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Racconti di Dominazione

Margherita

By 29 Settembre 2008Dicembre 16th, 2019No Comments

Il verde del giardino illuminato dai lampioncini del cortile l’accolse quasi rassicurandola quando entrò con la macchina. Si controllò il viso piegando lo specchietto, aprì la borsetta e prese i suoi trucchi per qualche piccolo ritocco. Non voleva turbare quella serata, voleva sembrare tranquilla e serena.
Era in ritardo. E in tutto quel macinare di pensieri non aveva pensato neanche ad avvisarlo.
Uscendo dalla macchina il suo sguardo salì alle finestre e vide uscirne una fioca luce tremolante, e sapeva che lui era lì ad aspettarla, forse impaziente, forse turbato da quel ritardo, forse’
Si affrettò sulle scale e raggiunta la porta l’aprì. E restò immobile.
L’ingresso e il salone erano disseminati di candele accese, e anche dal corridoio, che immetteva al resto della casa, proveniva quella luce inconsueta. Il profumo di quelle essenze era così piacevole, e quella sensazione, mista all’odore degli stoppini che bruciavano, lo rendeva particolarmente magico.
Richiuse la porta alle sue spalle e avanzò di qualche passo cercando di capire cosa stesse succedendo. Sentì un rumore, una presenza avvicinarsi a lei, sfiorarle le spalle, poi la carezza di un respiro caldo scivolarle sul collo, e le mani dell’uomo stringersi sulle sue spalle. Ma lei non si voltò.
Quel respiro caldo si avvicinò ancora di più, fino a posarsi sul suo orecchio, e finalmente udì le sue parole ‘Ti stavo aspettando’ ma tu hai fatto la bambina cattiva, molto cattiva. Dovrò essere inflessibile se voglio che tu sia brava e ubbidiente”.
Le strinse lentamente i gomiti uno contro l’altro fino quasi a toccarsi, li trattenne poi con una sola mano, mentre con l’altra li avvolse con qualcosa. Una corda. Il nodo si serrò, tendendo il suo busto e facendo risaltare la prorompenza dei suoi seni, così indifesi in quella posizione, proprio come se costretta ad offrirli.
Subito quelle mani corsero sul suo ventre sfilandole la camicetta dalla gonna, per poi risalire con gesti lenti sbottonandola fino a liberare la sua pelle. Margherita abbassò gli occhi e solo lì si accorse di quanto fosse emozionato il suo respiro, di quanto le battesse forte il cuore mentre vedeva quelle mani colmarsi dei suoi seni ancora nascosti, mentre sentiva quelle dita cercare di percepire le sporgenze dei suoi capezzoli, nel tentativo di catturarli, di stringerli.
Lei adorava quella parte del suo corpo, le dava delle sensazioni speciali e spesso nei momenti di solitudine si incantava ad ammirarli, nel prezioso ornamento di quelle areole increspate, così come adorava abbandonarsi alle sue fantasie, affondando lentamente le sue unghie in quella carne, e perdendosi nei sui morbidi gemiti, fino a gioirne. Poi le dita di lui si infilarono sotto le coppe del reggiseno, nella parte alta, le mani si chiusero a pugno e con un gesto improvviso il tessuto si strappò. Margherita emise un sospiro profondo e abbandonò la testa all’indietro, posandogliela sulla spalla, mentre quella bocca continuava a baciarle il collo. Un brivido le corse sulla schiena, le si avvampò il volto, e quell’intenso calore scese fino ai suoi seni, al suo ventre. Per un attimo lui si staccò da lei.
Prese un’altra corda, e dopo averla piegata a metà la annodò a quella che già univa le sue braccia, proprio sopra i gomiti. Tese quelle due estremità verso l’alto, le separò facendole passare ai lati del collo, e le fece ricadere su davanti, proprio tra i seni. La riavvicinò al suo petto come per abbracciarla e con le mani impugnò quelle corde che con cura passò ciascuna sotto ogni seno tirandole verso l’esterno, e facendole poi risalire fino a dietro il collo. Le tese ancora prima di annodarle nuovamente ai suoi gomiti. E quelle mani tornarono su di lei, sui suoi fianchi, scesero lungo le gambe tremanti fino alle ginocchia, poi, sotto la gonna, risalirono su quella pelle liscia e calda, fino ad afferrarle le mutandine di pizzo che con un gesto lento e delicato accompagnarono fino a terra. Prese un’altra corda, la fece passare sul suo petto infilandola sotto quelle già tese che abbracciavano i suoi seni, posizionandola in modo da ottenere due estremità di uguale lunghezza. Le tirò verso il basso, e dopo averle raccolto la gonna in vita le fece passare tra le sue gambe, ai lati del suo sesso. Le portò dietro, le tese nuovamente tra i suoi glutei, e le fissò annodandole, come le precedenti, ai suoi gomiti.
Margherita incantata abbassò ancora lo sguardo. I suoi seni erano stretti in quell’intreccio di corde, e presto si accorse che ogni movimento del suo busto, della sua schiena, addirittura ogni suo respiro andava a modificare quella tensione, dandole delle differenti sensazioni, quelle sensazioni che non aveva mai potuto assaporare prima, ma solo immaginare, sognare. E per lei era un piacere immenso vederli così, la eccitava ancora di più. E si sentiva più bella. Posandole nuovamente le mani sui fianchi, lui la condusse al centro del soggiorno, davanti a una poltrona, la fece inginocchiare sull’ampio cuscino avendo cura di farle tenere le ginocchia ben distanti, poi la fece piegare in avanti, adagiandole il seno sulla parte alta del cuscino della spalliera. Con due spezzoni di corda le bloccò le caviglie ai braccioli. Ora era finalmente imprigionata. Lui era proprio dietro di lei, inginocchiato.
Afferrò le corde che scendevano dai suoi gomiti e le tirò ai lati, liberando così il solco dei suoi glutei. Posò la mano sulla schiena proprio tra le due corde, distese bene le dita, e con il medio scivolò lentamente carezzandole il profilo delle vertebre, fino a insinuarsi tra i suoi glutei. E scese ancora posando il polpastrello proprio al centro del suo sfintere, dove per un istante esitò. E il momento in cui aumentò la pressione, ne avvertì le contrazioni. Ma poi quel dito continuò la sua discesa lambendo quelle labbra calde intrise di miele, quelle labbra che lo avrebbero condotto inequivocabilmente al suo piccolo lembo di carne tesa.
Quelle carezze così delicate avevano un sapore nuovo per Margherita, le sembravano più profonde, più intense, riuscivano ad emozionarla come mai prima di allora. Non poté trattenere quel gemito che sembrò essere più un grido. Un grido di desiderio.Fu inevitabile per lei agitare il bacino, e nel farlo le corde si strinsero attorno ai suoi seni. La inebriava sempre di più il sapore intenso che quelle corde le davano, un sapore ineguagliabile. La mano di lui risalì, ma questa volta il dito si ripiegò aderendo alla sua carne, e affondò profondamente, fino in fondo. Per Margherita quel movimento diventò un altalenarsi di brividi e di gemiti, poi lui improvvisamente tolse la mano e si alzò. Margherita affannata voltò la testa e alla luce tremante di quelle candele lo vide chinarsi raccogliendo le sue mutandine che si trovavano ancora sul pavimento dell’ingresso. In un attimo fu nuovamente da lei, e in attimo quella mano, quelle dita erano di nuovo tra le sue gambe, con quelle mutandine. Le sentì affacciarsi dolcemente, accompagnate da quelle dita. Quel lembo di tessuto lentamente, centimetro dopo centimetro, stava scivolando dentro di lei, e quel piacere lo sentiva assurdo, devastante, la colpiva proprio al centro dei suoi sensi. Impaziente e colta come da una frenesia cercò di abbassarsi come se volesse sentire più intenso quel piacere, sperando che non finisse mai. Quando quelle mutandine furono quasi scomparse lui l’afferrò per i fianchi, avvicinò la sua bocca, la spalancò tra le labbra bagnate come volesse immergersi in una deliziosa fonte. Margherita avvertì la pressione che le risucchiava la carne dentro la bocca, sigillandosi quasi, poi i denti chiudersi intrappolando la pelle attorno alla sua clitoride. La lingua con movimenti leggeri cominciò a sfiorarla, poi, in un lento e delizioso crescendo, divenne sempre più insistente. I movimenti di lei ora erano un continuo dimenarsi, ancora più piacevole per la stretta di quelle mani che la trattenevano con forza. Sapeva che anche se avesse voluto, non avrebbe potuto sottrarsi a tutto questo. Il suo respiro diventò velocissimo, a tratti interrotto da gemiti impetuosi, fino a quando, inaspettatamente dopo alcuni minuti, si sentì soccombere, donando al suo uomo l’emozione di sentirla gioire, quel suo grido lungo, quasi interminabile, mentre il suo corpo tremante, convulso sembrava incapace di compiere anche il minimo movimento che potesse sembrare coordinato. Ma lui non si fermò subito. Cercò di accompagnarla rallentando i movimenti della sua lingua, facendoli divenire sempre più leggeri, ma i suoi sensi erano così infiammati che ad ogni contatto della sua lingua sobbalzava serrandosi ancora più forte tra quelle corde. Fino a quando staccò la sua bocca. Ma era come se quella bocca fosse stata ancora lì, perché Margherita per alcuni minuti continuò ancora a vibrare. Lui allora afferrò tra i denti quel minuscolo lembo di tessuto che spuntava tra le sue labbra e, tenendola sempre per i fianchi, lo estrasse lentamente ed un orgasmo le esplose dal di dentro. Margherita era felice.
Era felice perché le sensazioni che la stavano travolgendo, e che le stava donando il suo uomo, non avevano tradito tutto ciò che aveva desiderato e solo potuto immaginare. Quel sapore aumentava la percezione dei suoi sensi, quasi moltiplicando all’infinto le sue sensazioni, il suo piacere, donandole l’esplosione indescrivibile della sua gioia.
Lui ancora inginocchiato le liberò le gambe, la fece scivolare sul pavimento facendola accovacciare tra le sue ginocchia. Margherita incapace di dire anche una sola parola si abbandonò a lui, felice di essere la sua schiava. Ma per lei parlarono i suoi occhi.
I loro sguardi si incontrarono magicamente, le loro bocche dapprima si sfiorarono, poi si unirono sigillandosi in un bacio denso, profondo, appassionato. E si persero nella dolcezza di quel gesto, entrambi travolti dalle loro emozioni e dalla loro gioia.
Poco dopo, con i sensi ancora storditi, si alzarono, lui la sollevò prendendola in braccio e insieme si avviarono nella camera da letto, accompagnati dalle loro ombre confuse e danzanti proiettate da tutte quelle candele accese.
Sarebbe stata una notte lunghissima e dolce per loro.
Per Margherita e il suo padrone.

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