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Racconti di Dominazione

Lenzuola

By 1 Novembre 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

a lui piaceva guardarla mentre dormiva, lo rilassava accarezzarla, poi il piacere gli rapiva le dita e cominciava a seguire le sue forme, a disegnarne i contorni, a giocare con i suoi profili.
a scoprirne le curve, segurle piano, dolce, con tutte le dita fin dove la pelle lei amava nascondere sotto le lenzuola.
lo divertiva vederla allungarsi, dondolarsi; vederla sorridere al tocco gentile delle sue dita. lo accativavano i suoi finti mugugnii di fastidio.
lo eccitava il suo mordersi il labbro inferiore per soffocare il suo desiderio ad abbandonarsi.
lei lanciava quella sfida in silenzio, non aprendo mai gli occhi ma lasciando che le sue cosce si allargassero appena, d’istinto, per quietare il calore che s’era acceso, per lasciare che le lenzuola assorbissero le sua acqua, per tentarlo a raccogliere il suo nettare che poi avrebbe portato alla bocca di lei, per guardarla succhiare se stessa salle sue dita, ma quella volta era simile ad altre alcune, volte in cui il desiderio diventa liquido e pompa nelle vene, e poi denso arriva al cervello e da lì le forme prendono fantasie differenti, diventa arte la passiobe che ispira un corpo, diventa percorso la richiesta di piacere.
così le sue mani si unirono alle sue e lento legò i suoi polsi alla spalliera del letto, lei non aprì mai gli occhi, golosa di ogni sua attenzione, piena della follia che lo legava ai suoi giochi.
poi le sue mani versarono glassa su i suoi occhi, lei si stupi, appena perchè di lui era sicura, ma veniva bendata, mai resa dolcemente cieca, ma sorrise, ora curiosa.
si tirò su, cavalcioni sul suo corpo, le sue mani seguirono le braccia di lei per unirsi al suo seno, lei tremò appena, a lui sorrise lo sguardo.
le sue mani scivolarono sulla sua vita e lì la scinse a segnare la sua carne con la pressione, la schiena di lei si innarco limitata appena dal suo peso, il suo corpo parlava: prendimi, tua.
scese dal letto, con un gesto veloce sollevò il lenzuolo che nascondeva il suo rubino, acqua e fuoco riempirono la stanza del suo odore.
lui si pregustava il suo dono pulito ed esposto.
avrebbe voluto mangiarlo, ma quello era gioco d’altre volte.
le fece delle foto, questo lo faceva sempre, poi scegliva e conservava le più belle, oggi le avrebbe tenute tutte.
si dedicò ai suoi piedi, li accarezzò e legò le sue caviglie ai piedi del letto, ora era lì ad aspettarlo, obbligata docile, la cui impazienza, il cui piacere erano espressi da desiderio che bruciadentro e diventa acqua.
si allontanò da lei, apri l’anta dell’armadio proibito e cominciò a scegliere.
le si avvicino, lei sentiva.
le sue mani accarezzarono i suoi seni, le sue dita si soffermarono in breve tempo sui suoi capezzoli, già turgidi per le emozioni che le implodevano.
poi una fitta, le sue dita le stavano stringendo i capezzoli, forte, più strette. seguì un dolore più acuto, come l’ago che penetra la carne: le pinze a mordere i suoi fiori, strette al punto che d’istinto tentò d’aprire gli occhi, ma la glassa era un po’ più solida ora e il buio continuò ad accarezzare la sua fantasia interotta quasi imediatamente dallo stesso dolore atrocemente dolce: una terza pinza sul suo rubino, appena preceduta dallo sfiorare caldo delle sue dita.
nell’aria un ritmo che aveva sempre il sapore del nuovo, e l’odore della frusta riempi l’aria, uno schiocco sul suo ventre la fece sussultare, la sua firma le segno la pelle: iniziava l’orgasmo a entrarle nel corpo, a viverla dentro.
lei ora iniziava a sciogliersi tra le lenzuola.
….
(continua)

e ogni volta che la sentiva ansimare prossima al esplosione, lui usciva da lei, inesorabile, sarcastico, lasciandola a bocca aperta, risbattuta confusa per le emozioni e l’aria che bocconi sembrava mangiasse, ma che non le bastava mai.
la sua fame ritmava il movimento del suo torace, lui ne decideva il tempo.

una di quelle volte in cui si traforma in piacere, puro.

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