Skip to main content
Racconti di Dominazione

LATTE MATERNO IN VENDITA

By 18 Maggio 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

Mia moglie che si chiama Pamela, dopo anni di matrimonio, aveva avuto finalmente quello che ogni donna tanto desidera: un bimbo.

La nascita del figlio aveva creato non pochi cambiamenti, ma anche sotto l’aspetto sessuale si erano viste delle mutazioni, nel senso che lei dedicava molto tempo al bimbo, e meno a me , che da una parte cercavo di capire, dall’altra non lo accettavo.

Io ero sempre arrapato ed il fatto di vederla allattare non faceva altro che aumentare le mie fantasie.

Io mi divertivo molto ad attaccarmi al seno di Pamela, uno era mio e l’altro del bimbo.

Il fatto che anche io venissi allattato da lei, faceva venire una voglia di fare sesso sia a me che a Pamela.

A Pamela piaceva vedermi che succhiavo, che tiravo il suo capezzolo e le facevo venire dei piaceri incontrollati.

Col passare del tempo la mia fantasia sui suoi seni che da una quarta abbondante erano passati ad una sesta, continuavano a crescere e vedevo che anche lei continuava ad eccitarsi quando me li gustavo.

Passati i mesi lei tornò in forma, e riprese a mettere, quando uscivamo io e lei e lasciavamo il piccolo dai suoceri, le minigonne ed anche dei vestitini carini.
Io nel mentre , cioè nei mesi seguenti alla nascita, via via che le mie fantasie aumentavano sulla mia bella Pamela, mi collegavo via internet a delle chat erotiche dove conobbi altre persone, per l’esattezza dei singoli, degli uomini, anzi dei veri porci con cui mi confidai e rivelai loro le mie fantasie sulla mammina Pamela e su tutto quello che mi sarebbe piaciuto fare o farle fare.

Il tutto andò avanti finche un giorno non mi lasciai trasportare ed organizzai un incontro, un incontro molto particolare’tra me lei e loro’.i clienti’

Si impazzivo dalla voglia di vederla nelle loro mani, di vederla offerta, comprata , comprata come mucca per il suo latte, e come vacca da monta.

Feci in modo che mio figlio rimanesse coi miei genitori e feci vestire la mia bella tettona Pamela con una minigonna da collegiale a quadri rossi e neri, lunga fino metà coscia e sotto, data la stagione incerta, dei collant neri velati, anzi velatissimi, con un effetto molto arrapante.
Dato che avevamo già cominciato a bere qualcosa ancor prima di uscire, la convinsi ad indossare quei collant col reggicalze incorporato, che sanno tanto di troia , molto eccitanti, e pratici.
Le concessi di indossare un perizomino color panna, trasparente, e sopra una magliettina aderente con un reggiseno che non riuscì a non farglielo indossare.

Presi la macchina e la portai in un ristorantino a mangiare , in una zona pianeggiante, in mezzo alla natura. Era molto particolare, infatti era un casolare, più che un ristorante, e oltre che noi c’erano solo altri uomini.

L’alcol andò giù a fiumi e Pamela era sempre più troia, iniziò a fare gli occhi da triglia verso altri maschietti e si divertiva anche con le gambe a mostrare la balza dei collant.

I maschietti li presenti non erano li a caso ma , senza che Pamela lo sapesse, erano persone che io conoscevo. Lei, dato il periodo di reclusione col piccolo, sembrava volesse rifarsi, io che avevo organizzato la serata, ero su tutti i giri e gli altri non stavano più fermi.

Arrivati al finale, Pamela non capiva quasi più niente, chiesi il conto, ma il cameriere appoggiando la sua grande mano sulla schiena di Pamela, accarezzandola con gusto disse: non vogliamo alcun euro, noi vorremmo solo del latte’

Pamela rimase a bocca aperta non capendo a cosa lui annuisse.

Io mi alzai e la feci alzare accompagnandola verso il camino ed una volta trovatomi sopra un tappeto come fosse una pelliccia di qualche animale, la strinsi a me, la abbracciai ed incominciai a baciarla, ed in modo profondo senza problemi.

Anche Pamela non oppose resistenza, quasi si dimenticò di dove fossimo ed io ne approfittai

Le mie mani dalla schiena scesero lungo i fianchi fino a d arrivare al suo bel fondoschiena per arrivare dentro la minigonna, così da fargliela alzare e gustarmi le sue belle natiche.

Il posto dove eravamo sembrava fosse stato abbandonato da tutti, sembrava ci fossimo solo io e lei, con solo la luce del camino che illuminava la stanza, ma non era così, tutto era stato calcolato nei minimi dettagli ed era solo un modo per farla rilassare.

Inizia a palparla ovunque, le tolsi la magliettina aderente per poi toglierle il reggiseno.

La sua bella sesta abbondante si impose ed qualche goccia di latte iniziò ad uscire. Mi misi a succhiarlo e la feci mettere sul tappeto come una lupa’.

Io mi sedetti sul divano e la feci avvicinare, lei senza neanche dirglielo si avvicinò, mi slacciò i pantaloni ed iniziò a mungere il mio membro, per poi passare all’allattamento.

Mamma mia come succhiava bene, io la presi per i capelli e la sincronizzai dandole della puttana, della troia, perché si vedeva che lo faceva con piacere.

Nella penombra vidi qualcosa che si muoveva’.erano i porci che di nascosto guardavano e si masturbavano’aspettavano solo che io dicessi’venite.

Feci segno di accomodarsi e lentamente i maiali si avvicinarono, io vidi Pamela pian piano esser accerchiata.

Pamela era stata presa a tradimento, le avevo detto di vestirsi tutta carina , ed eravamo in un salotto, lei era in mezzo, sopra un tappeto.

Lei era messa come una mucca, con le tette penzolanti , una micro gonnellina da collegiale che messa in quella posizione serviva a tutto al posto che coprire, infatti serviva solo per provocare.
Il culetto era ben esposto, incitava ad esser sculacciato’.logicamente per incentivare a produrre più latte mica per altro’.

I maschi iniziarono ad agire, vidi lei che appena presa cercò di divincolarsi ma inutilmente, io cercai di calmarla dicendole che li conoscevo, ma lo stesso cercò di liberarsi.

Io la tenevo ferma, anzi le muovevo la testa per scoparle la bocca e Pamela era anche tenuta e gustata da troppi uomini per potersi divincolare.

Fermai tutto e dissi che dovevano pagarmi, tutti eccitati, estrassero i loro portafogli, e mi chiesero , come se non lo sapessero, quanto volevo, perché io volevo che lei sentisse la contrattazione, sentisse come venisse venduta, come lei veniva comprata dai clienti.

Allora dissi: ch vuole esser allattato dalla vacca? Chi vuole mungere la mucca Pamela? Chi vuole montarla? Chi vuole il suo culo? Tutti dissero che volevano tutto’Lei a sentire quello che dicevamo, quello che stavamo decidendo su di lei da una parte si eccitava, dall’altra si agitava.

I maschi con una mano estraevano le banconote e con l’altra la palpavano.

In tutto erano sei maschi, che si accanivano sulla povera vacca Pamela.

Decisi di chiedere 250 euro a testa, e per questa cifra tutti si sentirono in diritto a trattarla come volevano, senza rispetto.

Le banconote le misi davanti agli occhi di Pamela e le dissi: adesso ti hanno comprata, sei tutta loro e ti possono fare tutto quello che vogliono e tu devi obbedire’

Pamela era piena di mani, palpata, munta, gustata, era una visione stupenda, quasi facevo fatica a vederla data la quantità di uomini che in breve l’avevano accerchiata.

Le labbra della figa erano ben depilate, si vedevano benissimo, dato che il perizoma l’avevano tirato un po’ giù.

Sotto indossava dei collant neri velati, autoreggenti, i quali erano bagnatissimi, inzuppati all’interno, questo perchè lei stava godendo, ed il liquido oltre che colare tra le cosce, seguiva la pelle inzuppandoli pienamente.
Le tette erano libere, penzolanti, pronte per esser spremute.

Vedevo le due mani di quel camionista, grosse, pelose, ruvide, forti, accanirsi su una sola tetta, assieme, le dita belle aperte, coprivano tutta la parte gonfia, vicino al capezzolo, che con tutta la sua forza spremevano, facendo rigonfiare il capezzolo, quasi come se dovesse esplodere da un momento all’altro. Infatti usciva un getto fortissimo di liquido bianco: era il latte, si proprio così, il latte che veniva creato, realizzato, prodotto dalla Vacca da monta, si la vacca Pamela.
Questo latte non veniva creato da una macchina, neanche da un animale, ma da una donna, una ragazza, una femmina umana, sembrava una pecora, una capra, una mucca, una vacca, ma bella , da guardare, da gustare, da palpare, da scopare, anzi montare e da godere.
Era li, in quella posizione apparentemente inusuale, inappropriata, non naturale, ma fissa nel desiderio dei maschi, dei dominatori.

Per spremerle meglio la tetta, il camionista aveva, anche se non richiesto, l’aiuto di un altro maschio che con entrambe le mani, le stringeva, anzi le strizzava la parte alta del seno, quella che si collega col petto, in modo da far rigonfiare la parte del seno vicino al capezzolo, da farlo diventare come un palloncino, da far venire la tentazione di bucarlo con lo spillo e vedere se esplodesse oppure no.

Ma l’altro seno? Si poteva lasciarlo libero ed accanirsi con 4 mani solo su uno? Certo che no, la mia cara e bella mogliettina Pamela doveva esser spremuta’, anzi munta a pieno ritmo, non si doveva perder tempo e lasciarla improduttiva.
Dall’altra parte c’erano due mungitori, due maschi esperti del settore, due vaccari, insomma due allevatori esperti nel mungere le vacche, uno aveva sui 60 anni e l’altro invece sui 20, erano il nonno col nipote, uno pieno di esperienza e l’altro invece che era alle prime armi e doveva imparare, e mia moglie era ottima per esser usata come cavia.

D’altronde non volevate mica che il ragazzo imparasse sbagliando su una mucca magari facendole del male e rischiando di procurare dolori alla povera mucca da pascolo’
Se qualcuno doveva provare dei dolori, e quindi esser usata come scuola, quella era senz’altro Pamela, perché non c’era niente altro di più bello e più eccitante che sentire lei imprecare, o piangere dal dolore. Anche perché se tutti l’avessero munta senza problemi e senza procurarle dolori, lo avrebbero dovuto poi fare appositamente’.solo per il gusto di vederla così’

Il ragazzo quindi provava a mungerla e sbagliava schiacciando troppo di fretta oppure tirando il capezzolo stringendolo con le dita . Io vedevo mia moglie urlare, imprecare, insultare, ma quando lei ingiustamente subiva oltre che questi soprusi , anche dei dolori e si ribellava, il pastore anziano le tirava una sculacciata fortissima, sulle sue bellissime natiche messe non a 90 gradi ma addirittura quasi a 60, perché così le tette penzolavano meglio, completamente si staccavano dal suo petto.
Ogni sculacciata che subiva, lei soffriva, le tette ballonzolavano e le natiche si arrossavano.

I collant neri velati autoreggenti servivano per darle quel tocco di malizia, per far ricordare che comunque era una femmina di origine umana e non animale e soprattutto per identificarla, per darle quel senso, quello stato d’animo, per guardarla e dire subito’che troia! Ti piace proprio il cazzo, merito solo di esser scopata.

Infatti aveva anche le mutandine, il perizomino bianco, panna, un po’ rosato candido, ma trasparente e piccolo, lasciato a metà coscia.
Serviva per far capire che le era stato abbassato, per dare un limite, di dove il suo liquido arrivava , inzuppando i suoi collant velatissimi.
I collant erano autoreggenti, col reggicalze incorporato, proprio quelli che ti fanno capire che la donna che le indossa di poco aveva superato il limite.
Perché le autoreggenti erano sexy, provocanti ma ancora diciamo’non troppo da troia.
Invece queste erano il primo passo oltre quella linea. Di poco chi le indossava, si capiva che volesse essere proprio una vera puttana!!

Pamela era stata convinta ad indossarle, quindi si sentiva male, umiliata più del dovuto.

‘ad un certo punto si rese conto che le tette fisicamente erano si sue, ma psicologicamente e praticamente appartenevano al cliente che le aveva comprate , e lei non poteva sapere, come era sua consuetudine, cosa avrebbe sentito, cosa avrebbe provato su quella parte del corpo.
Pamela non poteva decidere, non sapeva se avrebbe sentito piacere o dolore, quando e per quanto tempo.

Era bellissimo vedere Pamela giovane, praticamente nuda, esposta ai desideri perversi di persone mai viste, eccitatissime ed entusiaste di gustarsela, di vedere che spremendo, cioè mungendola, uscisse così tanto latte, che veniva spruzzato tutto dentro una bacinella trasparente, con tanto di tacchette per misurarne la quantità ed appoggiata su una bilancia e pian piano si riempiva.
Ogni tanto la tiravano su, la lasciavano in ginocchio, per farla riprendere e farle passare il mal di schiena, e mentre qualcuno le massaggiava la schiena per farle passare i dolori, i seni cambiando posizione permettevano al latte di scendere e i mungitori ne approfittavano per controllarne la qualità del latte.
Infatti si mettevano due alla volta a ciucciarlo direttamente sia per assaggiarlo che magari per disostruire i passaggi.

I capezzoli ogni volta si allungavano.
Pamela inoltre veniva leccata in ogni parte del suo corpo e subito dopo senza perder tempo veniva fatta rimettere giù a pecora, come una vera mucca da mungere.

Pamela spesso si lamentava, chiedeva di smetterla, ma facendo così tutti si eccitavano ed anzi aumentavano lo sfruttamento.
Pamela veniva soprannominata o ‘la mucca’ oppure ‘la vacca’ ma ogni tanto anche ‘la pecorella’.
Pamela alla fine a furia di sentirsi chiamare così doveva convincersi psicologicamente che lei fosse veramente una produttrice di latte.
Le venivano prese anche le mani e portate a contatto coi membri dei maschi i quali mentre si godevano il latte venivano masturbati da lei.

Pamela tendeva a tenere le gambe unite, ma ogni tanto il gruppo decideva di aprirle e guardare le sue labbra colare e tutti commentavano.
Era bello vedere 4 mani per ogni gamba che con tanta leggerezza le aprivano, lei si vedeva che con tutta la sua forza cercava di chiuderle ma inutilmente.
Le mani grandi, con gusto, divaricavano e palpavano la bella pelle morbida, soda, vellutata, ancora bianca dall’inverno, che si contrapponeva coi collant.
Quindi come se ognuno di loro agisse sui propri indumenti, come fossero i risvolti delle proprie camicie, tiravano giù i collant, accarezzavano, palpavano, leccavano e poi ritiravano su e commentavano, esprimevano compiaciuti le proprie considerazioni su quello che avevano di fronte e su quello che vedevano succedere dal ventre della mia femmina.
Guardavano contenti ed eccitati tenendole le cosce aperte, il liquido del piacere colare, quel filo che si allunga e non si divideva, continuamente uscire da quelle labbra appena depilate, anzi appena tosate.
Vederle colare il liquido del piacere generava un imbarazzo, una vergogna, una chiusura in se stessa, una rabbia, che mai mia moglie aveva mai provato nella sua vita.
Tutto questo perché qualsiasi cosa lei potesse mai dire, qualsiasi atteggiamento lei potesse mai avere, le labbra rosa che aveva in mezzo alle gambe parlavano direttamente ai porci maiali che se la stavano gustando senza l’apparente consenso di lei.
Le labbra facendo uscire il sapore del piacere, dicevano direttamente ai maschi che lei gradiva, eccome se gradiva, impazziva dal piacere.
Questo faceva eccitare ancor di più i porci, i quali così, si sentivano in diritto di usarla a loro piacimento, si sentivano anzi che grazie a loro lei provava piacere, quindi lei doveva esser devota nei loro confronti, ed anzi qualcuno poteva anche pensare che lei non dovesse sentir piacere, dovesse esser solamente usata e farli felici e quindi fosse necessario punirla per aver goduto, quindi meritava una punizione.
Qualcuno voleva vederla soffrire, piangere, si eccitava.

Dopo alcune ore di mungitura, purtroppo il latte finiva, ma i maiali, si divertivano a masturbarla, pensando che venisse prodotto altro latte ,secondo le leggende metropolitane e secondo le loro perversioni si divertivano a vederla sfinita.

I degustatori non erano solo 4 , perché vi erano altri due che se la gustavano a rotazione, in modo che fosse sfruttata a pieno ritmo, soprattutto quando lei urlava, piangeva, imprecava, gridava, le si lasciava la bocca libera perché era eccitante sentirla, però ogni tanto le si tappava la bocca, era un piacere vedere la sua boccuccia tappata, allargata mettendole dentro il membro, perché non era giusto che solo lei allattasse, bisognava ricambiarla, anche ai porci piaceva allattare la vacca, sempre con un liquido bianco, ma un po’ più denso.

Era bello vedere le tette piene di latte, non ancora toccate, piene a tal punto che schizzavano e bastava farle ciondolare per aumentarne l’uscita.
La voglia di toccarle, di palparle, di sentirne il peso, il peso non solo del seno morbido, bensì del latte contenuto, di spremerle, di mungerle.

Pamela vedeva le facce assetate dei suoi mungitori, lei così giovane e fresca offerta, ai desideri, alle perversioni dei maschi, usata anche dagli ultra settantenni .

Usata da maschi che mai avevano avuto la fortuna di apprezzare delle ragazze, perché loro magari erano brutti, imbranati.

C’era un divano molto comodo ed al centro un tavolino con sopra una brocca e dei bicchieri, ognuno si versava nel bicchiere la quantità che voleva. La brocca era calda, si proprio così e dentro c’era il latte appena munto.
Si parlava, si degustava, ognuno diceva quello che percepiva, era come gustare il vino, ma invece era il latte appena munto.

Chi voleva andava col bicchiere e lo metteva sopra un piccolo tavolino posto sotto la bella vacca da mungere, sotto Pamela.
Si metteva in ginocchio ed iniziava a mungerla finchè non aveva raggiunto la quantità di latte voluta.

Siccome il latte veniva generato automaticamente dopo aver partorito, si sapeva che fosse necessario ingravidarla nuovamente, e quindi oltre che esser allattati, oltre che mungerla, i porci volevano anche scoparla, anzi, ingravidarla.

Io dissi allora’la mia mucca Pamela, deve esser ingravidata’., lei si sentì rabbrividire e tutti uno, alla volta si misero in fila per scoparla, tutti desideravano svuotare le proprie palle dentro il suo ventre, tutti i porci volevano che la propria sborra entrasse nel suo utero per poi ingrossarsi dentro la sua pancia, facendole avere un bel pancione.

Scopandola sentirono anche il suo culetto stretto e quindi si misero d’accordo di usarla a pieno, e mentre uno la scopava, l’altro le profanava il suo secondo canale.

I primi furono i più duri,
vidi lei durante la doppia mungitura, venir profanata sia davanti che dietro, quello davanti era sotto di lei e quello dietro era sopra.

Il fallo che stava cercando di profanarle il culo , oltre che lo sfintere, trovò la cappella del suo compare, spingere in alto dalla fighetta.

Pamela gridava come una matta, se non fossimo stati in un casolare semi-abbandonato sarebbe venuto sicuramente qualcuno a controllare.
Ma siccome ci eravamo organizzati bene e lei si era fidata ciecamente, forse troppo ciecamente di me, si trovava ad esser l’unica femmina, in mezzo a 7 maschi porci che la usavano a lor piacimento senza alcun rispetto , usandola come una bambola da sfinire.

A sentire Pamela gridare così forte, si capiva che c’era dolore ma anche piacere, il maschio dietro, le aprì le chiappe del sedere lottando contro la resistenza di Pamela a tenerle chiuse, ma il suo membro una volta superata la parte iniziale, una volta che la cappella iniziò ad entrare, spinse con forza profanandola a secco e sentendo sotto di , man mano che entrava, il membro dell’altro.
Allora i due diventarono come due amici, due soci, decidevano ogni tanto di entrare assieme e sfondarle i due buchi per farla gridare di più, perché sentirla gridare faceva eccitare tutti e altre volta invece si divertivano a incrociarsi, cioè mentre un cazzo entrava l’altro usciva.
Nel mentre tutti insultavano la troia di Pamela, io ogni tanto le tappavo la sua bocca, oppure la asciavo tappare ad altri, mettendole i cazzo in bocca, e sentendo i suoi dentini e la sua lingua da lucertola con le sue labbra carnose.

Altre volte si misero oltre che 4 mani per ogni seno, anche una bocca a succhiare, questo quando il latte stava per finire, per tirare fuori fino all’ultima goccia, 4 mani a spremerla a mungerla ed uno con tutta la sua forza a succhiare a cercare di farsi allattare, mordendole anche l’areola ed i capezzoli un poco coi denti.

Intanto qualcuno le riempi il suo bel sederino, qualcuno il suo utero e qualcun altro la sua bocca.

Altri le sborrarono sul suo bel corpo.

Quando tutti furono stremati, svuotati, sazi, fu il momento di tornarsene a casa ormai era l’alba’.l’alba di un nuovo giorno’.,la mia Pamela oramai era diventata la mucca del gruppo’.

1
5

Leave a Reply