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Racconti di Dominazione

La trasformazione di Jennifer – Cap.7

By 14 Aprile 2020No Comments

Jennifer si svegliò, era rannicchiata nella sua cuccia. Era ancora stanca e dolorante. Silenziosamente andò in bagno, si lavò e poi preparò la colazione. Aspettò l’ora giusta e andò dal suo padrone e come il giorno prima lo svegliò con un dolcissimo pompino. Marco si svegliò e poi le venne in bocca, silenziosamente e abbondantemente. Jennifer inghiottì tutto. Andarono in bagno, e lei bevve il liquido giallo che abbondantemente Marco le propinò. Poi si svuotò le viscere e si fece ripulire. Aspettò che la povera Jennifer si fosse ripulita e andarono in cucina. Fece colazione, pezzi di pane e miele furono buttati sul pavimento dove avidamente Jennifer mangiò.

Alle 10 erano in salotto, Jennifer in posizione e Marco sul divano. Marco aspettava l’ospite impaziente. Suonò il campanello e andò ad aprire.

        Ciao Amilcare

        Ciao Marco

Jennifer sobbalzò. Era il loro capo. Non poteva vederla così.

        Son curioso di conoscere la tua nuova schiava

        Andiamo di là

Arrivati in salotto, Amilcare osservò la cagna in posizione. Guardò Marco. Rise e disse:

        Jennifer? Ma questo è un regalo meraviglioso. E’ un anno che voglio le sue tette

        Ora le potrai avere

        Chissà se resisterà

        Resisterà, è brava e docile

        Chi? Jennifer? Sono curioso

        Prova

Si sedettero sul divano. Amilcare era un uomo sulla sessantina, brizzolato, magro e in forma. Tutti sapevano che era un uomo algido, superiore e forse anche un po’ cattivo. Sul lavoro non faceva passare nulla a nessuno. In realtà Marco sapeva che era un uomo estremamente sadico. Il suo piacere era infliggere il dolore. La parte del corpo che preferiva era il seno. Su quello concentrava i suoi sforzi per provocare dolore. Era metodico e Marco gli aveva visto una volta colpire la povera Carla per cinquanta volte lo stesso punto del seno. Carla era la schiava di Amilcare. L’aveva comprata da Marco. Era una ragazza carina, bel corpo, seno prorompente, una quarta abbondante. Ad Amilcare piacque molto per quello. Il viso era carino, seppur avesse un naso un po’ aquilino. Le labbra erano carnose e Amilcare le usava spesso per il suo secondo piacere. Il pompino. Carla tornava nella loro casa sempre prima di lui. Rassettava casa, preparava la cena e preparava se stessa al ritorno di lui. Lo accoglieva con una gonna e il seno nudo. Metteva le pinzette da sola e lo aspettava. Quando lui arrivava se la giornata era stata positiva prendeva solo 50 vergate sul seno, e poi poteva fargli il pompino. Se no erano 100 o più, fino a quando non avesse sfogato la rabbia e si fosse stancato. Quella era la vita della povera Carla. Che però ormai provava piacere quando il suo padrone, dopo le 50 frustate godeva dentro la sua bocca. E poi una volta al mese vedeva anche Marco. Questo era il contratto tra i due.

Amilcare si alzò, si avvicinò al viso di Jennifer con le sue belle scarpe di pelle nera e lucida. La guardò e le disse: leccami la suola. Appoggiò la scarpa alla guancia e la povera Jennifer cominciò a leccare la suola delle scarpe. Leccò entrambe. Il seno era penzoloni, oscenamente appoggiato al pavimento. Con movimento rapido diede un calcetto con la punta della scarpa al seno destro. Questo si mosse e la poverina mugolò per il dolore ma non si mosse.

        Bene mi sembra che tu abbia fatto un buon lavoro, come con Carla.

Carla quindi era la schiava di Amilcare? E lei era amica di Carla, che non le aveva mai detto nulla. O mio dio sono finita.

        Quanto vuoi per questa?

        Mah non sono convinto di volerla vendere

        Dai su ti do 200.000 € più Carla

        No, facciamo in un altro modo

        Dimmi

        Lei rimane mia, tu mi dai un aumento di stipendio a 10.000 al mese, e lei a 4.000 al mese. La potrai usare quando vorrai e la useremo anche per quei clienti un po’ particolari che abbiamo. Che ne pensi?

        Uhm può essere una idea. Così mi tengo Carla che è una brava cagnolina

        Ok, affare fatto. Però aggiungerei una percentuale per quei clienti che recuperiamo grazie a lei. Il 10% del fatturato a me, e il 5 a lei.

Il suo padrone la stava usando come una prostituta. La vendeva a dei clienti facendola però guadagnare. Perché? Qual’era il suo scopo?

        Va bene Marco, ci sto. Sei sempre esoso, ma hai merce di prim’ordine. Adesso però voglio vendicarmi di tutti suoi sguardi schifati nei miei confronti.

        Divertiti, Amilcare.

Amilcare tirò fuori dalla sua borsa i suoi attrezzi. Aveva delle pinzette per i capezzoli particolari, collegate una catena che si fissava al collo, e poteva essere accorciata. Disse a Jennifer di mettersi in ginocchio davanti a lui. Le mise questo collare, e senza alcuna pietà strinse le pinzette ai capezzoli. Tirò in modo professionale per vedere che non si staccassero. Poi collegò la catena al collare e tirò fino a quando le tette non furono completamente sollevate. Le disse di tenere le mani intrecciate dietro la schiena. Guardò il lavoro e ne fu entusiasta. Guardò Marco, il quale fece un cenno di assenso. Tornò a sedersi e ricominciò a parlare con Marco.

Jennifer era lì davanti a loro, in ginocchio con il seno che le faceva un male cane. Anche le ginocchia erano ormai provate. Ma Amilcare nulla, non la guardava, la lasciava lì in ginocchio. Non capiva cosa facesse. Intanto i due stavano discutendo come usarla con i clienti, e come spartirsi le sue prestazioni. Avevano deciso di provarla su un cliente russo. Sapevano che aveva gusti sofisticati. Ma sapevano anche che le sue compagne dovevano essere molto sottomesse, per cui Jennifer poteva essere un buon prodotto. Parlavano di lei come se fosse assente, o come se fosse un oggetto inanimato. La facevano sentire una cosa. E forse lo era diventata.

Mentre pensava a quelle cose, Amilcare tirò fuori un frustino di legno e cuoio, di quelli che si usano per i cavalli. Sembrava particolarmente duro. Lo piegò un po’ per saggiarne la flessibilità. Poi girò intorno silenziosamente a Jennifer e quando le fu dietro, appoggiò delicatamente la punta al collo e discese lungo la spina dorsale facendo scattare un brivido di paura e di piacere. Poi con voce fredda le ordinò di tenere il collo dritto e il mento in alto. In quel modo le tette salirono un altro po’ e i capezzoli le fecero ancor più male. Jennifer decise che qualunque cosa fosse successa non gliela avrebbe data per vinta, non avrebbe pianto e non si sarebbe disperata. Sarebbe stata li a schiena dritta e mento alto. Mentre pensò a questo sentì un terribile sibilo, e poi un bruciore intenso, acuto, doloroso che partiva dalla parte bassa del seno sinistro e si irradiava fino al cervello. Voleva urlare e piangere ma resistette. Quel dolore non era ancora finito e si stava irradiando in tutti i gangli nervosi del cervello, quando udì un altro sibilo che le colpì sempre il seno sinistro. Lei non lo sapeva, ma il colpo inferto era esattamente sopra il precedente. Il dolore fu peggiore del primo, proprio perché era riuscito a colpire lo stesso punto. Amilcare era metodico nei colpi, sia nei tempi che nei punti. Aveva un timing perfetto, e riusciva sempre a prendere gli stessi punti. Al settantesimo colpo, Jennifer non ce la fece più. Si accasciò da un lato e pianse come una bambina. Singhiozzava per il dolore, e Amilcare, sadico, anziché fermarsi, la prese per i capelli la tirò in alto, e colpì di nuovo per altre 5 volte lo stesso punto. Quella parte di seno era oramai blu e Amilcare ne fu soddisfatto. Tirò fuori il suo membro, bello duro, prese Jennifer per i capelli e le disse: succhia cagna. Le labbra di Jennifer erano serrate. Non le voleva aprire guardò Marco che non disse e fece nulla. Amilcare le aveva messo la punta sulle labbra e spingeva. Ma lei non dischiudeva la bocca. Il sadico vibrò in alto la frusta pronto a colpire nuovamente e allora Jennifer si decise, aprì la bocca e accolse dentro di se il suo capo e il suo padrone. Dopo pochi minuti fu inondata del seme di Amilcare e inghiottì tutto.

Amilcare si sedette sul divano e Jennifer si accasciò a terra, distrutta per il dolore e per l’umiliazione di averla data per vinta a quel sadico bastardo.

Marco parlò per primo:

        Cosa ne pensi? Può essere un buon prodotto?

        Direi di si, dobbiamo ancora sgrezzarla un po’, non resiste tanto al dolore, ma può andare. I pompini li fa bene, e ho visto che ormai dietro l’hai allargata per bene. Dovrò frustarla tutti i giorni per fortificarla.

        E questo ti diverte molto eh – e rise di gusto

        Eh si Marco ho anch’io le mie debolezze… ridendo pure lui

        Bene affare fatto allora?

        Affare fatto, tu e la tua puttana avete guadagnato un bel po’ di soldi

        Ottimo dai, vuoi qualcosa da bere?

        No grazie, vado da Carla, perché voglio sfogarmi un po’ visto la spesa che ho sostenuto oggi

        Povera Carla

        E’ una bella cosa

        Vero

Si salutarono e Amilcare se ne andò.

Marco tornò da Jennifer che era dolorante a terra, aveva in mano una crema lenitiva. Si abbassò le staccò tutto l’armamentario che il giorno dopo avrebbe portato ad Amilcare, e appoggiò la mano sul seno dolorante di Jennifer che si scansò impaurita. Marco le accarezzò la testa, come si fa a un cagnolino impaurito, e le disse di stare tranquilla. La sua manona massaggiò il seno con la crema e un po’ di dolore andò via. Vederla così umiliata e dolorante fece scattare dentro a Marco una voglia irrefrenabile di possederla così, lei era in posizione fetale, tutta rannicchiata, appoggiata al fianco destro. Lui era dietro e le massaggiava il seno. Il sesso di lei era in bella vista. Lei sentì la zip abbassarsi. Poi il grosso membro di Marco appoggiarsi. E poi fu dentro e spinse con dolcezza e fece andare il suo bacino per accoglierlo ancor più profondamente. Fu bello, intenso, estremamente piacevole. Ebbe un orgasmo e lui nello stesso momento le venne dentro. Era contenta che Marco non l’avesse venduta.

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