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Racconti di Dominazione

Lui: la mia anima

By 18 Settembre 2005Dicembre 16th, 2019No Comments

Lui è li davanti a me, li fermo, mi guarda, mi fissa tra la folla e sembra che le mille anime frenetiche che mi circondano alla discesa dal treno scompaiano nel vuoto, come risucchiate in un mondo a parte, come per lasciarmi li a impallidire ed arrossire per il suo sguardo ferino, il suo sguardo che tra molteplici volti si è posato sul mio, cercandomi, insinuandosi oltre i miei occhi e andando a sfiorare la mia anima.
Non l’avevo mai visto prima, fino a quel momento nella mia vita c’era stata solo la sua voce dionisiaca, eppure, anche se lontano fin oltre gli appennini che solcano scoscesi la valle incantata della mia terra natia, era diventato per me linfa vitale, ambrosia divina dall’indissolubile dipendenza, lui era per me una fiamma incontrollabile che lambiva la mia anima ed io ero la vestale che lasciava cadere il suo cuore tra quelle fiamme infernali e lo osservava finchè non sarebbe bruciato del tutto, finchè del vitale organo non fosse rimasta che cenere sparsa, lasciata al vento”che la portasse via lontano, sparsa sui fili d’erba e sui ghiacci, che portasse via per sempre la mia anima artificiale, quella parte irreale di me, quella parte eticamente corretta, quella parte che si avvicina sempre di più alla sua agonizzante fine e che cadrà nel rogo della noncuranza e dell’oblio.
Urlo mentre brucio quella parte di me, vorrei fondarmi tra le fiamme e recuperare quel cuore disciolto, sento il fuoco penetrare nelle vene e attraversare il mio corpo, lo sento sotto il manto epidermico, lo sento al centro nelle pupille, lo vedo ovunque, ogni cosa brucia, ed io con esse: salvami o fiamma fatale, sollevami e portami ad una nuova concezione di me, distruggi la maschera della mia viltà.
Mi avvicinavo verso di lui e tutto sembrava annullarsi, il contatto col suolo era per me inisistente, solo lui ed io, c’era solo lui li per me ed io andavo verso di lui che ad ogni mio passo sembrava sempre più lontano e che ad ogni mio respiro si avvicinava sempre di più.
Mi fermai di fronte a lui e imbambolata lo guardai, volevo toccarlo ma avevo paura che si dissolvesse come un sogno troppo breve, si chinò e mi baciò, posò le sue labbra sulle mie, mi morse e succhiò il mio sangue, mi accarezzò il viso e lascio che le sue unghie solcassero la mia nuca: ‘Benarrivata puttanella.’
Si voltò ed iniziò a camminare, io lo seguivo come una bambina impaurita, timorosa di perdere il padre, timorosa di perdere l’unica persona conosciuta in quella valle desolata di affetti, salii sulla sua auto e partimmo.
Era buio, l’astro di Selene era celato da nuvole che si rincorrevano gioiose, ridendo come vergini nei campi elisi, la strada sprofondava nel nulla e le luci delle auto creavano strani disegni nell’aere, era come se i fotoni danzassero colpendo i miei occhi a tempo di valzer.
‘Siamo arrivati scendi’
Scesi dalla macchina e lo seguii lungo un vialetto che portava alla sua antica dimora immersa nel verde, isolata dal mondo, protetta dalle indiscrezioni sembrava essere li per proteggere i viandanti che si perdevano nella notti ventose, ed invece era li per proteggere i miei gemiti e il mio pianto, era la fortezza della sua lussuria e nulla, penetrando li dentro poteva raffreddare le ardenti tenaglie del suo desiderio.
Entrai dietro di lui, la porta sbattè con un tonfo: ‘Eccoci qui troia’
Si sedette sul divano e non mi invitò, restai li impalata: ‘Spogliati’ disse. Ed io mi spogliai.
Lasciai cadere i miei vestiti uno per uno sul pavimento color del sale, il seno usci timido dalla camicia sbottonata, la gonna scivolò lenta sui fianchi, ‘Fermati’, autoreggenti nere velavano le mie gambe e lunghi tacchi a spillo slanciavano verso l’alto la mia figura, sentii il suo sguardo posarsi su ogni centimetro del mio corpo, sui capezzoli turgidi ed eretti, lo sentii passare sul ventre sporgente e fermarsi du nuovo sul mio pube biancastro, completamente depilato, liscio come quello di una ninfa dei fiumi.
Si alzò e si avvicinò a me, iniziò a toccarmi, strinse i miei seni tra le sue mani possenti, li strinse fino a farmi gridare, fino a che i capezzoli non furono avvolti da un alone rossastro, accarezzò i fianchi e l’ombelico, scese sulla mia fica scoperta, lasciò scivolare un dito tra le mie labbra infuocate, bagnate, fradice di piacere e goduria, aprii le gambe istintivamente e il suo dito mi penetrò con un colpo, lo sentivo scivolare su e giù, mi scopava con le dita, una, due, tre, un gemito, sbatteva contro l’utero e tornava indietro, si soffermava sul mio buco allargato e le girava, roteava le dita e le apriva, le spalancava, le sbatteva dentro e le usava per scoparmi, senza rispetto, senza tregua’.
I miei gemiti invasero la stanza:’sto per venire padrone, sto godendo come una troia, sfondami, sto venendo”’.vengo”.ti prego scopami”..ahahahah’.vengo”
I muscoli della mia vagina strinsero le sue falangi in un violento bacio, i miei umori colarono lungo le cosce, lui portò le sue dita alle mie labbra ed io le succhiai.
‘Baciami il cazzo, troia’
Mi inginocchiai davanti a lui come dinnanzi ad un dio, vidi il suo membro possente infrangersi verso di me, entrò nella mia bocca fino a toccare la trachea, lo sentii sbattere in fondo alla gola, mi tolse il fiato, iniziai a succhiarlo, la lingua disegnava tante piccole figure concentriche sulla cappella pulsante, ‘Apri la bocca e non deglutire’
Restai con la bocca aperta ad accogliere il suo cazzo, la saliva colava sul mento, sfiorava i capezzoli, i suoi coglioni sbattevano contro il mento, mi scopava la bocca con forza, come se stesse fottendo tra le cosce la più vessata tra le baldracche.
Mi scopò la bocca finchè non sentii il suo membro contrarsi e pulsare, fiotti di sperma caldo invasero la mia bocca, aveva il sapore del miele.
Restai con la bocca aperta, non deglutii, il suo sperma era in bella vista nella mia bocca spalancata.
Lui si staccò e mi guardò, prese un bicchiere e mi disse di sputare la sua sborra li dentro, feci cadere il prezioso liquore dalle mie labbra e gli porsi il bicchiere, stavo in ginocchi davanti a lui, come una schiava, come sarei dovuta stare.
Lui prese il bicchiere e lo posò su un tavolo li vicino, poi si avvicinò di nuovo, prese il suo membro abbandonato e me lo sbattè tra le labbra, ‘Stai ferma, devi solo ingoiare’
Un getto caldo mi invase la bocca e la gola, mi stava usando come cesso ed io ingoiai tutto, senza batter ciglio, senza obiezioni.
Lavai il suo cazzo con la mia saliva.
Lui si scostò, prese il bicchiere e me lo porse,’Bevi’, ed io bevvi.

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