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Racconti di Dominazione

Laura e Irene

By 21 Novembre 2008Dicembre 16th, 2019No Comments

Irene e Laura erano amiche da anni.
Facevano tutto insieme, erano come sorelle, e sapevano tutto l’una dell’altra; avevano un rapporto tale che ormai i loro genitori non si preoccupavano nemmeno più di sapere dove fossero: se non erano a casa, di sicuro erano a casa dell’altra.
Nella coppia, Laura era quella più dominante: era lei quella che decideva dove andare, cosa fare…Laura si incazzava quando Irene si dimenticava di rispondere ai messaggi, o non poteva uscire con lei, ma era la prima a dimenticarsi dell’amica per fare i propri comodi. E, in quelle occasioni, non voleva sentire ragioni.
Irene, invece, si comportava come un cagnolino.
Faceva tutto quello che voleva l’amica, era docile, servizievole, sempre contenta di starle vicino, e non si arrabbiava mai quando la trattava male.
Insomma, le due, nonostante tutto, si completavano alla perfezione.
Quella sera, Irene era andata a dormire a casa di Laura.
I genitori della ragazza erano partiti per una vacanza di una settimana, ed erano molto più tranquilli al pensiero che la loro bambina sarebbe stata in compagnia di un’amica, e non tutta sola. I genitori di Irene avevano dato senza problemi il loro consenso, e così Irene avrebbe passato quella settimana a casa di Laura.
L’appuntamento era per le sei a casa di Laura, ma Irene aveva perso l’autobus, perciò arrivò con dieci minuti di ritardo.
Col cuore che batteva furiosamente nel petto, spaventata dalla reazione che avrebbe avuto la sua amica, raggiunse di corsa il cancello della villetta di Laura, trascinandosi dietro la borsa, nella quale aveva messo i vestiti che aveva deciso Laura.
Entrò in casa e chiuse la porta dietro di sè, avanzando esitante.
– Laura…?
– E che cazzo! – Laura era in piedi davanti a lei, l’aria infuriata. – Avevo detto per le sei!!
– Ma Laura, sono le sei e dieci, ho perso il pullman e…
– Non me ne frega niente! Non sai mai fare un cazzo! – le diede le spalle e se ne andò in camera propria, sbattendo la porta.
Irene sapeva cosa doveva fare.
La seguì, ed entrò nella camera.
– Mi dispiace… – mormorò, con aria davvero contrita – Non avrei dovuto… – Laura, che era seduta sul letto, sbuffò.
– E certo, finisce sempre così. Sono troppo buona. – si alzò, squadrandola dall’alto in basso, e poi le sorrise lievemente. – Dai, fa niente. Ho ordinato le pizze per le sette, così poi possiamo fare un po’ di cose, prima. – alzò un sopracciglio – Che fai, non ti cambi? Vuoi rimanere così?
Irene si affrettò a posare la borsa a terra.
– Nono, ora mi cambio! – disse in fretta.
Irene si sfilò la maglietta e i pantaloni, piegandoli accuratamente e riponendoli nella borsa, e fece per indossare il pigiama che aveva deciso Laura, dei pantaloncini e una canottiera, entrambi bianchi.
Laura alzò un sopracciglio.
– Come, con la biancheria? Stai scomoda. – c’era un ordine non troppo celato, dietro le sue parole.
Irene, senza dire una parola, obbedì, e si sfilò reggiseno e mutandine, prima di rivestirsi.
Irene era una ragazza alta 1.60, minuta, dai grandi occhi scuri, dolci, e ricci capelli neri. I lineamenti erano dolci, il fisico ben fatto, dal culetto alto e sodo, e dalle tettine piccole – al massimo una seconda – ma ben fatte.
Laura, invece, era il contrario.
Alta 1.76 aveva lunghissimi capelli biondi e lisci, spietati occhi verdi, un fisico snello ma comunque generoso, con un bel culo a mandolino e un bel paio di tette, una quarta molto abbondante.
Irene era graziosa, Laura era gnocca.
Laura, come al solito, si vestiva in modo provocante anche se non doveva uscire: quella sera indossava dei cortissimi pantaloncini di jeans, senza slip, così a vita bassa e attillati dietro che le si vedeva l’inizio dei peli pubici e del solco del culo, e un toppino bianco, trasparente, legato appena sotto il seno, dal quale si intravedevano le aoreole dei capezzoli.
Per un’oretta misero a posto le cose di Irene, decisero cosa fare, insomma, si misero a loro agio.
Poi arrivarono le pizze e mangiarono, tranquille, davanti alla tv.
Alla fine si erano fatte le nove e mezza e così, sdraiate sul Letto di laura, la televisione a basso volume, presero a parlare.
Laura guardò Irene con gli occhi che le brillavano, prima di fare una domanda che le girava in testa da un po’.
– Tu ti masturbi? – le chiese, curiosissima e perversa.
Irene arrossì.
Sapeva benissimo che Laura, se si fosse imbarazzata e avesse fatto la ritrosa, si sarebbe incazzata moltissimo. E non le voleva mentire, perchè non sapeva tenerle segreti.
– Sì. – disse, sentendosi colpevole.
Laura rise, di gusto.
– Ma come, una come te? Strano, avrei detto che non ti fossi nemmeno mai guardata allo specchio nuda. – rise ancora. E non stava ridendo con lei, la umiliava.
Ma Irene, ormai, ci era abituata.
– E quanto?
– Una volta al giorno…la sera, a letto. – mormorò Irene.
Laura rise ancora.
– E a cosa pensi, eh?
– A…a niente. Mi tocco e basta. – Irene avvampò.
Laura continuava a ridere. Poi si voltò verso di lei, guardandola con un’aria un po’ perversa.
– Io mi masturbo un sacco. – confidò, una luce peccaminosa negli occhi – Appena posso…anche a scuola. – rise – Tu usi solo le dita, lo so già, sei troppo una verginella frigida, ma io nella fichetta mi infilo di tutto. Cetrioli, evidenziatori, manici delle spazzole. Anche nel culo.
Solo a parlarne si stava eccitando.
E Irene anche. Si stupò di sentirsi leggermente bagnata, di sentire la fighetta pulsare un po’.
– E sai cosa immagino? Immagino di fare la puttana con dieci uomini, che mi infilino il cazzo dappertutto, nel culo, in bocca, nella figa, e mi violentino e mi chiavino come una puttana.
Laura, ovviamente, aveva notato l’eccitazione di Irene. L’aveva notata, e aveva avuto una splendida idea.
– E poi sai cosa voglio fare?
– Cosa? – sussurrò Irene.
Laura si tirò a sedere, studiandola dall’alto al basso.
– Questo. – e le mise la mano sulla fighetta, piacevolmente calda. Irene, sempre così remissiva e sottomessa, le faceva venire voglia di trattarla sempre peggio, e più la umiliava, più si eccitava.
Irene si ritrasse, spaventata e stupita non tanto dal gesto quanto dall’eccitazione che aveva provato.
laura, però, le schiaffeggiò violentemente la coscia.
– Ti ho detto che ti puoi spostare? – disse con voce gelida e autoritaria, guardandola proprio come un padrone guarda il cane che si è comportato male.
Irene scosse il capo, gli occhi lucidi.
– No…
Laura sorrise, famelica, e le tirò su i pantaloncini, facendo in modo che la cucitura si infilasse proprio nella fighetta di Irene. Guardò la stoffa bagnarsi con palese soddisfazione.
– Ah, allora ti eccita, eh? Che puttana…ti sei eccitata ad ascoltare le mie fantasie? – Irene la guardava spaventata, ma era evidente dal suo leggero tremore, dal suo sguardo e dalla fighetta sbrodolante, che le piaceva.
– Rispondi! – urlò Laura, in uno scatto di rabbia, tirandole un ceffone.
irene abbassò il viso.
– Sì…
– Sì cosa?
– Sì, mi sono eccitata. – sussurrò Irene, percorsa da un brivido di eccitazione a quelle parole.
Laura ridacchiò piano e le alzò la maglietta, mettendo in mostra le tettine ben formate della sua amica.
– Tu da adesso in avanti sarai la mia schiavetta. Farai quello che dico io come e quando lo dico io. Quando saremo sole, mi darai del voi e mi chiamerai padrona…ci siamo capiti? – aggiunse dura, prendendole un capezzolo e torcendolo con ferocia.
Irene sussultò.
– Sì…
– Sì cosa? – uno schiaffò sulla fighetta.
– Sì, padrona.
– Brava cagnetta. – A quella parola, Laura ebbe un’idea.
– Adesso resta qui immobile. Se ti sei mossa di un sono centimetro, te la farò pagare. – se ne andò, rovistò in uno sgabuzzino per qualche minuto, e tornò col collare e il guinzaglio del cane.
Allo sguardo atterrito di Irene, sorrise.
L’ennesima umiliazione aspettava quella puttanella.
– In ginocchio, cagna! – prima ancora che potesse pensarci razionalmente, il corpo di Irene scattò, rispondendo istintivamente a chi aveva ormai da anni riconosciuto come padrona.
Laura le infilò senza riguardi il collare,stringendolo, e le agganciò il guinzaglio. Sorrise.
– Adesso sei proprio una bella cagnetta…ci manca solo un bel tocco di classe. – rise, mostrando quello che aveva preso nello sgabuzzino. Aveva staccato le lunghe frange di un vecchio costume di carnevale e le aveva fissate a un bastone non troppo lungo.
– Una bella coda! – rise crudele, e Irene sbiancò.
– No, per favore, Laura, ti prego…
– COS’HAI DETTO? – urlò la ragazza, tirandole un altro ceffone. – Lurida troietta! Non devi contraddire la tua padrona! E non devi chiamarmi per nome! PUNIZIONE! – decretò.
Posò la “coda” sul letto, e si sedette, mentre Irene continuava a piagnucolare.
– Qui! – la tirò a sè, incurante della troppa forza che ci aveva messo, e la buttò ulle proprie ginocchia, tanto che finì col culetto all’aria.
Senza riguardi, le sfilò i pantaloncini, scprendo il suo culetto sodo.
– Te lo faccio nero, questo culo, cagna!
– No, ti prego, no!
– Zitta! – un ceffone potente si abbattè sulle natiche della povera irene, che piangeva all’umiliazione.
Intanto, però, la sua fica era fradicia.
Laura gliele diede di santa ragione, arrossandole tutto il culo.
– E adesso, per punizione, la coda te la infilo a secco! Così impari a contraddirmi.
– No, per favore, non fatemi questo, padrona… – singhiozzò Irene.
Laura, incurante delle suppliche di quella che era stata la sua milgiore amica, la buttò a terra, facendole sbattere il viso sul pavimento.
Le inchiodò la faccia a terra col piede, per soffocare i suoi lamenti, e le tirò su il bacino.
– Apriti il culo, cagna! VELOCE! – tremando, irene ubbidì. Portò le mani dietro e si separò le natiche, scoprendo il suo buchino, inviolato persino dalle sue dita.
Laura rise, posando il manico sul suo culetto, e prese a spingere.
– Te lo spacco il culo, troietta! – rise – Così poi potrai prendere un sacco di cazzi! Mi devi ringraziare! – e spinse più forte, riuscendo a forzare l’entrata.
Irene urlò, e il suo urlo fu soffocato dal pavimento. Laura continuò a spingere, incurante della resistenza dei muscoli dell’amica, e conficcò dentro di lei tutta la coda.
Poi le assestò un bel calcio tra la fica e il culo, spedendola distesa a terra. Poi prese il guinzaglio e tirò, rischiando di strozzarla.
– A quattro zampe, zoccoletta!
Irene obbedì, sentendosi umiliata fin nel profondo. Il culetto le faceva male, così come il viso, e piangeva, ma la fighetta era un lago, come non lo era mai stata.
Non pensava di essere così puttana: essere sottomessa e umiliata le piaceva da morire. Laura, coi suoi fari autoritari e violenti, aveva già vinto la debole resistenza di quella troietta della sua migliore amica, piegandola al suo volere e trasformandola nella puttana che anelava ad essere.
Se la trascinò dietro fino in bagno, mentre Irene le gattonava dietro, e con un calcio la spedì riversa sul tappeto. La girò con una pedata.
– Apri le gambe! Adesso ti rado a zero questa fichetta da puttanella in calore che ti ritrovi, così posso vedere bene come sbrodoli quando ti umilio!
Prese la schiuma da barba e il rasoio.
– Dovrai stare ferma, o potrebbe scapparmi la mano, e potrei tranciare qualcosa…di importante… – Laura rise, mentre Irene tremava e sbrodolava così tanto da bagnare il pavimento sotto di sè.
Aprì bene le gambe e sollevò il bacino, mentre Laura le sporcava bene la fica con la schiuma da barba,
Chiuse gli occhi e quasi si violentò per rimanere immobile mentre Laura gliela radeva, incurante del piacere o del fastidio che le procurava.
Alla fine, con un fortissimo ceffone sulla fichetta, terminò.
– Apriti bene quelle gambe, cagna, voglio vedere quella tua figa schifosa!
Irene, remissiva, si mise le mani sulle cosce e aprì le gambe più che poteva. Laura la guardò, ridacchiando tra sè.
– Guarda come ti sei bagnata..hai fatto il laghetto, sotto. Sbrodoli proprio come una troia…e pensare che per tutto questo tempo ho avuto per amica una cagna simile…
Le posò il piede sulla fighetta e spinse, ficcandole dentro con facilità l’alluce.
Irene gemette appena, rabbrividendo.
Laura continuò a spingere, infilandole dentro piano piano sempre più piede. FInchè non diede una spinta fortissima, facendone entrare un bel pezzo e facendo urlare di dolore Irene.
Rise, tolse il piede e le assestò un altro calcio nel perineo, facendole sbattere il capo contro la vasca.
Irene cacciò un piccolo urletto, guaendo poi come una vera cagnetta, facendo ridere Laura di gusto.
– Sei proprio una cagna! – si inginocchiò davanti a lei e la fece mettere seduta tirandola per il guinzaglio. Irene la guardava con le guance umide di lacrime, ma comunque l’aria eccitata.
Laura le sfilò la maglia violentemente, strappandole delle ciocche di capelli.
– D’ora in poi starai sempre nuda, davanti a me! Capito?
– Sì, padrona – singhiozzò Irene.
Laura sorrise. Poi le venne un’idea: aveva visto una cosa molto interessante, cercando del materiale per masturbarsi…
Prese il cestino di mollette per appendere il bucato, sorridendo con aria perversa. Erano grosse, dalla molla molto dura, e di metallo pesante.
Irene la guandò terrorizzata, e Laura rise, crudele.
– Adesso vediamo un po’ cosa posso fare con queste..magari se tratterò come si deve queste tettine, diventeranno due belle tette da troia come le mie. Ti starebbero male, bassa come sei, ma sembreresti la puttanella che sei.
Prese la prima molletta e strinse tra pollice e indice un capezzolo di Irene, che gemette.
– Zitta,cagna! Apri la bocca e tira fuori la lingua: davi rimanere così! – Irene eseguì, continuando a piangere.
Laura tirò il capezzolo con violenza, facendolo allungare un po’, e lo pinzò con una molletta. Irene soffocò un gemito di dolore, e si contorse appena.
– Ferma! – le ordinò Laura, tirando la molletta. Irene si immobilizzò, stordita dal dolore.
Laura fece lo stesso anche dall’altra parte, e in poco tempo Irene si ritrovò le tettine ricoperte di mollette, tutte fissate strettamente.
– Fa male… – uggiolò.
– Lo so. – Laura rise divertita, tirando un paio di mollette e scatenando dei guaiti di Irene.
– Guaisci anche come una cagna! – le tirò uno schiaffo sotto le tettine, facendole ballare un po’ e provocando più dolore nella schiava. Irene aveva ancora la bocca aperta e la lingua fuori, e il dolore e il piacere l’avevano fatta sbavare: aveva un filo di saliva che dalla bocca scendeva alle tettine.
– Guarda, tutta quella bava! Cagna schifosa! – un altro schiaffo.
Poi, rude, le schiaffeggiò la fighetta, talmente fradicia che sotto il culetto di Irene si era formata una piccola pozza di umori.
– Guarda, ti sei bagnata come una troietta…sei proprio una piccola zoccola, una puttana vogliosa… – Irene a quelle parole era sempre più eccitata.
Si sentiva totalmente sottomessa, una vera cagnetta piena di voglie perverse.
Uggiolò.
– Apri bene le gambe, tienile aperte! – Irene aprì le gambe più che poteva. – E adesso apriti bene quella fichetta da zoccola! – Irene eseguì, aprendosi le grandi labbra con le mani.
Sotto lo sguardo di Laura c’era una piccola troia, con le gambe e la fighetta spalancata, e le tette tutte piene di mollette e di bava.
Schiaffeggiò con ferocia la sua fighetta, ancora una volta, e si alzò. Prese una spazzola grossa, di crine duro e lungo, fatta per lavarsi la schiena, dal manico lungo.
– In piedi – Irene, incerta, lo fece, continuando a tenersi spalancata.
Laura si sedette sulla tazza e tese la spazzola, mettendola a livello della fichetta di Irene, che la guardava continuando a sbavare.
– Adesso piega un po’ le gambe e tienile molto aperte, continuando a tenerti la fichetta bella aperta.
– Ma… – mormorò Irene, spaventata. Le avrebbe fatto male!
– OBBEDISCI! – strillò Laura, schiaffeggiandole un fianco con la spazzola, che le lasciò un segno pesante.
Irene, piangendo e sbavando, obbedì, e si mise in posizione.
Laura, così, prese a strofinare con forza la spazzola sulla sua fighetta, che continuava a bagnarsi sempre di più. Era bollente, tutta rossa e infiammata, eppure le colava tra le gambe un lungo filo di umori, che sporcava a terra.
Laura si alzò, e prese a schiaffeggiare la fighetta di Irene con la spazzola, con moltissima forza. Le girò intorno e, cattiva, estrasse la coda dal culetto di Irene e la inserì di nuovo, fino in fondo, mentre la schiava urlava.
– Guarda come sei troia! Devo pulire bene questa tua fica da troia! – continuava a strofinare e sfregare, mentre ruotava con rabbia il bastone nel culetto di Irene, dilatandolo moltissimo.
irene gemeva, sbavando e gemendo senza ritegno.
– Ti piace? Puttana! – Laura afferrò una molletta e prese a tirare, torcendola con ferocia.
– Puttanella! Ti piace farti spaccare i lculo, eh? Troietta! Sei solo una lurida cagnetta vogliosa e in calore, ti meriti solo di essere sfondata!
E Irene sbavava e si contorceva, provando suo malgrado un piacere intensissimo.
Laura la sbattè a terra, facendole conficcare sempre più a fondo, e con uno strano angolo, la coda nel culetto.
incurante delle urla di dolore di Irene, le tirò un calcio.
– Guarda, brutta puttana, ti sei sbavata addosso come una troia! – prese la spazzola e le conficcò il lungo manico nella fichetta, sforzando, infilandolo per metà.
Irene urlò, forte, sentendosi spaccare.
– Sei solo una schiava, un cesso! – Laura le sputò in faccia, muovendo con furia il manico della spazzola.
Poi si scostò i pantaloncini e, con una profonda soddisfazione, si accovacciò sulla fichetta di Irene e si pisciò sopra. Le abrasioni sulla fichetta della schiava bruciavano come il fuoco.
Irene sbavava, ansimando e gemendo come una cagnetta, provando un piacere e un dolore come non ne aveva mai provati. Si sentiva una vera troietta, una schiava, una puttana, e voleva continuare così.
Laura aveva tirato fuori la sua parte più puttana, e lei voleva che andasse avanti così. Quando Laura la insultava e la picchiava, lei si sentiva uno zerbino, una cagna, ed era ciò che era veramente.
Guaiva di dolore, contorcendosi, e alla fine venne mentre Laura le pisciava sulla fighetta bruciante.

Ovviamente continua…questa è la mia prima storia di questo tipo, spero che vi piaccia.
Entrambe le ragazze sono maggiorenni, e non esistenti.
Ah, inolte…io mi identifico con Irene, nel caso vi interessi..mi raccomando, mandatemi tante tante e-mail, tenterò di rispondere a tutti!
Contattatemi anche su msn, se volete: Little.Angel28@live.it

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