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Racconti di Dominazione

Le vacanze di PadronVale

By 6 Settembre 2007Dicembre 16th, 2019No Comments

PadronVale e la padroncina sottomessa (Le vacanze di PadronVale)
di Tom Tom2075@hotmail.it

La vidi per la prima volta ad una festa sulla riviera. Non sapevo come si chiamasse, né se fosse lì solo per le vacanze. Tutto ciò che sapevo, che vedevo, era una bellissima ragazza, gambe da infarto e piedini fantastici.
Oggi mi rendo conto che l’avrei dovuta amare fin dal principio, ma allora, ancora legata alle mie vecchie abitudini, la sua sola vista mi irritò non poco.
A quei tempi io ero una padrona. Quella sera ero andata alla festa col mio schiavo, Antonio, un ragazzo non bellissimo ma nemmeno disprezzabile che avevo conosciuto qualche anno prima in città. Mi chiamo Sabrina e di me dicono che io sia una bella ragazza. Sono alta un metro e sessantacinque, sono bionda e ho gli occhi azzurri.
Lei era sola. La osservai a lungo ed anche ad Antonio non passò inosservata. Credo che in tutta la spiaggia non vi fossero due occhi che non fossero puntati sulle sue gambe e sui suoi piedi.
Ricordo che sentii il sangue che mi ribolliva nelle vene.
-‘Cagna’- sibilai a denti stretti. Quale atroce bestemmia! Se avessi saputo che poche ore più tardi sarei diventata io la sua cagna!
Antonio sembrava ipnotizzato.
-‘Che fai, stronzo? La guardi?’-
Lui mi rivolse uno sguardo mortificato.
-‘No, Padrona’-
-‘Ti piace?’-
Antonio esitò. Avrebbe dovuto dire no. Avrebbe voluto rispondere di sì. Sembrò aprire bocca ma io lo precedetti.
-‘Valla a prendere e portala qui! E senza troppi complimenti’- ordinai ”Trascinala da me per i capelli se necessario’-
Antonio andò via con la testa bassa come non gliel’avevo mai vista e lo sguardo colpevole.
Si vedeva lontano un miglio che avrebbe preferito essere frustato a sangue piuttosto che essere costretto a far del male a quella ragazza.
Trascorsero alcuni minuti. Lo vidi tornare dietro a quella che avrebbe dovuta essere la mia futura schiava e che invece e divenuta la mia Padrona. Si, uso la lettera maiuscola per lei, mentre per me uso la minuscola. Non saprei con quale altro sistema potrei rendere l’idea del mio modo di essere padrona e del Suo modo di esserlo.
Lei camminava fiera e dritta, Antonio la seguiva a qualche metro di distanza mogio ed abbattuto.
Ha vinto lei, contro il mio servo, pensai. Non fa nulla, me ne occuperò io di persona.
Ero seduta ad un tavolo in disparte, nascosto fra gli alberi della pineta.
Lei si sedette davanti a me, guardandomi con un’aria di superiorità ed un sorrisetto astuto che se da principio mi irritò non poco, dopo pochi secondi iniziai ad avvertire come una pressione insopportabile. Antonio invece fece qualcosa che mi stupì. Senza che lei glielo chiedesse si inginocchiò e strisciando sotto al tavolo andò con la bocca a cercare i piedi della ragazza e glieli baciò. Lei indossava splendidi sandali infradito, lasciò che il mio schiavo si umiliasse come se ciò fosse la cosa più naturale del mondo. Non ci vidi più dalla rabbia; mi chinai sotto al piano del tavolo
per vedere cosa combinasse Antonio e vidi il mio schiavo, ma forse dovrei dire il mio ex- schiavo, impegnato come non mai a rimuovere con la lingua la sabbia dalle piante dei piedi della ragazza. Antonio non mi aveva mai leccato i piedi con tale ardore e devozione. Lei, chiunque fosse, era riuscita ad annichilirlo in pochi minuti come io non ero riuscita a fare in due anni.
-‘Bastardo!’- esclamai e rovesciai il tavolo di plastica sulla sabbia, lontano da noi tre. Ora che non c’era più il piano a separarci, io e la Padrona ci trovavamo l’una di fronte all’altra. Lei era seduta comodamente e si lasciava leccare i piedi, io ero ritta e furente (ciò nonostante mi sembrò che fosse proprio lei a guardarmi dall’alto in basso, e non viceversa!).
-‘Ah ah ah”- rise ”Sembra che i tuoi ordini non contino più molto. Il tuo amico è venuto a chiamarmi. Voleva portarmi dalla sua padrona, così ha detto. E se avessi rifiutato mi ci avrebbe portata per i capelli, ha aggiunto. L’ho rimesso al suo posto, un paio di schiaffi sono bastati. Ora però tocca a te, che sei la sua mandante!’-
-‘A me?’-
-‘Si, così tu saresti una padrona, giusto?’- chiese lei con tono ironico ”Ma non mi dire! Guardiamo cosa ne pensa il tuo servo’- disse e sollevando un piedino mentre Antonio leccava l’altro pigiò il tallone sul collo del mio ex- schiavo.
-‘A chi appartieni tu, larva?’- chiese.
Antonio sollevò un istante il capo, sempre col piedino della ragazza sopra la nuca e grugnì -‘Io appartengo a PadronVale’- Detto questo tornò a leccare lo spazio fra le dita dei piedi della sua nuova dominatrice. Lei rise ancora.
-‘Sei uno stronzo!’- dissi all’esasperazione. Lui, incurante di me, neppure mi rispose e continuò a leccare come un forsennato. Si stavano prendendo gioco di me, stavo facendo a parte della stupida.
-‘E tu, troia!’- urlai, gettandomi contro di lei. Vale, che all’apparenza era rilassata e tranquilla (stava godendosi il lavoro di lingua del mio schiavo!) sollevò tutt’e due le gambe piazzandomi le punte dei piedi nella bocca dello stomaco. Il movimento fu tanto brusco che persino Antonio fu sbattuto da un lato.
Feci per portarmi le braccia alla pancia dolorante, ma Vale non aveva ancora ritirato le gambe, perciò le abbracciai i piedini.
-‘Così, adesso leccali un po’ tu’- disse lei e me ne strofinò uno sulle labbra, tanto per infliggermi un’altra umiliazione.
-‘Vaffanulo’- risposi, con stizza.
La Padrona mi tirò un calcio in faccia ed io caddi nella sabbia, intontita. Cercai di rialzarmi ma quando a mia testa si trovò a non più di trenta centimetri da terra Vale, a piedi uniti mi calò e piante sulla nuca facendomi sbattere la faccia nella sabbia.
Non sazia mi rialzai ancora, ma non vedevo più nulla, a causa delle lacrime che mi sgorgavano copiose dagli occhi. Un calcio mi arrivò nella gola, togliendomi il fiato, ed un altro subito dopo mi colpì al lato della testa, sbattendomi ancora al suolo.
-‘Sollevala’- ordino la Padrona ad Antonio.
Antonio mi prese per le ascelle e mi sollevò in ginocchio. Non avevo la forza di reagire. Vale mi assestò una serie di calci nello stomaco e nel viso, ridendo della mia inferiorità Mi fece lasciare solo quando la mia faccia fu bella pesta e piena di lividi. Avevo male dappertutto, i calci della Padrona erano fortissimi e dati con grande maestria.
Allora Vale mi disse ”Posso continuare, se vuoi, oppure fermarmi qui. Dipende da te. Vuoi che continui?’-
-‘N’no’- mugugnai, ma la mia bocca parlava in automatico. Con la mente nel caos non mi rendevo effettivamente conto di quel che mi stava dicendo.
-‘Bene, mi fermerò, ma solo ad una condizione’-
-”.’-
-‘Tu da oggi sarai la mia schiava. Mi obbedirai e mi amerai. Sarai la mia cagna, la mia leccapiedi e la mia cavallina. Non avrai diritti ma solo doveri nei miei confronti. E dovrai ringraziarmi per qualunque umiliazione o tortura ti sottoporrò!’-
-”.’-
-‘La tua risposta?’-
-‘S’si’-
-‘Si cosa?’-
-‘Si, Padrona’-
-‘Bene’- Vale sorrise ”Non ti vedo in forma. Per oggi cominceremo con una cosa semplice’-
La Padrona avvicinò a punta del piede al mio viso. Era un piedino bellissimo, era come se lo vedessi per la prima volta. Come avevo potuto rivolgere tanto disprezzo verso quella ragazza?
-‘Bacialo’-
Mi sporsi e lo baciai. Pensavo che sarebbe stato umiliante, che il solo pensiero di baciare il piede di un’altra ragazza mi facesse vomitare, ed invece provai una sensazione stupenda. Si, altro che padrona ero io! Non lo sono mai stata! La Principessa Vale si è accorta nel giro di pochi secondi quale doveva essere la mia vera natura. La natura di una schiava! Niente più che una miserabile leccapiedi io sono! La sua leccapiedi! Si, lo ero. E ne ero orgogliosa, così presi l’iniziativa, baciai il suo piedino e lo leccai da cima a fondo, anche fra le dita, dando il meglio che potessi. E la Padrona gradì, perché rise tutto il tempo e dopo il primo mi fece leccare anche l’altro piedino.
Alla fine si rimise i sandali e se ne andò.
-‘Domani rifatti trovare qui alle nove di mattina’- mi disse ”E da sola. Lui non mi serve, sarai solo tu la schiava. A presto e sii presentabile!’-
La vidi andar via. Il giorno era al tramonto. La sua immagine mi abbandonò ed io svenni, felice d’aver riconosciuto per la prima volta la mia guida e la mia vera indole.
Ero diventata una schiava.

tom

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