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Racconti di Dominazione

Lorenza dominata da un barbone

By 20 Aprile 2008Dicembre 16th, 2019No Comments

Erano le 19,30 circa. Lorenza stava rientrando nel suo elegante appartamento nel centro città dopo una delle sue solite giornate.
Fino alle 18 fra studio e tribunale, poi l’happy hour con le amiche, in uno di quei pub eleganti che era solita frequentare.
Dire che Lorenza fosse un po’ snob era perfino poco: tanto era bella ed elegante quanto presuntuosa, classista ed incline al disprezzo verso chi non era del suo livello sociale.
Viveva da sola, la bellissima avvocatessa, non che le mancassero gli uomini, ma preferiva non legarsi troppo, voleva essere lei a dominare i suoi partner, con la stessa spocchia che usava nei rapporti con tutti.
Non sospettava davvero, Lorenza, quello che sarebbe accaduto e quanto quell’esperienza potesse cambiare il suo modo di essere.

Come al solito, entrata in casa, chiude a chiave e si toglie le scarpe col tacco, posa la borsetta e si avvia verso il saloncino quando… percepisce che qualcuno &egrave in casa, strani rumori vengono dalla camera da letto ed un odore acre e nauseabondo aleggia per la casa…
Insospettita, impaurita e nervosa si avvicina lentamente alla porta della camera da letto, ma non vede nessuno. Decide di entrare.
Ad un tratto si sente afferrare per i capelli, i suoi lunghi ricci biondi, e non fa nemmeno in tempo a gridare che una mano sporca e callosa le chiude la bocca.
L’uomo, con uno strattone, la fa girare e la guarda negli occhi. Era Vito, un barbone di mezz’età che sostava in un marciapiede che ogni giorno Lorenza percorreva, inutile dire che anche lui aveva ricevuto quel disprezzo snob che lei riservava a tutti.
Le fa cenno di tacere e le toglie la mano dalla bocca. Lorenza resta stravolta, a bocca aperta, impaurita, arrabbiata, sorpresa… Non riesce a dire nulla mentre lui la scruta, come se volesse guardare dentro di lei.
Finalmente riesce a trovare la forza di parlare, ritrovando perfino la sua spocchia:

-“ma… ma che fai qui? In casa mia? Vattene o ti denuncio! Non mi fai paura!”-

l’uomo sghignazza e risponde:

-“Ero entrato solo per rubare qualcosa. Avevi dimenticato la porta aperta… ed ora siamo qui. Magari se non fossi così presa da te stessa staresti più attenta, stupida gallinella!”

Lorenza si sentì stravolta, quell’uomo che lei disprezzava era entrato in casa sua per rubare, l’aveva insultata, ma in lei la rabbia e la presunzione venivano sopraffatte da una strana sensazione, un brivido che le percorreva il corpo… e capiva che lui stava capendo e che si sarebbe incattivito e che questo… la stava eccitando!
Tentò un’ultima, disperata e poco convinta, reazione:

-“ma come ti permetti di darmi della gallinella…? V… vattene… tu mi stai…”-

-“Io ti sto solo dando una buona lezione troietta presuntuosa. Comunque, me ne vado…”-

Lorenza viene sopraffatta, balbetta, non riesce a dire altro che un’incredibile

“no, non andare…”.

“Come hai detto, puttana? Non vuoi che me ne vada? E che me ne frega?”-

risponde lui sghignazzando e le sputa in faccia, guardandola negli occhi

-“sei una troietta presuntuosa e basta e non meriti altro, mi contenterò di questi 300 euro e di averti dato una lezione, cagna!”-

e senza dire altro le mette una mano sotto la gonna.
Fruga sotto le mutandine e si accorge che lei… &egrave bagnatissima! Ridacchia fra sé e senza dire altro le molla un ceffone e fa per andarsene.
Lorenza ormai cede, un desiderio incredibile l’ha ormai presa e si butta ai suoi piedi implorando:

-“No, ti prego… non andartene… ti darò tutto quello che vuoi… vuoi altri soldi? Ma non andartene…”-

-“Senti puttanella non voglio altri tuoi soldi e non vedo proprio cosa fare ancora qui con te che non capisci e non meriti proprio niente. I tuoi soldi non li voglio e non m’interessa cosa tu voglia da me!”-

-“Ho sbagliato, perdonami ma… vorrei che tu mi possedessi…”-

-“Certo sei una bella gnocca e mi piacerebbe proprio darti una lezione, ma non credo che tu te lo meriti e poi mi hai offeso…”-

-“Sono stata una stupida… ma ti chiedo scusa, non andartene! Ti darò ogni cosa che vuoi… accetterò di essere punita per i miei errori…”-

-“Mi pare il minimo… comunque devo ancora decidere: vedremo se saprai meritarti qualcosa, lurida e squallida troietta snob. Cosa credi di essere, puttana?”- e di nuovo un ceffone ed uno sputo in faccia.

-“Non sono altro che una puttana ignorante, non ho capito niente: sono nelle tue mani, fai di me ciò che vuoi e ciò che &egrave giusto…”.

Vito colse subito, le strappò l’elegante vestina in seta, il reggiseno e le mutandine, lasciandola nuda ed in balia dei suoi desideri: era così bella, snella e profumata, con la figa rasata, un sogno per uno come lui, tanto più che poteva liberamente approfittare di lei e vendicarsi, ancorché non fosse colpa solo o soprattutto della bionda avvocatessa, una vita di umiliazioni e violenze.
Il clochard si tolse scarpe e camicia, lasciando alla padrona di casa il compito di togliere pantaloni e mutande, per scoprire un cazzo grande e duro, anche se decisamente sporco e puzzolente.
Rimettendola in ginocchio le avvicinò il suo scettro alla bocca, che lei aprì, reprimendo il conato di disgusto per olezzo e luridume. Lo succhiò con vigore, aumentando il ritmo agli schiaffi ed alle parolacce di lui.
Il gusto di quel cazzo sporco ma caldissimo, durissimo ed enorme, liberò la troia che trent’anni di snobismo avevano impedito a Lorenza di sentirsi pienamente donna, iniziò a toccarsi senza pudore…

-“Bene”- disse lui – “ti darò il mio seme in bocca… il resto dovrai meritartelo e puoi intuire come… Io non sono come quei tuoi amici frocetti che hai fin’ora conosciuto, io sono il maschio e tu la femmina, se ti piace &egrave così, sennò stacca quella boccaccia dal mio pene”-

Ma lei, annuendo con la testa e con gli occhi, continuò a succhiare quel membro e prese poi a masturbarlo leccando i testicoli, anche questi sporchi ma enormi di sperma.

Dopo qualche minuto di quell’andazzo il barbone non ne poté più e senza riguardo afferrò i capelli della ragazza e la staccò violentemente da sé. Di nuovo un ghigno percorse il suo volto e le disse:

-“Hai pulito il mio cazzo. Ora gallinella devi dimostrarmi che hai capito… aspetto le tue suppliche”-

Lorenza, a quel punto, era pienamente entrata nel gioco e non aspettava altro, prontamente risponde:

-“Mi merito una tua severa punizione, sono cosciente e felice di meritarla. Aspetto che tu faccia ciò che &egrave giusto, ti imploro di penetrarmi come mi merito, di farmi donna come non ho mai potuto essere…”

-“Vedo che ci capiamo. Adesso ti legherò e benderò, preparati ad espiare.” –

Così la fece sedere e le legò le mani dietro la sedia, poi la bendò e si fece leccare per bene il luridissimo sedere, guardando da uno specchio, come una “contessina” potesse diventare così “femmina”.

Vito iniziò a torturarla, solleticandole i piedi e leccandole l’interno cosce, poi iniziando a sculacciarla… Lorenza iniziò a gemere ad ogni colpo ricevuto sulle natiche e sul clitoride e… sentì quell’enorme membro avvicinarsi alla sua vulva ed entrarci senza riguardo.
Si sentì riempire e sfondare, non l’aveva mai preso così, la cappella le stimolava l’utero ed il suo amante aveva preso a strizzarle il seno e tormentarle i turgidi capezzoli.
La portò abbondantemente al primo orgasmo, con gli umori che colavano fra le cosce e, come prima, subito si ritirò, lasciandola attonita. La bionda prontamente reagì, lo voleva ancora dentro… e lui non si fece pregare, la fece alzare e mettere a supina sul tavolo.
Sfilò la cintura dai suoi pantaloni ed iniziò a frustarla. Lei gemeva di dolore e piacere.
Poi sputò su quel buchetto del culo bianco ed intonso e iniziò a giocarci con le dita.
Lei, facendo chiaramente intendere che non desiderava altro tentò di obiettare:

-“ma… ma da lì sono vergine!!!”

Il barbone non ci fece neppure caso, appoggiò la bollente cappella sul piccolo ano dell’avvocatessa, che si allargò.

-“lo vuoi?”-
-“si, lo voglio, inculami com’&egrave giusto”-

appena entrato lei emise un gemito di dolore e piacere, ma lui proseguì a stantuffare senza riguardo. Lei arrivò perfino ad urlare, ma lui riprese la cinta e la frustò a dovere.

Lorenza si sentì aprire, umiliare ed esaltare fisicamente e psicologicamente. Il suo sedere vergine veniva sfondato senza riguardo: le sensazioni di dolore e piacere si sublimavano e si moltiplicavano. Più in profondità andava il cazzo, più lei vedeva crollare quel suo vezzo di donna-dominatrice, tanto ridicolo da cedere ad un barbone-violentatore.
Andò avanti per quasi un quarto d’ora, la ragazza era esausta, aveva il sederino sanguinante e la schiena in fiamme, ma i suoi umori erano tali da colare per terra.
Vito si tirò fuori dopo averle procurato il terzo orgasmo, sentendo anche lui di stare per raggiungere il culmine. Le tolse la benda: a Lorenza apparve quell’enorme fallo che l’aveva resa femmina, era sporco anche più di prima… del suo stesso sangue e del suo stesso intestino…
Neanche ci pensò e prese a leccare e succhiare ed inghiottire con gusto quella lordura che lei stessa aveva prodotto, massaggiando i grandi testicoli di Vito.
Il barbone stava per raggiungere l’orgasmo ed avvisò la sua partner, ma perfino lui rimase sorpreso:

-“No… ti prego, vieni nella mia vagina, fecondami e completa il tuo atto di dominazione fecondandomi…”-

Vito, sbalordito, non se lo fece ripetere, non gli sarebbe mai capitata altra occasione di impollinare una femmina ed imporle qualcosa di così importante. Lo tolse dalla bocca e lo infilò nella bollente fica, due colpi ed emise parecchi fiotti di sperma dentro la vagina della sua novella schiava.
Velocissimo eiaculò un quarto di litro di sperma dentro Lorenza, che gemeva in modo indescrivibile.

Lo tirò fuori, un po’ ammosciato ma ancora enorme, se lo fece pulire dalla bocca di Lorenza e, inaspettatamente, la baciò. Lei rispose con passione…

-“Tu hai capito ed hai scelto che non finisse qui… Ho preso quei 300 euro e ti ho inseminata… adesso tocca a te decidere se finisce qui….”

-“No, tu mi hai restituito una vita… mi reso di nuovo femmina… ecco qui le chiavi, tu sei il padrone di questa casa e della sua inqulina… entra quando vuoi e prendi ciò che vuoi… ti aspetterò ogni sera…”-

furono le ultime parole di quella sera, Vito prese chiavi e soldi e senza dire altro se ne andò.

Lorenza da sola, nuda e riempita del seme del barbone, rimase a terra a piangere, ridere e fantasticare…
Erano passate diverse settimane da quella folle serata. Lorenza aveva pensato e ripensato mille volte all’accaduto. Non era rimasta incinta ed anche gli esami cui si era sottoposta avevano confermato che non s’era presa alcuna malattia tranne, ovviamente, qualche fastidiosa lacerazione. Aveva pensato di cambiare la serratura, visto che Vito aveva con sé le chiavi, ma un po’ perché presa da altri pensieri, un po’ perché immagina che l’uomo non sarebbe tornato, non l’aveva fatto. In effetti il barbone era completamente sparito dopo quella sera…

Presa dai suoi soliti mille pensieri la ragazza rincasò che erano le 19 circa. Aperta la porta si tolse le scarpe coi tacchi, dirigendosi verso il salone, quando avvertì qualcosa di strano: in cucina la tv era accesa ad alto volume ed un odore acre aleggiava per la casa… bastò entrare per capire che Vito era tornato!

L’uomo era seduto, intento a scolarsi le bottiglie di liquore che la ragazza aveva in casa, ed era completamente nudo!

Immediatamente, già piuttosto alticcio, si voltò verso la donna:
Ti stavo aspettando…

Lorenza era confusa, non si aspettava di certo di trovare il barbone lì, e si trovò contemporaneamente assalita tanto dagli eventi quanto da mille confusi pensieri. Ebbe appena il tempo di balbettare qualcosa che l’uomo si avvicinò a lei, afferrandola violentemente per i capelli.

Non dirmi che non ti sono mancato… – disse l’uomo ridacchiando, mentre voltava la ragazza sempre tenendola forte per la chioma – Sono stato impegnato in questo periodo – disse sarcastico mentre allungava le mani per palparle il seno – Ma adesso ho qualche giorno da passare con te. Sempre che tu non abbia niente da obiettare… – concluse ridacchiando ancora mentre strusciava il suo corpo nudo sulla donna.

Lorenza tentò di divincolarsi e l’uomo la lasciò andare, osservandola: il suo sguardo sembrava chiedere alla donna cosa lei intendesse fare… Lei si voltò, confusa, nella sua mente si combattevano la razionale voglia di mandare via l’uomo, di chiedere aiuto, con quella irrazionale e morbosa di offrirsi a lui.

Vito, intanto, si mise a sedere, attendendo… ma dopo pochi secondi, spazientito, disse: Tocca a te decidere, cagnetta: o mi mandi via o diventi la mia schiava…

Lorenza, con gli occhi bassi, tentò di nuovo di balbettare qualcosa, ma l’uomo intervenne: Visto che non parli… io me ne vado – e si alzò facendo finta di rivestirsi.

La ragazza era messa alle strette e fu di nuovo un attimo di follia a prendere il sopravvento: si gettò ai piedi dell’uomo, inginocchiandosi in chiaro segno di sottomissione.

Lo sapevo che sei una brava cagnetta – sogghignò, afferrò di nuovo Lorenza per i capelli, sollevandole il viso e le sputò in faccia!

A quell’inattesa umiliazione la mente della ragazza andò in tilt e sorridendo al suo aguzzino leccò lo sputo dalle sue guance ed aprì la bocca per ricevere altra saliva.

Il barbone, visibilmente compiaciuto, si mise a sedere di nuovo, tirando i capelli della donna per avvicinarla al suo cazzone, che intanto era diventato ben ritto.

Perciò, cagnetta, sei pronta ad essere la mia schiava? Rispondi.

Lorenza ormai eccitatissima rispose con entusiasmo: Si, voglio essere tua schiava!

Bene! – disse l’uomo – Sarai finalmente addestrata a dovere: sai che dovrai subire tutto quello che voglio?

Le parole dell’uomo impressionarono Lorenza, ma lei ormai era cosciente di non potersi più tirare indietro, perciò si limitò a scuotere la testa in segno di accettazione: da quel momento era completamente alla mercé delle perversioni del barbone…

Vito non se lo fece ripetere ed approfittando del fatto che la ragazza era inginocchiata di fronte a lui seduto le guidò la testa verso il pene.

Inutile dire che l’enorme membro era lurido ed emanava un fetore tremendo: Lorenza prese un respiro ed iniziò a leccare l’asta con insistenza da giù verso su e viceversa. L’uomo la lasciò fare per qualche secondo, poi scoprì il glande turgido.

La punta era lurida di smegma biancastro e puzzolente, ma lo sguardo dell’uomo era fermo nell’indicare all’avvocatessa cosa doveva fare: trattenendo a fatica il disgusto la ragazza leccò quella specie di formaggio stantìo e lo inghiottì. Aprì la bocca e fece passare la cappella tra le sue labbra serrate, continuando a lavorare con la lingua.

L’uomo, eccitato, spinse violentemente la testa della ragazza contro il suo scettro che invase la bocca di lei, la punta sbatteva vigorosa sulla gola, quasi a soffocarla, mentre Lorenza era ormai completamente abbandonata e succhiava l’immenso bastone del suo signore. Andarono avanti per lunghi minuti ma il nerbo di lui non sembrava volerne sapere di arrivare al culmine.

La donna lo intuì e, seppure frenata dal naturale ripugno, tolse l’asta dalla bocca (prendendola in mano e masturbandola vigorosamente) e spostò la sua lingua a leccare le grosse e puzzolenti palle dell’uomo. Ma ancora, dopo minuti, l’orgasmo non arrivava… così il barbone sollevò le gambe, mostrando le natiche e spinse la ragazza a leccargli il buchino posteriore.

Lorenza non l’aveva mai fatto e sentiva tutto il disgusto e l’umiliazione di doverlo fare che, incredibilmente, la eccitavano ancora di più. Iniziò a leccare in tondo e poi spinse la lingua decisa nel buchetto, inghiottendo la propria stessa saliva sporca. La sua mano non indugiava intanto dal masturbare il padrone, che, sempre più soddisfatto, mugolò qualcosa e sollevò la testa della donna, schizzandole il viso con un’esplosione di seme caldo ed odoroso.

La faccia di Lorenza era letteralmente coperta di sperma che scolava da tutte le parti e sgocciolava sul pavimento. L’uomo fu però contrariato: Non vorrai sprecare questo mio dono? – disse risoluto, indicando le gocce cadute per terra. Lorenza afferrò al volo e leccò il pavimento, gustando ogni schizzo del seme.

Finita l’operazione l’uomo, compiaciuto, ordinò alla ragazza di spogliarsi e le proibì di ripulirsi se non con la lingua, intimandole di preparargli la cena, mentre lui si spostava in salotto con le bottiglie di gin a guardare la tv.

Lorenza si era ormai completamente abbandonata e dopo essersi denudata si mise ai fornelli per preparare una frittata, felice di compiacere il suo dominatore. Appena pronto si avviò, con piatto e posate in mano, verso il salotto per servire la cena, ma nel farlo urtò involontariamente una bottiglia di gin semivuota che cadde a terra.

Lurida cagna! Guarda cos’hai combinato? – sbottò l’uomo visibilmente adirato – Meriti una dura punizione! – continuò, alzandosi in piedi.

Lorenza tentò invano di scusarsi e si mise a piagnucolare, ma l’uomo, irremovibile, le fece appoggiare sul tavolo, con le natiche bene in vista, intimandole di non muoversi. Andò in cucina a recuperare dello spago e la cinghia dei suoi pantaloni e legò ben stretti i polsi dell’avvocatessa.

Purtroppo le cagne snob non sanno fare nulla… – disse Vito – Devi essere educata e perciò ti punisco, smetterò solo quando mi dimostrerai di aver capito la lezione e senza aggiungere altro lanciò la prima frustata sulle natiche della donna.

Il colpo violentissimo stravolse Lorenza, che iniziò a piangere. Ma l’uomo non si fece impietosire ed iniziò a colpirla velocemente: la pelle delle natiche e della schiena cominciarono ad andare a fuoco, il dolore era incredibile… ma il fuoco del desiderio iniziò a prenderli entrambi così, dalla bocca di Lorenza, al decimo colpo, arrivò un inatteso ‘grazie Signore, lo merito!’

Il barbone si fermò un attimo, sorrise, menò un’altra scudisciata e si fermò, osservando compiaciuto il ‘lavoro’ svolto: il sedere e la schiena della donna erano rosso fuoco, con le strisce ben evidenti e lei piegata e legata che piangeva per il tremendo dolore. La scena eccitò l’uomo che si ritrovò di nuovo in tiro e voglioso di possedere la schiavetta. Lasciò passare alcuni secondi ed iniziò a toccare i genitali della ragazza: era bagnata come un lago!

Così decise d’inventarsi un modo crudele ed originale di concludere la punizione: prese la bottiglia di gin e bevve fino a riempirsi la gola poi, senza dire nulla, sputò quel fuoco super alcolico sopra la vagina umida ed aperta di Lorenza che gettò un urlo di dolore.

L’alcool bruciava sulle delicate mucose della donna peggio delle cinghiate. E mentre la ragazza piangeva a dirotto l’uomo la osservò compiaciuto, per poi dirigersi verso la cucina.

Lorenza piangeva disperata ed era letteralmente terrorizzata nell’immaginare quali altri supplizi avrebbe dovuto subire. Eppure ormai aveva messo da parte la ragione e tutti i dubbi: il desiderio la dominava e la spingeva ad offrirsi anche a prezzo del devastante dolore fisico.

Il barbone tornò dalla cucina con una bottiglia di gin piena ed un panetto di burro: Lorenza nemmeno immaginava che diavolo se ne dovesse fare, ma cercò di farsi coraggio, prendere fiato e smettere di piangere. Vito bevve un bel sorso dalla bottiglia e poi, curiosamente, girò dall’altra parte del tavolo porgendola in bocca a Lorenza che, pur costretta, bevve un bel po’. La ragazza, che non era certo abituata all’alcol quanto il barbone, ne risentì subito, in tempo per sopportare l’ennesima punizione dell’uomo…

Vito allora tornò alle spalle della donna e prese il burro: senza dire niente, iniziò ad ungere con le dita il buchetto posteriore della ragazza. Lorenza gradì mugolando ed in pochi istanti il buchetto di lei era ben lubrificato. Fatto ciò l’uomo riprese la bottiglia e, rapido, la piantò nel culetto della bionda.

Un altro atroce brivido attraverso il corpo della ragazza mentre l’uomo muoveva deciso il collo della bottiglia su e giù nell’ano della ragazza per un paio di minuti finché Lorenza iniziò a godere del trattamento.

Bene cagna, spero tu abbia capito a cosa vai incontro se sbagli – disse l’uomo – Adesso dimmi, vuoi che ti scopi?

Si! Ti prego – lo implorò Lorenza che non desiderava altro – Possiedimi padrone!

Vito tolse la bottiglia: la punta si era sporcata dentro le budella della ragazza e così di nuovo gliela porse perché la pulisse con la boccuccia. Lorenza leccò ed ingurgitò la materia sopra il vetro e bevve un altro po’, ormai presa dal gioco.

L’uomo tornò a posizionarsi dietro l’avvocatessa, le ripiantò la bottiglia nel sederino e, con un colpo secco, spinse tutti i 30 cm del suo nerbo durissimo dentro la figa di lei.

Lorenza cominciò a gemere rumorosamente, sentiva, per la prima volta nella sua vita, riempiti entrambi i buchetti, mentre il cazzo dell’uomo le pompava dentro vigoroso, sbattendo le palle sul clitoride e la punta a forzarle la cervice.

Furono lunghissimi minuti, che alla ragazza sembrarono ore, di piacere intenso. Lorenza godeva rumorosamente e, finalmente, lo scettro di Vito si liberò, allagandola del suo bollente piacere. L’uomo si svuotò le palle dentro di lei e finalmente tirò fuori il suo scettro dalla vagina e la bottiglia dal sederino di lei.

La lasciò in quella situazione per qualche lungo minuto, poi si decise a slegarla. Lorenza si alzò un po’ malferma per via del dolore e dell’alcol.
L’uomo sorrise beffardo: Bene cagnetta, per stasera sono stanco e voglio andare a dormire – prese la ragazza per il braccio, finalmente in modo più dolce, e la condusse verso il bagno – Prima di dormire, però, si fa pipì, sghignazzò e fece inginocchiare Lorenza di fianco al wc. In un altro momento si sarebbe rifiutata ma l’alcol, l’eccitazione, la gratitudine per la scopata e la voglia di mettere fine ai supplizi di quella sera la spinsero a collaborare.

Vito la prese per i capelli e lei aprì la bocca e chiuse gli occhi, manco un secondo ed un fiume di piscio caldo iniziò ad invaderle la gola. Lorenza trattenne il conato di vomito ed iniziò, per quanto possibile, ad ingoiare l’urina del padrone. Il piscio era tanto, quasi un litro, e si disperse fra la bocca della ragazza ed la tazza del water.

Finalmente Vito finì e, visibilmente soddisfatto, si avviò verso la camera da letto: Io adesso vado a dormire, tu puoi ripulirti. E’ stata una serata impegnativa. Rimetti tutto in ordine prima di venire a coricarti: domani avremo visite! – e si distese nudo sulle lenzuola.

Lorenza, complice l’alcol, non capì suo malgrado cosa volesse dire l’uomo, ripulì e rimise in ordine la casa e, ormai esausta, si andò a gettare nel letto, accanto al suo nuovo padrone.

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