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OrgiaRacconti di Dominazione

La trasformazione di Jennifer – Cap.16

By 30 Aprile 2020No Comments

Carla era nel baule rannicchiata su se stessa. Puzzava e si faceva schifo. Pensava a se stessa, a come era discesa in quell’abisso. Quell’uomo sadico la teneva in pugno oramai e neanche lei se la sentiva di farne a meno. Più lui era violento e cattivo più lei si attaccava. Quando divenne sua schiava, Carla aveva una figlia di 6 anni. L’accordo fu che Amilcare non le avrebbe fatto mancare nulla, le migliori scuole, infatti era in un bellissimo collegio svizzero, costosissimo. Carla non la vedeva da 6 mesi. Nell’accordo lei doveva fare tutto per il padrone e la figlia sarebbe stata una regina. Aveva accettato quell’accordo. Quell’uomo sadico le aveva fatto subire le peggiori angherie ed umiliazioni. Ma ormai lei si sentiva annullata e quasi era felice di questo. Quando quell’uomo ogni tanto le dava una carezza si sentiva finalmente bene. Quella figlia la obbligava ancora di più a essere disponibile e sottomessa, aveva paura che quell’uomo in qualche modo si vendicasse sulla sua creatura. Sentì che la macchina scendeva in garage e aspettava solo di uscire e ricevere ulteriori angherie e violenze.

Amilcare la fece scendere dall’auto e con il guinzaglio la portò a casa. Una volta entrato, la guardò e le disse:

          Vai a lavarti che puzzi da fare schifo. Hai 10 minuti e poi vieni subito da me, nel mio studio

Corse a lavarsi, perché non voleva metterci più tempo di quello richiesto. Dopo 10 minuti fu in studio dal suo padrone vestita come piaceva a lui. Aveva una canottiera rosa che non riusciva a trattenere il suo bellissimo e prorompente seno. Questa canottiera era un po’ lunga ma non le copriva completamente il sesso e neanche il suo tondo e tonico sedere. Il padrone la squadrò e le disse:

          Allora stupida troia, adesso appoggi il tuo schifoso seno sul tavolo, piegandoti per bene. Poi ti prendi con il pollice e l’indice i tuoi capezzoli e tiri in avanti il più possibile

          Si padrone

Carla si piego un po’ in avanti, appoggiò il suo seno sul tavolo, prese i capezzoli con pollice e indice e tirò in avanti il più possibile. Il seno era bello stirato e già le faceva abbastanza male. Guardò il padrone e vide che si stava avvicinando con quel suo sguardo diabolico e cattivo. Tirò fuori un cucchiaio di legno. La guardò e le disse:

          Adesso io ti batterò il seno con questo e tu non dovrai mai lasciare i capezzoli. Nel frattempo mi farai un bel pompino e smetterò di colpire solo dopo che avrò goduto.

          Si padrone

Si mise di fianco alla sua schiava, lo tirò fuori e lei cominciò a succhiarlo con devozione. E sbam, il primo colpo la colpì a tradimento e stava per lasciare il capezzolo del seno destro colpito con rudezza. Il dolore le arrivò fin nei più nascosti gangli del cervello. Resistette e continuò a succhiare. Poco dopo un secondo colpo scese sull’altro seno e un urlo le scappò mentre il membro di Amilcare era nella sua gola. I colpi si susseguirono, il seno era ormai violaceo per tutti i colpi subiti. Finalmente il padrone stava per venire nella sua gola, ma non felice di questo, colpì ancora più duramente il seno destro, prendendo un punto già dolente, facendo lanciare un urlo disperato a Carla, mentre lui la soffocava con il suo caldo seme. Non contento, le spinse ancora più in fondo alla gola il membro tirandola per i capelli e colpendo un’ultima volta il seno. Finalmente uscì ma obbligò Carla a rimanere nella posizione in cui era stata fino a quel momento senza lasciarsi i seni. Poi prese un mattarello, la guardò e le disse:

          La prossima volta che sbaglierai userò questo, hai capito stupida e inutile troia?

          Si padrone

          Adesso, siccome tu e tua figlia mi costate un sacco di soldi, cerca di farmene guadagnare un po’

          Si padrone

La prese, la fece nuovamente salire sul suo SUV e andò in una zona dove c’erano le prostitute da strada. Fece scendere la sua schiava e le disse:

          Metti questo microfono che voglio sentire tutto. Mettiti in quell’angolo, stasera farai la puttana da strada. Devi prendere 10 euro a cliente e mi devi portare 1000 euro entro le 5 di domani mattina. Sono le 10. Sbrigati

          Si padrone

Si mise il microfono e andò nell’angolo. Lei non sapeva che i clienti erano tutti amici di Amilcare, che avrebbero abusato di lei il più possibile dietro sua richiesta. Poco dopo dove era lei si formò una bella fila di auto. Qualunque cosa le chiedessero di fare lei rispondeva si e 10 euro. Fu sodomizzata più volte, ingoiò litri di seme maschile, qualcuno si divertì anche con il suo sesso. Alle 4 del mattino si avvicinò un auto coi vetri scuri, tirarono giù il finestrino e poi una volta salita a bordo, scoprì che il cliente aveva in auto altri 3 uomini. Si spaventò e urlò, ma le tapparono la bocca. La portarono in un casolare dove c’erano altri uomini, la peggiore feccia di Milano. La usarono tutti, a turno, in due o tre alla volta, la sodomizzarono, la riempirono di urina, la presero a sberle, la frustarono…poi vide il suo padrone, che li guardava e sorrideva felice. Quando gli energumeni erano oramai svuotati e stanchi andarono dal suo padrone che li riempì di soldi. Poi andò dalla sua schiava e le disse:

          Stasera mi hai fatto divertire, forse hai capito.

          Grazie padrone

Il viaggio di ritorno fu nel solito bagagliaio del SUV. Arrivati a casa il padrone le ordinò di andarsi a lavare e ripresentarsi da lui dopo al massimo 10 minuti. Amilcare la aspettava in salotto sul divano, lei arrivò da lui carponi e gli si mise in ginocchio di fronte in attesa di ordini. Il sadico prese il suo frustino, si alzò, le guardò le tette ancora illividite, e diede un paio di colpi ulteriori con la frusta. Poi la guardò dritto negli occhi, col suo gelido sguardo e le disse:

          Adesso io vado a dormire, sono le 6 e ho sonno, dormirò le mie solite quattro ore. Tu invece dovrai lavare e lustrare tutte le finestre di casa e non dovrò trovare neanche un alone al mio risveglio.

          Si padrone

Carla era esausta, aveva bisogno di dormire e quell’ordine era tremendo in quel momento. Le finestre di casa erano 14, di cui quattro porte finestre. I soffitti erano molto alti e le finestre erano molto grandi. Il padrone andò a dormire e Carla si armò delle ultime forze, prese straccio e sapone per lavare i vetri, la scala e cominciò dalla prima finestra. Era stravolta, ma aveva paura di lasciare aloni. Alle 10 il padrone si alzò e lei aveva finito da una decina di minuti. Aveva controllato e le sembrava non ci fossero aloni. Ma il sonno e la stanchezza le facevano socchiudere gli occhi. Ma ora che il padrone si era alzato la paura e l’adrenalina la risvegliarono dal torpore. Il vecchio porco, nudo, si avvicinò alla prima finestra, la osservò attentamente e passò alla seconda. Poi la terza, la quarta ma alla decima si fermò di più, osservò due o tre volte un punto e trovò il primo alone, facendolo notare a Carla con uno sguardo pieno di rabbia gelida. Trovò altri due aloni alla tredicesima e quattordicesima. Carla sapeva che sarebbe stata ulteriormente punita. Amilcare parlò:

          Nella camera delle punizioni

          Si padrone

Si avviò in quella camera che non era delle punizioni, ma delle torture. Aveva ogni tipo di marchingegno per provocare dolore. Ma uno in particolare spaventava Carla, ma sapeva anche che quasi certamente sarebbe stato usato. Arrivati le presentò una nuova poltrona “ginecologica”. Una volta seduta, sarebbe stata penetrata nel suo povero ano da un fallo che così l’avrebbe trattenuta. Poi c’erano i due reggi gambe che la tenevano divaricata. Appoggiò i polsi ai braccioli, e il suo padrone la legò per i polsi e le caviglie. Era esposta e con un fallo che la penetrava e riempiva. Non poteva muoversi. Il sadico andò a prendere la macchina infernale, che era una batteria, alla quale spuntavano cavi elettrici ed elettrodi con pinze che il vecchio applicò scientificamente ai capezzoli e alle grandi labbra. Guardò il lavoro soddisfatto e girò la leva. Una scossa arrivò ai seni e alle grandi labbra di Carla. Un calore innaturale la pervase e cominciò a tremare, sentendo un dolore fortissimo al suo ano, che si stringeva in modo convulso al fallo che la penetrava. Durò pochi secondi. Andò avanti per mezz’ora. Un paio di secondi ogni minuto. Carla piangeva, ma non chiese di smettere. Il sadico si divertiva a vederla saltare e soffrire. Più piangeva e si dibatteva più lui godeva. Carla era oramai stremata e il vecchio si era stancato. Smise, la slegò e la staccò dal fallo che era ancora dentro di lei. Carla sentiva bruciare il suo povero ano, le tette solo a sfiorarle la facevano urlare dal male, non sapeva proprio come avrebbe potuto proseguire. Era sicuramente il peggior week end da quando era diventata la sua schiava. Ma doveva resistere per sé e per sua figlia. Era quasi mezzogiorno, non dormiva non sapeva più da neanche quanto. Il vecchio dopo averla liberata la fece scendere dalla poltrona ginecologica, ma lei cadde a terra su un fianco. Il sadico avvicinò la sua bocca all’orecchio della povera Carla e con voce gelida e ferma le disse di alzarsi in piedi immediatamente e di seguirlo alla croce di Sant’Andrea. Con fatica si mise in piedi, lo seguì e si posizionò, Amilcare la legò e prese il suo frustino con l’anima di metallo. Si accanì sulle sue povere chiappe, usando tutta la forza e la sua metodica cattiveria, colpendo sempre gli stessi punti che come il seno diventarono di fuoco. Ogni colpo era un urlo di dolore. Ma continuò finchè non si stancò. Poi la liberò anche da quella tortura. Ma cadde a terra esausta. Si rannicchiò su sé stessa e sperò che fosse finita. Il padrone tornò con acqua e cibo. Si mise di fianco a lei e glielo diede. Carla mangiò e bevve avidamente e ringraziò il padrone per la gentilezza. Finito di mangiare il padrone la volle possedere. Carla divaricò le gambe e lui entrò dentro di lei. Le intimò di godere come aveva fatto con Marco. Cominciò a darle colpi secchi con le anche, le pareti malgrado tutto erano ben lubrificate, e l’arnese del vecchio sadico riusciva a fare su e giù comodamente. Carla si sforzò di godere, ma i dolori che aveva in tutto il corpo non la facevano concentrare e quando sentì il suo signore che dentro di lei aveva iniziato a pulsare ebbe paura. Sentì Amilcare ansimare sempre più rapidamente e quindi sapeva che sarebbe venuto di li a poco, pertanto cominciò ad ansimare anche lei tentando un finto orgasmo. Dopo poco lui venne e lei fece finta di avere un poderoso orgasmo. Il vecchio uscì, la guardò con un sorriso diabolico e le disse:

          Lo so che hai fatto finta e quindi oggi pomeriggio dovrò continuare a punirti

          Grazie padrone

          Brava cagnolina, adesso vai a sdraiarti a pancia in giù sul tavolo

Lei eseguì e di li a poco lui cominciò a legarla. Aveva le mani legate dietro alla schiena, le caviglie legate al tavolo con dei ganci che spuntavano dalle gambe del tavolo. Non poteva muoversi. Ma non successe nulla. Non sentì fruste o altri aggeggi che si abbattevano sul suo povero corpo. Stette così un po’ di tempo, forse un paio d’ore. Era tutta indolenzita, ma non disse nulla. Sentì infine il campanello e il suo padrone andò ad aprire.

          Ciao Dingo

          Ciao Ami

          Vieni di là, ho una sorpresa per te

Carla sentì la voce di Dingo e inorridì. Il terrore la prese, ma non poteva scappare. Quell’uomo era una bestia di circa due metri, pesava forse centocinquanta chili di muscoli, ma soprattutto in mezzo alle gambe aveva un arnese di almeno ventotto/trenta centimetri, con un diametro di quindici. Amilcare l’aveva fatta usare una volta sola da quella bestia e non era più riuscita a sedersi in modo normale per una settimana. Oggi era stata usata e abusata, era già sfatta, come poteva resistere a quella bestia?

          Uh che bello, la piccola Carla, ma cosa le hai fatto Ami, ha il culo rosso e le tette violacee

          Mi sono divertito, ora tocca a te, spaccala

          Padrone per favore non lui

          Zitta troia, tu spaccala

La bestia si avvicinò, si spogliò, si mise sopra di lei e appoggiò il suo membro all’orifizio posteriore già abbastanza usurato e dilatato dalla serata e giornata. Era già bello duro ed eccitato. Lo sentì ansimare. Ma poi la bestia, con tutta la sua forza e il suo peso entrò dentro di lei. Si sentì dilaniare da quel pitone mastodontico. Urlò più per la paura e la sorpresa che per il male. In effetti era stata talmente usata che la bestia poteva muoversi abbastanza bene dentro di lei. Si sentì piena. Lo sentiva ansimare come un animale, dare colpi vigorosi dentro di lei. Il suo corpo lo accoglieva tutto e pienamente e Dingo si sentiva bene dentro di lei. Carla sentiva quel grosso arnese pulsare di piacere. Le pulsazioni andavano a ondate, come fossero dei terremoti dentro di lei. Cominciò a sentire un piacere animalesco che la pervadeva. Essere posseduta così su una tavolaccia, legata e penetrata da quel bestione la faceva sentire piena. L’animale continuava a dare colpi, l’istinto gli diceva di spingere di più, ma lei lo accoglieva sempre e pienamente. Lo sentiva sempre più duro, più gonfio e più pulsante. Sapeva per istinto e conoscenza che stava per esplodere dentro di lei la sua furia animale. Ma lei era pronta ad accoglierlo. Così fu, con un ruggito che proveniva dagli abissi delle foreste dove la bestia era nata, il suo piacere la riempì di liquido caldo, una quantità infinita. Nello stesso momento in cui quell’arnese era conficcato nelle profondità di Carla, con un urlo altrettanto bestiale fece uscire tutto il suo godimento, con la faccia di Amilcare stravolta dalla rabbia e dallo stupore che osservava la scena. La sua bestia aveva provocato un ulteriore orgasmo alla sua schiava. Come era possibile che quella stupida troia godesse con tutti tranne che con lui. La odiò e pensò a un modo per fargliela pagare. Appena la bestia uscì da lei, Amilcare lo cacciò di casa insultandolo, poi prese il frustino di legno d’olmo e cominciò a picchiare il corpo martoriato di Carla, che però non sentiva più nulla, talmente era piena del piacere precedente. Il vecchio sadico smise perla stanchezza. Uscì dalla stanza lasciandola lì legata, con il culo oscenamente aperto, sfondato che colava umori e liquidi. Dopo una mezz’ora sentì il campanello ed entrarono delle persone che parlavano con Amilcare in una lingua strana. Arrivarono nella stanza, la presero ridendo e la portarono via. Era una banda di Albanesi, che aveva per le strade una serie di puttane. Amilcare aveva dato loro Carla, in affitto, fino a lunedì mattina. Dovevano dargli il 50% dei proventi che avrebbe guadagnato in strada nel turno di notte.

Carla ormai era assuefatta a tutto. Fu presa dai quattro energumeni, così com’era legata sul tavolo, portata nel loro van e buttata dentro. I quattro la guardavano e ridevano fra loro pregustando il trattamento che le avrebbero riservato, così come a ogni nuovo acquisto. Arrivati al quartier generale, un vecchio capannone nel quale avevano ricavato alcune stanze, così legata, la trascinarono fino a una specie di bagno/doccia, la piazzarono li in mezzo e aprirono un getto di acqua gelida su di lei per ripulirla. Dopo quel trattamento, andarono a riprenderla, la slegarono del tutto, presero una spazzola con setole rigide e la passarono in tutto il corpo. Poi un’altra bella risciacquata. Infine la portarono in mezzo a una stanza e accesero le luci. C’erano dieci uomini, pronti a usarla. Ognuno poteva farle quello che voleva, frustarla, picchiarla, abusare di tutti i suoi buchi fino allo sfinimento. Questo era il trattamento prima della strada. Il primo si avvicinò, la guardò, rise e le sputò in faccia, ma lei non reagì, così la prese per i capelli, la sollevò ad altezza uccello, e glielo mise in gola. Le tappò il naso e mentre lo succhiava la prendeva a sberle. Carla comunque mugolava di piacere. Le piaceva oramai essere trattata in quel modo e qualunque cosa facessero era meno di quello che faceva il suo sadico padrone. Il primo venne riempiendole la faccia di seme. Ma non appena era venuto, già un secondo era pronto e la scopò selvaggiamente a pecorina. Mentre la scopava, la frustava, ma più forte la frustava e la scopava più questa mugolava di piacere fino a quando non ebbe il primo dei tanti orgasmi. Venne pure il secondo dentro di lei, ma già il terzo fu lì. Con ognuno ebbe uno o più orgasmi. Ognuno usò ogni suo buco. Ognuno fece con il suo corpo ciò che voleva. Erano stupefatti, ma pensarono pure che sarebbe stata una ottima puttana. La lavarono nuovamente, le misero una canottiera che faceva vedere quasi tutto e una minigonna e la portarono nel punto dove avrebbe lavorato lasciandole i compiti e le tariffe. Il primo cliente si fermò dopo pochi minuti, Carla si avvicinò al finestrino e gli disse la tariffa. Quello ovviamente vedendo una bella donna come lei non se la fece scappare e andarono insieme nell’hotel. Quello le parlò per una mezz’ora, finchè lei non gli tolse i pantaloni e gli fece il suo meraviglioso pompino. Era estasiato, tanto che dopo pochi secondi venne copiosamente nella bocca di Carla che trangugiò tutto. Le chiese addirittura scusa. Lei gli sorrise amabilmente, poi si sdraiarono a letto e dopo un po’ ricominciarono e fecero sesso. Lei ebbe un meraviglioso orgasmo come il suo cliente che la riportò poi al luogo dove l’aveva caricata estremamente soddisfatto dandole quanto dovuto più una lauta mancia. Il secondo che si fermò era un vecchio brutto, sporco e grasso, ma rispetto a tutto quello che aveva subito le sembrò meraviglioso. Anche questo fu soddisfatto. Ma maggiormente lo era lei. Stranamente veniva usata come persona e non come cosa e non era più abituata. Si certo faceva con tutti sesso, ma era diverso e nessuno le faceva male. Alle 4,30 arrivò l’ultimo cliente, che volle a tutti i costi fare sesso anale e ovviamente lei lo soddisfò completamente. Alle 5 la banda era lì a riprenderla, si fecero dare tutti i soldi, avevano contato i clienti, ma lei tranquillamente glieli diede. Non le interessavano per nulla. Aveva provato ancora un piacere interiore che non provava da tanto tempo. Aveva raccolto settemila euro, più di tutte le ragazze della banda. Tornarono alla base, la fecero mangiare e poi riposare. Nel pomeriggio fu svegliata dal capo che volle fare sesso con lei. Lo soddisfò in tutto e per tutto e godette di un notevole orgasmo. Le portarono da mangiare e da bere. Poi potè farsi una bella doccia. La sera altro giro in strada. Altra serata di clienti. Per lei era quasi routine. Alle 5 finì e raccolse 8350 euro. La banda era scioccata. Nessuna delle loro donne aveva mai tirato su tanti soldi senza farsi problemi. Nessun cliente era un brutto cliente per lei. La riportarono alla base, la fecero mangiare e la portarono dal suo padrone. Gli diedero quanto pattuito. Gli chiesero quanto voleva per quella sua schiava. Ma Amilcare chiese troppo per loro. Guardò la sua schiava che sembrava tranquilla e serena. Lo aspettava in ginocchio.

Il suo padrone si avvicinò a lei, le si parò davanti con il suo uccello moscio davanti e glielo mise in bocca e mentre con una mano le spingeva la testa verso la radice dell’asta con l’altra aveva il solito frustino pronto per essere brandito. Carla lo guardò e sorrise.

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