
‘Non ti preoccupare, facciamo piano, e poi la porta è chiusa.’
‘Sono un po’ stanca.’
‘Ma come, dopo due giorni passati in quella SPA, dovresti essere super riposata.’
Quando alla fine, dopo avermi sfilato le mutandine, comincia a fare i complimenti al mio culetto che, a suo dire, ogni giorno diventa più bello, capitolo.
In fin dei conti si tratta solo di farlo per un’altra volta, dai, Daniela, tieni duro.
Accidenti, se solo sapessi con che razza di troia hai a che fare, non mi faresti tutti questi complimenti.
I preliminari durano pochissimo, meno del solito, non avevo mai visto Antonio così arrapato, perché me lo ficca subito dietro, con una tale energia che mi manda a sbattere con il viso dentro al cuscino.
Se avesse fatto una cosa del genere all’altra Daniela, quella precedente all’esperienza del bar ed a tutto quello che è venuto dopo, sarebbe stato doloroso, ma la Daniela di oggi ha il culo sfondato e così mi entra dentro facilmente, nonostante mi abbia preso di sorpresa.
Quasi subito succede una cosa che mi sorprende: ero stanca, non ne avevo voglia, eppure, all’improvviso scatta qualcosa dentro di me, violenta ed incontrollabile, come se mi avessero fatto di nuovo un’altra iniezione.
Anche lui resta sorpreso dal mio cambiamento, perché ho iniziato a muovermi cercando di farmi penetrare più profondamente, ma, passato qualche momento di spaesamento, Antonio segue il movimento delle mie chiappe, cercando di mantenere il ritmo.
Lo abbiamo fatto tre volte di seguito e l’ultima mi è venuto nella vagina, tanto ho continuato a prendere la pillola, poi ci siamo fatti la doccia insieme, ma è andata che io mi sono inchinata, ho poggiato le ginocchia a terra ed ho cominciato a succhiarglielo.
L’ho sorpreso di nuovo, perché ultimamente avevo mostrato una certa propensione ai pompini, ma non avevo mai preso l’iniziativa fino a questo punto.
Quando torniamo a letto Antonio è quasi fuori di testa, continua a ripetermi che mi ama alla follia e che io ora sono tutta per lui, solo per lui.
Se sapesse, altro che SPA.

è passata una settimana da quella notte e Antonio è sempre molto gentile con me, e questo mi fa sentire ancora più in colpa, ma non posso far nulla se non sperare che il passare del tempo affievolisca i miei sensi di colpa.
Questo pomeriggio sono rincasata ed ho aperto con la chiave senza suonare.
è un’abitudine, non lo facciamo mai, prima suoniamo e, solo se nessuno viene ad aprire, usiamo la chiave. Non so proprio perché non ho suonato, forse ero distratta.
Ho sentito la voce lontana di Antonio al telefono.
Non mi deve aver sentito entrare, io sto per chiamarlo, poi metto a fuoco quello che sta dicendo e mi fermo.
‘… certo, mi sono accorto che le avete dato proprio una bella ripassata, ora è diventata mansueta come un agnellino, si fa fare tutto, anzi, sfoggia delle doti da troia consumata.’
Mi si gela il sangue, sta parlando di me con qualcuno, ne sono sicura.
‘… no, non si preoccupi, non lo scoprirà mai, lei non capisce un cazzo di numeri, non saprebbe leggere un estratto conto e poi, sono sicuro che non metterà mai le mani nelle carte della banca, quindi, tranquillo, resterà sempre convinta di essersi sacrificata per il bene della sua famiglia.’
Sono allibita, sta evidentemente parlando con il direttore della banca, brutti bastardi, erano d’accordo. Mi prende una rabbia sorda: ora vado lì e gli faccio una piazzata ‘
‘… no, non credo che sarà possibile, in futuro, non è una questione di soldi, ma penso che terrò la mia cara Daniela tutta per me, solo per me …’
In quel momento decido di non divulgare la scoperta appena fatta e riapro piano la porta di casa, per poi richiuderla rumorosamente.
‘Antonioooo, sei in casa?’ Dico ad alta voce.
‘Ci sentiamo in un altro momento, ora la devo lasciare’, poi, a voce più alta, ‘oh cara, sei già arrivata.’
Antonio ha un’aria visibilmente imbarazzata ma io fingo di non notarlo.

Sono passati diversi giorni ed ancora non sono riuscita a trovare una buona idea per sfruttare la notizia e farla pagare a mio marito. Per ora me ne starò buona, e mi godrò la rinnovata tranquillità familiare.
Io mi mostro sempre premurosa con lui, specie la notte, basta poco per accontentare mio marito: è sufficiente che gli mostri il mio bel culetto e lui non capisce più nulla, se poi alla fine gli faccio pure un bel pompino, potrei anche chiedergli la luna, che me la darebbe.
E poi ora ho acquisito la piena consapevolezza della mia sessualità riesco a godere veramente in maniera totale e glie lo mostro senza più nessuna timidezza. Una volta ne abbiamo anche parlato, di questa mia improvvisa esuberanza, che non avevo mai manifestato in tanti anni di matrimonio, lui non se la spiegava.
‘Beh’, gli ho detto io, ‘tutto quello che è accaduto al bar, un peso lo avrà pure.’
L’ho visto rabbuiarsi e allora ho aggiunto, ‘stai tranquillo, d’ora in poi sarò tutta per te, solo per te’, ripetendo le parole che gli avevo sentito dire al telefono con il direttore.
Lui ha masticato male ma quando io gli ho ricordato la terribile punizione che mi ha inflitto quella notte, non ha trovato argomenti per ribattere.
Intanto nella mia mente si sta cominciando a delineare il piano della vendetta, se va in porto il mio caro Antonio si pentirà amaramente di avermi ingannata. Non mi piace per niente la faccenda. Il direttore mi ha detto che deve dirmi una cosa importante.
Ecco, ci risiamo, tornerà alla carica perché vorrebbe di nuovo coinvolgere Daniela nelle orge che fanno nella sua casa di campagna.
Mi dispiace ma mia moglie ora me la voglio godere solo io. Oppure vorrebbe scoparsela lui come ha fatto per un po’.
‘Siediti Antonio, ormai possiamo darci del tu, vero?’, mi dice con un tono molto serio e professionale, un po’ distaccato, che contrasta con la proposta di darmi del tu.
‘Senti, vengo subito al dunque, ti ricordi quell’investimento molto vantaggioso che ti ho fatto fare tre mesi fa?’
‘Sì, certo, perché?’
‘Ecco ‘ non so come dirtelo, ma è successa una cosa incredibile, sì, incredibile, vedi, anch’io ci avevo messo un bel po’ di soldi …’
‘Insomma, vuoi dirmi che cazzo succede?’
Il tono della sua voce e la sua reticenza mi stanno spaventando.
‘Insomma, Antonio, hai perso i soldi.’
‘Perso? Quanti?’
‘Tutti Antonio, il 100% del capitale.’
Mi crolla il mondo addosso, lo scherzo che avevamo combinato a Daniela, ora si ritorce contro di me, con la differenza che adesso è tutto vero.
‘Vuoi dire che non ho più un soldo?’
‘Peggio, ricordi che per arrivare al capitale minimo per entrare nel fondo ti avevo alzato il fido? Beh, ora non solo non hai più liquidità, ma ti ritrovi pure con uno scoperto molto forte, che non potrò giustificare a lungo. Io ti avevo fatto sforare perché contavo di riemettere le cose a posto entro la fine del mese, rivendere quanto bastava delle quote per rientrare, invece, è crollato tutto come un castello di carte.’
Ecco, sono rovinato, no, non può essere.
Oppure, mi passa per la mente un dubbio atroce: vuoi vedere che questo stronzo sta facendo tutta ‘sta manfrina per rimettere in ballo Daniela?
No questo non lo permetterò.
‘Guarda, che se pensi di sfruttare ancora mia moglie, ti sbagli di …’
‘Ma no, che centra tua moglie. Non hai capito, tu sei rovinato veramente e non posso coprirti.’
‘Ma deve esserci una soluzione.’
‘Per ora non ne ho trovate, mi dispiace.’

Sono uscito barcollando dalla banca, mi sta crollando addosso il mondo, proprio ora che andava tutto liscio ed ero riuscito a plasmare così bene la mia cara mogliettina.
Niente di meglio che avere vicino la ragazza della porta accanto, ma che per te, solo per te, si trasforma in una pantera, affamata di sesso.
Non so come fare, ma prima o poi dovrò parlarne a Daniela, meglio che farselo dire dall’ufficiale giudiziario, quando verrà a pignorare la casa.
Comunque Daniela è stata un vero tesoro, perché quando mi ha visto un po’ giù, mi ha rincuorato con il miglior pompino che mi avesse mai fatto.
Vorrà dire che vivremo poveri ma felici.

è passata una settimana da quel primo colloquio ed il direttore mi ha chiamato dicendomi che ci sono novità.
Dal tono della voce sembrava allegro ed io sono corso subito, mollando anche il lavoro.
‘Allora, ho trovato una persona disposta a finanziarti.’
‘Come sarebbe a dire? Non è che mi metti nelle mani di uno strozzino?’
Ho letto che delle volte i direttori di banca reclutavano tra i clienti disperati possibili vittime degli strozzini.
‘Ma no, ma che ti viene in mente. è una gentile signora che è disposta a venirti incontro e non ti torcerà un capello, anzi.’ Si è messo a ridere.
Questa faccenda di una benefattrice, non mi convince per niente, perché una gentile signora dovrebbe ripianare i debiti di uno sconosciuto?
‘Guarda che la conosci pure, l’hai vista nella mia casa di campagna.’
In quella casa ci sono stato un paio di volte, in occasione di altrettante feste, se così possiamo chiamarle, tipo quella in cui è stata coinvolta Daniela, no, chiariamo, io quella volta non ero stato invitato.
‘Ti ricordi la moglie del cavaliere …’ e mio dice un nome che non ho capito bene, ma si materializza nella mia mente l’immagine di una donna non giovane, alta, magra, dall’aria vagamente torbida.
‘Ha sposato parecchi anni fa il suo principale, molto più vecchio di lei ed è vedova da un paio di anni. Dove lavorava la chiamavano l’idrovora.’
‘Insomma, cosa vuole in cambio questa qui?’
Faccio la domanda ma ho già una vaga idea di quale sia la risposta.
Lui sorride e spinge verso di me un mucchio di foglietti di carta.
‘Semplice, tu firmi queste cambiali e lei fa partire un bel bonifico sul tuo conto. Te le restituirà di persona, una alla volta. Non credo che debba dirti cosa vuole in cambio.’
‘Ma ‘ quanti anni ha?’
‘Oddio Antonio, quante storie, non puoi mica scegliere sai. Comunque tra i 50 ed i 60, più verso i 60 se ricordo bene.’
Così ho firmato, ho firmato tutte quelle stramaledette cambiali e mentre tornavo a casa cercavo di convincermi che poi non era così male la soluzione che il direttore aveva trovato per me. Pensa se invece della moglie dovevo farmi ridare le cambiali dal cavaliere in persona che, in cambio di ognuno di quei foglietti avrebbe preteso di ficcarmelo ripetutamente nel culo.
Insomma posso dire che mi è andata di lusso.

La mia benefattrice si chiama Alessandra ed abita in una villa enorme un po’ fuori città, in una zona molto di lusso.
Mi ha aperto la porta un uomo vestito elegantemente che dovrebbe essere una specie di maggiordomo factotum.
Mi ha detto di salire al piano di sopra ed io mi sono incamminato lungo la scala di marmo, larga e leggermente in curva, che mi ha fatto pensare ai vecchi film americani, quelli degli anni ’50.
Sono ansioso e preoccupato di vederla, perché il ricordo che ho di lei, nella casa di campagna, è molto vago, visto che tutti eravamo impegnati ad occuparci delle due puttane assoldate per l’occasione, una legata al grande tavolo, l’altra in giro per la sala, portata al guinzaglio come un cagnolino, ed impiegata per fare pompini ai presenti.
Alessandra è parecchio alta, più o meno 1,78, magra e con una chioma di capelli nero rossicci, sicuramente tinti. Ha il problema di tutte le donne magre non più giovani: le rughe. Le mani, il viso, il collo ne sono pieni, e questo non è un buon inizio per me.
Ai piedi calza degli stivaletti neri, con il tacco alto e la lampo laterale.
Poggia un piede su una sedia e mi dice: ‘su caro, toglimi la scarpa.’
La sua voce è una sorpresa, mi aspettavo un’intonazione bassa, un po’ rauca, invece, se mi trovassi a parlare con lei al telefono, senza poterla vedere in faccia, penserei di trovarmi davanti ad una persona giovane, come Daniela.
Insomma Alessandra è alta, secca, piena di rughe ma ha una voce squillante come una ragazza.
La mia preoccupazione è quella di tutti gli uomini quando si trovano da soli con una donna per la prima volta: mi si drizzerà?
Le cause di certe défaillance sono spesso difficili da individuare, infatti molti maschi in apparenza senza problemi, hanno miseramente fallito al cospetto della fica inarrivabile, che finalmente si era degnata di concedersi a loro.
Qui però mi trovo davanti a quella che brutalmente potrei definire vecchia befana rinsecchita, solo che lei mi tiene (metaforicamente) per le palle e, se non la soddisfo, con tutte le cambiali in suo possesso, mi rovina.
Ora ho tra le mani il suo piede, avvolto in una calza, morbida, scura e sottile.
Alessandra ha i piedi piccoli, nonostante la sua altezza.
Mi sono distratto e lei mi riporta alla realtà carezzandomi in mezzo alle gambe con il piede.
Basta questo piccolo tocco a dargli una piccola scossa: lo sento indurirsi e mi tranquillizzo, ce la posso fare.
Ora che è scalza, con un gesto rapido si sfila la vestaglia nera e la lancia su una poltroncina.
Oltre alle calze indossa soltanto un reggicalze nero e mi sta fissando intensamente.
Questo è il momento della verità: l’esame per entrambi, con il problema che in caso di insuccesso io sono spacciato, mentre lei potrà sempre trovare un altro giovane stallone.
Ho fatto rapidamente una radiografia ad Alessandra.
Il viso, già non deve essere stata una bellezza da giovane, ora, con tutte quelle rughe, non è certo attraente.
Le rughe continuano implacabili sul collo, allora lo sguardo si sposta sul seno: ha due tette piccole ed un po’ mosce, impossibile il paragone con le belle tettone della mia Daniela.
La pancia è piena di smagliature, solo in parte nascoste dal reggicalze, mentre sulla parte scoperta delle cosce ci sono diversi segni bluastri delle varici.
Sono sconsolato, beate le donne che possono provare a fingere, davanti a questo disastro temo che proprio non mi si rizzerà, così inizio a spogliarmi molto lentamente, cercando di ritardare il momento della verità.
Lei invece sembra ansiosa di farsi scopare da me, la sua fica, grande e circondata da peli neri, mi sembra una bocca enorme, pronta ad ingoiare il mio povero pisellino, che uscirà dalle mutande moscio e striminzito.
Invece no, lo estraggo discretamente duro e lei mi ricambia con un bel sorriso che mette in mostra una bocca piena di denti bianchissimi, troppo perfetti per non essere opera di un bravo dentista.
Dai Antonio, che ce la fai, pensa a Daniela, pensa a Daniela.
Ora sono sdraiato sul letto e Alessandra è sopra di me, si dimena furiosamente e mi dice frasi oscene, che, con quella sua voce da ragazzina, suonano buffe, ma io sono troppo impegnato a pensare di avere sopra di me mia moglie, per dargli peso.
Sono venuto. Accidenti, era tanta la paura di non farcela, che sono venuto subito.
‘Di già’, mi fa lei con tono di dolce rimprovero, ‘come i coniglietti. Ora ci penso io.’
Mi sono tornate in mente le parole del direttore, riguardo a come la chiamavano.
Vi posso assicurare che il termine idrovora è azzeccatissimo, perché mi ha fatto tre pompini di seguito, uno dietro l’altro, sputando solo un po’ la prima volta ed ingoiando tutto le altre due.
‘Bene, ora possiamo cominciare’, mi dice mentre riprende a succhiarlo.
Ecco, in questo momento una parte di me vorrebbe che non si rizzasse di nuovo, perché sono stanchissimo, ma l’idrovora sa il fatto suo e lui torna lentamente in erezione.
Questa volta non ho fatto il coniglietto e sono durato tanto, tantissimo, anche troppo per me.
Lei è venuta mentre io ero ancora a carissimo amico e così ha continuato, impalandosi di dietro.
Comincia a farmi male ma devo tener duro, mentre Alessandra, per aumentare il piacere si è ficcata una mano nella fica. Grida di piacere con la sua vocina acuta ed io penso che di schiena è meglio, così non vedo tutte quelle rughe e le tette mosce, anzi devo dire che ha ancora un bel culo, più piccolo di quello di Daniela, ma rotondo e ben proporzionato.
E venuta di nuovo e così torna alla posizione iniziale.
I suoi piccoli seni oscillano mentre mi cavalca furiosamente, allora chiudo gli occhi e vedo Daniela, le mie mani si protendono e stringono i capezzoli, e, finalmente riesco a venire anch’io.
Quando ridiscendo il grande scalone della villa ho in tasca la prima cambiale e mi sento di merda.
Il maggiordomo factotum mi lancia un’occhiata di comprensione, sicuramente sa tutto quello che accade in casa e magari, quando la signora non ha di meglio, deve occuparsene lui.
La notte a casa, ho scoperto una Daniela più vogliosa del solito, proprio oggi che vorrei invece dormire e basta.
Ho cercato di tergiversare, ma non c’è stato niente da fare, ed ho dovuto accontentarla.
Lei è stata veramente contenta e mi ha detto che sono stato grande, perché delle volte ci metto troppo poco, ma oggi … Mi sento preso in mezzo, tra mia moglie ed Alessandra e, specie quest’ultima, sembra avere energie inesauribili.
Sul calendario che tengo in ufficio faccio un pallino tutte le volte che ho un incontro con lei, e conto quante cambiali ancora sono nelle sue mani, ma, per i miei gusti, ne mancano sempre troppe.
Ho imparato a durare un po’ di più, perché non potevo sopportare di farmi spompinare quasi a sangue prima di dover cominciare, ma anche così è dura.
Ma la cosa più terribile è quando torno a casa, perché non ho quasi il coraggio di guardare negli occhi Daniela, mia moglie.
Non è tanto il rimorso per quello che, tutto sommato, non considero un tradimento, ma la vergogna per essermi fatto incastrare come un pollo. Sono sicuro che il direttore l’ha fatto apposta, però non ho le prove e l’unica possibilità che mi resta è continuare ad andare da Alessandra e recuperare faticosamente, una ad una, queste maledette cambiali.
‘Oh, caro, hai avuto un’altra giornataccia al lavoro, vero? Ti si vede dagli occhi, sai.’
E che potrei dirgli? Forse qualcosa tipo, ti sbagli, Daniela, ho solo passato il pomeriggio a farmi succhiare il cazzo da una vecchia befana rinsecchita che mi ricatta?
Però so già quale sarà il programma della serata: una cenetta appetitosa, i bambini a nanna presto e ‘ lei che cerca di tirarmi su.
Ecco, in quelle sere, l’ultima cosa che vorrei fare è, lo capite bene, dell’altro sesso, ma non posso deludere la mia ragazza della porta a fianco, specie ora che da parte sua è tornato tutto a posto e, dopo le disavventure che ha avuto, sono sicuro che in futuro righerà dritto.
Poi devo dire che, con tutta l’esperienza che ha fatto, si è veramente sciolta ed è proprio un piacere fare sesso con una donna giovane e carina, che sa anche esattamente come toccarti e stimolarti.
Non che Alessandra non sappia il fatto suo, però con lei, a parte l’aspetto fisico, è diverso perché mi sento sempre un po’ sottomesso, e non è soltanto perché alla fine mi paga restituendomi la cambiale.
L’ultima volta c’è stata pure un’evoluzione, negativa per me: mi ha messo il collare ed il guinzaglio, come se fossi un cane.
Mi ha detto che apparteneva al molosso da guardia che avevano una volta nella villa.
Me lo ha fatto indossare verso la fine e, dopo aver legato il guinzaglio alla zampa del letto, si è seduta a gambe larghe ed ho dovuto leccarle la fica.
Naturalmente a casa ho trovato una cena appetitosa ed abbondante ed il solito dopo cena.
La notte, dopo aver dovuto soddisfare anche gli appetiti di Daniela, ho avuto un sonno molto tormentato.
‘Caro’, mi ha detto lei la mattina, ‘ti sei agitato molto nel sonno, sai? Continuavi a ripetere no, la catena no, la catena no. Ma cosa stavi sognando?’
Le ho detto che qualcuno mi aveva costretto a ficcarmi in una casetta di legno, tipo quelle usate in giardino per i cani, e mi aveva pure messo un collare con le punte e poi legato con una grossa catena.
Tutto vero, nel senso che lo avevo veramente sognato, tranne il particolare che la catena me la metteva Alessandra, e poi le si piazzava davanti a me, a gambe larghe, e dovevo leccarle la fica. Beh, questo non mi è sembrato proprio il caso di raccontarlo.

C’è una novità. Oggi, insieme ad Alessandra ho trovato anche una sua amica.
A parte l’età, più meno simile, credo, l’altra è l’esatto opposto di Alessandra: piccola di statura, compensa la minore altezza con un fisico decisamente abbondante, con due tettone da paura ed un sedere di dimensioni notevoli.
è bionda e non ha molte rughe, visto che la ciccia le tiene la pelle in tiro.
All’inizio se ne è stata in disparte, ma mi sono accorto che ogni tanto si masturbava, infilandosi una mano sotto la gonna.
è entrata in ballo solo verso la fine, quando ero praticamente sfinito, allora Alessandra è andata in bagno ed io sono rimasto solo con lei.
Mi sono sentito tirare per il guinzaglio.
‘Su carino, sdraiati.’
Ha una voce calda e suadente ed io sono troppo stanco per disubbidire, e poi penso che se sto sdraiato non dovrò prendere l’iniziativa.
La biondona, di cui ignoro il nome, dopo essersi sollevata la gonna, mi si siede letteralmente in faccia e mi strofina la fica bagnata sulla bocca e sul naso.
Ormai sono diventato bravissimo a leccare fiche, mi viene quasi istintivo.
Spero solo che si accontenti, perché non credo di avere la forza di scoparmi pure lei.
Ma dopo un po’ si ferma e si toglie dalla mia faccia.
Ben, torno a respirare meglio, perché mi stavo soffocando, ma dura solo pochi secondi, perché la vedo prendere tra le mani le sue tettone spropositate ed avvolgerci il mio uccello, che, nonostante tutti gli strapazzi, ha deciso di rimanere dritto.
No, la spagnola, no, per favore, grido dentro di me, mentre vedo la massa di carne bianca che ha catturato il mio arnese, cominciare a mettersi in moto.
Con la mani guida abilmente le sue tettone che ondeggiano, con i capezzoli larghi e scuri che seguono fedelmente il movimento, mentre lei geme di piacere ed io posso solo starmene tranquillo aspettando il prevedibile epilogo finale.
La sua bocca grande, con le labbra spesse rifatte e piene di rossetto, mi sembra una seconda fica, pronta ad ingoiarlo, non appena sarà liberato dall’abbraccio delle sue tettone, sono spaventato ma, allo stesso tempo devo ammettere che mi piace.
Daniela se lo fa fare, ma non è così brava, però è meglio che non glie lo proponga questa sera.
Quando alla fine me lo libera, si sposta all’indietro, si solleva la gonna e se lo infila dentro.
Ho visto solo un attimo la sua fica, grande, depilata e completamente aperta, poi la gonna ha ricoperto il tutto e lei si è abbassata facendoselo entrare dentro.
Ormai non faccio più il coniglietto, ho imparato, e poi, a fine pomeriggio, il problema non è venire prima o dopo, ma solo riuscirci.
Dai, Antonio, cerca di finire, poi te ne torni a casa con un’altra cambiale in tasca, ne mancano solo ‘ tante, troppe.
Mi sono un po’ aiutato, d’altra parte ho davanti a me tutto quel ben di dio, perché le tette grandi mi sono sempre piaciute e, devo dire che, nonostante l’età, questa qui le ha ancora belle sode, forse magari se le è rifatte, ma non mi importa.
Così sono venuto stringendo le sue tettone e lei appresso a me.
è rimasta soddisfatta e per ringraziarmi mi ha pure dato un bacio sull’eccello. Per un attimo ho temuto che volesse ricominciare, ma poi ha detto che aveva da fare, così Alessandra, che intanto era ritornata,mi ha tolto il collare e mi ha dato la cambiale.
Ora resta solo da affrontare Daniela, sperando che non mi trovi troppo affaticato dal lavoro, ma già so come andrà a finire. ‘Sai, Armando, delle volte mi sento un po’ in colpa, forse ho un po’ esagerato.’
‘Ma no, Daniela’, mi risponde lui, ‘vedrai che abbassare la cresta gli farà bene, e poi la mia amica Alessandra si sentiva tanto sola, dopo la morte del marito.
Mi ha detto che se la sta cavando bene ed ora ha chiamato anche un’amica come rinforzo.’
‘Ah, ecco perché le ultime volte mi è sembrato ancora più stanco. Poverino, lo vedo proprio disperato quando gli propongo un piacevole dopo cena. Mi guarda con certi occhi imploranti, ma io faccio finta di non aver capito.’
Dopo aver scoperto l’inganno in cui ero caduta a causa di Antonio e del direttore, ho deciso di non dire niente a mio marito, ma di andare a parlare con l’altro.
Quel giorno ho fatto una scenata, gli ho detto che averi fatto scoppiare uno scandalo e lui si deve essere spaventato.
Mi ha detto anche che era stato mio marito ad insistere per farmi questo brutto scherzo, non so se è vero, ma ho voluto credergli e gli ho proposto di organizzare una vendetta, nei confronti di Antonio, in cambio del mio silenzio.
Insomma è andata che siamo pure diventati amici. Che buffo sono andata a letto con lui un mucchio di volte e non sapevo neanche come si chiamasse, gli davo del lei e lo chiamavo direttore. Ora che non lo facciamo più, giuro, è vero, sono tornata la ragazza della porta a fianco e mi dedico solo a mio marito, ci diamo del tu e ci chiamiamo per nome.
‘Comunque ha quasi finito, gli restano da recuperare solo una decina di cambiali.’
‘Peccato, un po’ mi dispiace, sai?’
‘Dispiacerà di più ad Alessandra, mi ha detto che si è affezionata, magari, se lui volesse …’
‘Eh no, credo che possa bastare così.’
‘Non sarai mica gelosa?’
‘Ma no, che c’entra. Piuttosto, ma non c’è pericolo che Antonio scopra il mio conto dove sono finiti i suoi soldi?’
‘Tranquilla, è praticamente impossibile, e poi lui non sospetta nulla del genere.
Ah, piuttosto, sabato prossimo c’è una di quelle festicciole da me, in campagna, potresti venirci, sarebbe interessante partecipare dall’altro lato della barricata. Non trovi?’
‘Non sarebbe una cattiva idea, te lo faccio sapere per telefono, ma adesso devo scappare a casa, perché la ragazza della porta a fianco deve preparare una bella cenetta energetica per il suo maritino, che deve aver avuto un’altra giornata difficile al lavoro.’

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